Senato della RepubblicaXVII LEGISLATURA
N. 2836
DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa delle senatrici DIRINDIN, CORSINI, GATTI, GRANAIOLA e LO MORO

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 18 MAGGIO 2017

Disposizioni in materia di malattie infettive prevenibili con vaccinazioni

Onorevoli Senatori. -- Le vaccinazioni costituiscono uno degli interventi più efficaci e sicuri a disposizione della Sanità pubblica per la prevenzione delle malattie infettive (e non solo).

Introdotte in Italia alla fine del 1800, sulla spinta delle esperienze acquisite in Europa sul vaiolo e sui batteri studiati da Pasteur e Koch, le vaccinazioni vantano nel nostro Paese una lunga esperienza normativa, programmatoria, organizzativa e di interventi su tutto il territorio nazionale. La prima ad essere introdotta fu l'antivaiolosa (nel 1888), seguita dalla antidifterica (1939), antitetanica (1963), antipoliomielitica (1966) e più recentemente dalla vaccinazione contro l'epatite virale B (1991); tali vaccinazioni sono ancora oggi obbligatorie per legge, con l'eccezione dell'antivaiolosa che è stata abolita nel 1981. Successivamente sono state introdotte, come programmi di immunizzazione raccomandati a particolari gruppi di popolazione, le vaccinazioni contro pertosse, rosolia, morbillo, parotite, Haemophilus influenzae, HPV, pneumococco, meningococco C e, più recentamente, meningococco B, rotavirus, varicella e zoster.

Nel nostro Paese le strategie vaccinali sono definite, attraverso una combinazione di misure sanitarie e finanziarie, dal Ministero della salute d'intesa con la Conferenza delle regioni e delle province autonome, tradizionalmente all'interno del Piano nazionale della prevenzione, mediante l'approvazione del Piano nazionale vaccini il primo dei quali è stato varato con riferimento al biennio 2005-2007 e l'ultimo relativamente al biennio 2017-2019 (approvato in Conferenza Stato-regioni il 19 gennaio 2017 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 41 del 18 febbraio 2017).

La validità delle vaccinazioni come mezzo di prevenzione delle malattie infettive è universalmente riconosciuta dalla comunità scientifica e dalla cittadinanza informata. Le vaccinazioni hanno indubbiamente contribuito al progresso della medicina e continuano a contribuire alla riduzione di morbilità e mortalità, soprattutto in Paesi ad alta prevalenza di malattie trasmissibili, oltre che alla eradicazione di malattie come il vaiolo.

A fronte di questa premessa, è necessario sottolineare come, nonostante l'utilità di ogni intervento sanitario (compresi i vaccini) sia sottoposto a rigorose valutazioni, prevalentemente attraverso la ricerca scientifica e il ragionamento deduttivo, nell'attuale dibattito sulle vaccinazioni sembrano purtroppo prevalere fattori (pseudo)culturali, economici e di appartenenza che rischiano di aver più peso delle evidenze scientifiche. Negli ultimi mesi abbiamo infatti assistito a un susseguirsi di dichiarazioni, anche contrastanti e prive di robuste motivazioni, provenienti da soggetti che per il loro ruolo dovrebbero sentirsi invece tenuti, soprattutto su un tema così delicato, alla massima obiettività, evitando facili slogan, guerre ideologiche e inutili allarmismi. Il presente disegno di legge si propone quindi di riportare il dibattito entro i confini delle evidenze e del buon funzionamento dei servizi di sanità pubblica.

Va innanzitutto sottolineato che i recenti allarmi, amplificati dai media, relativi alle soglie troppo basse di coperture vaccinali, non sono stati corredati da dati e analisi robuste: i dati riportati nel piano vaccini 2017-2019 non fotografano una condizione di eccezionale emergenza per tutti i vaccini e in tutto il territorio nazionale. Le decisioni non sono state inoltre accompagnate da alcun approfondimento, ad esempio, sui fattori che in molti Paesi, da qualche anno, inducono un piccolo ma crescente numero di genitori a non far vaccinare i propri figli o farli vaccinare in tempi diversi da quelli consigliati. Ebbene, è solo riflettendo sulle motivazioni di tali comportamenti che può essere condotta una valutazione seria delle misure, peraltro già in parte note nella letteratura scientifica e nella nostra normativa, che possono essere adottate per contrastare con efficacia la mancata adesione alla pratica vaccinale.

A tale proposito non si può non stigmatizzare, come ha anche sottolineato il Comitato nazionale per la bioetica, il diffondersi di falsità e pregiudizi che andrebbero contrastati con un surplus di energie e impegno da parte delle istituzioni preposte alla tutela della salute. Si pensi ad esempio alla presunta correlazione tra vaccinazioni e insorgenza dell'autismo, ipotesi destituita di qualsiasi fondamento scientifico, anche se purtroppo alimentata da una avventata pubblicazione su una rivista scientifica internazionale di un documento che, ancorché successivamente ritirato per evidente infondatezza di quanto proposto dagli autori, ha prodotto danni incalcolabili.

Il fenomeno del cosiddetto «scetticismo vaccinale» è stato studiato a fondo in molti Paesi. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità esso sarebbe riconducibile alla somma di tre fattori: il venir meno della fiducia nelle vaccinazioni, la difficoltà a prendere una decisione impegnativa, soprattutto quando riguarda i propri figli, e la scarsa convenienza a vaccinarsi (WHO, Immunization, Vaccines and Biologicals. Addressing vaccine hesitancy). La disinformazione, la scarsa fruibilità delle informazioni a disposizione dei genitori, l'utilizzo di complicati termini tecnici, la paura di eventuali effetti collaterali, le difficoltà di accesso ai servizi vaccinali sono tutti fattori che in qualche modo dovrebbero essere aggrediti da chi ha la responsabilità della tutela della salute pubblica. Ascoltare i genitori, produrre informazioni facilmente comprensibili, oggettivare i benefici e i rischi delle vaccinazioni sono ingredienti che non possono essere trascurati né tanto meno improvvisati. Anzi sono elementi costitutivi di quel rapporto di fiducia che dovrebbe instaurarsi tra il cittadino e il medico di fiducia. Ed è solo dentro questa relazione che è possibile dialogare serenamente anche della questione dei vaccini e favorire una decisione consapevole e responsabile, delicata proprio perché relativa spesso al proprio figlio/a e ai suoi rapporti con il resto della comunità. Ed è solo all'interno di un approccio che favorisca l'adesione consapevole e responsabile al programma vaccinale, evitando perquanto possibile un approccio prescrittivo e sanzionatorio, che si ritiene possano essere ottenuti buoni risultati anche in termini di prevenzione delle malattie infettive.

Di fronte alle crescenti «esitazioni» nei confronti delle vaccinazioni riteniamo quindi necessario lavorare per recuperare la fiducia della cittadinanza nelle indicazioni provenienti dalle istituzioni sanitarie, minimizzando fra l'altro il rischio di un irrigidimento delle posizioni di coloro che indugiano o chiedono informazioni e tempo per prendere una decisione difficile. Riteniamo inoltre che debbano essere superate le barriere economiche e le difficoltà logistiche che rendono difficile l'accesso ai servizi vaccinali. E sarà anche necessario riconoscere che il tempo dedicato a informare e relazionarsi con i genitori e le persone che dovrebbero vaccinarsi è vero e proprio tempo di cura, investito in queste attività nell'interesse del singolo e della collettività.

Certo, imporre un obbligo vaccinale per l'ingresso a scuola potrebbe apparire semplice, ma siamo sicuri che sia la strada giusta per ridurre lo «scetticismo vaccinale»? E lo possiamo imporre, come hanno clamorosamente proposto alcune recenti norme, anche per malattie non infettive come il tetano? Il tema non può essere affrontato in modo approssimativo né tanto meno in condizioni di (vera o presunta) emergenza.

A questo proposito va osservato che la normativa attualmente in vigore contiene già gran parte degli elementi utili a mettere in atto, in caso di preallerta, strumenti straordinari di intervento, con il coinvolgimento di tutti i livelli di governo. Pensiamo a quanto già previsto dai piani nazionali vaccini (ad esempio la procedura per il monitoraggio degli obiettivi vaccinali all'interno dei livelli essenziali di assistenza -LEA), alle competenze dei sindaci quali autorità sanitarie locali di cui all'articolo 117 del decreto legislativo n. 112 del 1998, fino alle procedure previste ai sensi dell'articolo 120 della Costituzione e di cui cui all'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, in caso di mancato rispetto dei livelli essenziali di assistenza. Senza dimenticare il percorso seguito nel corso degli anni in sede di Conferenza Stato-regioni che era volto a superare, previa verifica dell'esistenza di requisiti di garanzia, l'obbligatorietà dei vaccini, e a favorire la promozione e l'adesione consapevole da parte del cittadino, oltre che il coinvolgimento di tutte le strutture delle aziende del Servizio sanitario nazionale (SSN), pur con diversi livelli di responsabilità ed operatività, a partire dai dipartimenti di prevenzione, con il coinvolgimento di medici di medicina generale, strutture ospedaliere e specialistiche e servizi socio-sanitari.

E invece, ancora una volta, siamo in presenza di una situazione definita di emergenza rispetto alla quale si prefigurano interventi drastici di tipo prescrittivo e sanzionatorio. Eppure, come ben espresso recentemente da un esperto: «oggi, il concetto di "obbligatorietà" confligge con il concetto di "promozione" della salute che è alla base di qualsiasi efficace azione preventiva: la promozione coniuga la responsabilità dell'individuo con quella della comunità che, con le sue istituzioni, garantisce l'esigibilità del diritto universale alla salute, e quindi il sacrosanto diritto al bambino di non ammalarsi di una malattia per la quale esiste un vaccino efficace e sicuro».

È a partire da tali considerazioni che il presente disegno di legge propone una serie di interventi volti a garantire trasparenza e indipendenza di tutte le informazioni e di tutti i procedimenti volti a definire gli obblighi vaccinali, a migliorare l'operatività dei servizi vaccinali, a promuovere campagne di informazione efficaci, a rafforzare il sistema di farmacovigilanza e a superare le differenze interregionali nei calendari vaccinali che tanto hanno contribuito a rendere perplessi i genitori rispetto a proposte così differenti da regione a regione.

Tutto ciò, nell'ottica di un approccio rispettoso delle posizioni di tutte le persone, del loro diritto di essere informati in modo completo e rigoroso, distinguendo per quanto possibile falsità e pregiudizi da evidenze e avvertenze scientifiche.

Il decisore pubblico ha il dovere di decidere con equilibrio, intervenendo con obblighi solo se effettivamente necessari, con strumenti proporzionati e utili rispetto agli obiettivi di prevenzione delle malattie infettive che tutti condividiamo.

La letteratura scientifica internazionale, e ancor prima il pensiero democratico, suggeriscono strategie volte a portare i cittadini a scelte sempre più responsabili e consapevoli, anziché ad aderire a imposizioni di legge.

Nel momento in cui ci accingiamo a rivedere la materia delle politiche di prevenzione delle malattie infettive, è opportuno richiamare alcune premesse di carattere costituzionale e giurisprudenziale.

L'articolo 32 della Costituzione prevede che: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività» e riserva alla legge la definizione dell'obbligatorietà di determinati trattamenti sanitari.

Inoltre la sentenza n. 258 del 1994 della Corte costituzionale ha sottolineato il «necessario bilanciamento» del diritto alla salute del singolo, «anche nel suo contenuto negativo di non assoggettabilità a trattamenti sanitari non richiesti o accettati», con l'interesse alla «salute della collettività». Tale pronuncia richiama peraltro anche la sentenza n. 132 del 1992 della Corte secondo la quale «l'interesse del bambino» alla salute va tutelato «anche nei confronti dei genitori che non adempiono ai compiti inerenti alla cura del minore».

Occorre tener presente anche la Convenzione dell'ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, che in particolare all'articolo 24, paragrafo 2, lettera f), prescrive agli Stati di «sviluppare le cure sanitarie preventive, i consigli ai genitori e l'educazione», tenendo insieme dunque cure preventive e formazione dei genitori, perché si attivino in modo informato e consapevole nell'opera di prevenzione.

Se questo è il quadro, apparirà tanto più chiara la nostra scelta di favorire sia strategie di prevenzione delle malattie infettive sempre più diffuse ed efficaci, sia un approccio articolato, multimodale, di informazione, formazione e responsabilizzazione di tutti i soggetti in questione, dagli operatori sanitari addetti all'opera di vaccinazione, alle famiglie, ai minori stessi.

Il presente disegno di legge stabilisce all'articolo 1 per il SSN un impegno di «prevenzione attiva» di ampio spettro, dove le pratiche di vaccinazione avvengono in un contesto di sempre maggiore coinvolgimento dei cittadini, attraverso anche «piani di comunicazione» tesi alla corretta informazione e continua sensibilizzazione.

L'articolo 2 prevede un «Piano nazionale di prevenzione vaccinale» (PNPV) con il compito di predisporre gli obiettivi nazionali da raggiungere con specifico riguardo alle malattie infettive prevenibili con vaccinazione e un unico calendario vaccinale nazionale. Il PNPV è tra l'altro volto a diffondere una cultura della prevenzione attraverso «piani di comunicazione» rigorosi sotto il profilo scientifico e mirati all'esigenza di rafforzare la fiducia e il coinvolgimento dei cittadini nelle istituzioni sanitrie. Il PNPV dispiega la sua funzione coinvolgendo i medici di base e i pediatri di libera scelta.

Quanto ai vaccini necessari al perseguimento degli scopi del PNPV l'articolo 2 prevede che siano negoziati dall'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) e sulla base dell'istruttoria del Comitato prezzi e rimborso. Al fine di garantire l'effettiva e piena attuazione del programma vaccinale, l'ultimo comma dell'articolo 2 prevede che le risorse di cui al comma 408 dell'articolo 1 della legge n. 232 del 2016 siano destinate alla realizzazione di tutte le attività di sorveglianza, prevenzione e controllo delle malattie infettive e dei relativi piani di prevenzione.

L'articolo 3 prevede che l'Unità di crisi istituita nel 2015 dal Ministro della Salute sia integrata, negli obiettivi e nei componenti, in modo da garantire il coordinamento di tutti i soggetti istituzionali competenti in materia di tutela della salute in situazioni di rischio o emergenza con riguardo alle malattie trasmissibili.

L'articolo 4 riguarda la necessaria integrazione del sistema nazionale di farmacovigilanza con un più fattivo ruolo delle regioni, così da rendere più efficaci le politiche di sorveglianza e contrasto degli eventi avversi. A tal fine alle regioni e province autonome vengono richieste politiche attive di raccolta dati, chiamando a collaborare nella segnalazione degli effetti avversi anche gli stessi soggetti vaccinati e le famiglie. Regioni e province autonome debbono altresì completare l'automazione delle anagrafi vaccinali, fornire i dati all'AIFA che li pubblica annualmente in modo da ottenere un continuo aggiornamento del PNPV. All'AIFA è richiesto altresì un costante monitoraggio degli eventi avversi. L'ultimo comma dell'articolo 4 regola gli indennizzi per danni irreversibili dovuti a vaccinazioni.

Attesa la verifica semestrale del rispetto degli obiettivi di prevenzione e cura del Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza (integrato da due rappresentanti dell'Istituto superiore di sanità), l'articolo 5 regola anche le situazioni conseguenti a eventi eccezionali o di difetto di copertura vaccinale, prevedendo un ruolo di stimolo e all'occorrenza di supplenza da parte del Governo, che adotta i provvedimenti necessari o nomina un commissario ad acta. È ribadita l'esigenza di rimuovere le cause che ostano all'attuazione della prevenzione vaccinale e di coinvolgere attivamente i cittadini nella stessa opera di prevenzione.

L'articolo 6 riguarda le emergenze sanitarie a livello locale; con specifico riferimento ai tassi di copertura vaccinale e alla prevenzione di infezione a mezzo di vaccinazioni, si dispone che il servizio di igiene e sanità pubblica dell'azienda sanitaria fornisca parere motivato al sindaco in quanto autorità sanitaria locale e per quanto di sua competenza. I provvedimenti da adottare dovranno essere necessari, proporzionati e utili (efficaci) rispetto agli obiettivi da conseguire.

L'articolo 7 prevede l'organizzazione su base regionale delle attività di vaccinazione, da realizzarsi attraverso i servizi di cure primarie e prevenzione delle aziende sanitarie, così da realizzare una effettiva pianificazoine e gestione di tutta l'opera prevista dal PNPV. Sempre al fine di realizzare i migliori livelli di prevenzione vaccinale il Ministero della salute è chiamato ad adottare, d'intesa con la Conferenza delle regioni e delle province autonome, appositi «standard di qualità» delle attività vaccinali. Una particolare menzione va infine riservata alle azioni volte alla responsabilizzazione degli operatori del servizio sanitario nazionale delle regioni e dalle province autonome.

L'articolo 8 dispone infine l'abrogazione di tutte le norme superate dalle nuove disposizioni; al comma 2 sono fatte salve le forme di indennizzo per danneggiati da vaccinazioni obbligatorie e trasfusioni.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Finalità)

1. La presente legge disciplina gli interventi finalizzati a promuovere le attività di sorveglianza, prevenzione e controllo delle malattie infettive prevenibili con la vaccinazione e i programmi vaccinali.

2. Gli interventi di cui al comma 1 sono offerti nell'ambito della prevenzione primaria e in un'ottica di prevenzione attiva favorendo l'adesione volontaria e consapevole da parte del cittadino.

Art. 2.

(Piano nazionale di prevenzione vaccinale)

1. Il Piano nazionale di prevenzione vaccinale (PNPV) individua e aggiorna periodicamente, relativamente alla prevenzione delle malattie infettive prevenibili con la vaccinazione e alle coperture vaccinali, gli obiettivi da raggiungere su tutto il territorio nazionale, gli strumenti e le azioni da porre in essere nonché le modalità attraverso le quali è verificato il loro conseguimento.

2. Il PNPV promuove l'adesione volontaria e consapevole alla prevenzione vaccinale attraverso piani di comunicazione ispirati ai principi delle evidenze scientifiche, dell’indipendenza e della completezza dei dati e delle fonti informative, anche al fine di consolidare la fiducia dei cittadini in materia di interventi di prevenzione vaccinale.

3. Il PNPV definisce, sulla base di evidenze scientifiche indipendenti, un unico calendario vaccinale nazionale, previa valutazione dell'Istituto superiore sanità (ISS).

4. L'eventuale integrazione o modificazione degli obiettivi di prevenzione vaccinale da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano deve essere autorizzata dal Ministero della salute.

5. Le vaccinazioni necessarie per il raggiungimento degli obiettivi del PNPV sono offerte in modo attivo e gratuito ai soggetti indicati dallo stesso, individuati per età, genere o gruppi a rischio.

6. Il PNPV è realizzato attraverso i servizi di prevenzione del Servizio sanitario nazionale, in integrazione funzionale con i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta.

7. Il PNPV è adottato nell'ambito del Piano nazionale di prevenzione con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari.

8. Il PNPV è predisposto da una commissione tecnico-scientifica nominata con decreto del Ministro della salute e costituita da esperti designati, in pari numero, dal Ministero della Salute e dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome e privi di conflitti di interesse con i produttori. La commissione opera seguendo un approccio di valutazione della tecnologie sanitarie (Health Technology Assessment) coerente con il processo decisionale suggerito dalle linee guida dell'Organizzazione mondiale della sanità, indicando la forza delle evidenze scientifiche che sostengono le decisioni di politica vaccinale, valutando l'attendibilità e l'indipendenza delle fonti utilizzate e verificando l'assenza di conflitti di interesse.

9. I vaccini necessari per il raggiungimento degli obiettivi del PNPV sono sottoposti alle procedure di negoziazione adottate dall'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) ai sensi della normativa vigente.

10. Le risorse di cui al comma 408 dell'articolo 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232, sono destinate alla realizzazione delle attività di sorveglianza, prevenzione e controllo delle malattie infettive e dei programmi vaccinali previsti dal PNPV.

Art. 3.

(Unità di crisi)

1. Per il raggiungimento degli obiettivi di prevenzione e gestione delle emergenze sanitarie in materia di malattie infettive, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro della salute, con proprio decreto, senza nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica, integra gli obiettivi e la composizione della Unità di crisi permanente di cui al decreto del medesimo Ministro 27 marzo 2015 al fine di renderli funzionali alle esigenze di coordinamento tra tutti i soggetti istituzionali competenti in materia di prevenzione delle malattie infettive nonché di regia rispetto alle azioni da adottare in condizioni di rischio o allarme.

Art. 4.

(Farmacovigilanza ed eventi avversi)

1. Per la sorveglianza degli eventi avversi delle vaccinazioni e degli effetti negativi delle mancate vaccinazioni il sistema nazionale di farmacovigilanza, istituito dall’articolo 129 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, e disciplinato, ai sensi dell’articolo 1, commi 344 e 345, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dal decreto del Ministro della salute 30 aprile 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 143 del 23 giugno 2015, è integrato con la rete dei servizi delle aziende sanitarie.

2. Per assicurare efficacia alle azioni di farmacovigilanza e per promuovere il valore positivo delle vaccinazioni, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottano modalità attive di raccolta dei dati, prevedendo anche la segnalazione degli eventi avversi da parte dei soggetti vaccinati o dei loro famigliari.

3. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano organizzano i propri sistemi informativi in modo da completare in forma integrata l'automazione delle anagrafi vaccinali, uniformarne i contenuti e renderle fruibili a livello nazionale.

4. I dati raccolti dal sistema integrato di sorveglianza sono pubblicati annualmente a cura dell'AIFA.

5. I risultati del sistema di sorveglianza aggiornano le indicazioni di registrazione dei vaccini e contribuiscono all'aggiornamento del PNPV.

6. L’AIFA, sulla base dei dati di letteratura e dei risultati della farmacovigilanza, compila e aggiorna regolarmente i dati sugli eventi avversi per i quali è stata confermata un’associazione con la vaccinazione.

7. Gli indennizzi per danni da complicanze irreversibili a causa di vaccinazioni previste dal PNPV sono riconosciuti ai sensi della legge 25 febbraio 1992, n. 210.

Art. 5.

(Disciplina in caso di inadempienza in materia di programmi vaccinali)

1. Il Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 9 dell'intesa del 23 marzo 2005 tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005, all'uopo integrato con due rappresentanti dell'ISS, verifica semestralmente il rispetto degli obiettivi di prevenzione vaccinale di cui al PNPV.

2. In presenza di specifiche condizioni di rischio per la salute pubblica conseguenti al verificarsi di eventi eccezionali o livelli di copertura vaccinale insufficienti ad assicurare la protezione della comunità rispetto a specifiche malattie infettive prevenibili con la vaccinazione, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, sentito l'ISS, assegna alla regione interessata un congruo termine per adottare i provvedimenti necessari a rimuovere tempestivamente gli ostacoli all'attuazione dei programmi di prevenzione e del piano vaccinale. Decorso inutilmente tale termine o qualora si renda necessario per la tutela della salute pubblica, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, sentito l'ISS, adotta i provvedimenti necessari, ovvero nomina un apposito commissario ad acta.

3. I provvedimenti di cui al comma 2 mirano in primo luogo a intervenire sulle cause che hanno determinato le condizioni di rischio, favorendo l'adesione volontaria e consapevole di tutti i cittadini. I provvedimenti devono essere proporzionati alle finalità perseguite e utili al loro raggiungimento.

4. Nei casi di assoluta urgenza, si applica la procedura di cui all'articolo 8, comma 4, della legge 5 giugno 2003, n. 131.

Art. 6.

(Misure a carattere locale)

1. In caso di emergenza sanitaria a carattere locale, valutata sulla base dei tassi di copertura vaccinale e delle condizioni epidemiologiche relativi a specifiche patologie infettive prevenibili con vaccinazione, il Servizio di igiene e sanità pubblica dell'azienda sanitaria locale interessata fornisce parere motivato al sindaco, quale autorità sanitaria locale, per gli adempimenti di propria competenza ai sensi dell'articolo 117 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. I provvedimenti adottati devono essere necessari, proporzionati ed efficaci rispetto alle finalità perseguite.

Art. 7.

(Servizi vaccinali)

1. L'organizzazione delle attività di vaccinazione è affidata alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, che operano attraverso i servizi di cure primarie e di prevenzione delle aziende sanitarie locali al fine di assicurare la pianificazione e la realizzazione delle azioni previste dal PNPV. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottano modalità organizzative atte a facilitare l'accesso ai servizi vaccinali.

2. Per il raggiungimento degli obiettivi di prevenzione vaccinale il Ministero della salute adotta, previa intesa con la Conferenza delle regioni e province autonome, appositi standard di qualità delle attività vaccinali.

3. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano promuovono la responsabilizzazione dei professionisti del Servizio sanitario nazionale per il perseguimento degli obiettivi di prevenzione vaccinale nel rispetto dei principi deontologici e degli obblighi professionali.

Art. 8.

(Abrogazioni)

1. Sono abrogati, in particolare:

a) la legge 6 giugno 1939, n. 891, recante obbligatorietà della vaccinazione antidifterica;

b) la legge 30 luglio 1959, n. 695, recante provvedimenti per rendere integrale la vaccinazione antipoliomielitica;

c) la legge 5 marzo 1963, n. 292, recante vaccinazione antitetanica obbligatoria;

d) il decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 1965, n. 1301, recante il regolamento di esecuzione della legge 5 marzo 1963, n. 292, concernente la vaccinazione antitetanica obbligatoria;

e) la legge 4 febbraio 1966, n. 51, recante obbligatorietà della vaccinazione antipoliomielitica;

f) la legge 20 marzo 1968, n. 419, recante modificazioni alla legge 5 marzo 1963, n. 292, recante provvedimenti per la vaccinazione antitetanica obbligatoria;

g) la legge 27 aprile 1981, n. 166, recante modifiche alla legge 5 marzo 1963, n. 292, come modificata dalla legge 20 marzo 1968, n. 419, concernente la vaccinazione antitetanica obbligatoria;

h) la legge 27 maggio 1991, n. 165, recante obbligatorietà della vaccinazione contro l'epatite virale B;

i) il decreto del Ministro della sanità 3 ottobre 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 251 del 25 ottobre 1991, recante protocollo per l'esecuzione delle vaccinazioni contro l'epatite virale B;

l) i commi 2 e 3 dell’articolo 93 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001);

m) il decreto del Presidente della Repubblica 7 novembre 2001, n. 464, recante il regolamento recante modalità di esecuzione delle rivaccinazioni antitetaniche, a norma dell'articolo 93, comma 2, della legge 23 dicembre 2000, n. 388;

n) il decreto del Presidente della Repubblica 7 novembre 2001, n. 465, recante il regolamento che stabilisce le condizioni nelle quali è obbligatoria la vaccinazione antitubercolare, a norma dell'articolo 93, comma 2, della legge 23 dicembre 2000, n. 388;

o) il decreto del Ministro della salute 18 giugno 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 165 del 13 luglio 2002, recante modifica della schedula vaccinale antipoliomelitica;

p) il decreto del Ministro della salute 15 luglio 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 215 del 15 settembre 2005, recante modifica al calendario delle vaccinazioni antipoliomielitiche per adeguamento al nuovo Piano nazionale vaccini 2005-2007.

2. È fatto salvo, con i limiti stabiliti dall'articolo 4, quanto previsto dalla legge 25 febbraio 1992, n. 210, e dalla legge 29 ottobre 2005, n. 229, in materia di indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie.