Legislatura 13º - Disegno di legge N. 4356

SENATO DELLA REPUBBLICA

———–     XIII LEGISLATURA    ———–





N. 4356


DISEGNO DI LEGGE




d'iniziativa dei senatori ASCIUTTI, BEVILACQUA, RONCONI, TONIOLLI, MARRI e PACE

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 24 NOVEMBRE 1999

Legge quadro sul riordino dei cicli scolastici






ONOREVOLI SENATORI. - Ai sistemi formativi dei Paesi piú sviluppati sono rivolte domande sempre piú esigenti e complesse. Ad essi é richiesto di provvedere a: formare i cittadini; preparare al lavoro; far accedere all'istruzione superiore l'intera popolazione e non soltanto una minoranza privilegiata, favorendo in tutti i modi l'uguaglianza delle opportunità e la mobilità sociale verso l'alto; formare le classi dirigenti; fornire impulso allo sviluppo economico; conferire all'educazione i caratteri di un'attività che dura tutta una vita.
Nei Paesi membri dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), i Ministri dell'educazione riunitisi a Parigi nel 1996 hanno chiesto di monitorare gli sviluppi delle politiche scolastiche dei Paesi membri, al fine di poter individuare piú chiaramente i progressi in questo campo. Ma se é relativamente facile descrivere l'espansione dei sistemi scolastici evidenziando gli accresciuti tassi di scolarità, assai piú difficile é stabilire se simili investimenti riescano a sortire gli effetti desiderati.
I milioni di giovani in piú che frequentano le aule scolastiche ed universitarie, per un numero piú elevato di anni, riescono ad affrontare con una migliore preparazione l'ingresso nel mondo degli adulti e del lavoro?
E le condizioni in cui quest'ingresso si realizza sono tali da motivare il protrarsi della propria educazione per l'intero arco della vita?
In realtà le opinioni pubbliche, i governi e gli operatori del settore sono consapevoli dell'inadeguatezza della maggior parte dei modelli formativi tuttora operanti e le ragioni di tale consapevolezza sono ormai ben note.
Istituzioni, organizzazioni, culture pedagogiche sono state create e si sono sviluppate all'interno di un modello produttivo, economico e sociale pervasivo, che si suole designare come "fordista" e di un modello di stato, che si suole designare come Welfare state. Tempo di vita e tempo di lavoro, età della formazione ed età del lavoro, ruoli dirigenti e ruoli esecutivi, contenuti formativi professionalizzanti, tutto era scandito secondo gerarchie e cadenze stabili e prevedibili.
Questo insieme apparentemente ordinato sta ora crollando a causa degli enormi e rapidi mutamenti a livello produttivo, economico e sociale indotti dalla globalizzazione e per effetto delle trasformazioni profonde cui il Welfare state é stato costretto. Questi mutamenti hanno sconvolto ruoli, contenuti, tempi, rapporti tra le generazioni. A questa trasformazione il sistema formativo ha risposto con la propria rigidità e immutabilità, per non dire che non ha affatto risposto.
Da qui una domanda che va alla radice del problema: a cosa serve dunque la scuola?
Il brusco propagarsi della società dell'informazione nel mondo ha scatenato una bufera di cambiamenti rispetto ai quali le reazioni sono tuttora contraddittorie.
Il nostro Paese, insieme all'Europa, é stato colto alla sprovvista: ci troviamo di fronte ad un continente in evidente squilibrio, che presenta i sintomi di un lento e difficoltoso adattamento la cui risoluzione sarebbe la riconversione delle mentalità europee per la quale sarebbe richiesto un tempo troppo lungo. Il continente americano e le economie emergenti del Pacifico non hanno al contrario perso tempo ad assumere quel protagonismo che gli europei hanno avuto per secoli, ma che ora stentano sempre piú a mantenere.
É in fase di incubazione una nuova geopolitica della conoscenza e dell'informazione, con conseguenze rivoluzionarie sugli assetti mondiali dell'influenza e del potere.
Non restano comunque dubbi sul fatto che il primo posto sarà riservato a coloro che avranno saputo dare libero corso all'intelligenza, alla creatività e allo spirito d'iniziativa e, quindi, le giuste risposte alle nuove domande del sistema in evoluzione.
Il sapere e la conoscenza non sottostanno a frontiere politiche o amministrative ed é per questo che la globalizzazione appare come un rischio enorme per gli europei: puó equivalere al declino della loro influenza nel mondo.
Il sistema scolastico italiano non si salva in questa condizione generale di crisi e vi partecipa secondo le proprie specifiche caratteristiche e per proprie specifiche cause, sia sotto il profilo della qualità dei risultati sia sotto quello della quantità.
Per quanto riguarda l'aspetto qualitativo é difficile fare un confronto con gli altri Paesi poichè nei rapporti OCSE degli ultimi anni mancano i dati italiani. A differenza degli altri Paesi, non abbiamo ancora un servizio nazionale di valutazione in grado di effettuare questo tipo di analisi.
In ogni caso desta preoccupazione il dislivello rilevato nei risultati degli studenti in matematica e nelle scienze. Ad un estremo della scala, piú di tre quarti dei ragazzi giapponesi e coreani che frequentano la terza media ottengono in matematica voti che si collocano al di sopra della media OCSE. All'altro estremo, persino alcuni fra i ragazzi che fanno parte del 25 per cento degli studenti migliori del Portogallo non riescono ad eguagliare tali medie. E non si puó non considerare che le prestazioni degli studenti piú brillanti in matematica e nelle scienze rappresentano la premessa di una possibile partecipazione di quel Paese alla squadra dalla quale emergeranno i matematici, gli ingegneri e gli scienziati di domani.
Per contro, un'elevata quota di studenti che realizzano un profitto scadente deve ingenerare la preoccupazione che una notevole proporzione di futuri cittadini contribuenti ed elettori non sarà in grado di comprendere, come dovrebbe, concetti e formulare giudizi informati all'interno del mondo d'oggi.
Considerazioni di questa natura rendono necessario in modo impellente un impegno di tipo nuovo nelle politiche scolastiche pubbliche dei governi: non piú il puro controllo delle risorse e dei contenuti dell'istruzione, bensí l'attenzione puntata sui risultati.
Dal punto di vista della quantità, invece, la scuola italiana "disperde" al livello del diploma circa il 50 per cento della generazione in età, mentre al livello della laurea circa il 90 per cento.
Al fenomeno della dispersione si deve aggiungere quello dell'evasione dell'obbligo, soprattutto al Sud, e quello della fuga dal post-obbligo, soprattutto al Nord. Queste medie collocano il nostro Paese molto al di sotto della media OCSE.
Parlando poi dei nostri diretti partner e concorrenti economici - USA, Germania, Gran Bretagna e Francia - constatiamo ad esempio che se la media OCSE é del 70 per cento dei diplomati e in Germania raggiunge il 90 per cento, la produttività della nostra scuola é certamente molto bassa.
Le cause di tale dispersione scolastica si possono ricondurre alla rigidità dei percorsi scolastici, al centralismo politico-amministrativo, alla dominante cultura pedagogica, fondata sulla centralità dell'insegnare anzichè su quella dell'apprendere.
Le cause dell'evasione e soprattutto della fuga si devono, per quanto riguarda il Nord, alla spinta delle famiglie verso il lavoro subito e ad ogni costo, per quanto riguarda il Sud a condizioni di povertà economica e deprivazione culturale.
Il crescente tasso di scolarizzazione rende piú oneroso l'impegno finanziario a carico dei governi e delle famiglie che prendono parte al finanziamento dell'istruzione; tale costo aggiuntivo é tanto maggiore in quanto gli studi successivi alla scuola dell'obbligo, ormai generalizzati in tutti i Paesi, prevedono costi per studente solitamente molto superiori a quelli delle scuole elementari e medie.
Nonostante questa situazione non si é tuttavia verificato un aumento nelle spese di investimento dei governi in relazione al prodotto interno lordo, in quanto si é contestualmente verificata la diminuzione di alunni nella scuola dell'obbligo per il calo demografico.
Tuttavia, anche relativamente a questo aspetto, cioé quello delle risorse, sono molto istruttivi e chiarificatori i confronti internazionali. Infatti, le risorse investite in Italia sono in linea con quelle degli altri Paesi: circa 80 miliardi all'anno con i seguenti costi per singolo alunno nei diversi ordini di scuola:

scuola materna: lire 4.900.031;
scuola elementare: lire 6.602.304;
scuola media: lire 7.720.711;
scuola secondaria superiore: lire 7.322.919;
tutti i livelli di istruzione, comprese le spese non distribuite: lire 7.322.372.

(Fonte: elaborazione Ufficio Sistan del Ministero della Pubblica Istruzione su dati del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, del Ministero della pubblica istruzione e dell'ISTAT-1997).
Ma risulta anomalo il loro impiego dal momento che tali risorse sono destinate per il 95 per cento a stipendi, contro il 70 per cento della media OCSE. Si comprende pertanto da questi dati che la scuola italiana non fa investimenti e che occorre in modo improcrastinabile un mutamento radicale.
Non bisogna dimenticare d'altra parte che, per essere funzionali, i sistemi scolastici hanno bisogno soprattutto di insegnanti molto qualificati e motivati.
Gli indicatori internazionali dell'istruzione mostrano che i paesi OCSE investono una consistente quantità di risorse umane nell'educazione.
Il nostro Paese presenta tuttavia un notevole esubero: un docente ogni 10 allievi, mentre la media OCSE é di un docente ogni 17 alunni. Docenti che sono poco e mal pagati tanto da generare un appiattimento inaccettabile.
La causa principale di questa situazione va cercata nei contenuti delle politiche sindacali fin qui proposte da una classe politica complice: in quel circolo vizioso che da decenni si alimenta attraverso le azioni sindacali, la demagogia studentesca, l'assistenzialismo.
In ogni caso nessuna riforma potrà funzionare se non si ripensa lo stato giuridico del personale docente e dirigente.
Complessivamente, dunque, la risposta alle sfide della globalizzazione richiede una seria e ponderata ridefinizione dei fini che la società attribuisce ai sistemi formativi.
Dal nostro punto di vista ció che appare di primaria importanza per un sistema formativo é l'apprendimento della libertà intesa come assunzione di responsabilità, fare scoperte, costruire attivamente la propria identità attiva e creatrice. Occorre quindi una pedagogia della scelta. In secondo luogo viene l'apprendimento della complessità: cioé ridurre, filtrare, connettere, comprendere la logica, governare. Non basta accumulare indefinitamente le conoscenze. Occorre una pedagogia fondata sulle nuove scienze cognitive. In terzo luogo, l'apprendimento della relazione che significa cooperare, comunicare, ascoltare. Occorre una pedagogia della relazione.
Questi fini non sono realizzati nell'attuale sistema formativo, perchè non sono ancora stati proposti come tali. Nè, d'altronde, é possibile realizzarli all'interno delle attuali istituzioni formative, proprio perchè sono mezzi per altri fini. Le istituzioni formative continuano ad essere ispirate a logiche gerarchiche, all'accumulo indefinito di conoscenze, all'ascolto passivo. Si continua a formare alla cittadinanza e al lavoro per una società civile e un'economia che stanno scomparendo.
É evidente che esiste un legame assai stretto tra la cultura nazionale e la cultura pedagogica del Paese: la prima non ha ancora elaborato le sfide della globalizzazione, la seconda é perció arretrata.
Quali siano le riforme necessarie si evince dalle analisi che sono state appena fatte circa le ragioni della crisi. Occorre rovesciare la filosofia formativa della scuola fondata sull'unicità del percorso formativo e sul primato assoluto della funzione docente. Al centro del processo formativo deve stare il soggetto che apprende e si forma, nella concretezza della sua condizione sociale, culturale, ambientale.
La scuola deve prevedere, per questo, in ogni suo grado, larghi margini di opzione, deve articolare l'onnicomprensività, deve adottare "la pedagogia del successo", valorizzando attitudini e interessi. Occorre pertanto una nuova strutturazione dell'apparato formativo, che preveda un minimo comune denominatore di strumenti culturali, sufficiente per muoversi nella società contemporanea, e una pluralità di percorsi flessibili e di curricoli ai quali i giovani possano accedere consapevolmente. Dunque: un nuovo ordine dei cicli, una ridefinizione dei programmi, nuove tecniche di apprendimento e di insegnamento, ma prima ancora un nuovo assetto istituzionale e amministrativo sia del sistema nazionale dell'istruzione sia di singoli istituti scolastici.
Altro punto qualificante di una vera riforma del sistema scolastico resta, dal nostro punto di vista, l'abolizione del valore legale del titolo di studio che inevitabilmente sposta l'attenzione dalla certificazione burocratica alle reali competenze acquisite dagli alunni nei singoli istituti.
Oggi in Italia, in materia di istruzione, tutto é ingessato perchè, con il valore legale del titolo di studio, l'offerta é unica in tutto il Paese e per tutti i destinatari: quella decisa e pianificata da parte del Ministero della pubblica istruzione.
Al contrario, solamente il pluralismo dell'offerta formativa permette una risposta corretta alla domanda e alla libertà di scelta degli aventi diritto. Inoltre ne esce rafforzato il compito della Repubblica che é quello di dettare le norme generali sull'istruzione statale e non statale, pubblica e privata; ne esce rafforzato parimenti il compito dello Stato che é quello di tutelare i cittadini facendo osservare le norme.
Le scuole di Stato, finalmente autonome dall'ente che le istituisce, sono chiamate, d'ora in avanti, a progettare l'offerta in risposta alla domanda, non in attuazione della pianificazione del Ministro, ma in base alla committenza sociale, visto che le risorse provengono, attraverso l'imposizione, dai privati cittadini.
In questo modo esisteranno scuole secondo modelli autonomi, cioé un pluralismo di scuole con il relativo pluralismo dell'offerta e la responsabilità dei risultati. Allo Stato competerà la valutazione degli stessi.
Il presente disegno di legge si prefigge l'obiettivo di ridisegnare il nuovo sistema scolastico che dovrà ad un tempo potenziare e rinnovare la dimensione culturale, professionale e nazionale degli studenti e favorire il radicamento locale della scuola, proprio di uno Stato federale.
Centralità dello studente e competitività dell'intero sistema scolastico sono le due direttrici di fondo di una strategia scolastica globale che indichiamo come necessità prioritaria del nostro Paese.
La scuola deve dunque porre al centro della propria azione la "persona". Si istruisce per educare. Per questo la scuola deve partire da un progetto intenzionalmente rivolto alla promozione totale della persona. La scuola non puó ridursi ad un luogo di accumulo delle conoscenze, ma deve offrire "significati".
É inoltre importante che la scuola recuperi il posto e il ruolo che dovrebbe avere nel contesto attuale in rapporto alle altre istanze educative, prima fra tutte la famiglia che é titolare del diritto-dovere dell'istruzione dei propri figli. La scuola non deve essere, insomma, un'istituzione totalizzante, ma, al contrario, deve dialogare con tutte le realtà, interagendo con esse.
Vanno rivisti e aggiornati i programmi di studio, che dovranno fare riferimento a pochi e approfonditi saperi, evitando il sovraccarico quantitativo di informazione. Va recuperato un modello culturale che eviti il pericolo rappresentato da un sistema sommatorio di un sapere illusoriamente enciclopedico.
Un'attenzione particolare va data al rapporto della scuola con il mondo del lavoro; tale rapporto deve divenire organico e sinergico. É tempo che nasca anche nel nostro Paese un sistema duale della formazione che riabiliti e valorizzi adeguatamente la formazione professionale.
Sulla base degli orientamenti espressi, proponiamo una riforma dei cicli scolastici che comprende:

la scuola dell'infanzia (anni 3-6);
la scuola di primo ciclo (anni 6-11);
la scuola di secondo ciclo (anni 11-15);
la scuola di terzo ciclo (anni 15-18/19).

L'obbligo scolastico é previsto dai sei ai quindici anni e interessa in modo differenziato ed articolato i primi due cicli scolastici. La scuola dell'infanzia rimane fuori dall'obbligo perchè noi riteniamo che almeno fino a sei anni debba essere privilegiato il rapporto con la famiglia e la sua libera scelta.
La scuola di base si articola in cinque anni di istruzione elementare piú due anni di consolidamento nella scuola di secondo ciclo.
La scuola dell'obbligo si concluderà con un secondo biennio di indirizzo nella scuola di secondo ciclo. La scuola secondaria, composta da un triennio, mantiene la propria specificità di indirizzo e la caratteristica di scuola di approfondimento culturale. Il corso di studi si conclude a diciotto o diciannove anni a seconda del tipo di area scelta. Dopo il diciottesimo-diciannovesimo anno si apre un ventaglio di offerte formative, della durata piú o meno lunga, da spendere nell'università, nelle Accademie, nei Conservatori, nell'istruzione post-secondaria o nei corsi di formazione professionale di livello superiore.
Parallelamente alla scuola secondaria si dà vita ad un secondo canale di formazione, quello della formazione professionale, di pari dignità rispetto al canale dell'istruzione.
L'obiettivo prioritario di questo disegno di legge é quello di consentire il passaggio: dalla centralità delle discipline alla centralità dell'alunno; dalla centralità della scuola alla centralità del territorio; dalla centralità delle nozioni alla centralità della cultura come approccio ai problemi della vita e come palestra di libertà; dalla centralità della burocrazia alla centralità dell'efficienza e dell'efficacia del sistema, attraverso una pari dignità tra i gradi scolastici e tra questi e i soggetti statali e non statali coinvolti nel sistema formativo.
Rispetto alla formazione professionale non possiamo fare a meno di evidenziare che il modello italiano é rimasto l'unico in Europa che non si é posto in sintonia con lo sviluppo industriale e con le nuove logiche della società complessa in cui viviamo. Per tali motivi la formazione professionale é rimasta, nel nostro sistema scolastico, isolata, in una posizione subalterna e di emarginazione, sino a porsi come alternativa finale di ripiego rispetto a fenomeni che purtroppo caratterizzano negativamente il nostro sistema scolastico (evasione, dispersione, insuccessi).
L'idea che l'istruzione e la formazione professionale siano qualcosa che sta "al servizio di" o che sono "strumentali a", cioé qualcosa di subalterno, di inferiore, di sottoposto, di subordinato, é radicata storicamente. Intendiamo dire che é parte della storia del sistema scolastico italiano. Il sistema scolastico secondario, infatti, é nato piú di cento anni fa in maniera dicotomica, cioé con una netta divaricazione tra l'istruzione classica e l'istruzione tecnica. La spaccatura tra i due ordini di scuola fu aspramente criticata fin dall'inizio. Ma rimase nell'ordinamento e permane tuttora nella percezione comune anche degli uomini di cultura. Sul gradino superiore stanno i licei. Su quelli inferiori stanno prima gli istituti tecnici e poi, via, via, gli istituti professionali e la formazione professionale. Una vera e propria gerarchia, non solo, e non tanto di prestigio, ma soprattutto di natura, di essenza, di qualità. Nel nostro Paese, insomma, la formazione professionale é stata percepita come percorso di pari dignità culturale e pedagogica rispetto a quello scolastico solo da coloro che l'hanno vissuta (enti, docenti, studenti, famiglia). Di questa concezione paritaria, invece, non c'é traccia nei documenti legislativi in vigore, nè nelle proposte di riforma del "Governo Prodi". La formazione professionale sembra ridotta a schiava della scuola nel documento governativo sul riordino dei cicli scolastici e a serva del lavoro nel pacchetto che contiene le norme in materia di promozione dell'occupazione. Si tratta, in entrambi i casi, di visioni riduttive e fortemente penalizzanti della formazione professionale.
L'ipotesi della formazione professionale, cosí come si evince dalla nostra proposta, al contrario, raccoglie le indicazioni OCSE per creare un sistema nel quale: vi sia meno separazione, nei singoli programmi, tra le forme di insegnamento a impostazione generale e quelle orientate all'avviamento a specifici settori professionali; il fatto di seguire un indirizzo di studi non impedisca di seguirne un altro; una volta compiuta la transizione al lavoro, le persone si vedano offrire possibilità di riprendere gli studi a tempo pieno, nonchè di seguire percorsi di istruzione e formazione permanente a tempo parziale; i certificati e i diplomi siano trasferibili da un particolare contesto del sistema scolastico ad un altro, esistano meccanismi di finanziamento che, facilitando l'accesso da parte di categorie svantaggiate, consentano loro di non interrompere l'istruzione e la formazione.
Il sistema proposto é, per questo, duale nel senso di una effettiva compenetrazione ed interazione tra i due aspetti (culturale e professionale) ed é innovativo nel senso che, per la prima volta, nel ridisegnare la scuola italiana, si pongono sullo stesso piano lo studio e il lavoro.
Il presente disegno di legge si compone di 10 articoli.
L'articolo 1 propone l'articolazione scolastica che va dalla scuola dell'infanzia (dai 3 ai 6 anni) e prosegue con la previsione di tre cicli scolastici. L'obbligo scolastico é previsto in nove anni che vanno dai sei ai quindici anni (comma 4).
L'articolo 2 definisce le articolazioni della scuola dell'infanzia.
L'articolo 3 fissa in cinque anni la durata della scuola di primo ciclo e al comma 3 ne fissa le finalità.
L'articolo 4 prevede l'articolazione per la scuola di secondo ciclo in due bienni che vanno dall'undicesimo al quindicesimo anno di età. Al comma 2 si definisce la specificità del primo biennio; al comma 3 viene definita la specificità del secondo biennio, diviso per indirizzi, per il quale é garantito anche il passaggio da un modulo all'altro previa attivazione di apposite iniziative didattiche propedeutiche al cambiamento di orientamento (comma 6). Il comma 4 fissa le possibilità di sperimentazioni ai sensi dell'articolo 7 del decreto ministeriale 9 agosto 1999, n. 323. Il comma 5 fissa la realizzazione logistica della scuola di secondo ciclo e il comma 7 stabilisce la certificazione finale attestante il percorso didattico concluso.
L'articolo 5 stabilisce la conclusione della scuola di base al termine del primo biennio del secondo ciclo, prevedendo un esame di Stato finale e relativo orientamento di massima per la scelta successiva di area e di indirizzo.
L'articolo 6 definisce la scuola di terzo ciclo, fissa la sua durata in tre o quattro an ni e la articola in cinque aree. Fissa inoltre le finalità tese all'inserimento nel mondo del lavoro. La realizzazione della scuola di terzo ciclo é stabilita negli attuali istituti di istruzione secondaria di secondo grado denominati licei di secondo livello. L'articolo prevede inoltre un esame di Stato finale da sostenere in base alla scelta dell'area.
L'articolo 7 stabilisce la possibilità di accesso, previo conseguimento del diploma di secondo livello, ai corsi di perfezionamento e di specializzazione al termine dei quali avviene il rilascio di un diploma scolastico post-secondario (comma 3). Per tali corsi é prevista la costituzione di crediti formativi finalizzati all' iter universitario successivo (comma 4).
L'articolo 8 fissa il canale della formazione professionale come garanzia all'ingresso nel mondo del lavoro, prevedendone la realizzazione nell'ambito della scuola di terzo grado e articolandolo secondo precise linee guida.
L'articolo 9 stabilisce le modalità di accesso alla formazione professionale e fissa la sua durata in tre anni.
L'articolo 10 fissa le modalità ed i tempi di attuazione dei nuovi cicli scolastici.





DISEGNO DI LEGGE



Art. 1.

(Sistema educativo
di istruzione e formazione)


1. Il sistema educativo di istruzione e di formazione é finalizzato alla crescita e alla valorizzazione della persona umana, nel rispetto dei ritmi dell'età evolutiva, delle differenze e dell'identità di ciascuno, nel quadro della cooperazione tra scuola e genitori, in coerenza con le disposizioni in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche e secondo i princípi sanciti dalla Costituzione e dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. La Repubblica assicura a tutti pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le conoscenze, le capacità di apprendere e le competenze, generali e di settore, coerenti con le attitudini e le scelte personali, adeguate all'inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro, anche con riguardo alle specifiche realtà territoriali.
2. Il sistema educativo di istruzione si articola:

a) nella scuola dell'infanzia;
b) nella scuola di primo ciclo e nel primo biennio della scuola di secondo ciclo, che assumono la denominazione di scuola di base;
c) nel secondo biennio della scuola di secondo ciclo e nella scuola di terzo ciclo, che assumono la denominazione di scuola secondaria.

3. L'obbligo scolastico inizia a partire dal sesto anno di età e si articola nella frequenza della scuola di primo ciclo e della scuola di secondo ciclo.
4. L'obbligo scolastico si intende assolto con la frequenza dai sei ai quindici anni di età, indipendentemente dalle progressioni nelle classi di studio.
5. La scuola dell'infanzia é facoltativa e gratuita.
6. L'istruzione dell'obbligo é gratuita per tutti, indipendentemente dalla natura dell'ente gestore della scuola frequentata. Lo Stato, d'intesa con le regioni e gli enti locali, promuove interventi diretti a garantire la frequenza della scuola dell'obbligo con provvidenze mirate ad alleviare situazioni di disagio personale, familiare e socio-economico.
7. Il Governo, con apposito regolamento da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, fissa le norme per un sistema di valutazione dell'intero sistema scolastico nazionale. Detto sistema di valutazione dovrà essere completamente autonomo dal governo del paese.
8. Nel sistema educativo di istruzione e di formazione si realizza l'integrazione delle persone in situazione di handicap ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni.
9. Le province autonome di Trento e di Bolzano e la regione della Valle d'Aosta, nel rispetto delle norme statutarie, disciplinano l'attuazione dell'elevamento dell'obbligo scolastico anche mediante percorsi integrati di istruzione e formazione, ferma restando la responsabilità delle istituzioni scolastiche.

Art. 2.

(Scuola dell'infanzia)

1. La scuola dell'infanzia, di durata triennale, concorre alla educazione e allo sviluppo affettivo, cognitivo e sociale dei bambini di età compresa fra i tre e i sei anni, promuovendone le potenzialità di autonomia, creatività e di apprendimento, operando per assicurare una effettiva eguaglianza delle opportunità educative; nel rispetto dell'orientamento culturale dei genitori, concorre alla formazione integrale dei bambini.
2. La Repubblica assicura la generalizzazione dell'offerta formativa di cui al comma 1 e garantisce a tutti i bambini, in età compresa fra i tre e i sei anni, la possibilità di frequentare la scuola dell'infanzia.
3. La scuola dell'infanzia, nella sua autonomia e unitarietà didattica e pedagogica, realizza i necessari collegamenti da un lato con il complesso dei servizi dell'infanzia, dall'altro con la scuola di base.
4. La scuola dell'infanzia é composta da sezioni costituite da un numero di bambini mai superiore a venti.
5. Ai bambini che frequentano la scuola dell'infanzia sono garantite l'assistenza sanitaria, in modo particolare per quanto riguarda la medicina preventiva, nonchè la copertura assicurativa.

Art. 3.

(Scuola di primo ciclo)

1. La scuola di primo ciclo, di durata quinquennale, é caratterizzata da un percorso educativo unitario ed articolato in rapporto alle esigenze di crescita e sviluppo dei singoli alunni, di età compresa fra i sei e i dieci anni.
2. La scuola di primo ciclo si raccorda da un lato alla scuola dell'infanzia e dall'altro alla scuola di secondo ciclo.
3. La scuola di primo ciclo, attraverso un progressivo sviluppo del curricolo mediante un graduale passaggio dagli ambiti disciplinari alle singole discipline, persegue le seguenti finalità:

a) acquisizione e sviluppo delle conoscenze e delle abilità di base;
b) apprendimento di nuovi mezzi espressivi;
c) potenziamento delle capacità relazionali e di orientamento nello spazio e nel tempo;
d) educazione ai princípi fondamentali della convivenza civile;
e) acquisizione della conoscenza elementare di una lingua straniera;
f) predisposizione all'educazione musicale e artistica come arricchimento della personalità;
g) formazione della personalità e sviluppo di capacità critiche degli alunni.

Art. 4.

(Scuola di secondo ciclo)

1. La scuola di secondo ciclo ha la durata di quattro anni e inizia, di norma, all'undicesimo anno e termina al quindicesimo anno di età; la scuola di secondo ciclo si articola in un primo biennio dedicato al consolidamento dell'istruzione di base, attraverso gli apprendimenti disciplinari, ed in un secondo biennio con possibilità di utilizzare i moduli della formazione professionale, anche tramite convenzioni tra vari soggetti formatori pubblici e privati. Nell'intero quadriennio deve essere previsto l'insegnamento di almeno una seconda lingua straniera.
2. Nel primo biennio si approfondiscono gli insegnamenti fondamentali delle discipline delle grandi aree umanistica, scientifica, tecnologica, artistica e musicale, con la funzione di consolidare le conoscenze e le capacità acquisite nelle scuole di primo ciclo.
3. Nel secondo biennio, diviso per indirizzi, accanto all'approfondimento degli insegnamenti fondamentali, si dedica adeguato spazio alle discipline specifiche dell'indirizzo prescelto, al fine di consentire la verifica della validità della scelta di un indirizzo effettuato.
4. Nel secondo biennio, possono essere attivate, a regime, sperimentazioni ai sensi dell'articolo 7 del decreto del Ministro della pubblica istruzione, emanato di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale del 9 agosto 1999, n. 323.
5. La scuola di secondo ciclo si realizza negli attuali istituti di istruzione secondaria di primo grado che assumono la denominazione di licei di primo livello.
6. Nel secondo biennio, fatti salvi la caratterizzazione specifica dell'indirizzo e l'obbligo di un rigoroso svolgimento del relativo curricolo, é garantita la possibilità di passare da un modulo all'altro di indirizzi diversi, mediante l'attivazione di apposite iniziative didattiche finalizzate all'acquisizione di una preparazione adeguata alla nuova scelta.
7. A conclusione del periodo dell'obbligo scolastico, é rilasciata una certificazione attestante il percorso didattico svolto e le competenze acquisite.

Art. 5.

(Scuola di primo e di secondo ciclo)

1. Le articolazioni interne della scuola di primo e di secondo ciclo sono definite a norma del regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275.
2. La scuola di base si conclude, al termine del primo biennio del secondo ciclo, con un esame di Stato dal quale deve emergere anche una indicazione orientativa non vincolante per la successiva scelta dell'indirizzo.

Art. 6.

(Scuola di terzo ciclo
o scuola secondaria)


1. La scuola di terzo ciclo o scuola secondaria, chiamata liceo di secondo livello, ha durata non inferiore a tre anni e non superiore a quattro anni e si articola nelle seguenti cinque aree:

1) classica-umanistica;
2) scientifica;
3) tecnica e tecnologica;
4) artistica;
5) musicale.

Essa ha la finalità di consolidare, riorganizzare ed accrescere le capacità e le competenze acquisite nel secondo ciclo, arricchire la formazione culturale, umana e civile degli studenti, sostenendoli nella progressiva assunzione di responsabilità e offrire loro conoscenze e capacità adeguate all'accesso all'istruzione universitaria, ai corsi post-secondari di cui all'articolo 7, ovvero all'inserimento nel mondo del lavoro.
2. Ai fini di cui al comma 1 l'istruzione secondaria superiore:

a) consolida la formazione generale acquisita nei precedenti gradi di istruzione e la sviluppa in funzione degli obiettivi formativi generali e specifici da raggiungere;
b) promuove l'acquisizione di un metodo di studio e le capacità di apprendimento, in particolare attraverso 1'approfondimento delle discipline caratterizzanti il singolo tipo di area;
c) fornisce, in relazione agli obiettivi stessi, le professionalità di base utili per l'accesso al lavoro e per ulteriori processi di formazione;
d) contribuisce alla conoscenza della cultura e dei processi di sviluppo locali;
e) soddisfa, in presenza delle necessarie compatibilità, ogni altra esigenza di formazione coerente con i suoi obiettivi;
f) realizza, nell'ambito dell'autonomia di ricerca e sviluppo delle istituzioni scolastiche, i processi di innovazione atti a consentire loro di contribuire in modo coerente all'evoluzione culturale, sociale ed economica del paese.

Ciascuna area é ripartita in indirizzi anche mediante riordino e riduzione del numero di quelli esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge.
2. La scuola di terzo ciclo si realizza negli attuali istituti di istruzione secondaria di secondo grado che assumono la denominazione di licei di secondo livello.
3. Ferme restando le discipline obbligatorie, possono essere realizzati in Italia o all'estero esercitazioni pratiche, esperienze formative e stage anche con brevi periodi di inserimento nelle realtà culturali, produttive, professionali e dei servizi. Sono inoltre promossi tutti gli opportuni collegamenti con il sistema dell'istruzione e formazione tecnico superiore (IFTS) e con l'università.
4. La frequenza positiva di qualsiasi segmento della scuola secondaria, annuale o modulare, comporta l'acquisizione di un credito formativo che puó essere fatto valere, anche ai fini della ripresa degli studi eventualmente interrotti, nel passaggio da un'area o da un indirizzo di studi all'altro o nel passaggio alla formazione professionale. Analogamente, la frequenza positiva di segmenti della formazione professionale comporta l'acquisizione di crediti che possono essere fatti valere per l'accesso al sistema dell'istruzione.
5. Al termine della scuola di terzo ciclo, gli studenti sostengono l'esame di Stato di cui alla legge 10 dicembre 1997, n. 425, che assume la denominazione dell'area e dell'indirizzo.

Art. 7.

(Corsi post-secondari di perfezionamento e di specializzazione)

1. Coloro che abbiano conseguito il diploma di liceo di secondo livello possono accedere a corsi post-secondari di perfezionamento e di specializzazione.
2. Corsi di approfondimento della preparazione culturale, scientifica e tecnologica, artistica musicale, possono essere istituiti presso tutte le tipologie di scuole di terzo ciclo, sulla base di specifiche norme quadro emanate dal Ministro della pubblica istruzione, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione.
3. I corsi di cui al comma 2 danno luogo al rilascio di un diploma scolastico post-secondario.
4. I corsi di cui al comma 2 prevedono la costituzione di crediti formativi riconoscibili ai fini dei percorsi universitari coerenti, definiti con decreto del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, sentiti il Consiglio nazionale della pubblica istruzione ed il Consiglio universitario nazionale.

Art. 8.

(Formazione professionale)

1. La formazione professionale costituisce e garantisce la graduale integrazione tra il momento educativo e l'esperienza del lavoro. Tale ciclo opera per completare la formazione del cittadino quale protagonista del mondo produttivo inteso come elemento di progresso civile e sociale della Nazione.
2. Nell'ambito della scuola di terzo ciclo la formazione professionale é articolata secondo le seguenti linee guida:

a) sostanziale coerenza e continuità tra le forme di insegnamento ad impostazione generale e quelle orientate all'avviamento a specifici settori professionali;
b) possibilità di seguire anche insegnamenti appartenenti ad indirizzi diversi da quello prescelto al fine di conseguire arricchimenti culturali e professionali;
c) collegamento con l'apprendistato;
d) possibilità di rientrare nel circuito della formazione professionale anche dopo l'inserimento nel mondo del lavoro per seguire percorsi di istruzione e formazione permanenti anche a tempo parziale;
e) possibilità di spendere i crediti scolastici certificati da un sistema scolastico ad un altro;
f) previsione di meccanismi di finanziamento del diritto allo studio che facilitino l'accesso da parte di categorie in condizioni svantaggiate consentendo di intraprendere o di non interrompere l'istruzione e la formazione.

Art. 9.

(Accesso alla formazione professionale)

1. Alla formazione professionale si puó accedere dopo aver conseguito il positivo giudizio di valutazione al termine della scuola di secondo ciclo.
2. Il corso di studio della formazione professionale ha durata pari a tre anni.
3. Le regioni, ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, ed entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, emanano apposite norme di attuazione, per quanto di competenza.
4. Le iniziative di educazione degli adulti si realizzano nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

Art. 10.

(Attuazione progressiva dei nuovi cicli)

1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo presenta al Parlamento un programma quinquennale di progressiva attuazione della riforma. Le Camere adottano, entro quarantacinque giorni dalla trasmissione del programma, una deliberazione che contiene indirizzi specificatamente riferiti alle singole parti del programma. Il programma é corredato di una relazione che ne dimostra la fattibilità nonchè la congruità dei mezzi individuati rispetto agli obiettivi, compresa la valutazione delle eventuali riduzioni di spesa ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al comma 2. Il programma comprende, tra l'altro, un progetto generale di riqualificazione del personale docente, finalizzato anche alla valorizzazione delle specifiche professionalità maturate, nonchè alla sua eventuale riconversione; i criteri generali per la formazione degli organici di istituto con modalità tali da consentire l'attuazione dei piani di offerta formativa da parte delle singole istituzioni scolastiche; i criteri generali per la riorganizzazione dei curricoli della scuola di primo, secondo, terzo ciclo e della formazione professionale, ivi compresi quelli per la valorizzazione dello studio delle lingue e per l'impiego delle tecnologie didattiche; un piano per l'adeguamento delle infrastrutture.
2. Il programma di cui al comma 1 indica, per ogni singola area, la durata della scuola di terzo ciclo di cui al comma 1 dell'articolo 6 e indica inoltre tempi e modalità di attuazione della presente legge. L'operatività di tale programma, ove questo rilevi oneri aggiuntivi, é subordinata all'approvazione dello specifico provvedimento legislativo recante l'indicazione dei mezzi finanziari occorrenti per la relativa copertura.
3. Le somme che si dovessero rendere disponibili per effetto della riforma sono riutilizzate con modalità e criteri indicati nel programma di cui al comma 1, anche ai fini della istituzione di periodi sabbatici volti alla qualificazione degli insegnanti in servizio. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica é autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
4. Modifiche alle disposizioni contenute nel programma di cui al comma 1 possono essere emanate durante la progressiva attuazione del programma stesso.
5. L'attuazione della presente legge é verificata dal Parlamento al termine di ogni triennio successivo alla data della sua entrata in vigore, sulla base di una apposita relazione presentata dal Ministro della pubblica istruzione.
6. All'attuazione della presente legge si provvede, sulla base delle norme generali da essa recate, mediante regolamenti da adottare a norma dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, in conformità agli indirizzi definiti dalle Camere in ordine al programma di cui al comma 1, nell'ambito delle disposizioni di legge. Sugli schemi di regolamento é acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari, che si pronunciano sulla loro con formità agli indirizzi deliberati dalle Camere e alle norme di legge. Decorsi quarantacinque giorni dalla richiesta di parere alle Commissioni, i regolamenti possono comunque essere emanati. Ciascun regolamento reca una ricognizione delle norme abrogate e disposizioni transitorie per il passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento. Per gli ambiti di cui all'articolo 8 del regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, concernente la definizione dei curricoli, si provvede con le modalità di cui all'articolo 205 del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297.
7. Il personale docente in servizio, alla data di entrata in vigore delle disposizioni regolamentari che disciplinano l'organizzazione dei settori di appartenenza, ha diritto al mantenimento della sede fino alla sua definitiva assegnazione, che si realizza tenendo conto in via prioritaria delle richieste, degli interessi, dell'anzianità di servizio, dei titoli e delle professionalità di ciascuno.
8. I titoli universitari ed i curricoli richiesti per il reclutamento degli insegnanti della scuola di base sono individuati, anche in deroga a quanto disposto dall'articolo 3, comma 2, della legge 19 novembre 1990, n. 341, con regolamento del Ministro della pubblica istruzione di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, adottato sulla base degli indirizzi generali definiti dalle Camere in sede di deliberazione di cui al comma 1.