Legislatura 13º - Disegno di legge N. 4083

SENATO DELLA REPUBBLICA

———–     XIII LEGISLATURA    ———–





N. 4083


DISEGNO DI LEGGE




d'iniziativa dei senatori ALBERTINI, MARINO, MARCHETTI, BERGONZI, CAPONI e MANZI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 3 GIUGNO 1999

Norme sulla proprietà della Banca d'Italia e sui criteri di

nomina del Consiglio superiore della Banca d'Italia







ONOREVOLI SENATORI. - La costruzione dell'Unione europea, l'introduzione dell'Euro quale moneta comune tra i Paesi membri e la creazione di un Sistema europeo di banche centrali impongono di guardare con rinnovato interesse al ruolo ed ai compiti che la Banca d'Italia, in qualità di banca centrale del nostro Paese, dovrà svolgere.
Infatti, a partire dal 1º gennaio 1999 i Paesi che come l'Italia partecipano all'Unione economica e monetaria (UEM), hanno perso la sovranità monetaria che é stata trasferita, congiuntamente alla politica del cambio, alla Banca centrale europea (BCE) e al Sistema europeo delle banche centrali (SEBC).
L'integrazione della Banca d'Italia nell'ambito del Sistema europeo di banche centrali rende la stessa partecipe delle scelte relative alla determinazione ed all'attuazione della politica monetaria dell'Europa che, come obiettivo principale, persegue il mantenimento della stabilità dei prezzi.
A questo si aggiunga che, in considerazione della consolidata organizzazione e presenza territoriale, tutte le banche centrali nazionali saranno chiamate a svolgere importanti compiti di natura operativa al fine di realizzare l'obiettivo della stabilità dei prezzi e di esercitare la vigilanza sul sistema bancario. Pertanto alla Banca d'Italia compete, su autorizzazione della Banca centrale europea, l'emissione di banconote in ambito nazionale.
Per comprendere l'importanza di tale funzione, occorre pensare al fatto che la regolazione dei flussi monetari é finalizzata a non lasciare inattive le risorse economiche per mancanza di mezzi monetari e a non far circolare moneta in quantità superiore alle reali necessità del sistema controllando cosí i fenomeni inflazionistici nel breve e soprattutto nel medio periodo. L'assolvimento di questo compito porta prioritariamente all'obiettivo del mantenimento della stabilità del potere di acquisto della moneta e, fermo restando tale obiettivo, alla promozione dello sviluppo economico, all'attenuazione degli effetti economici congiunturali e alla massima occupazione delle forze di lavoro disponibili. Ovviamente, il contemporaneo perseguimento di questi obiettivi puó risultare contraddittorio, per cui é necessario adattare l'azione dell'istituto alle mutevoli prospettive dei fenomeni economici. É quindi evidente che il ruolo di fatto svolto dalla Banca d'Italia, anche al di là delle puntuali previsioni normative, riveste un'importanza primaria nello svolgimento dell'azione pubblica.

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Nonostante l'evidente interesse pubblico e nazionale del ruolo della Banca d'Italia, essa ha conservato per molti aspetti l'originaria struttura societaria privatistica, specie con riferimento al proprio capitale.

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La disciplina vigente sull'ordinamento della Banca d'Italia é ancora oggi contenuta in fonti normative precedenti rispetto alla Costituzione della Repubblica italiana.
I principali testi che regolano la materia sono:

1) l'articolo 1 del testo unico di legge sugli Istituti d'emissione e sulla circolazione dei biglietti di Banca, approvato con il regio decreto 28 aprile 1910, n. 204, il quale, nel testo originario, attribuiva la competenza ad emettere biglietti di banca o altri titoli equivalenti - oltre che al Banco di Napoli e al Banco di Sicilia - alla Banca d'Italia, "con capitale nominale di 240 milioni, diviso in 300 mila azioni nominative di lire 800 ciascuna". Va ricordato che sarà solo con il regio decreto 6 maggio 1926, n. 812, che il servizio di emissione dei titoli di banca verrà unificato;
2) l'articolo 20 del regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375, che ha introdotto la qualifica di "istituto di diritto pubblico" per la Banca d'Italia. Lo stesso articolo ha modificato la disciplina relativa al capitale, disponendo che il capitale della Banca d'Italia fosse di trecento milioni di lire e che fosse rappresentato da trecentomila quote di mille lire ciascuna, interamente versate. Ai fini della tutela del pubblico credito e della continuità di indirizzo dell'istituto di emissione, il terzo comma dell'articolo in esame prevede che le quote di partecipazione al capitale siano nominative e possano appartenere solamente a:
casse al risparmio;
istituti di credito e banche di diritto pubblico;
istituti di previdenza;
istituti di assicurazione;

3) gli articoli 1 e 3 dello statuto della Banca d'Italia, approvato con il regio decreto 11 giugno 1936, n. 1067, che costituiscono la normativa vigente, per cui vengono riportati per intero.

L'articolo 1 recita: "La Banca d'Italia é un istituto di diritto pubblico, ai sensi del regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375. Essa esercita funzioni bancarie, puó emettere titoli al portatore e quale unico istituto di emissione, emette biglietti nei limiti e con le norme stabilite dalla legge.
Nel suo nuovo ordinamento la Banca d'Italia riassume tutte indistintamente le attività, i diritti, i privilegi e le passività, gli obblighi e gli impegni dell'Istituto creato con la legge 10 agosto 1893, n. 449".
L'articolo 3 dello statuto, nel testo modificato dal decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1992 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 75 del 30 marzo 1992), prevede a sua volta che: "Il capitale della Banca d'Italia é di 300 milioni di lire rappresentato da quote di partecipazione di lire mille ciascuna.
Le dette quote sono nominative e non possono essere possedute se non da:

a) casse di risparmio;
b) istituti di credito di diritto pubblico e banche di interesse nazionale;
c) società per azioni esercenti attività bancaria risultanti dalle operazioni di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356;
d) istituti di previdenza;
e) istituti di assicurazione.

Le quote di partecipazione possono essere cedute, previo consenso del Consiglio superiore, solamente da uno ad altro ente compreso nelle categorie indicate nel comma precedente. In ogni caso dovrà essere assicurata la permanenza della partecipazione maggioritaria al capitale della Banca d'Italia da parte di enti pubblici o di società la cui maggioranza delle azioni con diritto di voto sia posseduta da enti pubblici".
Da ultimo l'articolo 27 del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153 (Disciplina civilistica e fiscale degli enti conferenti di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356, e disciplina fiscale delle operazioni di ristrutturazione bancaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 1998, n. 461) ha incluso le fondazioni bancarie, i cui statuti sono stati adeguati ai sensi dell'articolo 28, comma 1, tra i soggetti che possono partecipare al capitale della Banca d'Italia a condizione che:

a) abbiano un patrimonio almeno pari a 50 miliardi;
b) operino secondo quanto previsto dai rispettivi statuti, in almeno due province ovvero in una delle province autonome di Trento e Bolzano;
c) prevedano nel loro ordinamento la devoluzione ai fini statutari nei settori rilevanti di una parte di reddito superiore al limite minimo stabilito dall'Autorità di vigilanza ai sensi dall'articolo 10.

In termini riassuntivi, le quote di partecipazione al capitale della banca possono appartenere - oltre che a casse di risparmio, a istituti di diritto pubblico e banche di interesse nazionale, a istituti di previdenza e a istituti di assicurazione - anche a società per azioni esercenti attività bancaria, risultanti dalle operazioni di trasformazione delle casse di risparmio e degli istituti di credito di diritto pubblico di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356, recante disposizioni per la ristrutturazione e per la disciplina del gruppo creditizio, ovvero alle fondazioni bancarie.
Occorre a questo proposito sottolineare che le fondazioni hanno natura eminentemente privatistica cosí come stabilito dall'articolo 2 del decreto legislativo laddove vengono definite "persone giuridiche private senza fine di lucro, dotate di piena autonomia statutaria e gestionale".
Ai partecipanti viene distribuito un dividendo - non superiore al 6 per cento del capitale nominale - sugli utili prodotti dall'istituto, dopo l'accantonamento al fondo di riserva ordinaria di una quota massima del 20 per cento. Col residuo possono essere costituite eventuali riserve straordinarie, nel limite del 20 per cento degli utili complessivi. Ai partecipanti puó essere distribuito, ad integrazione del dividendo, un ulteriore importo non eccedente il 4 per cento del capitale. La restante somma é devoluta allo Stato (articolo 54 dello Statuto).
La situazione del capitale della Banca centrale é stata oggetto di piú atti di sindacato ispettivo, a cominciare dalla interpellanza 2-00016 a firma dell'onorevole Nesi, a cui il Governo ha risposto nella seduta dell'Assemblea della Camera dei deputati del 27 giugno 1996. Si ricordano, inoltre, le analoghe iniziative di sindacato ispettivo dell'onorevole Giorgetti (interrogazione a risposta orale 3-00501), dell'onorevole Martinelli (interrogazione a risposta scritta 4-04001) e del senatore Wilde (interrogazione a risposta scritta 4-01918), a cui il Governo ha sempre fornito una risposta pressochè identica a quella esposta nella ricordata seduta del 27 giugno 1996. In quell'occasione, il rappresentante del Ministero del tesoro, rifacendosi ai dati forniti in occasione della relazione del Governatore presentata il 31 maggio 1996 all'assemblea dei partecipanti, ha chiarito che il capitale della Banca era ripartito fra 94 azionisti, 87 dei quali con diritto di voto. Tra i soci con diritto di voto, rientravano a quella data 79 società bancarie (84,5 per cento del capitale sociale), un istituto di previdenza (5 per cento del capitale sociale) e 7 istituti di assicurazione (10,5 per cento del capitale sociale).
Fra i predetti partecipanti al capitale, a parte il caso della Cassa di risparmio di San Marino che comunque non aveva diritto di voto, undici società bancarie ed assicurative risultavano in prevalenza private e ad esse faceva capo il 15,89 per cento del capitale della Banca, trasformato in quote con diritto di voto (17,84 per cento).
Il rappresentante del Tesoro, nella stessa occasione, aggiunse che "l'autonomia dell'istituto, nello svolgimento delle funzioni pubbliche assegnategli dalla legge, non discende dall'appartenenza del capitale della Banca all'area pubblica ovvero privata, ancorchè la prevalenza pubblicistica venga conservata dall'articolo 3 prima richiamato. Essa é, invece, assicurata dalla ripartizione dei poteri tra gli organi amministrativi e direttivi dell'ente. Ai primi, espressione dell'assemblea dei partecipanti al suo capitale, l'ordinamento affida l'amministrazione e la gestione dell'ente, mentre riserva ai secondi i poteri per l'esercizio delle funzioni istituzionali di emissione, di governo della moneta e di vigilanza sul sistema finanziario".

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Già in sede di replica, segnalammo che, quale che sia il capitale della Banca d'Italia la sua proprietà non é mai indifferente rispetto all'azione della Banca e all'interesse generale del Paese. Del resto, se l'autonomia dell'istituto non fosse legata all'assetto proprietario del suo capitale, non avrebbero senso le previsioni del suo statuto volte a mantenere in mano pubblica la maggioranza delle quote del capitale.
Non a caso, la disciplina dei maggiori Paesi stranieri é univoca nel senso di mantenere in capo al soggetto pubblico il controllo del capitale delle banche centrali.
In Francia, la legge 4 agosto 1993, n. 980, precisa all'articolo 6 che la Banca di Francia é un'istituzione il cui capitale appartiene allo Stato. In Gran Bretagna, il Bank of England Act del 1946, che non é stato mai modificato, stabilisce che l'intero ammontare in azioni del capitale della Banca d'Inghilterra viene trasferito, libero da ogni peso, ad un soggetto nominato dal Tesoro inglese, per essere detenuto dalla stessa persona per conto del Tesoro. In Germania, lo statuto della Deutsche Bundesbank del 26 luglio 1957 stabilisce che la Bundesbank é una persona giuridica federale di diritto pubblico e il suo capitale appartiene allo Stato federale. Anche negli Stati Uniti, la Federal Reserve, pur avendo uno statuto atipico ed essendo di proprietà delle banche federali, puó essere considerata, sulla base del combinato disposto delle leggi che regolano la materia, una vera e propria banca pubblica.

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In Italia, come stabilito nel 1936, le casse di risparmio hanno sino a poco tempo fa posseduto la maggioranza del capitale della Banca d'Italia. Questo é, tra l'altro, il motivo per cui, dopo la relazione annuale del Governatore del 31 maggio, prende la parola il presidente dell'associazione nazionale delle casse di risparmio. Ma ció aveva ragione di esistere quando le casse di risparmio erano pubbliche. Adesso non é piú cosí: nella tabella dove sono elencate le quote di partecipazione al capitale, non si parla piú delle casse di risparmio.
Nella tabella, da qualche anno si legge infatti che il capitale di maggioranza della Banca appartiene a società per azioni esercenti attività bancaria, a seguito delle operazioni di trasformazione delle casse di risparmio e degli istituti di credito di diritto pubblico di cui all'articolo 1 del decreto legislativo n. 356 del 1990, ossia a seguito della privatizzazione di tali istituti.
Se é vero che l'articolo 3 dello statuto stabilisce che in ogni modo per la maggioranza del capitale della Banca d'Italia debba essere assicurata la partecipazione di enti pubblici o di società la cui maggioranza delle azioni con diritto di voto sia a sua volta posseduta da enti pubblici, cosa accadrà quando tutto il sistema delle casse di risparmio sarà diventato privato? Che valore avrà la norma statutaria dinanzi alla trasformazione in società per azioni degli operatori finanziari, assicurativi e di previdenza? Inoltre, quali conseguenze avranno sugli assetti proprietari della Banca d'Italia i processi di fusione, di trasformazione attualmente in atto nel sistema bancario italiano ed europeo?
La necessità di salvaguardare l'autonomia della banca centrale porta quindi alla conclusione che sia necessario fissare per legge il principio per cui il capitale della Banca d'Italia deve essere integralmente pubblico, come già previsto in Germania, in Francia e in Inghilterra.

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Il presente disegno di legge all'articolo 1 attribuisce al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica la titolarità dell'intero capitale della Banca d'Italia, prevedendo altresí la incedibilità delle quote di partecipazione.
L'articolo 2 delega il Governo ad emanare, entro un anno dalla entrata in vigore della legge, un decreto attuativo avente ad oggetto le modalità di rimborso delle quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia. Le quote devono essere rimborsate avendo riguardo al valore nominale delle stesse ed alla media degli utili netti assegnati ai partecipanti negli ultimi cinque anni.
L'articolo 3 contiene le disposizioni relative alla nuova composizione del Consiglio superiore della Banca. I consiglieri, debbono essere eletti in numero di tredici, di cui dodici dal Parlamento in seduta comune ed uno dalla Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, disciplinata dal decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
I membri del Consiglio superiore devono essere scelti secondo criteri di onorabilità, professionalità e competenza e devono avere maturato un'esperienza complessiva non inferiore a venti anni in materia monetaria, finanziaria e del credito.
Le norme riguardanti la nomina del Consiglio superiore sono estremamente solenni e rigide. Solenni perchè prevedono una modalità di elezione quale il Parlamento in seduta comune che rende l'idea dell'estrema importanza delle nomine stesse (fatto eccezionale nella legislazione delle istituzioni del Paese). Rigide perchè limitano la scelta a persone che per età e per storia professionale abbiano maturato un'esperienza di alto livello.
Viene poi istituita una Commissione bicamerale avente compiti di vigilanza sull'attività del Consiglio. Il governatore é tenuto a relazionare la Commissione sull'operato e sulle attività svolte dal Consiglio almeno una volta ogni sei mesi.
L'articolo 4 richiama le disposizioni di nomina e revoca del governatore contenute nell'articolo 19 dello statuto della Banca d'Italia e le mantiene invariate. In tal modo si intende ereditare l'attuale sistema in grado di garantire la piena indipendenza del Governatore come previsto dai trattati comunitari.
L'articolo 5 infine dispone che l'adeguamento dello statuto della Banca sia deliberato dal nuovo Consiglio entro tre mesi dal suo insediamento ed approvato con decreto del Presidente della Repubblica.

QUOTE DI PARTECIPAZIONE AL CAPITALE



Porzione di testo non disponibile






DISEGNO DI LEGGE



Art. 1.

(Capitale della Banca d'Italia)

1. L'articolo 20 del regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375, e successive modificazioni, é sostituito dal seguente:

"Art. 20. - 1. La Banca d'Italia, creata con legge 10 agosto 1893, n. 449, é un istituto di diritto pubblico, le cui funzioni sono previste dalla legge.
2. Il capitale della Banca d'Italia é interamente sottoscritto dal Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. Le quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia sono incedibili".

Art. 2.

(Modalità di restituzione del capitale
ai quotisti)


1. Il Governo é delegato ad emanare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo avente ad oggetto le modalità di rimborso delle quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia. La restituzione delle quote di partecipazione dovrà avvenire secondo i seguenti princípi e criteri direttivi:

a) il valore nominale delle partecipazioni medesime;
b) la media degli utili netti assegnati ai partecipanti negli ultimi cinque anni.

2. In conseguenza delle disposizioni di cui al comma 1, il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazioni economica é autorizzato, con propri decreti, ad imputare, ad apposita unità previsionale di base del bilancio dello Stato, le somme necessa rie per la restituzione ai quotisti secondo i criteri sopra enunciati e ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio. Tali somme, una volta iscritta nel bilancio, sono indisponibili.

Art. 3.

(Amministrazione)

1. L'articolo 22 del regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375, e successive modificazioni, é sostituito dal seguente:

"Art. 22. - 1. Il Consiglio superiore della Banca si compone del governatore e di tredici consiglieri, dei quali dodici eletti dal Parlamento in seduta comune ed uno eletto dalla Conferenza per i rapporti tra lo Stato le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Ciascun consigliere rimane in carica cinque anni ed é rieleggibile. I membri del Consiglio superiore devono essere scelti secondo criteri di onorabilità, professionalità e competenza fra persone che abbiano maturato una esperienza complessiva di almeno un ventennio in materia monetaria, finanziaria e creditizia e un'età non inferiore a cinquanta anni".
2. Il nuovo Consiglio superiore entrerà in funzione decorsi sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
3. La elezione dei componenti del Consiglio superiore da parte del Parlamento in seduta comune avviene a scrutinio segreto e con la maggioranza dei tre quinti dell'assemblea. Per gli scrutini successivi al secondo é sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei votanti. Per ogni scrutinio sono gradualmente proclamati eletti coloro che hanno riportato la maggioranza prevista.
4. Entro trenta giorni dalla data di pubblicazione della presenta legge nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, é istituita una commissione composta da dieci senatori e da dieci deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei Deputati nel rispetto della proporzione esistente tra i gruppi parlamentari, sulla base delle designazioni dei gruppi medesimi. La commissione ha compiti ispettivi e di vigilanza sull'attività del Consiglio superiore.
5. Il governatore é tenuto a riferire alla Commissione di cui il comma 4 sull'attività del Consiglio almeno una volta ogni sei mesi.

Art. 4.

(Nomina del governatore)

1. La nomina e la revoca del governatore avvengono secondo le modalità previste dall'articolo 19 dello statuto della Banca d'Italia, approvato con regio decreto 11 giugno 1936, n.1067, e successive modificazioni.

Art. 5.

(Modifiche dello statuto)

1. Lo statuto della Banca d'Italia é adeguato alle previsioni contenute nel decreto attuativo della presente legge.
2. Le modifiche dello statuto della Banca d'Italia sono deliberate dal nuovo Consiglio superiore entro tre mesi dal suo insediamento e sono approvate dal Presidente della Repubblica con proprio decreto, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.