DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa dei senatori ALBERTINI, MARINO, MARCHETTI, BERGONZI, CAPONI e
MANZI
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 3 GIUGNO 1999
Norme sulla proprietà della Banca d'Italia e sui criteri di
ONOREVOLI SENATORI. - La costruzione dell'Unione europea, l'introduzione
dell'Euro quale moneta comune tra i Paesi membri e la creazione di un
Sistema europeo di banche centrali impongono di guardare con rinnovato
interesse al ruolo ed ai compiti che la Banca d'Italia, in qualità di
banca centrale del nostro Paese, dovrà svolgere.
Infatti, a partire dal 1º gennaio 1999 i Paesi che come l'Italia
partecipano all'Unione economica e monetaria (UEM), hanno perso la
sovranità monetaria che é stata trasferita, congiuntamente
alla politica del cambio, alla Banca centrale europea (BCE) e al Sistema
europeo delle banche centrali (SEBC).
L'integrazione della Banca d'Italia nell'ambito del Sistema europeo di
banche centrali rende la stessa partecipe delle scelte relative alla
determinazione ed all'attuazione della politica monetaria dell'Europa che,
come obiettivo principale, persegue il mantenimento della stabilità
dei prezzi.
A questo si aggiunga che, in considerazione della consolidata
organizzazione e presenza territoriale, tutte le banche centrali nazionali
saranno chiamate a svolgere importanti compiti di natura operativa al fine
di realizzare l'obiettivo della stabilità dei prezzi e di esercitare
la vigilanza sul sistema bancario. Pertanto alla Banca d'Italia compete, su
autorizzazione della Banca centrale europea, l'emissione di banconote in
ambito nazionale.
Per comprendere l'importanza di tale funzione, occorre pensare al fatto
che la regolazione dei flussi monetari é finalizzata a non lasciare
inattive le risorse economiche per mancanza di mezzi monetari e a non far
circolare moneta in quantità superiore alle reali necessità
del sistema controllando cosí i fenomeni inflazionistici nel breve e
soprattutto nel medio periodo. L'assolvimento di questo compito porta
prioritariamente all'obiettivo del mantenimento della stabilità del
potere di acquisto della moneta e, fermo restando tale obiettivo, alla
promozione dello sviluppo economico, all'attenuazione degli effetti
economici congiunturali e alla massima occupazione delle forze di lavoro
disponibili. Ovviamente, il contemporaneo perseguimento di questi obiettivi
puó risultare contraddittorio, per cui é necessario adattare
l'azione dell'istituto alle mutevoli prospettive dei fenomeni economici.
É quindi evidente che il ruolo di fatto svolto dalla Banca d'Italia,
anche al di là delle puntuali previsioni normative, riveste
un'importanza primaria nello svolgimento dell'azione pubblica.
* * *
Nonostante l'evidente interesse pubblico e nazionale del ruolo della
Banca d'Italia, essa ha conservato per molti aspetti l'originaria struttura
societaria privatistica, specie con riferimento al proprio capitale.
* * *
La disciplina vigente sull'ordinamento della Banca d'Italia é
ancora oggi contenuta in fonti normative precedenti rispetto alla
Costituzione della Repubblica italiana.
I principali testi che regolano la materia sono:
1) l'articolo 1 del testo unico di legge sugli Istituti d'emissione e
sulla circolazione dei biglietti di Banca, approvato con il regio decreto 28
aprile 1910, n. 204, il quale, nel testo originario, attribuiva la
competenza ad emettere biglietti di banca o altri titoli equivalenti - oltre
che al Banco di Napoli e al Banco di Sicilia - alla Banca d'Italia, "con
capitale nominale di 240 milioni, diviso in 300 mila azioni nominative di
lire 800 ciascuna". Va ricordato che sarà solo con il regio decreto 6
maggio 1926, n. 812, che il servizio di emissione dei titoli di banca
verrà unificato;
2) l'articolo 20 del regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375, che ha
introdotto la qualifica di "istituto di diritto pubblico" per la Banca
d'Italia. Lo stesso articolo ha modificato la disciplina relativa al
capitale, disponendo che il capitale della Banca d'Italia fosse di trecento
milioni di lire e che fosse rappresentato da trecentomila quote di mille
lire ciascuna, interamente versate. Ai fini della tutela del pubblico
credito e della continuità di indirizzo dell'istituto di emissione,
il terzo comma dell'articolo in esame prevede che le quote di partecipazione
al capitale siano nominative e possano appartenere solamente a:
casse al risparmio;
istituti di credito e banche di diritto pubblico;
istituti di previdenza;
istituti di assicurazione;
3) gli articoli 1 e 3 dello statuto della Banca d'Italia, approvato
con il regio decreto 11 giugno 1936, n. 1067, che costituiscono la normativa
vigente, per cui vengono riportati per intero.
L'articolo 1 recita: "La Banca d'Italia é un istituto di diritto
pubblico, ai sensi del regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375. Essa
esercita funzioni bancarie, puó emettere titoli al portatore e quale
unico istituto di emissione, emette biglietti nei limiti e con le norme
stabilite dalla legge.
Nel suo nuovo ordinamento la Banca d'Italia riassume tutte
indistintamente le attività, i diritti, i privilegi e le
passività, gli obblighi e gli impegni dell'Istituto creato con la
legge 10 agosto 1893, n. 449".
L'articolo 3 dello statuto, nel testo modificato dal decreto del
Presidente della Repubblica 6 marzo 1992 (pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 75 del 30 marzo 1992), prevede a sua volta che: "Il
capitale della Banca d'Italia é di 300 milioni di lire rappresentato
da quote di partecipazione di lire mille ciascuna.
Le dette quote sono nominative e non possono essere possedute se non da:
a)
casse di risparmio;
Le quote di partecipazione possono essere cedute, previo consenso del
Consiglio superiore, solamente da uno ad altro ente compreso nelle categorie
indicate nel comma precedente. In ogni caso dovrà essere assicurata
la permanenza della partecipazione maggioritaria al capitale della Banca
d'Italia da parte di enti pubblici o di società la cui maggioranza
delle azioni con diritto di voto sia posseduta da enti pubblici".
Da ultimo l'articolo 27 del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153
(Disciplina civilistica e fiscale degli enti conferenti di cui all'articolo
11, comma 1, del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356, e disciplina
fiscale delle operazioni di ristrutturazione bancaria, a norma dell'articolo
1 della legge 23 dicembre 1998, n. 461) ha incluso le fondazioni bancarie, i
cui statuti sono stati adeguati ai sensi dell'articolo 28, comma 1, tra i
soggetti che possono partecipare al capitale della Banca d'Italia a
condizione che:
a)
abbiano un patrimonio almeno pari a 50 miliardi;
In termini riassuntivi, le quote di partecipazione al capitale della
banca possono appartenere - oltre che a casse di risparmio, a istituti di
diritto pubblico e banche di interesse nazionale, a istituti di previdenza e
a istituti di assicurazione - anche a società per azioni esercenti
attività bancaria, risultanti dalle operazioni di trasformazione
delle casse di risparmio e degli istituti di credito di diritto pubblico di
cui all'articolo 1 del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356, recante
disposizioni per la ristrutturazione e per la disciplina del gruppo
creditizio, ovvero alle fondazioni bancarie.
Occorre a questo proposito sottolineare che le fondazioni hanno natura
eminentemente privatistica cosí come stabilito dall'articolo 2 del
decreto legislativo laddove vengono definite "persone giuridiche private
senza fine di lucro, dotate di piena autonomia statutaria e gestionale".
Ai partecipanti viene distribuito un dividendo - non superiore al 6 per
cento del capitale nominale - sugli utili prodotti dall'istituto, dopo
l'accantonamento al fondo di riserva ordinaria di una quota massima del 20
per cento. Col residuo possono essere costituite eventuali riserve
straordinarie, nel limite del 20 per cento degli utili complessivi. Ai
partecipanti puó essere distribuito, ad integrazione del dividendo,
un ulteriore importo non eccedente il 4 per cento del capitale. La restante
somma é devoluta allo Stato (articolo 54 dello Statuto).
La situazione del capitale della Banca centrale é stata oggetto di
piú atti di sindacato ispettivo, a cominciare dalla interpellanza
2-00016 a firma dell'onorevole Nesi, a cui il Governo ha risposto nella
seduta dell'Assemblea della Camera dei deputati del 27 giugno 1996. Si
ricordano, inoltre, le analoghe iniziative di sindacato ispettivo
dell'onorevole Giorgetti (interrogazione a risposta orale 3-00501),
dell'onorevole Martinelli (interrogazione a risposta scritta 4-04001) e del
senatore Wilde (interrogazione a risposta scritta 4-01918), a cui il Governo
ha sempre fornito una risposta pressochè identica a quella esposta
nella ricordata seduta del 27 giugno 1996. In quell'occasione, il
rappresentante del Ministero del tesoro, rifacendosi ai dati forniti in
occasione della relazione del Governatore presentata il 31 maggio 1996
all'assemblea dei partecipanti, ha chiarito che il capitale della Banca era
ripartito fra 94 azionisti, 87 dei quali con diritto di voto. Tra i soci con
diritto di voto, rientravano a quella data 79 società bancarie (84,5
per cento del capitale sociale), un istituto di previdenza (5 per cento del
capitale sociale) e 7 istituti di assicurazione (10,5 per cento del capitale
sociale).
Fra i predetti partecipanti al capitale, a parte il caso della Cassa di
risparmio di San Marino che comunque non aveva diritto di voto, undici
società bancarie ed assicurative risultavano in prevalenza private e
ad esse faceva capo il 15,89 per cento del capitale della Banca, trasformato
in quote con diritto di voto (17,84 per cento).
Il rappresentante del Tesoro, nella stessa occasione, aggiunse che
"l'autonomia dell'istituto, nello svolgimento delle funzioni pubbliche
assegnategli dalla legge, non discende dall'appartenenza del capitale della
Banca all'area pubblica ovvero privata, ancorchè la prevalenza
pubblicistica venga conservata dall'articolo 3 prima richiamato. Essa
é, invece, assicurata dalla ripartizione dei poteri tra gli organi
amministrativi e direttivi dell'ente. Ai primi, espressione dell'assemblea
dei partecipanti al suo capitale, l'ordinamento affida l'amministrazione e
la gestione dell'ente, mentre riserva ai secondi i poteri per l'esercizio
delle funzioni istituzionali di emissione, di governo della moneta e di
vigilanza sul sistema finanziario".
* * *
Già in sede di replica, segnalammo che, quale che sia il capitale
della Banca d'Italia la sua proprietà non é mai indifferente
rispetto all'azione della Banca e all'interesse generale del Paese. Del
resto, se l'autonomia dell'istituto non fosse legata all'assetto
proprietario del suo capitale, non avrebbero senso le previsioni del suo
statuto volte a mantenere in mano pubblica la maggioranza delle quote del
capitale.
Non a caso, la disciplina dei maggiori Paesi stranieri é univoca
nel senso di mantenere in capo al soggetto pubblico il controllo del
capitale delle banche centrali.
In Francia, la legge 4 agosto 1993, n. 980, precisa all'articolo 6 che la
Banca di Francia é un'istituzione il cui capitale appartiene allo
Stato. In Gran Bretagna, il Bank of England Act del 1946, che non
é stato mai modificato, stabilisce che l'intero ammontare in azioni
del capitale della Banca d'Inghilterra viene trasferito, libero da ogni
peso, ad un soggetto nominato dal Tesoro inglese, per essere detenuto dalla
stessa persona per conto del Tesoro. In Germania, lo statuto della
Deutsche Bundesbank del 26 luglio 1957 stabilisce che la
Bundesbank é una persona giuridica federale di diritto pubblico
e il suo capitale appartiene allo Stato federale. Anche negli Stati Uniti,
la Federal Reserve, pur avendo uno statuto atipico ed essendo di
proprietà delle banche federali, puó essere considerata, sulla
base del combinato disposto delle leggi che regolano la materia, una vera e
propria banca pubblica.
* * *
In Italia, come stabilito nel 1936, le casse di risparmio hanno sino a
poco tempo fa posseduto la maggioranza del capitale della Banca d'Italia.
Questo é, tra l'altro, il motivo per cui, dopo la relazione annuale
del Governatore del 31 maggio, prende la parola il presidente
dell'associazione nazionale delle casse di risparmio. Ma ció aveva
ragione di esistere quando le casse di risparmio erano pubbliche. Adesso non
é piú cosí: nella tabella dove sono elencate le quote
di partecipazione al capitale, non si parla piú delle casse di
risparmio.
Nella tabella, da qualche anno si legge infatti che il capitale di
maggioranza della Banca appartiene a società per azioni esercenti
attività bancaria, a seguito delle operazioni di trasformazione delle
casse di risparmio e degli istituti di credito di diritto pubblico di cui
all'articolo 1 del decreto legislativo n. 356 del 1990, ossia a seguito
della privatizzazione di tali istituti.
Se é vero che l'articolo 3 dello statuto stabilisce che in ogni
modo per la maggioranza del capitale della Banca d'Italia debba essere
assicurata la partecipazione di enti pubblici o di società la cui
maggioranza delle azioni con diritto di voto sia a sua volta posseduta da
enti pubblici, cosa accadrà quando tutto il sistema delle casse di
risparmio sarà diventato privato? Che valore avrà la norma
statutaria dinanzi alla trasformazione in società per azioni degli
operatori finanziari, assicurativi e di previdenza? Inoltre, quali
conseguenze avranno sugli assetti proprietari della Banca d'Italia i
processi di fusione, di trasformazione attualmente in atto nel sistema
bancario italiano ed europeo?
La necessità di salvaguardare l'autonomia della banca centrale
porta quindi alla conclusione che sia necessario fissare per legge il
principio per cui il capitale della Banca d'Italia deve essere integralmente
pubblico, come già previsto in Germania, in Francia e in Inghilterra.
* * *
Il presente disegno di legge all'articolo 1 attribuisce al Ministero del
tesoro, del bilancio e della programmazione economica la titolarità
dell'intero capitale della Banca d'Italia, prevedendo altresí la
incedibilità delle quote di partecipazione.
L'articolo 2 delega il Governo ad emanare, entro un anno dalla entrata in
vigore della legge, un decreto attuativo avente ad oggetto le
modalità di rimborso delle quote di partecipazione al capitale della
Banca d'Italia. Le quote devono essere rimborsate avendo riguardo al valore
nominale delle stesse ed alla media degli utili netti assegnati ai
partecipanti negli ultimi cinque anni.
L'articolo 3 contiene le disposizioni relative alla nuova composizione
del Consiglio superiore della Banca. I consiglieri, debbono essere eletti in
numero di tredici, di cui dodici dal Parlamento in seduta comune ed uno
dalla Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, disciplinata dal decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281.
I membri del Consiglio superiore devono essere scelti secondo criteri di
onorabilità, professionalità e competenza e devono avere
maturato un'esperienza complessiva non inferiore a venti anni in materia
monetaria, finanziaria e del credito.
Le norme riguardanti la nomina del Consiglio superiore sono estremamente
solenni e rigide. Solenni perchè prevedono una modalità di
elezione quale il Parlamento in seduta comune che rende l'idea dell'estrema
importanza delle nomine stesse (fatto eccezionale nella legislazione delle
istituzioni del Paese). Rigide perchè limitano la scelta a persone
che per età e per storia professionale abbiano maturato un'esperienza
di alto livello.
Viene poi istituita una Commissione bicamerale avente compiti di
vigilanza sull'attività del Consiglio. Il governatore é tenuto
a relazionare la Commissione sull'operato e sulle attività svolte dal
Consiglio almeno una volta ogni sei mesi.
L'articolo 4 richiama le disposizioni di nomina e revoca del governatore
contenute nell'articolo 19 dello statuto della Banca d'Italia e le mantiene
invariate. In tal modo si intende ereditare l'attuale sistema in grado di
garantire la piena indipendenza del Governatore come previsto dai trattati
comunitari.
L'articolo 5 infine dispone che l'adeguamento dello statuto della Banca
sia deliberato dal nuovo Consiglio entro tre mesi dal suo insediamento ed
approvato con decreto del Presidente della Repubblica.
Porzione di testo non disponibile |
DISEGNO DI LEGGE |
Art. 1.
(Capitale della Banca d'Italia)
1. L'articolo 20 del regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375, e
successive modificazioni, é sostituito dal seguente:
"Art. 20. - 1.
La Banca d'Italia, creata con legge 10 agosto 1893, n. 449, é un
istituto di diritto pubblico, le cui funzioni sono previste dalla legge.
|
Art. 2.
(Modalità di restituzione del capitale
1. Il Governo é delegato ad emanare, entro un anno dalla data di
entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo avente ad
oggetto le modalità di rimborso delle quote di partecipazione al
capitale della Banca d'Italia. La restituzione delle quote di partecipazione
dovrà avvenire secondo i seguenti princípi e criteri
direttivi:
a) il valore nominale delle partecipazioni medesime;b) la media degli utili netti assegnati ai partecipanti negli ultimi cinque anni.
2. In conseguenza delle disposizioni di cui al comma 1, il Ministro del
tesoro, del bilancio e della programmazioni economica é autorizzato,
con propri decreti, ad imputare, ad apposita unità previsionale di
base del bilancio dello Stato, le somme necessa rie per la restituzione ai
quotisti secondo i criteri sopra enunciati e ad apportare le occorrenti
variazioni di bilancio. Tali somme, una volta iscritta nel bilancio, sono
indisponibili.
|
Art. 3.
(Amministrazione)
1. L'articolo 22 del regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375, e
successive modificazioni, é sostituito dal seguente:
"Art. 22. - 1.
Il Consiglio superiore della Banca si compone del governatore e di tredici
consiglieri, dei quali dodici eletti dal Parlamento in seduta comune ed uno
eletto dalla Conferenza per i rapporti tra lo Stato le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano. Ciascun consigliere rimane in carica cinque
anni ed é rieleggibile. I membri del Consiglio superiore devono
essere scelti secondo criteri di onorabilità, professionalità
e competenza fra persone che abbiano maturato una esperienza complessiva di
almeno un ventennio in materia monetaria, finanziaria e creditizia e
un'età non inferiore a cinquanta anni".
|
Art. 4.
(Nomina del governatore)
1. La nomina e la revoca del governatore avvengono secondo le
modalità previste dall'articolo 19 dello statuto della Banca
d'Italia, approvato con regio decreto 11 giugno 1936, n.1067, e successive
modificazioni.
|
Art. 5.
(Modifiche dello statuto)
1. Lo statuto della Banca d'Italia é adeguato alle previsioni
contenute nel decreto attuativo della presente legge.
|