Legislatura 13º - Disegno di legge N. 3307

SENATO DELLA REPUBBLICA

———–     XIII LEGISLATURA    ———–





N. 3307


DISEGNO DI LEGGE




d'iniziativa dei senatori SEMENZATO, BOCO, DE GUIDI, GUERZONI, NAPOLI Bruno, BRUNO GANERI, MARCHETTI, LAURIA Baldassare, VERALDI, SARTORI, SPERONI, MELONI, PORCARI, COSTA, DE LUCA Athos, BATTAFARANO, GAMBINI, SENESE, SARACCO, DE ANNA, CAMERINI, VALLETTA, BEDIN, PETTINATO, MANCONI, PARDINI, RUSSO SPENA, PIERONI, RIPAMONTI, MILIO, D'ALESSANDRO PRISCO, FUMAGALLI CARULLI, IULIANO, BONATESTA, DE MARTINO Guido, PREDA, MIGNONE, SALVATO, PAPPALARDO, LO CURZIO, DI PIETRO, TAPPARO, MONTAGNINO, PASQUALI, PASQUINI, CAZZARO, FALOMI, FASSONE, GIARETTA, FIORILLO, BERTONI, NAVA, DIANA Lorenzo, BERNASCONI, CAMO, PAROLA e FORCIERI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 29 MAGGIO 1998

Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla proibizione dell'uso, lo stoccaggio, la produzione ed il trasferimento di mine antipersona, e per la loro distruzione, fatta ad Oslo il 18 settembre 1997 ed aperta alla firma a Ottawa il 3 dicembre 1997







ONOREVOLI SENATORI. - Riproponiamo in questa sede, con un testo identico a quello già presentato alla Camera dei deputati, il disegno di legge per la ratifica della Convenzione sulla proibizione dell'uso, lo stoccaggio, la produzione ed il trasferimento di mine antipersona, e per la loro distruzione, firmata ad Ottawa il 3 dicembre scorso - un testo identico, proprio per sottolineare l'adesione del Parlamento nel suo insieme a questa inusuale procedura, che si inserisce del resto perfettamente nel contesto particolare delle vicende dello stesso trattato.
La Convenzione sulla messa al bando delle mine antipersona é stata caratterizzata da un processo negoziale atipico, ispirato e sostenuto dalla forte volontà popolare e dalle organizzazioni della società civile, ed a cui ha dato un ulteriore impulso l'attribuzione del Premio Nobel per la pace alla Campagna internazionale per la messa al bando delle mine.
Il Parlamento italiano ha colto con tempestività la richiesta di mettere fine alla produzione ed al commercio di questo strumento di morte, di cui a lungo il nostro paese é stato tra i principali responsabili. La legge 29 ottobre 1997, n. 374, "Norme per la messa al bando dalle mine antipersona", é stata elaborata mentre era in corso il cosiddetto, processo di Ottawa, dal quale ha tratto preziose indicazioni e nei confronti del quale ha contribuito a rafforzare il sostegno del Governo italiano. Il nostro paese ha potuto cosí presentarsi alla Conferenza di Ottawa del 2-4 dicembre 1997, con la legislazione nazionale piú avanzata del mondo, che già in buona parte dà attuazione agli impegni assunti con la firma della Convenzione. Le autorità del Canada, paese leader del processo di Ottawa, hanno comunicato ufficialmente al nostro Governo di essersi ispirate alla legge italiana nell'elaborare il disegno di legge presentato dal Governo in Parlamento.
Il ruolo sin qui svolto dal Parlamento italiano costituisce già di per sé una motivazione della presentazione di un progetto di legge di iniziativa parlamentare finalizzato alla autorizzazione alla ratifica della Convenzione. Inoltre, questa insolita, ma non nuova, procedura rappresenta un tentativo di accorciare i tempi della autorizzazione parlamentare. In attesa che si svolga il concerto tra i Ministeri interessati e che il Consiglio dei Ministri approvi il disegno di legge governativo, il Parlamento potrà intanto avviare l'esame di quello d'iniziativa parlamentare, nella sintonia istituzionale che ha caratterizzato il percorso sin qui svolto. A testimonianza di quanto ho appena affermato, vorremmo ricordare l'alto valore simbolico del gesto compiuto dal ministro Dini, che al momento della firma della Convenzione ha voluto che fossero presenti accanto a lui i deputati che facevano parte della delegazione italiana. Crediamo sia la prima volta che un fatto del genere si é verificato.
Questo progetto di legge rappresenta inoltre il segnale della forte ed unanime volontà politica che ha sostenuto e continua a sostenere gli strumenti della messa al bando delle mine. É un segnale che vorremmo fosse colto soprattutto da quanti nutrissero ancora dubbi sull'intenzione del nostro Paese di dare attuazione piena e radicale alle norme della legge n. 374 del 1997 ed a quelle del Trattato.
Cosí come Canada, Irlanda e hanno presentato i propri strumenti di ratifica al momento stesso della firma, riteniamo che anche l'Italia possa, con il pieno consenso delle parti politiche e delle istituzioni coin volte, accedere rapidamente al deposito dello strumento di ratifica, accelerando le procedure parlamentari di autorizzazione.
La prima disciplina internazionale in materia di mine antipersona era contenuta nel II Protocollo alla Convenzione sulla proibizione o limitazione dell'uso di alcune armi convenzionali che possono essere considerate dannose o aventi effetti indiscriminati. L'Italia ha ratificato la Convenzione ed i suoi Protocolli, firmati nel 1980, solo nel 1995, sulla base dell'autorizzazione di cui alla legge 14 dicembre 1994, n. 715, dopo che il Parlamento aveva approvato diversi atti di indirizzo che impegnavano il Governo ad una moratoria unilaterale sulle mine antipersona nonché alla presentazione del disegno di legge di ratifica della Convenzione del 1980.
Il II Protocollo, peraltro, poneva una disciplina piuttosto limitata dell'uso delle mine, si riferiva soltanto ai conflitti armati tra Stati, e non ai conflitti civili, e non prevedeva alcun regime di verifica o sanzione. In seguito alle pressioni dell'opinione pubblica internazionale, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite, con risoluzione 48/79 del 16 dicembre 1993, ha stabilito di avviare una Conferenza di revisione del II Protocollo. Questa si é svolta tra il settembre del 1995 ed il maggio del 1996, concludendosi con l'adozione di una versione riveduta del II Protocollo. Tale documento stabilisce l'estensione della validità del Protocollo anche ai conflitti civili, e vieta tutte le mine prive di meccanismi che non consentano l'autodistruzione o l'autodisattivazione, assicurando cosí la liceità delle cosiddette mine intelligenti.
Alcuni Paesi partecipanti alla Conferenza, delusi dal risultato raggiunto, hanno deciso di rilanciare il processo negoziale in vista di uno strumento convenzionale di interdizione totale delle mine antipersona. Si é cosí giunti alla Conferenza internazionale di strategia Verso un bando globale delle mine antipersona , svolta ad Ottawa dal 3 al 5 ottobre 1996, con la partecipazione dei rappresentanti di cinquanta Stati, numerosi osservatori, organizzazioni umanitarie e non governative. Al termine della Conferenza il Ministro degli esteri canadese, Lloyd Axworthy, ha invitato tutti i paesi interessati a tornare in Canada nel dicembre 1997 per firmare un Trattato sul bando delle mine antipersona.
Il processo di Ottawa é poi proseguito a Bruxelles, nel giugno 1997, e ad Oslo nel settembre dello stesso anno. In quest'ultima occasione, é stato elaborato il testo della Convenzione poi sottoposta alla firma nel dicembre 1997 ad Ottawa. Nel corso della Conferenza, é stato inoltre adottato un documento, An Agenda for Mine Action, che delinea una serie di iniziative finalizzate ad una globale soluzione del problema delle mine. Tra queste, vi é in particolare l'obiettivo dell'entrata in vigore della Convenzione entro il 1998: l'entrata in vigore, ai sensi dell'articolo 17, avverrà soltanto sei mesi dopo il deposito del quarantesimo strumento di ratifica. Di qui la necessità che quaranta Paesi ratifichino la Convenzione entro il giugno 1998. L'Italia, che legittimamente rivendica un ruolo in questo campo, non puó non essere tra i primi quaranta Paesi.
Un altro tema molto dibattuto nel corso della Conferenza di Ottawa é quello della universalizzazione della Convenzione. L'inaspettato successo rappresentato dal numero di paesi firmatari, ad oggi 124, é stato infatti temperato dalla mancata firma di tre paesi che ancora figurano tra i principali produttori di mine: Cina, Russia e Stati Uniti. Occorre sviluppare una azione di politica internazionale che sfrutti tutte le sedi, bilaterali e multilaterali, per convincere gli Stati che non hanno aderito alla Convenzione a farlo quanto prima.
Per quanto riguarda il contenuto della Convenzione, questa prevede la messa al bando totale dell'uso, lo stoccaggio, la produzione ed il commercio di tutti i tipi di mina antipersona, senza distinguere tra quelle "stupide" o "intelligenti", nonché la distruzione delle scorte esistenti. Dalla definizione di mina antipersona sono esplicita mente escluse le mine progettate per detonare alla presenza, prossimità o contatto di veicoli, dotate di meccanismi antimaneggiamento (articolo 2). Questi ultimi congegni sono invece inclusi nella definizione di mine contenuta all'articolo 2 della legge n. 374 del 1997. Tale ampia definizione, che connota la legge italiana come fortemente innovativa, é stata prevista con il fine di proibire anche quegli ordigni che, con un semplice trucco, possono essere trasformati da mine anticarro a mine antibambino.
La Convenzione autorizza il mantenimento o trasferimento di un numero di mine antipersona per lo sviluppo di tecniche e per l'addestramento nelle attività di sminamento e di distruzione. La quantità delle suddette mine, secondo il disposto dell'articolo 3 della Convenzione, non supererà il numero minimo assolutamente necessario per gli scopi citati. In merito, la legge n. 374 del 1997, all'articolo 5, comma 1, prevede la possibilità che le Forze armate possano mantenere una quantità di mine non superiore alle 10.000 unità, rinnovabile tramite importazione. Ai fini di una corretta applicazione della Convenzione, i proponenti ritengono di dover proporre una modifica in senso restrittivo della previsione della legge n. 374, riducendo a 3.000 il numero delle mine che potranno essere mantenute, rinnovabili tramite importazione in un numero non superiore alle 500 unità all'anno.
L'articolo 4 della Convenzione impegna gli Stati alla distruzione di tutte le mine che si trovino nella loro giurisdizione, non oltre quattro anni dall'entrata in vigore della Convenzione. In merito, la legge n. 374 dà già attuazione a questo impegno, prevedendo la distruzione delle scorte entro cinque anni dall'entrata in vigore della legge.
É quindi prevista, all'articolo 5, la distruzione delle aree minate che rientrino nella giurisdizione o controllo di ciascuna Parte entro dieci anni, salvo richieste motivate di estensione.
Con l'articolo 6 viene delineato il principio della cooperazione ed assistenza internazionale, attraverso scambi di attrezzature, materiali ed informazioni tecnologiche, ed attraverso il sostegno di programmi di riabilitazione e reintegrazione delle vittime e programmi di sminamento.
L'articolo 7 tratta delle misure di trasparenza, che si sostanziano in una relazione annuale al Segretario generale dell'ONU sullo stato di attuazione della Convenzione intrapreso in ciascun Paese.
L'articolo 8, dopo aver stabilito il principio della consultazione e cooperazione tra le Parti in merito all'attuazione della Convenzione, delinea le procedure da seguire nel caso in cui uno o piú Stati Parte richiedano chiarimenti sul rispetto della Convenzione da parte di un altro Stato. Tali procedure possono giungere fino all'invio di una missione d'inchiesta nello Stato che non fornisse sufficienti chiarimenti.
L'articolo 9 reca l'obbligo, per gli Stati Parte, di adottare misure nazionali, che comprendano sanzioni penali, finalizzate a prevenire e reprimere le attività proibite dalla Convenzione. Questa norma, come si é detto, é già stata attuata dall'Italia con la legge n. 374 del 1997 che, oltre a porre divieti che superano anche quelli previsti dalla Convenzione, prevede aspre sanzioni penali per i trasgressori.
L'articolo 10 tratta della risoluzione dei contenziosi, mentre l'articolo 11 disciplina l'Assemblea degli Stati membri, la prima delle quali sarà convocata dal Segretario generale delle Nazioni Unite entro un anno dall'entrata in vigore della Convenzione. É altresí prevista, all'articolo 12, una Conferenza di revisione della Convenzione, che si riunirà cinque anni dopo l'entrata in vigore.
Le procedure di modifica della Convenzione sono definite dall'articolo 13; e l'articolo 14 prevede che i costi delle Assemblee e delle Conferenze saranno ripartiti tra gli Stati Parte in base alla scala dei contributi delle Nazioni Unite, opportunamente adeguate. Dato che solo il Governo ha gli stru menti per procedere alla quantificazione e copertura degli oneri per il bilancio dello Stato derivanti dall'applicazione della Convenzione, i proponenti si riservano di attivare la procedura prevista, a questo fine, dall'articolo 76- bis , comma 3, del Regolamento del Senato.
Gli articoli da 15 a 22 contengono le rituali clausole finali. In particolare si segnala l'articolo 17 sull'entrata in vigore, che prevede questa avvenga sei mesi dopo il deposito del quarantesimo strumento di ratifica, e l'articolo 18, che prevede la possibilità per gli Stati di dichiarare, al momento della ratifica, di voler applicare provvisoriamente il comma 1 dell'articolo 1 (obblighi generali) della Convenzione, in attesa della sua entrata in vigore. É auspicabile che il Governo italiano voglia dichiarare la propria volontà in tal senso, dal momento che gli stessi obblighi sono già stabiliti dalla legislazione interna.
Il disegno di legge di ratifica non si limita a contenere le norme rituali di autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione ma, come si é già accennato nella precedente illustrazione, precisa la normativa nazionale al fine di renderla piú aderente alle previsioni della Convenzione. In particolare, l'articolo 3 riduce il quantitativo di mine da mantenere per l'addestramento alle attività di sminamento da 10 mila a 3 mila e limita a 500 annue la quantità di mine da importare. Tali quantitativi, anche alla luce delle scelte effettuate da altri Paesi, rispondono piú adeguatamente alle previsioni dell'articolo 3 della Convenzione, che stabilisce che tali quantitativi non debbano eccedere il numero minimo assolutamente necessario.
L'articolo 4 del disegno di legge prevede l'istituzione di un Comitato parlamentare di controllo dell'attuazione della legge. La stessa norma compariva nel testo unificato delle proposte di legge sulla messa al bando delle mine, ma era poi stata soppressa nel corso dell'esame al Senato. La prima applicazione della legge n. 374 e gli sviluppi della realtà internazionale hanno riproposto l'esigenza di predisporre adeguati controlli nazionali, nello spirito dell'articolo 7 della Convenzione che stabilisce misure di trasparenza a livello internazionale.





DISEGNO DI LEGGE



Art. 1.

1. Il Presidente della Repubblica é autorizzato a ratificare la Convenzione sulla proibizione dell'uso, lo stoccaggio, la produzione ed il trasferimento di mine antipersona, e per la loro distruzione, fatta ad Oslo, il 18 settembre 1997, ed aperta alla firma a Ottawa, il 3 dicembre 1997.

Art. 2.

1. Piena ed intera esecuzione é data alla Convenzione di cui all'articolo 1 a decorrere dalla data della sua entrata in vigore in conformità a quanto disposto dall'articolo 17 della Convenzione stessa.

Art. 3.

1. All'articolo 5, comma 1, della legge 29 ottobre 1997, n. 374, le parole: "diecimila unità e rinnovabile tramite importazione", sono sostituite con le seguenti: "tremila unità e rinnovabile tramite importazione per una quantità non superiore alle cinquecento unità all'anno".

Art. 4.

1. Nella legge 29 ottobre 1997, n. 374, dopo l'articolo 9, é inserito il seguente:

"Art. 9 -bis. - (Comitato parlamentare) - 1 . Le Camere istituiscono un Comitato parlamentare con poteri di indirizzo, controllo e verifica dell'attuazione della presente legge. Il Comitato termina i propri lavori entro cinque anni dalla sua costi tuzione con la presentazione di una relazione al Parlamento.
2 . Il Comitato di cui al comma 1 é composto da cinque deputati e cinque senatori nominati dai Presidenti delle due Camere in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari. Il Comitato elegge tra i suoi membri il Presidente ed un Vicepresidente.
3 . Il Comitato ha il compito di controllare e verificare la corretta attuazione delle norme della presente legge, e di adottare atti di indirizzo al Governo finalizzati ad una migliore e piú efficiente attuazione, anche in relazione agli sviluppi delle intese internazionali. In particolare il Comitato ha il potere di:

a) esaminare la relazione inviata al Segretario generale delle Nazioni Unite ai sensi dell'articolo 7 della Convenzione di Oslo del 18 settembre 1997;
b) esaminare il registro di cui all'articolo 6;
c) verificare, tramite ispezioni, lo stato dello smaltimento delle mine antipersona;
d) chiamare a riferire qualunque funzionario dello Stato o cittadino privato;
e) svolgere ispezioni nei locali di imprese private, o altri locali, nei quali sia noto o si sospetti avvenga, o sia avvenuta, produzione, ricerca o stoccaggio di mine antipersona;
f) vigilare sul corretto utilizzo dei fondi stanziati per le finalità della presente legge;
g) partecipare alle assise parlamentari previste nell'ambito dei seguiti del processo di Ottawa.

4 . Il Presidente puó chiedere, per l'espletamento dei lavori del Comitato, la collaborazione della polizia giudiziaria.
5 . Il Comitato puó chiamare a partecipare ai propri lavori fino a quattro esperti del settore.
6 . Il Comitato puó adottare un proprio regolamento interno. Le spese per il funzionamento del Comitato sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato del la Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati".

Art. 5.

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


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