DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa dei senatori SEMENZATO, BOCO, DE GUIDI, GUERZONI, NAPOLI Bruno,
BRUNO GANERI, MARCHETTI, LAURIA Baldassare, VERALDI, SARTORI, SPERONI,
MELONI, PORCARI, COSTA, DE LUCA Athos, BATTAFARANO, GAMBINI, SENESE,
SARACCO, DE ANNA, CAMERINI, VALLETTA, BEDIN, PETTINATO, MANCONI, PARDINI,
RUSSO SPENA, PIERONI, RIPAMONTI, MILIO, D'ALESSANDRO PRISCO, FUMAGALLI
CARULLI, IULIANO, BONATESTA, DE MARTINO Guido, PREDA, MIGNONE, SALVATO,
PAPPALARDO, LO CURZIO, DI PIETRO, TAPPARO, MONTAGNINO, PASQUALI, PASQUINI,
CAZZARO, FALOMI, FASSONE, GIARETTA, FIORILLO, BERTONI, NAVA, DIANA Lorenzo,
BERNASCONI, CAMO, PAROLA e FORCIERI
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 29 MAGGIO 1998
Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla proibizione dell'uso, lo stoccaggio, la produzione ed il trasferimento di mine antipersona, e per la loro distruzione, fatta ad Oslo il 18 settembre 1997 ed aperta alla firma a Ottawa il 3 dicembre 1997
ONOREVOLI SENATORI. - Riproponiamo in questa sede, con un testo identico
a quello già presentato alla Camera dei deputati, il disegno di legge
per la ratifica della Convenzione sulla proibizione dell'uso, lo stoccaggio,
la produzione ed il trasferimento di mine antipersona, e per la loro
distruzione, firmata ad Ottawa il 3 dicembre scorso - un testo identico,
proprio per sottolineare l'adesione del Parlamento nel suo insieme a questa
inusuale procedura, che si inserisce del resto perfettamente nel contesto
particolare delle vicende dello stesso trattato.
La Convenzione sulla messa al bando delle mine antipersona é stata
caratterizzata da un processo negoziale atipico, ispirato e sostenuto dalla
forte volontà popolare e dalle organizzazioni della società
civile, ed a cui ha dato un ulteriore impulso l'attribuzione del Premio
Nobel per la pace alla Campagna internazionale per la messa al bando delle
mine.
Il Parlamento italiano ha colto con tempestività la richiesta di
mettere fine alla produzione ed al commercio di questo strumento di morte,
di cui a lungo il nostro paese é stato tra i principali responsabili.
La legge 29 ottobre 1997, n. 374, "Norme per la messa al bando dalle mine
antipersona", é stata elaborata mentre era in corso il cosiddetto,
processo di Ottawa, dal quale ha tratto preziose indicazioni e nei confronti
del quale ha contribuito a rafforzare il sostegno del Governo italiano. Il
nostro paese ha potuto cosí presentarsi alla Conferenza di Ottawa del
2-4 dicembre 1997, con la legislazione nazionale piú avanzata del
mondo, che già in buona parte dà attuazione agli impegni
assunti con la firma della Convenzione. Le autorità del Canada, paese
leader del processo di Ottawa, hanno comunicato ufficialmente al
nostro Governo di essersi ispirate alla legge italiana nell'elaborare il
disegno di legge presentato dal Governo in Parlamento.
Il ruolo sin qui svolto dal Parlamento italiano costituisce già di
per sé una motivazione della presentazione di un progetto di legge di
iniziativa parlamentare finalizzato alla autorizzazione alla ratifica della
Convenzione. Inoltre, questa insolita, ma non nuova, procedura rappresenta
un tentativo di accorciare i tempi della autorizzazione parlamentare. In
attesa che si svolga il concerto tra i Ministeri interessati e che il
Consiglio dei Ministri approvi il disegno di legge governativo, il
Parlamento potrà intanto avviare l'esame di quello d'iniziativa
parlamentare, nella sintonia istituzionale che ha caratterizzato il percorso
sin qui svolto. A testimonianza di quanto ho appena affermato, vorremmo
ricordare l'alto valore simbolico del gesto compiuto dal ministro Dini, che
al momento della firma della Convenzione ha voluto che fossero presenti
accanto a lui i deputati che facevano parte della delegazione italiana.
Crediamo sia la prima volta che un fatto del genere si é verificato.
Questo progetto di legge rappresenta inoltre il segnale della forte ed
unanime volontà politica che ha sostenuto e continua a sostenere gli
strumenti della messa al bando delle mine. É un segnale che vorremmo
fosse colto soprattutto da quanti nutrissero ancora dubbi sull'intenzione
del nostro Paese di dare attuazione piena e radicale alle norme della legge
n. 374 del 1997 ed a quelle del Trattato.
Cosí come Canada, Irlanda e hanno presentato i propri strumenti di
ratifica al momento stesso della firma, riteniamo che anche l'Italia possa,
con il pieno consenso delle parti politiche e delle istituzioni coin volte,
accedere rapidamente al deposito dello strumento di ratifica, accelerando le
procedure parlamentari di autorizzazione.
La prima disciplina internazionale in materia di mine antipersona era
contenuta nel II Protocollo alla Convenzione sulla proibizione o limitazione
dell'uso di alcune armi convenzionali che possono essere considerate dannose
o aventi effetti indiscriminati. L'Italia ha ratificato la Convenzione ed i
suoi Protocolli, firmati nel 1980, solo nel 1995, sulla base
dell'autorizzazione di cui alla legge 14 dicembre 1994, n. 715, dopo che il
Parlamento aveva approvato diversi atti di indirizzo che impegnavano il
Governo ad una moratoria unilaterale sulle mine antipersona nonché
alla presentazione del disegno di legge di ratifica della Convenzione del
1980.
Il II Protocollo, peraltro, poneva una disciplina piuttosto limitata
dell'uso delle mine, si riferiva soltanto ai conflitti armati tra Stati, e
non ai conflitti civili, e non prevedeva alcun regime di verifica o
sanzione. In seguito alle pressioni dell'opinione pubblica internazionale,
l'Assemblea generale delle Nazioni Unite, con risoluzione 48/79 del 16
dicembre 1993, ha stabilito di avviare una Conferenza di revisione del II
Protocollo. Questa si é svolta tra il settembre del 1995 ed il maggio
del 1996, concludendosi con l'adozione di una versione riveduta del II
Protocollo. Tale documento stabilisce l'estensione della validità del
Protocollo anche ai conflitti civili, e vieta tutte le mine prive di
meccanismi che non consentano l'autodistruzione o l'autodisattivazione,
assicurando cosí la liceità delle cosiddette mine
intelligenti.
Alcuni Paesi partecipanti alla Conferenza, delusi dal risultato
raggiunto, hanno deciso di rilanciare il processo negoziale in vista di uno
strumento convenzionale di interdizione totale delle mine antipersona. Si
é cosí giunti alla Conferenza internazionale di strategia
Verso un bando globale delle mine antipersona , svolta ad Ottawa dal 3
al 5 ottobre 1996, con la partecipazione dei rappresentanti di cinquanta
Stati, numerosi osservatori, organizzazioni umanitarie e non governative. Al
termine della Conferenza il Ministro degli esteri canadese, Lloyd Axworthy,
ha invitato tutti i paesi interessati a tornare in Canada nel dicembre 1997
per firmare un Trattato sul bando delle mine antipersona.
Il processo di Ottawa é poi proseguito a Bruxelles, nel giugno
1997, e ad Oslo nel settembre dello stesso anno. In quest'ultima occasione,
é stato elaborato il testo della Convenzione poi sottoposta alla
firma nel dicembre 1997 ad Ottawa. Nel corso della Conferenza, é
stato inoltre adottato un documento, An Agenda for Mine Action,
che delinea una serie di iniziative finalizzate ad una globale soluzione del
problema delle mine. Tra queste, vi é in particolare l'obiettivo
dell'entrata in vigore della Convenzione entro il 1998: l'entrata in vigore,
ai sensi dell'articolo 17, avverrà soltanto sei mesi dopo il deposito
del quarantesimo strumento di ratifica. Di qui la necessità che
quaranta Paesi ratifichino la Convenzione entro il giugno 1998. L'Italia,
che legittimamente rivendica un ruolo in questo campo, non puó non
essere tra i primi quaranta Paesi.
Un altro tema molto dibattuto nel corso della Conferenza di Ottawa
é quello della universalizzazione della Convenzione. L'inaspettato
successo rappresentato dal numero di paesi firmatari, ad oggi 124, é
stato infatti temperato dalla mancata firma di tre paesi che ancora figurano
tra i principali produttori di mine: Cina, Russia e Stati Uniti. Occorre
sviluppare una azione di politica internazionale che sfrutti tutte le sedi,
bilaterali e multilaterali, per convincere gli Stati che non hanno aderito
alla Convenzione a farlo quanto prima.
Per quanto riguarda il contenuto della Convenzione, questa prevede la
messa al bando totale dell'uso, lo stoccaggio, la produzione ed il commercio
di tutti i tipi di mina antipersona, senza distinguere tra quelle "stupide"
o "intelligenti", nonché la distruzione delle scorte esistenti. Dalla
definizione di mina antipersona sono esplicita mente escluse le mine
progettate per detonare alla presenza, prossimità o contatto di
veicoli, dotate di meccanismi antimaneggiamento (articolo 2). Questi ultimi
congegni sono invece inclusi nella definizione di mine contenuta
all'articolo 2 della legge n. 374 del 1997. Tale ampia definizione, che
connota la legge italiana come fortemente innovativa, é stata
prevista con il fine di proibire anche quegli ordigni che, con un semplice
trucco, possono essere trasformati da mine anticarro a mine antibambino.
La Convenzione autorizza il mantenimento o trasferimento di un numero di
mine antipersona per lo sviluppo di tecniche e per l'addestramento nelle
attività di sminamento e di distruzione. La quantità delle
suddette mine, secondo il disposto dell'articolo 3 della Convenzione, non
supererà il numero minimo assolutamente necessario per gli scopi
citati. In merito, la legge n. 374 del 1997, all'articolo 5, comma 1,
prevede la possibilità che le Forze armate possano mantenere una
quantità di mine non superiore alle 10.000 unità, rinnovabile
tramite importazione. Ai fini di una corretta applicazione della
Convenzione, i proponenti ritengono di dover proporre una modifica in senso
restrittivo della previsione della legge n. 374, riducendo a 3.000 il numero
delle mine che potranno essere mantenute, rinnovabili tramite importazione
in un numero non superiore alle 500 unità all'anno.
L'articolo 4 della Convenzione impegna gli Stati alla distruzione di
tutte le mine che si trovino nella loro giurisdizione, non oltre quattro
anni dall'entrata in vigore della Convenzione. In merito, la legge n. 374
dà già attuazione a questo impegno, prevedendo la distruzione
delle scorte entro cinque anni dall'entrata in vigore della legge.
É quindi prevista, all'articolo 5, la distruzione delle aree
minate che rientrino nella giurisdizione o controllo di ciascuna Parte entro
dieci anni, salvo richieste motivate di estensione.
Con l'articolo 6 viene delineato il principio della cooperazione ed
assistenza internazionale, attraverso scambi di attrezzature, materiali ed
informazioni tecnologiche, ed attraverso il sostegno di programmi di
riabilitazione e reintegrazione delle vittime e programmi di sminamento.
L'articolo 7 tratta delle misure di trasparenza, che si sostanziano in
una relazione annuale al Segretario generale dell'ONU sullo stato di
attuazione della Convenzione intrapreso in ciascun Paese.
L'articolo 8, dopo aver stabilito il principio della consultazione e
cooperazione tra le Parti in merito all'attuazione della Convenzione,
delinea le procedure da seguire nel caso in cui uno o piú Stati Parte
richiedano chiarimenti sul rispetto della Convenzione da parte di un altro
Stato. Tali procedure possono giungere fino all'invio di una missione
d'inchiesta nello Stato che non fornisse sufficienti chiarimenti.
L'articolo 9 reca l'obbligo, per gli Stati Parte, di adottare misure
nazionali, che comprendano sanzioni penali, finalizzate a prevenire e
reprimere le attività proibite dalla Convenzione. Questa norma, come
si é detto, é già stata attuata dall'Italia con la
legge n. 374 del 1997 che, oltre a porre divieti che superano anche quelli
previsti dalla Convenzione, prevede aspre sanzioni penali per i
trasgressori.
L'articolo 10 tratta della risoluzione dei contenziosi, mentre l'articolo
11 disciplina l'Assemblea degli Stati membri, la prima delle quali
sarà convocata dal Segretario generale delle Nazioni Unite entro un
anno dall'entrata in vigore della Convenzione. É altresí
prevista, all'articolo 12, una Conferenza di revisione della Convenzione,
che si riunirà cinque anni dopo l'entrata in vigore.
Le procedure di modifica della Convenzione sono definite dall'articolo
13; e l'articolo 14 prevede che i costi delle Assemblee e delle Conferenze
saranno ripartiti tra gli Stati Parte in base alla scala dei contributi
delle Nazioni Unite, opportunamente adeguate. Dato che solo il Governo ha
gli stru menti per procedere alla quantificazione e copertura degli oneri
per il bilancio dello Stato derivanti dall'applicazione della Convenzione, i
proponenti si riservano di attivare la procedura prevista, a questo fine,
dall'articolo 76- bis , comma 3, del Regolamento del Senato.
Gli articoli da 15 a 22 contengono le rituali clausole finali. In
particolare si segnala l'articolo 17 sull'entrata in vigore, che prevede
questa avvenga sei mesi dopo il deposito del quarantesimo strumento di
ratifica, e l'articolo 18, che prevede la possibilità per gli Stati
di dichiarare, al momento della ratifica, di voler applicare
provvisoriamente il comma 1 dell'articolo 1 (obblighi generali) della
Convenzione, in attesa della sua entrata in vigore. É auspicabile che
il Governo italiano voglia dichiarare la propria volontà in tal
senso, dal momento che gli stessi obblighi sono già stabiliti dalla
legislazione interna.
Il disegno di legge di ratifica non si limita a contenere le norme
rituali di autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione ma, come si
é già accennato nella precedente illustrazione, precisa la
normativa nazionale al fine di renderla piú aderente alle previsioni
della Convenzione. In particolare, l'articolo 3 riduce il quantitativo di
mine da mantenere per l'addestramento alle attività di sminamento da
10 mila a 3 mila e limita a 500 annue la quantità di mine da
importare. Tali quantitativi, anche alla luce delle scelte effettuate da
altri Paesi, rispondono piú adeguatamente alle previsioni
dell'articolo 3 della Convenzione, che stabilisce che tali quantitativi non
debbano eccedere il numero minimo assolutamente necessario.
L'articolo 4 del disegno di legge prevede l'istituzione di un Comitato
parlamentare di controllo dell'attuazione della legge. La stessa norma
compariva nel testo unificato delle proposte di legge sulla messa al bando
delle mine, ma era poi stata soppressa nel corso dell'esame al Senato. La
prima applicazione della legge n. 374 e gli sviluppi della realtà
internazionale hanno riproposto l'esigenza di predisporre adeguati controlli
nazionali, nello spirito dell'articolo 7 della Convenzione che stabilisce
misure di trasparenza a livello internazionale.
DISEGNO DI LEGGE |
Art. 1.
1. Il Presidente della Repubblica é autorizzato a ratificare la
Convenzione sulla proibizione dell'uso, lo stoccaggio, la produzione ed il
trasferimento di mine antipersona, e per la loro distruzione, fatta ad Oslo,
il 18 settembre 1997, ed aperta alla firma a Ottawa, il 3 dicembre 1997.
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Art. 2.
1. Piena ed intera esecuzione é data alla Convenzione di cui
all'articolo 1 a decorrere dalla data della sua entrata in vigore in
conformità a quanto disposto dall'articolo 17 della Convenzione
stessa.
|
Art. 3.
1. All'articolo 5, comma 1, della legge 29 ottobre 1997, n. 374, le
parole: "diecimila unità e rinnovabile tramite importazione", sono
sostituite con le seguenti: "tremila unità e rinnovabile tramite
importazione per una quantità non superiore alle cinquecento
unità all'anno".
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Art. 4.
1. Nella legge 29 ottobre 1997, n. 374, dopo l'articolo 9, é
inserito il seguente:
"Art. 9 -bis. - (Comitato parlamentare) - 1 . Le Camere
istituiscono un Comitato parlamentare con poteri di indirizzo, controllo e
verifica dell'attuazione della presente legge. Il Comitato termina i propri
lavori entro cinque anni dalla sua costi tuzione con la presentazione di una
relazione al Parlamento.
a) esaminare la relazione inviata al Segretario generale delle Nazioni Unite ai sensi dell'articolo 7 della Convenzione di Oslo del 18 settembre 1997;b) esaminare il registro di cui all'articolo 6; c) verificare, tramite ispezioni, lo stato dello smaltimento delle mine antipersona; d) chiamare a riferire qualunque funzionario dello Stato o cittadino privato; e) svolgere ispezioni nei locali di imprese private, o altri locali, nei quali sia noto o si sospetti avvenga, o sia avvenuta, produzione, ricerca o stoccaggio di mine antipersona; f) vigilare sul corretto utilizzo dei fondi stanziati per le finalità della presente legge; g) partecipare alle assise parlamentari previste nell'ambito dei seguiti del processo di Ottawa. 4 . Il Presidente puó chiedere, per l'espletamento dei lavori del Comitato, la collaborazione della polizia giudiziaria.5 . Il Comitato puó chiamare a partecipare ai propri lavori fino a quattro esperti del settore. 6 . Il Comitato puó adottare un proprio regolamento interno. Le spese per il funzionamento del Comitato sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato del la Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati". |
Art. 5.
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della
sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
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