Legislatura 13º - Disegno di legge N. 3126

SENATO DELLA REPUBBLICA

———–     XIII LEGISLATURA    ———–





N. 3126


DISEGNO DI LEGGE




d'iniziativa dei senatori BEVILACQUA e MARRI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 10 MARZO 1998

Legge quadro sul riordino dei cicli scolastici, sull'elevazione dell'obbligo scolastico e sulla formazione post-secondaria







ONOREVOLI SENATORI. - Il presente disegno di legge muove dall'esigenza di una riforma globale degli ordinamenti scolastici, allo scopo di fornire alle giovani generazioni gli strumenti indispensabili di conoscenza e di maturazione per un migliore inserimento nella società moderna.
La scuola é la struttura fondamentale di un Paese civile e, pertanto, essa deve risultare funzionale ad un progetto politico che si realizza attraverso una istituzione educativa che stimoli e favorisca la partecipazione di tutte le componenti, in maniera organica, secondo la natura dei valori e delle dignità.
All'uopo, é utile ribadire le finalità etico-sociali che la società intende perseguire mediante la cultura dei cittadino, rappresentando questa una delle fondamentali categorie morali, che da entità astratta si trasforma in strumento di civiltà e di libertà.
La riforma della scuola non é piú rinviabile, pena l'approfondirsi del distacco del nostro Paese dai livelli raggiunti dagli altri Paesi europei e l'accentuarsi sempre piú preoccupante della separazione tra scuola e società. Per tali motivi, il presente disegno di legge si colloca in un'ottica di riforma, che vuole avere il merito di ridare coerenza ed organicità al sistema formativo nel suo complesso.
Il provvedimento che poniamo all'attenzione di questo ramo del Parlamento si propone di disciplinare in maniera dettagliata l'ordinamento della nuova scuola, ne fissa i princípi informatori e le linee portanti.
I punti qualificanti fissati nel disegno di legge sono: la ridefinizione e l'articolazione di tutti i cicli scolastici la realizzazione della continuità di tutto il processo educativo, attraverso la revisione degli ordinamenti degli altri "segmenti" della formazione scolastica, e cioé la scuola materna e la scuola di base, l'elevazione dell'obbligo di istruzione con le modalità del relativo assolvimento, la pari dignità tra tutte le tipologie di preparazione conseguite, la flessibilità dei percorsi formativi, l'affidamento, a vari livelli, a segmenti formativi post-scolastici per la formazione di competenze a carattere specialistico.
Senza ripercorrere tutto l'articolato, ci sembra opportuno sottolineare alcuni passaggi particolarmente significativi in quanto si inseriscono su aspetti problematici o di particolare rilevanza.
Il disegno di legge consta di otto capi e sessantanove articoli.
Il capo primo é relativo alla scuola materna. La scuola dai tre ai cinque anni non é attualmente pensata dalla parte del bambino. Il modo di concepirla é senz'altro errato; da una parte, infatti, viene considerata una struttura con funzioni preminentemente sociali ed assistenziali e da un'altra appare, per alcuni, utile come anticipazione della scuola elementare. Ne consegue, comunque, una attività programmata che non tiene in alcun conto lo sviluppo psico-fisico del bambino.
Noi riteniamo necessario precisare alcuni presupposti di base, perché soltanto da una concezione chiara del "cosa debba essere" ed "a che cosa debba tendere" la scuola materna si puó rispondere alle esigenze del bambino e, subordinatamente, a quelle della società.
La scuola materna, nonostante la tenerissima età degli allievi cui si rivolge, é pur sempre una "scuola" e pertanto deve essere data la necessaria importanza alla funzione propriamente educativa. Per noi é assolutamente necessario, pur non disattendendo le funzioni sociali ed assistenziali, riaffermare che il motivo principale dell'esistere e dell'espandersi della scuola materna deve trovare giustificazione, anzitutto, nella piú approfondita conoscenza della psicologia infantile e, quindi, nella acquisita consapevolezza da parte delle famiglie e della società di quanto benefico sia, per il fanciullo, il contatto con un ambiente stimolante e reattivo qual é quello della scuola materna.
In preciso accordo con il corretto criterio pedagogico e sociologico che sottolinea il valore fondamentale del gruppo familiare come luogo elettivo di socializzazione primaria, il primo grado dell'educazione non puó avere forma di obbligatorietà.
Il capo secondo é relativo alla scuola di base.
La formulazione di un piano di studi ed ancor piú la sistemazione di un ordinamento scolastico devono scaturire da una profonda conoscenza dell'essere umano. Non ci si puó certamente basare su criteri meramente "funzionali", inserendo un insegnamento ad un'età piuttosto che ad un altra: ma bisogna esaminare le fasi evolutive ed in quelle la maggiore, minore o addirittura inesistente, capacità di eccepire un argomento dato.
Con il sistema oggi in vigore si sprecano solamente enormi quantità di tempo battendo e ribattendo su argomenti che per il bambino sono privi di qualsiasi interesse e di cui non riesce a comprendere il senso, ma soprattutto si perde l'occasione preziosa di fare acquisire al bambino un patrimonio di abilità e di nozioni, adeguate ai mezzi di cui dispone, le quali, poi, approfondite e coordinate, si comporrebbero in vasti quadri storici, artistici, letterari e - con il sorgere della facoltà di discernimento - potrebbero costituire elementi per una valutazione critica, divenire materia del giudicare ed infine consentire allo studente di spaziare su un panorama ricco di acquisizioni, permettendogli di compiere vaste analisi.
L'esasperazione della didattica e del nozionismo ha portato ad una vera e propria secondarizzazione della scuola elementare e non ha tenuto conto delle reali capacità di apprendimento degli allievi, che sono spesso obbligati ad argomentare a livello concettuale su conoscenze, che dovrebbero acquisire attraverso l'esperienza personale e diretta.
Il risultato di tutto questo é un apprendimento confuso, frammentario e superficiale, al punto che, in alcuni casi, in prima media, i ragazzini sanno poco e niente di tutto, non hanno neanche le basi del leggere, dello scrivere e del "far di conto".
La distribuzione poi degli insegnamenti nell'arco del giorno e della settimana, distrugge la facoltà di concentrazione.
Dovrà essere distinta la funzione didattica dalla funzione sociale e le attività didattiche dovranno essere concentrate nelle ore mattutine, maggiormente idonee all'apprendimento.
La scuola dovrà poi dare la possibilità, alle famiglie che lo desiderano, di far partecipare gli alunni, nelle ore pomeridiane ad attività diversificate non facenti parte della programmazione curricolare e quindi non obbligatoria.
Infine, la separazione, in scuole elementari e medie, del grado di istruzione inferiore riteniamo non sia piú adeguata ai nostri tempi, cosa questa, peraltro, richiesta dalla necessità di porre in essere la continuità educativa e didattica.
Da questa analisi della situazione nasce la nostra proposta di riforma del sistema scolastico italiano. Una riforma globale e organica che segue l'alunno, poi studente, in tutto il suo percorso scolastico, delineando un itinerario didattico coerente, armonioso, adeguato, efficace, interessante, logicamente congegnato; ma parimenti che rende agevole agli insegnanti il compito di accompagnare il fanciullo in questo delicato cammino.
Innanzitutto occorrerà, dopo aver riformulato e riunito i programmi didattici delle scuole elementari e medie, ridistribuire gli insegnamenti nell'arco degli otto anni di studi.
Gradatamente, poi, bisognerà adeguare e qualificare il personale direttivo, docente ed amministrativo. Ed infine si dovrà giungere all'aggregazione delle due scuole.
Il piano di studi sarà strutturato in modo che ciascun argomento venga trattato in prospettive sempre piú ampie ed in modi qualitativamente diversi, oltreché adeguati alle fasi maturative dell'alunno-studente.
Bisognerà congegnare i programmi di insegnamento, offrirli nei modi e nei tempi adatti, al fine di favorire un'acquisizione delle conoscenze e delle abilità duratura ed armoniosa, attraverso la istituzione dei "cicli didattici".
Per questo occorrerà una rivisitazione dell'organizzazione del personale docente in modo da favorire un insegnamento unitario ed organico e consentire che discipline specifiche, per le quali sono necessarie competenze e attitudini peculiari, vengano insegnate da docenti specializzati. Pertanto dovrà essere previsto un docente unico, nelle prime cinque classi, per il gruppo di insegnamenti principali, e docenti specializzati per discipline quali: musica, educazione fisica, lingue straniere, educazione artistica e religione per coloro che se ne avvalgono.
La scuola di base si articola in due cicli didattici, per la durata complessiva di otto anni.
Il capo terzo é relativo all'elevazione dell'obbligo scolastico. Il capo quarto é relativo alla scuola superiore del lavoro.
Il prolungamento dell'obbligo fino al sedicesimo anno di età costituisce ormai una scelta scontata per il nostro sistema di istruzione.
Non possiamo, tuttavia, vedere nell'elevazione dell'obbligo l'occasione per una riforma su basi livellatrici dell'intera scuola media superiore, o almeno dei suoi primi due anni.
L'elevazione di altri due anni dell'obbligo non puó e non deve costituire il pretesto per l'individuazione di un nuovo biennio a carattere marcatamente unitario, giacché equivarrebbe solo a procrastinare la dequalificazione dei licenziati della attuale scuola media e metterebbe il sedicenne "scolarizzato" del futuro nella condizione di disporre di una formazione generale o, a seconda dei casi, generica, che lo renderebbe atto solo a proseguire gli studi o ad accettare un lavoro dequalificato.
Il prolungamento della scuola dell'obbligo dovrà, invece, favorire una piú armonica formazione della personalità dell'alunno, per permettere a tutti l'acquisizione di una solida cultura di base e consentire a ciascuno il migliore sviluppo delle innate capacità e abilità.
La nostra proposta prevede pertanto un biennio diversificato: i normali bienni propedeutici agli studi della scuola media superiore ed un biennio chiamato "scuola superiore del lavoro" che consente ai giovani scelte responsabili e consapevoli oltreché congeniali alle proprie attitudini e capacità per l'inserimento nel mondo lavorativo.
La scuola superiore del lavoro dovrà rappresentare una struttura integrativa tra lo studio e le esperienze di apprendistato lavorativo, e questo in una fase storica in cui il problema della disoccupazione giovanile ha assunto dimensioni ed aspetti drammatici.
La flessibilità degli orari e dei programmi consentirà di ancorare questo tipo di scuola al territorio e alle sue tradizioni professionali e artigianali, privilegiando sia la ripresa di alcune attività che rappresentano il patrimonio piú genuino di civiltà della provincia italiana sia lo sviluppo delle nuove professionalità.
Il capo quinto é relativo alla scuola superiore.
La necessaria distinzione all'interno del quinquennio di studi, fra bienni propedeutici ed un triennio di prosecuzione ha lo scopo essenziale di sottolineare il carattere di rigorosa specificità che deve qualificare soprattutto gli ultimi tre anni del quinquennio. Pretendere di sacrificare i primi due anni di studio dell'istruzione secondaria superiore in un biennio di studi puramente generici e metodologici significa far perdere ai giovani due dei loro piú preziosi anni di formazione.
Il triennio di prosecuzione della media superiore verrà suddiviso in due aree. Nell'area umanistico-scientifico-artistica verrà istituito un liceo unico che accolga anche l'attuale istituto magistrale, e nell'area umanistico-tecnico-professionale un istituto tecnico articolato in indirizzi che dovranno a loro volta essere previsti a geometria variabile per rispondere tempestivamente e sempre meglio alle esigenze del mondo del lavoro.
Il liceo unico avrà essenzialmente carattere propedeutico all'università. Il liceo unico sarà articolato in cinque indirizzi:

a) indirizzo classico;
b) indirizzo scientifico;
c) indirizzo pedagogico;
d) indirizzo artistico;
e) indirizzo musicale.

L'istituto tecnico é da ritenersi valido (con la rivalutazione del concetto dell'umanesimo della tecnica) sia per la qualificazione alle professioni di medio livello che per la prosecuzione degli studi nelle facoltà e negli istituti universitari congeniali ai vari indirizzi.
L'istituto tecnico si strutturerà in una area didattica comune ad una serie di specifici indirizzi che ne qualificano la formazione tecnico-professionale.
I capi sesto e settimo sono relativi alla formazione post-secondaria.
Oggi il mercato del lavoro richiede figure professionali specifiche e personale in grado di gestire contemporaneamente piú risorse.
La formazione professionale é diventata un mezzo importantissimo per avvicinarsi piú rapidamente al mondo del lavoro e delle grandi aziende.
Naturalmente occorrono un nuovo impianto culturale e formativo della scuola secondaria superiore e nuove finalità conseguentemente assegnate ai percorsi in esso compresi tali da soddisfare l'intera domanda di competenze professionali che i mondi del lavoro, delle professioni e dei servizi richiedono.
La formazione di competenze a carattere specialistico dovrà essere affidata, ai vari livelli, a segmenti formativi post-scolastici, caratterizzati da forte integrazione di formazione teorica e formazione pratica e da un rapporto diretto con il sistema produttivo. Questa é la ratio che dovrà sostenere la istituzione di un livello di studi superiori non universitari collocati in uscita dalla scuola secondaria superiore per la formazione di tecnici specialisti di livello medio-alto. Rimane inteso che la scuola secondaria superiore continuerà ad essere terminale degli studi scolastici e, pertanto, va sottolineato il carattere di non obbligatorietà della prosecuzione in corsi post-secondari.
La funzionalità specifica dei corsi dovrà essere rapportata all'evoluzione della domanda.
La nostra proposta é pensata nella logica dell'interesse generale, ci sembra insieme una risposta ai problemi dei giovani e della società nel suo complesso, della produttività, del mercato nazionale ed europeo.
Ci sembra, infine, che essa debba essere considerata l'inizio di un nuovo riconoscimento professionale ai docenti, intesi quali insegnanti capaci di trasmettere una cultura umanizzante e insieme specificamente disciplinare.
Il passaggio alla nuova realtà europea non sarà possibile senza creare uno strumento culturale comune, che non puó che essere quello della scuola. La scuola europea é una pregiudiziale indispensabile per la nascita dell'Europa di domani.





DISEGNO DI LEGGE



CAPO I.
SCUOLA MATERNA



Art. 1.

1. La scuola materna accoglie bambini dai tre anni fino alla iscrizione alla scuola elementare. Essa é disciplinata dalle norme della presente legge che, nel rispetto delle forme di autonomia legate ad esigenze locali, contiene la disciplina della scuola materna statale e non statale. La scuola materna favorisce il processo educativo dei fanciulli di età prescolare nell'armonico sviluppo della loro personalità, continuando ed integrando l'opera della famiglia.
2. La frequenza della scuola materna statale e non statale é facoltativa e gratuita.

Art. 2.

1. La scuola materna promuove, organizza ed indirizza le attività dei bambini, preparandoli alla frequenza della scuola dell'obbligo attraverso:

a) l'educazione religiosa (facoltativa);
b) l'educazione tesa a formare un primo abito morale;
c) l'educazione estetica tesa a sviluppare l'immaginazione e la sensibilità;
d) l'educazione linguistica tesa all'arricchimento lessicale;
e) l'iniziale educazione motoria;
f) l'educazione igienico-sanitaria;
g) l'educazione alla socializzazione intesa come rispetto di sé, degli altri e delle cose.

2. Il raggiungimento delle finalità di cui al comma 1, nel rispetto della realtà fisica, psichica e spirituale del bambino, avviene attraverso:

a) attività creative artistiche adeguate all'età;
b) racconti di fiabe, favole e leggende attinte dal patrimonio mondiale della letteratura infantile;
c) attività ludiche sia libere che strutturate;
d) l'assunzione di sane abitudini di vita igienica e di corretto comportamento personale;
e) l'esplorazione dell'ambiente.

Art. 3.

1. Ogni scuola materna statale é istituita con decreto dei Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica su richiesta dell'ente locale competente.
2. Con identica procedura, di cui al comma 1, saranno autorizzate le scuole materne non statali, su richiesta dell'ente gestore.

Art. 4.

1. Le scuole materne sono composte da un minimo di tre sezioni.
2. La sezione non puó essere costituita da un numero di bambini inferiore a dodici o superiore a venti.
3. Nelle piccole isole e nelle piccole località montane é consentita la deroga a quanto previsto nei commi 1 e 2.
4 Il direttore didattico, su segnalazione del docente o del genitore, puó consentire il passaggio dei bambini da una sezione all'altra, nel corso dell'anno scolastico.
5. Le scuole materne debbono garantire un funzionamento di quattro ore continuative. Il prolungamento di orario puó essere consentito per bambini le cui famiglie documentino l'effettiva necessità di usufruire per un arco di tempo maggiore del servizio della scuola materna.
6. La scuola puó restare aperta per un massimo di quattro ore oltre l'orario normale per le necessità di cui al comma 5.
7. La scuola che rimane aperta a norma del comma 5 é tenuta alla istituzione del servizio mensa, del quale possono usufruire tutti i bambini.
8. Ogni insegnante puó essere affiancato da un solo tirocinante.
9. L'obbligo di orario degli insegnanti di scuola materna é di ventiquattro ore settimanali.

Art. 5.

1. Nei riguardi dei bambini in età prescolare, portatori di handicap psichico e sensoriale si provvede con le seguenti misure di sostegno:

a) inserimento, nei casi meno gravi, nelle sezioni normali ed in numero non superiore a due. Dette sezioni non possono superare complessivamente il numero di quindici bambini;
b) per i bambini che presentano minorazioni gravi o medio-gravi, accertate dalle competenti strutture sanitarie, si provvede con idonee strutture specifiche a livello territoriale. Tali strutture che debbono essere ubicate in edifici sedi di sezioni normali, non possono essere formate, di norma, da un numero superiore ad otto frequentanti e devono essere affidate a personale insegnante specializzato e coadiuvato da un gruppo di consulenza medico-pedagogica.

Art. 6.

1. Ai frequentanti della scuola materna statale sono garantite l'assistenza sanitaria, in modo particolare per quanto riguarda la medicina preventiva, nonché la copertura assicurativa.
2. Gli insegnanti devono essere coperti da assicurazione contro gli infortuni e, per la responsabilità civile, con massimali annualmente stabiliti con decreto del Ministro della pubblica istruzione.

Art. 7.

1. La scuola materna é organizzata in circoli, formati da un minimo di tre ad un massimo di sei istituti di piú classi.
2. Al circolo é preposto un direttore che ha funzioni di coordinamento ed ha, altresí, il compito di seguire gli insegnanti nello svolgimento e nella realizzazione dei loro piani di lavoro, in modo da poter coordinare la programmazione e l'attività educativa dei singoli istituti.

Art. 8.

1. Nella composizione dei circoli si tiene conto anche delle scuole materne non statali esistenti sul territorio. Queste sono sottoposte alla vigilanza del direttore del circolo da cui territorialmente dipendono.

CAPO II.
SCUOLA DI BASE



Art. 9.

1. La scuola di base, con l'acquisizione di nuovi mezzi espressivi, consolida lo sviluppo del processo educativo dell'alunno, avviandolo alla conoscenza del suo mondo interiore, del mondo esterno ed alla integrale formazione della personalità.
2. Il piano di studi si struttura secondo uno svolgimento adeguato alle capacità ed agli interessi del fanciullo, considerando il passaggio, da un pensiero di tipo immaginativo ad un pensiero di tipo concettuale.
3. La scuola di base, proponendosi di rimuovere qualunque ostacolo che possa interferire nella corretta, sana ed armoniosa crescita di ogni fanciullo, pone particolare cura per favorire lo sviluppo sia corporeo che psichico, inteso in tutte le componenti del pensare, della sensibilità e della volontà, ed il rafforzamento della personalità cosciente, al fine di un inserimento consapevole nella realtà e di un rapporto con gli altri uomini improntato al rispetto dell'altrui libertà ed al riconoscimento della dignità umana.

Art. 10.

1. La frequenza della scuola di base é obbligatoria e gratuita.
2. Agli alunni é garantita la copertura assicurativa secondo le norme previste dall'articolo 6.

Art. 11.

1. Ai docenti é garantita libertà d'insegnamento per il raggiungimento degli obiettivi educativi fissati nei programmi scolastici nazionali.

Art. 12.

1. L'insegnamento é impartito nella lingua italiana.

Art. 13.

1. La scuola di base si articola in due cicli didattici, per la durata complessiva di otto anni, a cui si aggiunge un biennio diversificato che porta l'obbligo scolastico a dieci anni.
2. Il primo ciclo ha durata quinquennale (e comprende dalla prima alla quinta classe); il secondo ha durata triennale (e comprende dalla sesta alla ottava classe).
3. L'insegnamento ha inizialmente carattere unitario ed é teso all'acquisizione, da parte dell'alunno, di abilità e conoscenze le quali, approfondite e coordinate nel corso del secondo ciclo, sino a comporsi in coerenti quadri storici, artistici, letterari e scientifici, costituiranno - con il sorgere della facoltà di discernimento - elementi per l'acquisizione della capacità di giudizio critico.

Art. 14.

1. L'ammissione al primo ciclo é consentita ai bambini che abbiano compiuto, o compiano entro il 31 dicembre dell'anno scolastico, il sesto anno di età.
2. Il passaggio al secondo ciclo avviene mediante giudizio di valutazione globale espresso dal consiglio di classe.
3. Gli alunni che al termine di ogni anno scolastico non conseguono un adeguato grado di preparazione globale non ottengono l'ammissione alla classe successiva.

Art. 15.

1. Nel primo ciclo viene assegnato, ad ogni classe, un docente prevalente che svolge l'insegnamento delle seguenti discipline: lingua italiana, storia, geografia, matematica, scienze. Allo stesso docente, sino alla terza classe, compete anche lo svolgimento dell'attività motoria e delle attività artistiche.
2. Al docente prevalente vengono affiancati docenti specializzati per l'insegnamento delle seguenti discipline: lingue straniere (dalla prima classe), musica (dalla prima classe), educazione fisica (dalla quarta classe), educazione artistica (dalla quarta classe), religione - per coloro che se ne avvalgono - (dalla prima classe).

Art. 16.

1. Il secondo ciclo della scuola di base, costituendone il naturale e necessario completamento opera per continuare il processo di formazione della personalità degli alunni e fornisce anche un preciso orientamento.

Art. 17.

1. Con l'inizio del secondo ciclo vengono introdotti gli insegnamenti delle seguenti discipline: latino, chimica, fisica, applicazioni tecniche.
2. Gli insegnamenti di lingua e letteratura italiana, storia, geografia e latino sono assegnati ad un unico docente per ogni classe. L'insegnamento della matematica e della fisica viene, di norma, distinto da quello delle scienze e della chimica e, pertanto, assegnato a docenti diversi.

Art. 18.

1. Negli ultimi due anni del secondo ciclo é prevista l'attività di orientamento, alla quale dovrà essere destinata una adeguata parte dell'orario delle attività didattiche.
2. L'organizzazione dell'orientamento é competenza dei consiglio di amministrazione della scuola.

Art. 19.

1. Le attività didattiche devono svolgersi in orario antimeridiano.
2. Le singole istituzioni scolastiche, nel rispetto dell'autonomia definiscono le modalità di svolgimento dell'orario scolastico.
3. Sono ammesse materie di studio facoltative costituenti attività parascolastiche. Tali materie sono scelte dal collegio dei docenti. Adeguato spazio viene riservato alla conoscenza ed alla trasmissione di aspetti caratteristici delle tradizioni e della cultura regionale e locale.
4. Le attività parascolastiche possono essere svolte solo in orario pomeridiano.
5. Valgono, per la scuola di base, le norme previste nei commi 5, 6 e 7 dell'articolo 4.

Art. 20.

1. L'anno scolastico é suddiviso, di norma, in due quadrimestri.
2. Al termine di ciascun quadrimestre gli insegnanti di classe assegnano agli alunni un voto espresso in decimi per le singole materie.
3. Al termine di ogni ciclo gli insegnanti compilano un giudizio sintetico che tenga conto del grado di maturità raggiunta dall'alunno delle conoscenze tecnico pratiche acquisite, delle eventuali carenze dimostrate e di tutti gli elementi che sono ritenuti utili per accertare l'armonico sviluppo della sua personalità.

Art. 21.

1. La scuola di base si conclude con un esame di idoneità al biennio successivo.
2. L'esame si articola in due prove scritte - italiano e matematica - ed in una orale che consiste in un colloquio interdisciplinare.
3. La commissione d'esame é composta da cinque membri: quattro docenti del secondo ciclo della scuola di base ed un docente di scuola secondaria superiore, con funzioni di presidente.
4. Ogni commissione deve esaminare non meno di venti e non piú di quaranta studenti.
5. A conclusione dell'esame la commissione unitamente al giudizio di idoneità, deve formulare una indicazione orientativa, non vincolante, per la scelta dell'area e dell'indirizzo.

Art. 22.

1. Per l'insegnamento della religione cattolica, l'incarico viene affidato a persona qualificata, sentito il parere della competente autorità ecclesiastica.
2. Sono esonerati dall'istruzione religiosa gli alunni i cui genitori dichiarino volervi provvedere personalmente.

Art. 23.

1. Il docente non puó chiedere il trasferimento di sede né essere comandato o comunque distaccato dall'insegnamento prima della conclusione del ciclo, fatta eccezione per gravi motivi di famiglia o di salute debitamente documentati.

Art. 24.

1. L'alunno che presenta lievi minorazioni psichiche, carenze dell'intelligenza o aspetti caratteriali tali da non comprometterne il rendimento scolastico, é ammesso a frequentare la classe comune.
2. Sono previste invece, e di regola nello stesso edificio o in "scuole polo", strutture particolarmente idonee fornite delle adeguate attrezzature, per alunni minorati psichici riconosciuti gravi.
3. Delle strutture di cui al comma 2 possono usufruire non meno di quattro e non piú di otto alunni. In esse gli insegnanti specializzati sono stabilmente affiancati da un gruppo medico-psico-pedagogico ed i programmi devono avere la massima flessibilità in modo da rispondere alle necessità ed alle esigenze degli alunni e risultare adeguati ai loro ritmi di apprendimento.
4. Per alunni non vedenti e non udenti sono previsti istituti specializzati.

Art. 25.

1. Ogni classe della scuola di base é costituita da non piú di venti alunni.

Art. 26.

1. Il calendario scolastico per la scuola di base prevede di norma e su tutto il territo rio nazionale l'inizio delle lezioni il 1º ottobre ed il termine il 31 maggio.
2. Nei mesi di giugno e settembre ogni singola scuola predispone un programma di attività - non obbligatorie - per alunni e studenti che, su richiesta delle famiglie confermata mediante iscrizione - possono continuare a frequentare le sedi scolastiche. In tali programmi deve essere riservato uno spazio adeguato alle attività sportive e ricreative, ai viaggi d'istruzione, all'educazione ambientale ed all'educazione alla salute.
3. La conduzione delle suddette attività é affidata al personale tirocinante e ad operatori qualificati, e comporta, pertanto, un contributo finanziario da parte delle famiglie che usufruiscono di tale servizio, il cui ammontare é definito dal consiglio di amministrazione della scuola.
4. Gli alunni portatori di handicap e gli alunni appartenenti a famiglie in disagiate condizioni economiche sono esonerati dal contributo di cui al comma 3, restando esso a carico dello Stato.

CAPO III.
ELEVAZIONE DELL'OBBLIGO

DI ISTRUZIONE



Art. 27.

1. A decorrere dall'anno scolastico 1998-1999 l'istruzione obbligatoria ha la durata di complessivi dieci anni ed é gratuita.
2. L'obbligo di istruzione si completa mediante la frequenza, con esito positivo, dei primi due anni di scuola secondaria superiore o dei due anni di scuola superiore del lavoro.
3. É comunque prosciolto dall'obbligo chi dimostri di avere osservato per almeno dieci anni le norme sull'istruzione obbligatoria o abbia comunque compiuto il sedicesimo anno di età.
4. Agli studenti che hanno assolto l'obbligo di istruzione ai sensi dei comma 2 é rilasciato un apposito certificato.
5. Agli studenti prosciolti dall'obbligo di istruzione ai sensi del comma 3 é rilasciata apposita attestazione.
6. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le modalità di riconoscimento del valore del certificato di cui al comma 4 sono disciplinate nell'ambito della normativa sul collocamento per l'accesso ai pubblici concorsi e dai contratti collettivi di lavoro.
7. I giovani che, a causa di ritardi, abbandoni, interruzioni o gravi difficoltà, non riescono a portare a termine regolarmente i corsi della scuola di base possono assolvere gli ultimi due anni dell'obbligo scolastico anche nell'ambito dei corsi biennali di formazione professionale regionale conformi alla legge 21 dicembre 1978, n. 845, e successive modiifcazioni, da realizzare presso le strutture di formazione professionale regionale convenzionate con le istituzioni scolastiche del territorio e comunque nel rispetto di livelli di qualità formativi definiti dallo Stato.

CAPO IV.
SCUOLA SUPERIORE DEL LAVORO



Art. 28.

1. Nell'ordinamento scolastico italiano é istituita la scuola superiore del lavoro.

Art. 29.

1. La scuola superiore del lavoro costituisce un ultimo ciclo dell'obbligo scolastico e garantisce la graduale integrazione tra il momento educativo e l'esperienza del lavoro. Tale ciclo opera per completare la formazione del cittadino quale protagonista del mondo produttivo inteso come elemento di progresso civile e sociale della Nazione.

Art. 30.

1. Alla scuola superiore del lavoro si puó accedere dopo aver conseguito il positivo giudizio di valutazione e superato l'esame di idoneità al termine della scuola di base.

Art. 31.

1. Il corso di studio della scuola superiore del lavoro ha durata biennale.

Art. 32.

1. Le discipline d'insegnamento della scuola superiore del lavoro sono le seguenti:

a) approfondimento della struttura della lingua italiana;
b) due lingue straniere;
c) elementi di matematica applicata;
d) storia delle civiltà contemporanee;
e) nozioni di diritto pubblico;
f) elementi di geografia e di economia.
g) nozioni di scienze della comunicazione;
h) approfondimento della cultura e delle tradizioni locali;
i) attività ginnico-sportiva;
l) nozioni teoriche sulle tematiche del lavoro.

2. Gli insegnamenti di cui al comma 1 possono essere integrati con altre discipline in relazione alle specifiche esigenze territoriali e dei singoli corsi.

Art. 33.

1. Ad integrazione dell'apprendimento teorico gli alunni debbono svolgere un pe riodo di apprendistato da effettuarsi a tempo parziale presso imprenditori pubblici o privati, nonché in aziende familiari nei settori dell'industria, dell'agricoltura, dell'artigianato, del commercio e dei servizi.
2. Nell'impossibilità di collocamento delle strutture economiche locali, lo Stato o gli enti pubblici territoriali debbono garantire comunque la utilizzazione degli studenti in lavori di pubblica utilità con particolare riferimento alla valorizzazione del patrimonio culturale e ambientale, nonché delle risorse territoriali.
3. Agli alunni é rilasciato un libretto personale nel quale saranno riportate le annotazioni valutative sia da parte degli insegnanti delle discipline teoriche che del datore di lavoro presso il quale essi svolgono il periodo di apprendistato.
4. Gli alunni di cui al presente articolo godono delle forme di previdenza e di assistenza previsti dalla legislazione sul lavoro dipendente. I relativi contributi sono a totale carico dello Stato.

Art. 34.

1. L'orario di insegnamento, sia per le discipline teoriche che per le attività di lavoro é flessibile.
2. Per quanto riguarda le discipline teoriche esso é costituito da un minimo di dieci ore settimanali, distribuite in non meno di due giorni nell'arco della settimana, ad un massimo di venti ore settimanali ripartite in quattro giorni.
3. A seconda delle esigenze del corso l'orario puó essere antimeridiano, pomeridiano o flessibile.
4. Per gli insegnamenti teorici ogni classe non puó essere costituita da meno di dieci o da piú di venti allievi.
5. L'orario di lavoro puó variare da un minimo di dieci ore settimanali ad un massimo di venticinque ore. Il lavoro puó essere distribuito nell'arco della settimana in relazione alle esigenze dell'azienda.
6. L'orario complessivo degli impegni scolastici e lavorativi non deve comunque superare le trenta ore settimanali.

Art. 35.

1. La frequenza della scuola superiore del lavoro é gratuita ed obbligatoria e non deve comunque risultare inferiore ai due terzi dell'orario complessivo annuale del corso, sia per la parte teorica che per l'esperienza di lavoro, senza possibilità di compensazione.

Art. 36.

1. Gli alunni afflitti da minorazioni psichiche di lieve entità sono inseriti nelle classi normali. Per gli alunni portatori di minorazioni piú gravi sono previste scuole polo particolarmente idonee e i docenti sono coadiuvati da docenti di sostegno e da un gruppo medico-psico-pedagogico con funzioni di consulenza.
2. Gli alunni non vedenti, sordi e sordomuti sono avviati a centri educativi specialistici presso i quali sono utilizzati docenti abilitati per la materia d'insegnamento e in possesso dei relativi titoli di specializzazione.
3. Presso i centri di cui al comma 2 funzionano laboratori di attività pratiche di lavoro particolarmente congeniali al tipo di minorazione.

Art. 37.

1. L'anno scolastico deve essere articolato tenendo conto delle caratteristiche del corso e delle esigenze delle aziende.

Art. 38.

1. Le scuole superiori del lavoro devono essere istituite in ogni distretto scolastico in numero tale da soddisfare le esigenze della popolazione scolastica interessata ed in relazione alle caratteristiche socio-economiche del territorio.

Art. 39.

1. Al termine del biennio gli alunni sono sottoposti ad un esame teorico-pratico di verifica.
2. A coloro che superano tale prova é rilasciato un attestato di qualifica professionale valido ad ogni fine legale esclusa la iscrizione alle università o ad istituti universitari.
3. A coloro che non superano tale prova é rilasciato un attestato di assolvimento dell'obbligo scolastico.

CAPO V.
SCUOLA SUPERIORE



Art. 40.

1. La scuola superiore costituisce il momento fondamentale nel processo di adeguamento dell'organismo scolastico alle esigenze della società nazionale e deve perció corrispondere alle necessità di tutti.
2. La scuola superiore ha lo scopo di promuovere lo sviluppo culturale degli studenti e di conferire loro gli apprendimenti necessari ai fini cui é diretta ciascuna delle sue differenziazioni, cioé al proseguimento universitario degli studi oppure alle diverse formazioni professionali.
3. La scuola superiore promuove la realizzazione di pari opportunità culturali, educative, formative e professionali per uomini e donne.

Art. 41.

1. Alla scuola superiore si puó accedere dopo aver conseguito il positivo giudizio di valutazione al termine del secondo ciclo della scuola di base e superato un esame di idoneità.

Art. 42.

1. Il corso di studio della scuola superiore ha durata quinquennale ed é suddiviso in un biennio propedeutico di orientamento, sede del prolungamento dell'obbligo d'istruzione seguito da un corso triennale di indirizzo.
2. Il corso biennale é destinato a completare la cultura di base e a fornire gli strumenti conoscitivi per le successive scelte dello studente.
3. Il corso triennale é finalizzato allo sviluppo ulteriore e piú approfondito della preparazione culturale comune nonché alla scelta di campi disciplinari di indirizzo e di settori di specializzazione

Art. 43.

1. La scuola superiore si articola in un'area umanistico-scientifico-artistica e in un'area umanistico-tecnico-professionale.
2. L'area umanistico-scientifico-artistica é costituita da un liceo unico che si articola nei seguenti indirizzi:

a) classico;
b) scientifico;
c) pedagogico;
d) artistico;
e) musicale.

3. L'area umanistico-tecnico-professionale é costituita da un istituto tecnico che si articola nei seguenti indirizzi fondamentali:

a) economico;
b) linguistico;
c) professionale;
d) tecnologico.

4. Ciascun indirizzo di istituto tecnico puó articolarsi in diversi rami di specializzazione.
5. Il passaggio dall'una all'altra area di studi o, nell'ambito della stessa area, da un indirizzo ad un altro, é consentito a seguito di esami integrativi.

Art. 44.

1. Il liceo unico si propone il compito prioritario della formazione intellettuale, morale, sociale e civica dei giovani, nell'armonia delle componenti fisico-psichiche che costituiscono l'unità dello spirito. Esso si configura soprattutto come propedeutico agli studi nelle facoltà universitarie alle quali i giovani che lo abbiano favorevolmente concluso sono ammessi in rapporto all'indirizzo scolastico seguito.

Art. 45.

1. In ogni distretto scolastico é istituito almeno un liceo unico.

Art. 46.

1. Ogni liceo é costituito da un massimo di cinque corsi completi o, comunque, da non piú di venticinque classi. Ogni classe non puó essere costituita da piú di ventitré alunni.
2. Il superamento del numero di venticinque classi complessive comporta l'automatica istituzione di un nuovo liceo nell'ambito del distretto. Tale provvedimento é adottato dall'ufficio scolastico territoriale di competenza.

Art. 47.

1. Il liceo unico si struttura in un'area didattica comune che si completa e si differenzia con un gruppo di materie specifiche per ogni indirizzo.
2. Le materie dell'area didattica comune sono costituite da insegnamenti fondamen tali per un'approfondita preparazione culturale. Esse sono: lingua e letteratura italiana, latino, storia, lingua straniera, diritto ed economia, matematica ed educazione fisica. In relazione alle esigenze di progettazione complessiva dei singoli piani di studio possono essere differenziati i programmi e gli orari di matematica.
3. Nel corso biennale iniziale della scuola secondaria superiore viene prevista l'attività di orientamento, la cui organizzazione é di competenza del consiglio di amministrazione.
4. Le materie che l'alunno deve scegliere per ciascun indirizzo sono:

a) indirizzo classico: greco, filosofia, geografia, fisica, scienze e storia dell'arte;
b) indirizzo scientifico: filosofia, geografia, discipline scientifiche sperimentali, disegno e storia dell'arte;
c) indirizzo pedagogico: pedagogia e filosofia, psicologia, didattica, disegno, musica e diritto pubblico con elementi di legislazione scolastica;
d) indirizzo artistico: anatomia artistica, storia dell'arte, discipline geometriche e architettoniche, discipline pittoriche, discipline plastiche e diritto pubblico con elementi di legislazione sulla tutela dei beni culturali;
e) indirizzo musicale: armonia ed analisi, storia ed estetica musicale, musica d'insieme ed esercitazioni orchestrali, strumento principale, strumento complementare.

5. La distribuzione degli orari, sia per gli insegnamenti comuni sia per quelli elettivi, viene fissata dalla commissione nominata dal Ministro della pubblica istruzione a norma dell'articolo 67. In tale distribuzione si tiene conto, data l'articolazione del corso liceale in cinque anni, dell'opportunità di dedicare un tempo maggiore agli insegnamenti comuni nei primi due anni, mentre si intensifica, negli ultimi tre anni, lo studio degli insegnamenti elettivi.

Art. 48.

1. L'istituto tecnico, oltre che tendere alla formazione intellettuale, morale, sociale e civica, fornisce una preparazione alle professioni tecnico-economiche e consente la possibilità di proseguire gli studi universitari a norma e con le modalità previste dall'articolo 56.

Art. 49.

1. In ogni distretto scolastico é istituito almeno un istituto tecnico.

Art. 50.

1. Nessun istituto tecnico puó comprendere piú di venticinque classi. Tale limite puó essere portato fino a trenta classi quando nel medesimo distretto o in un distretto contiguo della stessa provincia non esista altro istituto tecnico dello stesso indirizzo.
2. Nessuna classe di istituto tecnico puó comprendere piú di ventitre alunni.

Art. 51.

1. L'istituto tecnico si struttura attraverso un'area didattica comune ed una serie di specifici indirizzi che ne qualificano la formazione tecnico-professionale.
2. Dell'area comune fanno parte le seguenti discipline che ne definiscono l'aspetto umanistico: lingua e letteratura italiana, storia, geografia, lingua straniera, matematica ed educazione fisica.
3. Le materie caratterizzanti specifici indirizzi sono definite dalla commissione prevista dall'articolo 67.

Art. 52.

1. Per gli alunni della scuola superiore che frequentano l'area umanistico-scientifi co-artistica e quella umanistico-tecnico-professionale é obbligatorio, per tutti i cinque anni di corso, lo studio di almeno una lingua straniera.
2. Per gli alunni dell'indirizzo linguistico é obbligatorio per tutti i cinque anni di corso, lo studio di tre lingue straniere.

Art. 53.

1. Per gli alunni della scuola superiore l'insegnamento della religione é facoltativo ed é regolato in conformità agli accordi stipulati fra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica.

Art. 54.

1. L'integrazione degli studenti portatori di handicap nella scuola superiore avviene a norma della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni.

Art. 55.

1. Al termine di qualsiasi ciclo quinquennale della scuola superiore lo studente deve sostenere un esame di Stato.
2. Lo svolgimento dell'esame di Stato é disciplinato con apposita normativa.

Art. 56.

1. I giovani che hanno favorevolmente concluso gli studi nel liceo unico o nell'istituto tecnico possono esser ammessi alle facoltà universitarie congeniali agli indirizzi seguiti.
2. I consigli di facoltà delle singole università possono deliberare la possibilità e le modalità di ammissione dei giovani che abbiano seguito indirizzi diversi da quelli richiesti ai sensi della presente legge.

CAPO VI.
PROFESSIONALIZZAZIONE

POST-SECONDARIA



Art. 57.

1. I giovani che non intendano proseguire gli studi nelle facoltà universitarie sono ammessi, dopo aver superato l'esame di Stato dell'area umanistico-tecnico-professionale, a frequentare corsi biennali abilitanti all'esercizio delle libere professioni, organizzati nei distretti scolastici in cui esistano istituti tecnici del tipo al quale i corsi si riferiscono.
2. Le regioni, le province, i comuni collaborano, unitamente ai collegi ed agli ordini professionali e alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, all'organizzazione dei corsi di cui al comma 1. Gli istituti tecnici di provenienza forniscono le strutture richieste e cooperano allo svolgimento dei corsi.
3. I corsi sono a numero chiuso, l'accesso é regolato in base al fabbisogno espresso dagli ambienti professionali di riferimento e a requisiti di ingresso.
4. Al termine dei corsi medesimi viene rilasciato ai partecipanti, previo accertamento delle loro capacità operative, un diploma di abilitazione all'esercizio della libera professione che consenta l'iscrizione al rispettivo albo professionale.
5. Nessun corso puó essere indetto quando non venga richiesto e frequentato da almeno quindici candidati.
6. Gli allievi dei corsi di cui al presente articolo usufruiscono degli stessi benefici degli studenti universitari ai fini del servizio militare e del diritto allo studio.

Art. 58.

1. Il Ministro della pubblica istruzione, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale, e dell'industria, del commercio e dell'artigianato dopo aver sentito, ove esistano, i rispettivi organi professionali, stabilisce a quali uffici pubblici sia consentito accedere e quali attività professionali sia consentito esercitare ai cittadini in possesso dei singoli diplomi di abilitazione all'esercizio professionale.

CAPO VII.
FORMAZIONE POST-SECONDARIA



Art. 59.

1. I giovani che non intendano proseguire gli studi nelle facoltà universitarie sono ammessi, dopo aver superato l'esame di Stato conclusivo della scuola secondaria, all'istruzione post-secondaria di durata biennale, comprendente almeno 1200 ore di attività didattica, rivolta ad acquisire abilità e competenze atte allo svolgimento di attività professionali, tecniche, industriali, amministrative e commerciali.

Art. 60.

1. I corsi possono essere istituiti:

a) da istituti di istruzione secondaria;
b) da centri pubblici regionali di formazione professionale post-secondaria;
c) da collegi e ordini professionali.

Art. 61.

1. Per la realizzazione dei corsi non é previsto un organico stabile di personale docente. La docenza sarà impartita da personale appartenente a vari settori con contratti di collaborazione.

Art. 62.

1. I corsi possono essere finanziati con tasse scolastiche a carico degli allievi o delle aziende, con contributi statali perequativi e con contributi dell'Unione europea.
2. I corsi sono finanziati secondo le valutazioni espresse dal comitato di cui all'articolo 65.

Art. 63.

1. I corsi sono a numero chiuso, l'accesso é regolato in base al fabbisogno espresso dagli ambienti professionali di riferimento e a requisiti di ingresso.
2. Nessun corso puó essere indetto quando non venga richiesto e frequentato da almeno quindici candidati.

Art. 64.

1. Il Ministro della pubblica istruzione, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e dell'industria, del commercio e dell'artigianato istituisce un comitato nazionale per la qualità della formazione post-secondaria.
2. Il comitato di cui al comma 1, costituito da non piú di sette unità, ha il compito di certificare e convalidare i diplomi ai quali é conferito valore legale anche ai fini del pubblico impiego.

Art. 65.

1. Il Ministro della pubblica istruzione, di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato, del lavoro e della previdenza sociale, e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, nomina il comitato nazionale per il finanziamento della formazione post-secondaria.
2. Il comitato di cui al comma 1, ha il compito di elaborare la programmazione dell'attività finanziabile, stabilendo le priorità e definendo i livelli dei contributi.

Art. 66.

1. Gli allievi dei corsi di cui all'articolo 59 usufruiscono degli stessi benefici degli studenti universitari ai fini del servizio militare e del diritto allo studio.

CAPO VIII.
NORME TRANSITORIE E FINALI



Art. 67.

1. Entro sessanta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della presente legge, il Ministro della pubblica istruzione, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, costituisce una commissione formata da docenti in servizio che abbiano insegnato per almeno dieci anni nelle scuole secondarie di secondo grado o nelle università, nonché da professionisti indicati dai rispettivi collegi nazionali per quanto si riferisce all'area umanistico-tecnico-professionale.
2. La commissione di cui al comma 1, che costituisce al suo interno piú sottocommissioni, determina:

a) le materie di insegnamento caratterizzanti i vari indirizzi e specializzazioni, ad esclusione di quelle già determinate dagli articoli 47 e 51;
b) i programmi di insegnamento;
c) le ore settimanali di lezione per ciascuna materia;
d) l'eventuale raggruppamento di materie e la formazione delle cattedre;
e) la composizione delle nuove classi di abilitazione e di concorso per i docenti.

Art. 68.

1. La presente legge entra in vigore a partire dall'anno scolastico successivo all'anno della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale .
2. Con proprie ordinanze il Ministro della pubblica istruzione fissa le modalità per il passaggio dal precedente al nuovo ordinamento.
3. A partire dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogate tutte le leggi esistenti in materia e cessano di avere efficacia i regolamenti incompatibili con la presente legge.

Art. 69.

1. All'onere derivante dalla presente legge, valutato in lire 1050 miliardi per il triennio 1999-2001, di cui 150 miliardi per il 1999, 350 miliardi per il 2000, 550 miliardi per il 2001, si provvede con le leggi finanziarie dei medesimi anni.
2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica é autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.