Legislatura 13º - Disegno di legge N. 1

SENATO DELLA REPUBBLICA

———–     XIII LEGISLATURA    ———–





N. 1


DISEGNO DI LEGGE




d'iniziativa popolare, a norma dell'articolo 71, secondo comma, della Costituzione e degli articoli 48 e 49 della legge 25 maggio 1970, n. 352

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 27 OTTOBRE 1994

Legge di riordino dell'assistenza sociale. Istituzione di un assegno sociale per i soggetti anziani e di un assegno di inabilità

Già stampato n. 1063 della XII legislatura







ONOREVOLI SENATORI. - Con questo disegno di legge di iniziativa popolare si intende collocare la riforma dell'assistenza sociale nel piú ampio dibattito volto a contrastare le ipotesi di "smantellamento" dello Stato sociale e ad affermare una nuova equità e solidarietà intergenerazionale ed intercategoriale in una situazione sociale che in Italia, come in larga parte dell'Europa, registra larghi e crescenti fenomeni di pauperismo, specie nelle popolazioni anziane e nei soggetti portatori di handicap .
Questa proposta vuole essere un contributo al confronto aperto tra le forze che concretamente, anche se con posizioni diverse, si muovono in tale direzione, al fine di giungere celermente alla approvazione della legge nazionale di riforma dell'assistenza sociale, ormai indifferibile a seguito delle mini riforme in materia (volontariato, handicap ) che tuttavia hanno mantenuto il carattere particolaristico delle tutele, specie di quelle economiche, e delle relative forme di intervento. Occorre da un lato dare attuazione alla raccomandazione della Comunità europea n. 92/441 del 24 giugno 1992 ed alle numerose risoluzioni del Parlamento europeo sulla introduzione in tutti gli Stati membri di un reddito minimo garantito, almeno a partire dalle persone anziane; dall'altro disciplinare in forma di legge quadro l'insieme delle iniziative che molte regioni hanno assunto nel corso di questi ultimi anni, fondate sia su un intreccio tra prestazioni economiche e servizi alla persona, per rendere effettivi gli interventi individualizzati e le iniziative di reinserimento sociale, sia su una relazione a rete tra strutture pubbliche e del privato sociale, tutte coinvolte nelle iniziative territoriali.
D'altra parte ragionare in questa fase su una legge di riordino generale significa arricchire il confronto politico, recuperando e rilanciando princípi, valori ed esperienze solidaristiche, oggi piú che mai necessarie a seguito della riduzione del tempo di lavoro necessario alla produzione dei beni per il mercato, nonché a seguito della conseguente disoccupazione tecnologica e di un pauperismo diffuso. L'esperienza neo-liberista dei paesi anglosassoni dimostra che le tipologie flessibili ed elastiche di rapporto di lavoro, la deregulation delle garanzie dei lavoratori e la riduzione del carico fiscale non sono servite a riassorbire una disoccupazione larga, crescente e strutturata. Fenomeni analoghi, in contesti diversi, si presentano anche in Francia e Germania. Al di là delle future e auspicate nuove politiche del tempo di lavoro occorre dunque creare nel territorio servizi a rete che neutralizzino sistematicamente il rischio di frantumazione sociale, di paura e di violenza. Servizi che, per essere ad alta densità occupazionale, danno al tempo stesso una risposta al drammatico problema della disoccupazione, come auspicato dal libro bianco della Commissione della Comunità europea del dicembre 1993 su "Crescita, competitività e occupazione". In tal modo l'approvazione di tale proposta, lungi dal soddisfare i bisogni della sola popolazione anziana, darebbe una risposta non assistenziale bensí programmata e "progressiva" ai bisogni di inserimento anche della popolazione attiva, accordando alla medesima benefici economici strettamente correlati alla esplicazione di attività socialmente utili presso le istituzioni del privato sociale.
Il passaggio dallo Stato sociale alla moderna società del work-fare , da molti auspicata, é poi necessario all'interno di una riscoperta del pluralismo istituzionale, del volontariato, del servizio civile, della garanzia pubblica di ultima istanza entro una logica di interventi a rete di tipo leggero e non "statalista". Ció anche al fine di correggere le storture antiche e recenti del nostro paese.
I punti cruciali della riforma dell'assistenza sono:

a) la definizione dei diritti del cittadino e dei livelli quantitativi e qualitativi delle prestazioni garantite a soddisfazione di tali diritti. Di tali garanzie quella di un reddito minimo riguarda i trasferimenti monetari, le condizioni che attivano il conferimento di risorse (livello di reddito disponibile e condizioni di salute), l'entità e le forme degli interventi nonché i casi di conversione delle prestazioni monetarie in buoni servizio ad incentivo delle attività comunali di reinserimento;
b) la definizione ed il coordinamento dei ruoli dei diversi soggetti istituzionali nonché la creazione del Ministero per gli affari sociali. La scarsa chiarezza istituzionale perdura ancora nonostante l'approvazione della riforma generale delle autonomie locali. In carenza di norme nazionali le regioni piú attive si sono date autonomamente delle regole, adottando soluzioni assai diverse anche sul problema istituzionale piú spinoso, quello del ruolo del comune.
L'organizzazione e gestione efficiente ed efficace di un sistema di servizi a fronte di una società che esprime bisogni complessi richiedono l'individuazione di un ambito - il distretto sociale - in cui raccogliere l'intera gamma dei bisogni e della domanda sociale, valorizzando l'apporto delle forze sociali come interlocutori strutturali del comune, singolo o associato, nell'ambito delle indicazioni programmatiche dello Stato e delle regioni, raccolte da un Ministero degli affari sociali con pienezza di poteri;
c) la trasparenza e la fruibilità delle attività nonché la disciplina delle professionalità del personale delle istituzioni del privato sociale a cui vengono in prevalenza affidate in gestione le esigenze dell'utenza;
d) il ruolo prevalentemente d'impulso e di coordinamento del comune;
e) la costituzione a livello nazionale di un fondo sociale economicamente adeguato a sostenere le forme di reddito minimo garantito e ad incentivare i servizi di reinserimento proposti dalle forze sociali nelle regioni piú svantaggiate; fondo sociale in cui confluiscano tutte le attuali risorse che lo Stato e gli enti centrali impegnano nell'assistenza. Tale fondo, previo lo scorporo delle risorse richieste da attività di livello nazionale, dovrà essere ripartito in base a parametri certi e con vincolo di destinazione alle regioni;
f) fondi sociali regionali che, nell'ambito di una corretta linea di federalismo promuovano i servizi locali e la responsabilità finanziaria delle relative popolazioni;
g) la separazione della previdenza dall'assistenza mediante il completamento della riforma di cui all'articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88, con l'assunzione di tutti gli oneri a carico della fiscalità generale.

In sintesi il disegno di legge colloca al centro dell'universo "politico" la "persona e la sua dignità", mediante interventi individualizzati di assistenza e di integrazione sociale, l'efficienza e la trasparenza della pubblica amministrazione, il risparmio dei costi di gestione, l'intreccio tra prestazioni economiche e servizi, la programmazione ed il coordinamento con i servizi sanitari onde contrastare le attuali tendenze alla medicalizzazione dei bisogni, il pluralismo degli enti gestori nell'ambito di un sistema a rete.
Venendo al merito della legge i princípi generali e i diritti in materia di assistenza sono definiti nella sezione I del capo I.
All'articolo 1 si stabilisce che l'attuazione dei princípi costituzionali sancita dagli articoli 2, 3, 38 e 117 avviene mediante l'iniziativa per l'assistenza e l'integrazione sociale. Tale attività é costituita dal complesso di funzioni, strutture, servizi e attività destinati a promuovere e mantenere lo stato di benessere e a favorire il pieno sviluppo della personalità dei cittadini. Con la definizione di questi princípi e in omaggio al dettato costituzionale si supera la concezione tradizionale di povertà e di bisogno per porre al centro dell'attenzione il benessere e lo sviluppo della personalità dei cittadini.
É previsto inoltre che tale attività assicuri il collegamento e il coordinamento con le attività e gli interventi di istituzioni e organi in materia sociale, nonché l'integrazione con le attività espletate dal Servizio sanitario nazionale, entro il distretto sociale. Questi concetti richiamano i contenuti del dibattito culturale che per anni ha orientato le scelte per l'organizzazione dei servizi alla persona, superando le visioni totalizzanti talora sostenute, cercando di individuare in modo corretto le modalità di coordinamento e integrazione. Si afferma, inoltre, che le associazioni di volontariato e tutte le istituzioni di promozione e assistenza sociale concorrono alle attività di iniziativa con ruolo prevalentemente di gestione entro una struttura programmata, a rete, non "statalista" e a spesa contenuta. A tal fine é prevista una concertazione territoriale degli interventi tra distretto sociale, comunale o intercomunale, e le forze sociali rappresentative degli utenti.
All'articolo 2 sono previste le finalità da perseguire per la piena affermazione dei princípi fissati all'articolo 1.
Si stabilisce che tutti i cittadini hanno diritto ai servizi sociali e che tale diritto é esteso agli stranieri e agli apolidi che si trovino in territorio italiano, anche se non assimilati, o non appartenenti a Stati con i quali sussiste il trattamento di reciprocità. Con questa impostazione si vuole assicurare a tutti i cittadini l'esercizio del diritto all'assistenza sociale - eccezion fatta per le prestazioni economiche - indipendentemente dal Paese di provenienza e dalla condizione personale e lavorativa, con il fine di consentire anche ad essi una condizione di vita dignitosa.
Gli elementi caratteristici e gli ambiti privilegiati delle finalità sono: la prevenzione delle situazioni che generano rischi sociali, situazioni di bisogno e fenomeni di emarginazione; il reinserimento e mantenimento nei normali ambienti di vita dei soggetti deboli e menomati e di quelli che vivono in strutture diurne per soggetti non autosufficienti o di autonomia limitata; il sostegno alla famiglia quando sia centro di comunità affettiva e di sviluppo dei rapporti di solidarietà. Si é voluta porre particolare attenzione alle finalità di protezione e tutela sostanziale e giuridica dei soggetti incapaci di provvedere a se stessi e privi di persone che si occupino di loro, avendo presente soprattutto la condizione di violenza sui minori e abbandono degli stessi.
In sostanza si afferma una concezione di organizzazione dei servizi diurni, domiciliari e anche il ricorso alla residenzialità, quando é necessario, considerando la permanenza in tali strutture per il tempo necessario al ripristino delle funzioni compromesse, e promuovendo l'attuazione di reti di solidarietà sociale e di sistemi di mutuo aiuto tra persone e famiglie. In questa concezione delle modalità di intervento riteniamo si creino e si definiscano spazi nuovi ed essenziali per lo sviluppo degli interventi del privato nel sociale, in particolare delle associazioni di volontariato e della stessa cooperazione.
All'articolo 3 si affrontano i problemi connessi alla tutela dei diritti individuali e collettivi dei cittadini nel rispetto dei princípi di cui agli articoli 1 e 2. Si vuole con questo articolo definire in forme operative concrete sia la dislocazione decentrata dei servizi organizzati dai comuni per fornire all'utenza l'informazione, il segretariato sociale e l'accoglienza, sia adeguate forme di pubblicizzazione dei diritti e dei servizi, coinvolgendo in questo impegno associazioni ed enti di patronato. Ma per rendere ancora piú vincolante il sistema della tutela e del rispetto dei diritti si prevede che le modalità di funzionamento dei servizi consentano al cittadino e all'utente di identificare gli operatori del servizio stesso e le responsabilità ad essi attribuite; conoscere i responsabili del procedimento amministrativo; avere accesso ai documenti e partecipare ai procedimenti amministrativi che lo interessano. Il tutto precisando quanto già disposto dalla legge 7 agosto 1990, n. 241. Si stabilisce inoltre che vengano predisposte procedure per la definizione in via breve dei reclami presentati al sindaco dai cittadini che ritengano ingiusto e lesivo dei propri diritti il diniego opposto a loro richieste di intervento.
Ulteriori forme di tutela dei diritti possono essere previste attraverso l'istituto del difensore civico regionale o locale con compiti di vigilanza, iniziativa ed intervento, da un lato, e la promozione di comitati rappresentativi degli utenti cui assegnare compiti di rappresentanza, informazione e proposta nei confronti delle istituzioni pubbliche, dall'altro.
Nella sezione II del capo I sono definiti i compiti, le risorse, gli strumenti ed i soggetti attuatori delle iniziative per l'integrazione sociale.
In particolare, all'articolo 4, si richiama il metodo della programmazione quale ordinatore dei comportamenti dei soggetti istituzionali - lo Stato, le regioni, i comuni - per il progressivo ed equilibrato raggiungimento delle grandi opzioni della legge di riforma, elencate agli articoli 1 e 2.
Per lo Stato, intendendo in esso ricomprendere precipuamente i ruoli e i compiti del livello nazionale e cioé quelli propri del Governo e del Parlamento, si richiama l'essenzialità dell'oggetto, cioé la determinazione delle strategie, degli obiettivi e degli strumenti, insieme al procedimento "concorsuale" delle regioni in tale determinazione; con ció si vuole rinverdire e rilanciare uno dei princípi fondamentali dello Stato regionalista già fissato correttamente dal legislatore con il tanto noto, ed altrettanto disatteso, decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, in particolare proprio nel "cuore" delle procedure "democratiche" della programmazione, affidate alla Conferenza Stato-regioni ed al piano sociale nazionale.
In sostanza si vuole perseguire un ruolo "nuovo" codificato, di proposta preliminare delle regioni, e di sintesi che ne fa il Governo nella redazione della proposta al Parlamento: della relazione sullo stato dei bisogni e dell'assistenza sociale (il momento conoscitivo) e della elaborazione dei piani, dei programmi e dei progetti pluriennali (il momento politico delle scelte); il piano che rappresenta la finalità complessiva, i programmi che rappresentano le finalità e gli obiettivi di settore, e, ancora, i progetti che rappresentano la fase operativa per l'attuazione dei singoli fini.
Si esplicitano poi il metodo ed anche i moduli della programmazione del livello regionale e comunale, sottolineando, sulla base delle esperienze consolidate, l'essenzialità e la determinazione chiara delle strategie e degli obiettivi dell'integrazione delle risorse finanziarie (dirette e derivate) per il consolidamento delle sinergie dell'intervento con la contestuale massima distribuzione decentrata (nel "punto" dove si colloca il bisogno é individuato il soggetto preposto alla sua soddisfazione).
Di un certo rilievo innovativo, nella griglia data, é il riferimento alla strumentazione conoscitiva, non lasciata alla "casualità" del protagonista, ma ancor piú, la previsione di una metodologia certa che dia sostanza al ruolo, quasi sempre disatteso o contraddittorio, della funzione successiva del "controllo", introducendo di conseguenza - al comma 9 - il vero e proprio controllo di gestione permanente anche per superare il modello tutto italiano di verificare nei tempi lunghi i risultati di una riforma con l'indagine conoscitiva "occasionale", cioé soltanto al momento in cui la realtà obbliga alla constatazione del mancato o faticoso raggiungimento dei fini.
Si afferma il principio ancora oggi conculcato dal centralismo imperante, anche per le debolezze della cultura del Governo locale, che la produzione dei piani regionali e dei programmi regionali é autonoma nei tempi e nella determinazione dei fini: si sottopone a revisione, opportunamente e necessariamente, quando la programmazione nazionale vera, nel senso di reale, lo richiede: l'esperienza della mancata e reiteratamente annunciata programmazione nazionale sanitaria insegna! Che poi equivale ad affermare - come deve essere - la circolarità del processo di programmazione tanto piú positiva quanto piú si afferma nella pratica del Governo, a tutti i livelli, la sua "necessaria linearità".
All'articolo 5 vengono trattati i problemi relativi alla realizzazione di un efficace sistema informativo dei servizi sociali, il SISS, cioé la costruzione mediante moder ne, continue e tempestive tecniche di rilevazione, di elaborazione e di restituzione di dati e mediante il reperimento e la diffusione della piú opportuna documentazione, di una conoscenza reale della fenomenologia delle domande e dell'offerta di servizio sociale. Ovviamente si tratta di una acquisizione ordinata non ai fini meramente conoscitivi e culturali ma funzionale "alla programmazione e gestione delle politiche sociali". Di rilievo é lo spazio lasciato ad una nuova progettualità complessa del SISS, da intendersi in senso sperimentale e progressivo, ma con valenza "ordinativa", se pure nei termini dell'atto di indirizzo e coordinamento. L'esperienza, non sempre positiva, e le contraddizioni tutt'ora aperte nei grandi vuoti del sistema informativo sanitario suggeriscono dunque lo spazio di autonomia previsto per le regioni e i comuni, per la individuazione delle "forme" organizzative e degli strumenti necessari e per l'attivazione e la gestione del sistema informativo a livello territoriale.
All'articolo 6 vengono enucleati, con la massima chiarezza possibile, i compiti propri ed essenziali del livello nazionale e di responsabilità esclusiva dello Stato.
Lo spirito regionalista e di massimo rigore costituzionale ed istituzionale prevede subito che la funzione di indirizzo e di coordinamento, ove ricorrano "esigenze di carattere unitario, anche con riferimento agli obiettivi della programmazione nazionale...", sia esercitata dal Governo mediante atto del Ministro per gli affari sociali e sentita la Commissione parlamentare per le questioni regionali.
Resa esplicita la cornice del ruolo del Governo segue, in elencazione, la individuazione delle singole e complesse funzioni "gli interventi di primo soccorso in caso di catastrofe o calamità naturale...", "gli interventi di prima assistenza in favore di profughi e rimpatriati...", l'erogazione delle prestazioni economiche di cittadinanza, fino alla "ripartizione" tra le regioni del fondo sociale nazionale, individuata come atto qualitativo e non meramente erogatorio e discrezionale, in quanto strettamente correlata ad una politica di programmazione volta al raggiungimento delle grandi finalità del servizio sociale.
Con l'articolo 7 si affronta la istituzione del Ministero per gli affari sociali. La proposta di un Ministero unico e riformato per le funzioni sociali appare oggi la piú opportuna. Tale Ministero nuovo dovrà essere organizzato al fine di distinguere le funzioni sanitarie da quelle sociali, con lo scopo di evitare reciproci "scorrimenti" e usurpazioni di ruolo. Ció ovviamente non impedisce l'integrazione dei due servizi che sono tra i piú contigui, ma anche e soprattutto una profonda riforma e il decentramento di poteri e personale alle regioni e ai comuni sulla base della legge 22 luglio 1975, n. 382, del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977 e dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 1993, n. 537. La delega in proposito lasciata al Governo é garantita da princípi e criteri direttivi che formulano l'esigenza, ormai da tutti avvertita, anche se comunemente disattesa, della creazione di strutture volte con efficacia verso i ruoli propri dell'indirizzo, della programmazione, dell'informazione e del controllo.
L'articolo 8 disciplina il Consiglio nazionale per gli affari sociali: esso sarà formato dai rappresentanti "elevati e responsabili" del Ministero competente, delle regioni, delle province, dei comuni, delle organizzazioni dei lavoratori, di enti pubblici, di associazioni di assistenza e volontariato, di esperti.
Il Consiglio ha funzioni di consulenza e proposta per la determinazione delle linee e degli atti piú generali della politica assistenziale.
Con l'articolo 9 si dà concretezza ai princípi del "regionalismo diffuso" che permea il disegno di legge, determinando in modo piú puntuale possibile i compiti delle regioni. Il compito principale delle regioni é quello della programmazione che si attua con la elaborazione del piano sociale regionale, alla cui elaborazione concorrono i comuni con l'ausilio delle associazioni dei pensionati, del privato sociale, del volontariato e della cooperazione. Il piano sociale regionale é lo strumento per l'integrazione tra i diversi servizi; in particolare con quello sanitario ma anche in concorrenza con gli obiettivi piú generali del piano regionale di sviluppo e con le politiche di intervento territoriale. La regione infatti, tra l'altro, sentite le province e i comuni interessati, singoli o associati, determina gli ambiti territoriali per lo svolgimento dei servizi socio-assistenziali.
É importante sottolineare che debbono essere garantite opportune procedure per la elaborazione dei piani e dei programmi sociali regionali (indici di bisogno, standard di funzionamento dei servizi, eccetera) e debbono essere perfezionati gli strumenti di verifica per l'attuazione dei piani stessi. Il tutto sperimentando "modalità" e forme innovative di intervento "mirate" alla qualificazione dei servizi sociali.
Importante é il rilievo che in tal senso si vuol dare a tutte le risorse interne operanti nel servizio e agli organismi specializzati (pensiamo al CENSIS, a LABOS, eccetera) e alle università.
Con l'articolo 10 si incardina la centralità istituzionale e politico-operativa del comune, che é il soggetto titolare della gestione di tutte le funzioni socio-assistenziali. I comuni, singoli o associati, assumono le seguenti competenze: concorrono alla elaborazione, realizzazione e controllo del piano e dei programmi sociali regionali; stipulano convenzioni con le associazioni del volontariato, del privato sociale, con le cooperative integrate di solidarietà sociale (o con singoli volontari) per l'attivazione dei servizi socio-assistenziali; provvedono alla necessaria integrazione tra i servizi socio-assistenziali e quelli sanitari; forniscono ai cittadini tutte le informazioni atte alla migliore fruizione possibile dei servizi socio-assistenziali disponibili, pubblici e privati-convenzionati, in un'ottica di integrazione tra i vari servizi presenti sul territorio; accertano le condizioni di bisogno dei cittadini e attestano la loro condizione in relazione alla erogazione delle prestazioni monetarie, ordinarie e straordinarie, e alla fruizione dei servizi socio-assistenziali; garantiscono la partecipazione dei cittadini alla definizione dei piani di attuazione, alla gestione dei servizi, anche convenzionati.
Il comune esercita le proprie funzioni decentrandone l'attuazione presso i distretti sociali, elabora e realizza, nell'ambito della programmazione regionale, piani locali e promuove l'integrazione fra prestazioni sanitarie e assistenziali a livello distrettuale; é dunque perno sia per la partecipazione dei cittadini che per il raccordo fra servizi pubblici, istituzioni private, volontariato, associazionismo, privato sociale.
Ai sensi dell'articolo 11 costituisce richiamo fondamentale la fissazione per il piano sociale nazionale di una provvista di risorse "certe", di un tetto minimo ancorato al piano interno lordo (PIL) "comunque non inferiore al 2 per cento" ivi comprese le risorse già derivanti da impegni di spesa precedenti, cosí come indicati al comma 5. L'ovvio richiamo alla sede propria delle determinazioni, la legge finanziaria ed il bilancio dello Stato, non garantirebbe praticamente nulla vista l'esperienza contraddittoria di dieci anni di leggi finanziarie per la determinazione del fondo sanitario nazionale: determinazione che é stata legata ad una base di spesa storica incongrua e statica se rapportata, come é stato, alla dinamica inflattiva - e neanche sempre - o piú spesso alla manovra congiunturale di tesoreria.
Senza disquisire sulla congruità del 2 per cento, che abbisognerebbe di apposita indagine sullo stato della spesa per l'assistenza sociale nell'attualità ed in rapporto alle dinamiche promosse dalla stessa legge di riforma e che comunque é notevolmente inferiore alla media della spesa dei Paesi dell'Unione europea, si é voluto lasciare aperto l'incremento minimo, assicurando cosí la elasticità che compete ai livelli del "Governo democratico dell'assistenza sociale" cioé all'Esecutivo nei confronti del Parlamento, con il concorso delle regioni, con l'auspicio che la spesa effettiva si collochi sulla media europea.
Analogamente per i fondi sociali regionali si fissa, al comma 8, la quota minima del 10 per cento delle attuali imposte regionali, e una integrazione a carico del Fondo nazionale per le regioni piú sfavorite.
Il combinato disposto ex articolo 12 e 13, dopo aver sancito la libertà di costituzione e attività di ogni istituzione privata di assistenza sociale, in conformità all'ultimo comma dell'articolo 38 della Costituzione, disciplina le modalità di registrazione di quelle istituzioni private che intendano concorrere sul piano programmatico e su quello gestionale alle iniziative di reinserimento sociale. A tal fine é indispensabile l'assenza di fini di lucro, l'idoneità di prestazioni, la qualificazione del personale, l'efficienza organizzativa ed operativa, l'applicazione per i relativi dipendenti del regime previsto dallo specifico contratto di categoria.
La sezione III é dedicata alle prestazioni economiche. Cosí con l'articolo 15 si introduce l'assegno di base in favore degli ultrasessantacinquenni. L'importo, per evitare le erosioni inflazionistiche, é espresso in cifra percentuale e non con una indicazione nominale; esso é pari al 50 per cento del reddito nazionale pro capite destinato ai consumi finali (pari nel 1993 a lire 665.000) e cioé ad un indice ancorato al parametro dell' International standard of poverty line , già adottato dalla "Commissione Gorrieri" (vedi Commissione nazionale per i problemi della famiglia, Famiglia e reddito, Roma, 1983, 90), al di sotto del quale non sussiste alcuna possibilità di sopravvivenza. Analogamente alla proposta Gorrieri, la prestazione qui ipotizzata é subordinata ad un sistema di soglie di reddito familiare poi individualizzate e ricondotte alla condizione dell'anziano poiché l'obiettivo da raggiungere é quello di assicurare all'anziano un reddito spendibile di fatto, complessivamente pari, ivi compreso l'intervento solidaristico familiare, al 50 per cento citato. L'intervento pubblico é dunque solo integrativo.
D'altronde l'importo della prestazione impone una selettività dei percettori, da restringere a quegli anziani inseriti in comunità familiari che si trovano in una condizione di bisogno primario.
Allo scopo di assicurare un trattamento di miglior favore ai soggetti indigenti già titolari di pensione previdenziale e di incentivare le carriere assicurative e la propensione verso attività di lavoro soggette a contribuzione il comma 8 sancisce che la pensione a calcolo, agli effetti del conferimento dell'assegno, non concorre a formare reddito nel limite massimo pari a un terzo dell'assegno medesimo. É peró evidente che oggi, a seguito dell'innalzamento a 20 anni del requisito contributivo per il diritto a pensione di vecchiaia, la platea dei soggetti che puó beneficiare della agevolazione di cui al comma 8 é ridotta mentre appare sempre piú estesa l'area degli ex lavoratori che si troveranno appiattiti sulla condizione di semplice cittadinanza. Il rimedio, da affrontare in sede di riforma previdenziale, consiste in una drastica riduzione del requisito contributivo per il diritto a pensione.
Trattandosi di una prestazione non assicurativa se ne é prevista la concessione a tutti i cittadini degli Stati membri dell'Unione europea residenti in Italia. In effetti il trattato di Roma (articoli 7, 48 e 51) e il diritto comunitario (regolamenti CEE del Consiglio n. 1612/68 del 15 ottobre 1968 e n. 1408/71 del 14 giugno 1971, e successive modifiche) obbligano l'Italia a rispettare il principio della parità di trattamento a coloro che rientrano nel campo di applicazione ratione personae dei regolamenti comunitari e che risiedano in Italia, a condizione che soddisfino i requisiti previsti dalla legislazione italiana, fatta eccezione per quello di cittadinanza.
Il carattere non assicurativo della prestazione ed il fatto che essa venga accordata ad ogni soggetto in età avanzata é alla base della mancata reversibilità della medesima. Quel carattere, poi, impone anche il finanziamento per via fiscale.
La scelta del comune come ente erogatore é coerente con le istanze espresse in sede di discussione sulla riforma delle autonomie volte a rafforzarne la legittimazione rappresentativa.
Le modalità di computo del nucleo familiare e dei redditi valutabili sono le stesse di quelle già presenti nella legge 13 maggio 1988, n. 153 (assegno per il nucleo familiare), e nel decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 (integrazione al minimo della pensione).
É poi disposta l'estinzione, al compimento del sessantacinquesimo anno, delle prestazioni assistenziali previgenti destinate a sopperire agli stessi bisogni ora soddisfatti dall'assegno di base (e dal successivo assegno di inabilità). In tal modo si avvia una semplificazione dei trasferimenti monetari, invertendo quella tendenza al particolarismo delle tutele che ha prosperato nell'attuale mercato elettorale ed ha contribuito a degradare lo status di cittadino a quello di sudditanza, quando non di deprivazione. La semplificazione consente poi un Governo programmato della spesa pubblica, anche per effetto di una maggiore trasparenza dei trasferimenti stessi.
L'entità dell'assegno di base consente un guadagno netto per il destinatario nella generalità dei casi. É stato comunque previsto un assegno ad personam nell'eventualità in cui il nuovo trattamento sia inferiore a quanto il vecchio (ad esempio in caso di cumulo) offriva.
L'estinzione delle prestazioni monetarie attualmente erogate dalle autonomie locali in favore degli ultrasessantacinquenni non víola i loro spazi di autonormazione i quali, secondo un'aggiornata lettura della Costituzione, vanno salvaguardati solo per i servizi reali alle persone e per le prestazioni economiche temporanee di emergenza. L'identificazione della platea dei soggetti continuativamente sussidiati e dell'entità delle provvidenze appartiene invece alla normazione primaria (vedi articolo 24, comma 5, del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977).
L'assegno viene diminuito per effetto dello stabile godimento dei servizi reali alla persona offerti dal comune e dagli enti convenzionati secondo percentuali di riduzione fissate dal presidente della giunta regionale che tengano conto del costo medio delle prestazioni offerte.
L'articolo 16 dispone l'erogazione dell'assegno di inabilità ai soggetti totalmente inabili e privi di reddito familiare individualizzato, secondo parametri triplicati rispetto a quelli previsti dal precedente articolo 15 in ragione della maggiore gravosità economica dell' handicap . La misura dello stesso é pari a quella dell'assegno sociale previsto per i soggetti anziani, salvo il caso dei soggetti non deambulanti o incapaci di svolgere gli atti quotidiani della vita senza l'aiuto di un accompagnatore. In tal caso la misura é pari all'80 per cento (al 100 per cento per i ciechi assoluti) del reddito medio pro capite speso nell'anno precedente.
Per costoro si prescinde inoltre da limiti di reddito, similmente all'attuale indennità di accompagnamento, ove una convenzione con il distretto sociale consenta di controllare l'effettiva destinazione di tali somme al recupero del soggetto portatore di handicap .
Il comma 2 prevede l'incompatibilità dell'assegno di inabilità con l'assegno sociale. Nel comma 3 é prevista la riduzione dell'assegno in caso di ricovero o ospitalità presso enti o comunità di assistenza. Il comma 4 prevede l'incompatibilità dell'assegno con i trattamenti similari per causa di guerra, di lavoro o di servizio, ivi comprese le pensioni previdenziali di inabilità di qualsiasi genere e gestione, salva la soppressione delle norme sulla invalidità civile e fermo restando l'assegno ad personam per evitare una (improbabile) reformatio in peius (comma 6). Ragioni di trasparenza impongono poi una revisione periodica dello stato di salute ai fini dell'eventuale revoca della prestazione per sopravvenuto miglioramento del medesimo. Il tutto secondo norme regolamentari concordate tra Ministero per gli affari sociali e associazioni rappresentative dei soggetti portatori di handicap .
L'articolo 17 affronta nell'ambito di progetti personalizzati di reinserimento il tema dei soggetti inabili in misura superiore a due terzi, ai quali puó essere offerto un reddito a destinazione vincolata, in quanto spendibile nella sola rete dei servizi sociali comunali, ovvero un assegno di invalidità pari al 25 per cento del reddito nazionale medio pro capite speso nell'anno precedente (pari, all'incirca, all'attuale importo della pensione di invalidità civile). Resta invece cumulabile l'assegno di inabilità (totale) con i predetti buoni servizio. In tal modo si intende rispondere ad esigenze diverse: a) incentivare l'offerta di servizi mediante la creazione di un "mercato" speciale di acquirenti; b) offrire garanzie agli inabili di tipo riabilitativo e risocializzante piuttosto che del tipo individuale-monetario.
L'articolo 18 prevede che le domande effettuate su carta semplice vengano inviate al comune di residenza corredate da una dichiarazione di personale responsabilità del richiedente o del suo legale rappresentante circa altre domande presentate anche ad enti diversi, nell'ultimo quinquennio. Il cittadino richiedente puó allegare alla domanda qualsiasi certificato o documento ritenga utile ai fini del riconoscimento del diritto di pensione o di assegno di aiuto personale. Il comune deve provvedere entro centoventi giorni dalla data della domanda.
L'articolo 19 detta norme sugli accertamenti medico-legali con la previsione di un collegio di tre membri, di cui due in rappresentanza delle parti ed uno scelto di comune accordo ovvero nominato dal presidente del tribunale. Quest'ultima eventualità conferisce garanzie di autorevolezza al giudizio medico-legale finale, nell'ambito di un procedimento snello, soggetto a precisi termini di trattazione e ultimazione dell' iter . Il provvedimento di accoglimento é immediatamente esecutivo, salva la sola facoltà di sospensione giudiziale, secondo il modello proprio di alcuni fondi speciali gestiti dall'INPS.
Le spese di consulenza medica, al fine di consentire l'accesso alla prestazione da parte dei soggetti indigenti, sono poste comunque a carico del comune, relativamente al presidente e, in caso di domanda accolta, al consulente di parte.
La sezione IV affronta all'articolo 20 il tema delle modalità di utilizzo dei Fondi sociali regionali distinate a sviluppare (anche nelle aree sfavorite) l'effettività degli interventi personalizzati, mediante il supporto programmatico delle associazioni degli utenti e delle organizzazioni del privato-sociale, di concerto con ciascun comune. Lo scopo é quello di realizzare un metodo snello e antiburocratico per individuare le soluzioni organizzative piú efficaci e piú efficienti nel dare risposta ai bisogni assistenziali, ponendo termine alle gestioni pubbliche, ad alta densità di spesa, talvolta perfino "incresciosa".
Sono inoltre previsti (articolo 21) interventi straordinari per l'edilizia sociale specificatamente finalizzata al reinserimento degli anziani, minori, tossicodipendenti, disabili, carcerati, immigrati.
Conseguentemente all'impostazione data, vengono abrogati espressamente (articolo 22) solo il titolo VII della legge 17 luglio 1890, n. 6972, ed il corrispondente titolo del regolamento amministrativo approvato con regio decreto 5 febbraio 1891, n. 99, nonché le successive norme in contrasto con la riforma legislativa.
Il capo II é dedicato alla separazione tra previdenza e assistenza: con unica norma, infatti, (articolo 23) si prevede la completa assunzione del finanziamento da parte dello Stato della gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali di cui all'articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della riforma legislativa.





DISEGNO DI LEGGE



CAPO I
ASSISTENZA SOCIALE



SEZIONE I

PRINCÍPI GENERALI

Art. 1.

(Struttura e finalità)

1. In attuazione degli articoli 2, 3, 38, commi primo e quarto, e 117 della Costituzione, l'assistenza e l'integrazione sociale, articolate su base regionale, sono finalizzate al benessere e al pieno sviluppo della personalità dei cittadini mediante interventi individualizzati e si realizzano con il coordinamento entro un unico distretto sociale delle attività delle istituzioni e dei servizi operanti in ambito sociale, formativo e sanitario.
2. L'attuazione delle finalità suddette compete allo Stato, alle regioni, ed ai comuni, singoli o associati, i quali: operano col metodo della programmazione di cui all'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616; identificano progetti obiettivo e standard di qualità; predispongono verifiche sistematiche dei risultati, garantendo, anche mediante conferenze di servizi, la piena partecipazione dei cittadini e comunque il coinvolgimento dell'utente nella definizione degli interventi che lo riguardano.
3. Le associazioni di volontariato, le cooperative sociali, le istituzioni di assistenza sociale senza fini di lucro, gli enti di patronato e le Organizzazioni sindacali dei pensionati concorrono al raggiungimento dei fini istituzionali di cui al comma 1, mediante interventi a rete entro il distretto sociale nei modi e nelle forme stabilite dalla presente legge.
4. Le regioni e le province autonome, con riferimento agli articoli 117, 118 e 119 della Costituzione, emanano norme legislative nei limiti dei princípi fondamentali stabiliti dalla presente legge.

Art. 2.

(Interventi di assistenza
e di integrazione sociale)


1. I cittadini italiani e dei Paesi appartenenti all'Unione europea, residenti in Italia, hanno diritto a fruire dei servizi sociali senza distinzione di carattere giuridico, economico, sociale, ideologico, religioso o di sesso. Sono, altresí, ammessi ai suddetti servizi gli stranieri e gli apolidi che si trovano in territorio italiano, anche se non siano assimilati ai cittadini o non risultino appartenenti a Stati per i quali sussiste il trattamento di reciprocità, salvo i diritti che la presente legge conferisce con riguardo alla condizione di cittadinanza.
2. I servizi di assistenza e di integrazione sociale si esplicano mediante:

a) attività di informazione e di segretariato sociale sulle prestazioni fornite, sui servizi e sulle risorse disponibili, sulle condizioni e sulle modalità di accesso all'assistenza;
b) promozione di attività educativa e di socializzazione, nel cui ambito possono svolgersi interventi di natura assistenziale;
c) sostegno alla persona, alla famiglia e al nucleo ospitante anche attraverso l'attivazione di reti di solidarietà sociale, di promozione e di mutuo aiuto tra le persone e le famiglie;
d) attivazione di interventi incentivanti l'integrazione sociale anche attraverso il lavoro di soggetti portatori di handicap o emarginati;
e) organizzazione di servizi a carattere domiciliare, di reti di soccorso e di telesoccorso, di ospitalità diurna, di pronta e tem poranea accoglienza, di ospitalità residenziale.

3. Puó essere chiesto agli utenti e alle persone tenute al mantenimento e alla corresponsione degli alimenti il concorso al costo di determinati servizi in relazione alle loro condizioni economiche, tenendo conto della situazione locale e della rilevanza sociale dei servizi, secondo criteri stabiliti con legge regionale entro limiti stabiliti dal Ministero per gli affari sociali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. In ogni caso le leggi regionali debbono garantire agli utenti dei servizi la conservazione di una quota delle pensioni e dei redditi che permetta loro di far fronte in modo adeguato alle esigenze personali.
4. Nell'ambito degli interventi di assistenza e di integrazione sociale ed in connessione con i servizi di cui ai commi da 1 a 3 sono altresí istituite prestazioni di carattere economico, ordinarie e straordinarie. Hanno diritto alle prestazioni ordinarie:

a) sotto forma di assegno sociale, i cittadini anziani sprovvisti di mezzi necessari per vivere;
b) sotto forma di assegno di inabilità e di invalidità, i cittadini che, a causa della loro grave incapacità, non possono svolgere proficuo lavoro e sono sprovvisti di mezzi necessari per vivere.

5. Le prestazioni straordinarie sono dirette alle persone ed alle famiglie che si trovano in difficoltà economiche contingenti e temporanee e sono erogate dai comuni, secondo i criteri indicati dalle leggi regionali.

Art. 3.

(Tutela dei diritti)

1. Ogni comune al fine di garantire la tutela del diritto dei cittadini all'assistenza e all'integrazione sociale istituisce, nell'ambito dell'organizzazione del servizio, uffici di segretariato sociale con compiti di relazione con gli utenti. Le sedi di tali uffici sono dislocate preferibilmente nei distretti sociali comunali in modo da garantire una effettiva e capillare possibilità di accesso agli stessi da parte di tutte le persone interessate.
2. Al fine di rendere effettiva la tutela dei diritti, il comune promuove l'iniziativa e si avvale della collaborazione dei soggetti di cui all'articolo 1, comma 3.
3. Agli stessi fini di cui al comma 2 le forme organizzative pubbliche degli interventi di assistenza e di integrazione sociale debbono consentire:

a) la identificazione degli operatori e dei compiti loro affidati, a qualsiasi livello di responsabilità;
b) la identificazione dei responsabili del provvedimento amministrativo;
c) la partecipazione al procedimento amministrativo, degli interessati e conseguentemente l'interpello del funzionario competente, il sollecito dell'esame congiunto della pratica, l'ispezione degli atti amministrativi, salvo motivato segreto d'ufficio, nonché la promozione di tutti gli adempimenti previsti dalla legge 7 agosto 1990, n. 241;
d) le procedure per la definizione del reclamo avanzato al sindaco direttamente dal cittadino in ordine alla lesione del diritto all'assistenza e all'integrazione sociale.

4. Ulteriori forme di tutela dei diritti dei cittadini sono previste attraverso:

a) l'istituto del difensore civico con compiti di vigilanza, iniziativa ed intervento, anche di carattere sostitutivo, nelle ipotesi di ingiustificate omissioni procedimentali, secondo norme definite in sede regionale;
b) l'istituto dell'operatore dell'ente di patronato legalmente riconosciuto con compiti di rappresentanza, iniziativa e controllo procedimentale, con i poteri di cui al comma 3;
c) i rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei pensionati presenti nel territorio, nelle forme previste dai regolamenti dei rispettivi enti territoriali.

SEZIONE II
LA PROGRAMMAZIONE ED I COMPITI DEI SOGGETTI ATTUATORI



Art. 4.

(La programmazione)

1. Lo Stato, le regioni e i comuni attuano i compiti loro attribuiti per il raggiungimento delle finalità di cui all'articolo 1 secondo il metodo della programmazione.
2. Gli obiettivi fondamentali di prevenzione, promozione e integrazione e le linee generali, nonché i livelli minimi di assistenza e di integrazione sociale da assicurare in condizioni uniformi sul territorio nazionale ed i relativi finanziamenti di parte corrente ed in conto capitale sono stabiliti dal piano sociale nazionale nel rispetto degli obiettivi della programmazione socio-economica nazionale e di tutela sociale individuati a livello internazionale, in coordinamento con il piano sanitario nazionale ed in coerenza con l'entità del finanziamento assicurato al Fondo sociale nazionale. Il piano sociale nazionale é presentato dal Governo all'approvazione del Parlamento che si esprime entro trenta giorni dalla data di presentazione dell'atto. Il piano é adottato, ai sensi dell'articolo 1 della legge 12 gennaio 1991, n. 13, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Ove non vi sia l'intesa entro trenta giorni dalla data di presentazione dell'atto, il Governo provvede direttamente con atto motivato.
3. Il piano sociale nazionale, che ha durata triennale, é adottato dal Governo entro il 31 luglio dell'ultimo anno di vigenza del piano precedente. Il piano puó essere modificato nel corso del triennio, con la procedura di cui al comma 2, anche per quanto riguarda i limiti e i criteri di erogazione delle prestazioni e le eventuali forme di partecipazione alla spesa da parte degli assistiti in relazione alle risorse stabilite dalla legge finanziaria.
4. Il piano sociale nazionale indica:

a) le aree prioritarie di intervento anche ai fini del riequilibrio territoriale delle condizioni della popolazione rispetto ai servizi sociali;
b) i livelli minimi uniformi di assistenza e dei servizi con la specificazione delle prestazioni da garantire a tutti i cittadini rapportati al volume delle risorse a disposizione;
c) i progetti-obiettivo da realizzare anche mediante l'integrazione funzionale e operativa dei servizi sanitari e dei servizi socio-assistenziali degli enti locali, fermo restando il disposto dell'articolo 30 della legge 27 dicembre 1983, n. 730, in materia di attribuzione degli oneri relativi;
d) gli indirizzi relativi alla formazione di base del personale;
e) le misure e gli indicatori per la verifica dei livelli di assistenza effettivamente assicurati in rapporto a quelli previsti;
f) i finanziamenti relativi a ciascun anno di validità del piano in coerenza con i livelli di assistenza.

5. La relazione sullo stato sociale del Paese, predisposta annualmente dal Ministro per gli affari sociali, espone i risultati conseguiti rispetto agli obiettivi fissati dal piano sociale nazionale, illustra analiticamente e comparativamente costi, rendimenti e risultati delle iniziative di integrazione sociale e fornisce indicazioni per l'ulteriore programmazione. La relazione fa menzione dei risultati conseguiti dalle regioni in riferimento all'attuazione dei piani sociali regionali.
6. Su richiesta delle regioni o direttamente, il Ministro per gli affari sociali promuove forme di collaborazione nonché l'elaborazione di apposite linee guida in funzione dell'applicazione coordinata del piano sociale nazionale e della normativa di settore, salva l'autonoma determinazione regionale in ordine al loro recepimento.
7. Sulla base del programma nazionale le regioni e i comuni redigono, con il concorso dei soggetti istituzionali e sociali interessati, ed adottano piani e programmi a scadenza annuale.
8. I piani e i programmi di cui al comma 7 sono sottoposti a verifica annuale e con essi vengono determinati, insieme alle strategie ed agli obiettivi specifici dell'intervento:

a) l'uso integrato delle risorse finanziarie e la loro migliore distribuzione ed utilizzazione al massimo livello di decentramento;
b) l'organizzazione e le modalità di erogazione delle prestazioni;
c) gli strumenti di rilevazione finalizzati alla conoscenza dei bisogni delle popolazioni;
d) le metodologie per accertare il raggiungimento degli obiettivi. Nel caso di obiettivi comportanti spese devono essere specificati gli standards dei risultati perseguibili nel periodo di validità dei piani e dei programmi, nonché i soggetti responsabili dell'attuazione dei singoli interventi.

9. Le regioni, anche avvalendosi dei comuni, predispongono, con la stessa periodicità della redazione dei piani e programmi regionali, controlli di gestione rivolti ad accertare il livello di efficacia e di efficienza dei servizi ed i risultati delle azioni previste. Le risultanze dei rapporti di gestione sono trasmesse al Governo ai fini della programmazione nazionale e sono allegate alla relazione sullo stato sociale del Paese di cui al comma 5.
10. I piani regionali ed i programmi comunali di attuazione sono sottoposti a revisione previa deliberazione dei competenti organi di controllo, all'atto dell'adozione del piano e dei programmi nazionali da parte del Parlamento.

Art. 5.

(Sistema informativo dei servizi sociali - Siss)

1. Lo Stato, le regioni e i comuni istituiscono un sistema informativo dei servizi sociali (SISS) al fine di assicurare una compiuta conoscenza dei bisogni sociali, della rete dei servizi sociali, nonché per poter di sporre tempestivamente dei dati e delle informazioni necessarie per la programmazione e la gestione delle politiche sociali e per il coordinamento con le strutture sanitarie e formative e con le politiche del lavoro e dell'occupazione.
2. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge é nominata, con decreto del Ministro per gli affari sociali una commissione tecnica, composta da sei esperti di cui due designati dal Ministro stesso, due dalle regioni, due dall'Associazione nazionale dei comuni d'Italia (ANCI). La commissione, sentito il consiglio nazionale per gli affari sociali, ha il compito di definire i contenuti, il modello e gli strumenti attraverso i quali dare attuazione ai diversi livelli operativi del SISS. La commissione é presieduta dal Ministro per gli affari sociali o da un suo delegato.
3. Il Ministro per gli affari sociali, sentite le regioni, approva il progetto operativo del SISS quale atto di indirizzo e coordinamento.
4. Sulla base dell'atto di indirizzo e coordinamento di cui al comma 3 le regioni e i comuni individuano le forme organizzative e gli strumenti necessari ed appropriati per l'attivazione e la gestione del sistema informativo a livello comunale.

Art. 6.

(Compiti dello Stato)

1. Sono di competenza dello Stato:

a) la funzione di indirizzo e di coordinamento delle attività amministrative delle regioni a statuto ordinario in materia di integrazione sociale. Tale funzione é esercitata dal Ministro per gli affari sociali sentita la Commissione parlamentare per le questioni regionali, anche con riferimento agli obiettivi della programmazione nazionale nonché agli impegni derivanti dagli obblighi internazionali e comunitari;
b) gli interventi di primo soccorso in caso di catastrofe o calamità naturale di particolare gravità o estensione, nonché gli interventi straordinari di prima necessità richiesti da eventi eccezionali e urgenti, che trascendono l'ambito regionale o, per i quali l'ente locale non possa provvedere, o resi necessari per assolvere un dovere di solidarietà nazionale;
c) gli interventi di prima assistenza in favore di connazionali profughi e rimpatriati, in conseguenza di eventi straordinari ed eccezionali; nonché gli interventi in favore dei profughi stranieri, limitatamente al periodo strettamente necessario alle operazioni di identificazione e di riconoscimento della qualifica di rifugiato e per il tempo che intercorre fino al loro trasferimento in altri Paesi o al loro inserimento nel territorio nazionale, nonché gli oneri relativi all'assistenza agli stranieri e agli apolidi fino alla concessione del permesso di soggiorno;
d) i rapporti, in materia di assistenza e di integrazione sociale, con organismi stranieri ed internazionali e gli adempimenti previsti dagli accordi internazionali e dai regolamenti comunitari;
e) l'assegno sociale per i soggetti anziani, l'assegno di inabilità e di invalidità e i buoni servizio disposti dalla presente legge in attuazione dell'articolo 38, primo comma, della Costituzione;
f) la ripartizione, tra le regioni, del Fondo sociale nazionale di cui alla presente legge, distintamente per la spesa corrente e per la spesa in conto capitale, tenuto conto degli obiettivi fissati dai piani e programmi regionali e sulla base di indicatori e standard predeterminati;
g) l'emanazione di atti sostitutivi nel caso di riscontrata inadempienza delle singole regioni, sentito il Consiglio sociale nazionale di cui alla presente legge;
h) la fissazione dei requisiti per la determinazione dei profili professionali degli operatori sociali; le disposizioni generali in materia di ordinamento e durata dei corsi e la determinazione dei requisiti necessari per l'ammissione.

Art. 7.

(Istituzione del Ministero per gli affari sociali)

1. É istituito il Ministero per gli affari sociali, cui sono attribuite le funzioni di cui all'articolo 6 ed ogni altra funzione statale in materia di assistenza e integrazione sociale.
2. Ai fini dell'istituzione del Ministero il Governo é delegato ad emanare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo inteso a riordinare le competenze dello Stato in materia di assistenza e integrazione sociale sulla base dei criteri di cui all'articolo 1, commi 1, 2 e 3 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, trasferendo al predetto Ministero le funzioni e le strutture del dipartimento della famiglia e della solidarietà sociale e le funzioni di cui alla presente legge svolte da altri Ministeri. Con lo stesso decreto sono altresí disciplinate le modalità di trasferimento del relativo personale con la garanzia delle posizioni giuridiche ed economiche.

Art. 8.

(Consiglio nazionale per gli affari sociali)

1. É istituito il Consiglio nazionale per gli affari sociali con funzioni di consulenza e di proposta nei confronti del Governo per la determinazione delle linee generali della politica e l'attuazione del piano di assistenziale nazionale.
2. Il Consiglio é sentito obbligatoriamente in ordine ai programmi globali di intervento in materia di assistenza e integrazione sociale, alla ripartizione degli stanziamenti, alla determinazione dei livelli minimi di servizi socio-assistenziali che debbono essere garantiti a tutti i cittadini, alla determinazione dei profili degli operatori sociali, alle prestazioni economiche di carattere continuativo di competenza dello Stato.
3. Il Consiglio predispone una relazione annuale sullo stato dell'integrazione sociale nel Paese, sulla quale il Ministro riferisce al Parlamento entro il 31 marzo di ogni anno.
4. Il Consiglio, nominato con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro per gli affari sociali, per la durata di un quinquennio, é presieduto dal Ministro per gli affari sociali ed é composto:

a) da un rappresentante per ciascuna regione e, per quanto concerne la regione Trentino-Alto Adige, da un rappresentante della provincia di Trento ed un rappresentante della provincia di Bolzano;
b) da tre rappresentanti del Ministero per gli affari sociali e da un rappresentante per ciascuno dei seguenti Ministeri: lavoro e previdenza sociale; sanità; pubblica istruzione; interno; grazia e giustizia; tesoro; bilancio e programmazione economica;
c) dal direttore dell'Istituto superiore della sanità, dal direttore dell'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, da un rappresentante del Consiglio nazionale delle ricerche, da cinque esperti in materia di assistenza sociale designati dal Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, tenendo presenti i criteri di rappresentatività e competenza funzionale, da cinque esperti designati dalle associazioni di rappresentanza delle istituzioni private di assistenza sociale e del volontariato nonché da un rappresentante del SISS;
d) da cinque rappresentanti dell'ANCI.

5. Il Consiglio elegge tra i suoi componenti due vice presidenti.
6. L'articolazione in sezioni, le modalità di funzionamento e le funzioni di segreteria del Consiglio sono disciplinate con regolamento emanato dal Ministro per gli affari sociali, sentito il Consiglio stesso.

Art. 9.

(Compiti delle regioni)

1. Le regioni perseguono le finalità della presente legge, in armonia con i princípi fissati nei rispettivi statuti e con gli obiettivi della programmazione nazionale e territoriale dei comuni, mediante il concorso effettivo dei soggetti di cui all'articolo 1, comma 3.
2. Le regioni, in particolare:

a) determinano gli ambiti territoriali per la gestione dei servizi di integrazione sociale e la istituzione, l'organizzazione e la gestione dei presidi pubblici di integrazione sociale;
b) emanano norme sui requisiti essenziali per il funzionamento e la vigilanza delle strutture gestite da soggetti privati per le attività di assistenza e di integrazione sociale, affinché esse si svolgano in coerenza con i princípi e le finalità della presente legge;
c) definiscono gli standards di qualità da raggiungere nella gestione dei presidi pubblici e privati e delle diverse forme di prestazione, fermi i livelli minimi dei servizi di cui all'articolo 8, comma 2;
d) assicurano il coordinamento e l'integrazione con i servizi sanitari e promuovono, altresí, l'integrazione con i servizi formativi del tempo libero, di trasporto, di comunicazione e, in genere, con il complesso delle attività locali di servizio alla persona ed alla collettività;
e) approvano ed aggiornano periodicamente i piani ed i programmi regionali di integrazione sociale;
f) promuovono e coordinano azioni di assistenza tecnica per la istituzione ed il miglioramento di servizi di assistenza e di integrazione sociale, ivi comprese le iniziative volte a favorire la sperimentazione di nuove iniziative;
g) assicurano l'autonomia tecnico-funzionale dei servizi di assistenza e di integrazione sociale nel rispetto dell'articolo 25, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616;
h) stabiliscono, nel rispetto dei princípi di cui alla presente legge:
1) le condizioni ed i requisiti per l'iscrizione delle istituzioni private di assistenza sociale nel registro regionale di cui all'articololo 13;
2) i criteri per la stipula delle convenzioni di cui all'articolo 14;
3) i criteri per la determinazione della entità di concorso da parte degli utenti nel costo delle prestazioni secondo i princípi di cui all'articolo 2, comma 3;
4) i criteri e le modalità per l'erogazione straordinaria di contributi finanziari da parte dei comuni, a fronte di situazioni temporanee di bisogno economico e di emergenza;

i) predispongono e finanziano piani per la formazione e l'aggiornamento professio nale per personale addetto ai servizi sociali.

3. Le regioni, al fine di sviluppare la conoscenza delle condizioni sociali della popolazione, sperimentano le modalità e forme innovative di intervento per la qualificazione dei servizi sociali, mediante l'utilizzazione piena delle risorse interne ai servizi e con l'apporto di istituti specializzati e delle università e a tal fine:

a) promuovono studi e ricerche volti ad identificare le cause e le dimensioni del bisogno e dell'emarginazione e le condizioni socio-ambientali che le determinano;
b) promuovono iniziative ed attività sperimentali ed innovative finalizzate ad arricchire le modalità di prevenzione e di risposta ai bisogni individuati.

Art. 10.

(Compiti dei comuni)

1. I comuni sono titolari delle funzioni amministrative concernenti l'assistenza e l'integrazione sociale, salvo quanto diversamente disposto dalla presente legge, e le esercitano in forma singola o associata.
2. I comuni:

a) concorrono, sentiti i soggetti istituzionali e sociali operanti nel loro territorio, alla elaborazione e realizzazione del piano e dei programmi regionali di assistenza e di integrazione sociale;
b) redigono il programma locale di attuazione del piano regionale, mediante il quale coordinano tutte le iniziative di promozione e di sviluppo dei servizi sociali, ivi compresi gli interventi complementari o sperimentali;
c) provvedono alla migliore organizzazione, a livello dei distretti sociali di base, cosí come individuati dal comma 3, del complesso dei servizi sociali pubblici, anche mediante l'integrazione con le prestazioni sanitarie e gli altri servizi operanti sul territorio;
d) garantiscono il diritto dei cittadini alla partecipazione e al controllo dei servizi, stabilendo altresí le modalità di intervento degli assistiti, delle loro famiglie e delle formazioni sociali operanti nel territorio;
e) autorizzano il funzionamento delle strutture socio-assistenziali residenziali e semiresidenziali, vigilano su di esse e le controllano, sulla base delle norme regionali di cui alla lettera b) del comma 2 dell'articolo 9;
f) stipulano convenzioni con le istituzioni private iscritte nel registro regionale di cui all'articolo 13 e con le associazioni di volontariato tenendo conto nella determinazione dei corrispettivi finanziari, del costo dei servizi pubblici di pari livello qualitativo;
g) convocano, con cadenza annuale, apposite conferenze dei servizi sociali alle quali assicurano la partecipazione dei soggetti di cui all'articolo 1, comma 3, al fine di esaminare la situazione sociale del proprio territorio e formulare proposte per l'aggiornamento del piano e dei programmi regionali dei servizi sociali;
h) gestiscono i beni immobili, le attrezzature ed i beni mobili destinati al loro patrimonio ed utilizzati quali sedi di servizio sociale;
i) controllano ogni attività ed iniziativa di assistenza sociale che si svolge nel loro territorio, secondo i criteri determinati dalla legge regionale;
l) forniscono, nelle forme e con gli strumenti piú idonei, l'informazione ai cittadini, ed organizzano uffici comunali o decentrati di segretariato sociale.

3. I comuni, singoli o associati, esercitano le proprie funzioni decentrandone l'attuazione, per quanto possibile, a livello dei distretti sociali di base nei quali articolano il proprio territorio. Nel distretto é assicurata l'integrazione necessaria con i servizi sanitari nel territorio e sono garantiti gli opportuni collegamenti con i servizi educativi e gli altri servizi alla persona.

Art. 11.

(Finanziamento)

1. Gli interventi di integrazione e di assistenza sociale sono finanziati da un Fondo sociale nazionale, alimentato dal sistema fiscale generale, a copertura dell'assegno sociale per i soggetti anziani, dell'assegno di inabilità e di invalidità, dei buoni servizio nonché dei servizi e delle prestazioni a carico dello Stato, e da fondi sociali regionali deputati a sopperire ai servizi propri di ciascuna regione.
2. L'ammontare complessivo del finanziamento del Fondo sociale nazionale é riferito alla durata e agli obiettivi dei piani e dei programmi annuali e pluriennali nazionali ed é determinato in sede di legge finanziaria con apposita voce da inserire nella tabella C.
3. Le risorse finanziarie attribuite al Fondo sociale nazionale sono determinate ai sensi dell'articolo 11- quater , comma 3, della legge 3 agosto 1978, n. 468, introdotto dall'articolo 8 della legge 23 agosto 1988, n. 362. Il loro ammontare non é comunque inferiore al 2 per cento del prodotto interno lordo (PIL).
4. In sede di prima applicazione della presente legge, a partire dall'esercizio 1995, lo stanziamento di cui al comma 1 del Fondo sociale nazionale é determinato in misura non inferiore a quanto già stanziato per finalità assistenziali a carico del bilancio dello Stato nell'esercizio 1994, aumentato del tasso di incremento nominale del PIL. Conseguentemente confluiscono presso il fondo sociale nazionale le risorse già derivanti:

a) dal fondo per gli asili nido istituito con legge 6 dicembre 1971, n. 1044;
b) dal fondo speciale di cui all'articolo 10 della legge 23 dicembre 1975, n. 698;
c) dai fondi previsti dall'articolo 1- duodecies del decreto-legge 18 agosto 1978, n. 481, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 ottobre 1978, n. 641;
d) dai proventi netti di cui al terzo comma dell'articolo 117 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616;
e) dalle quote degli utili di gestione degli istituti di credito devolute in base ai rispettivi statuti, a finalità assistenziali;
f) dal fondo di cui all'articolo 127 del testo unico approvato con decreto del Presi dente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309;
g) dal fondo di cui alla legge 29 luglio 1975, n. 405;
h) dal fondo di cui alla legge 22 maggio 1978, n. 194;
i) dal fondo di cui alla legge 3 giugno 1971, n. 404.

5. Il Ministro del tesoro é autorizzato ad emanare i relativi decreti di trasferimento degli stanziamenti in atto esistenti per le finalità di cui alla presente legge.
6. Le somme stanziate per la spesa di parte corrente, a norma del comma 5 vengono ripartite con delibera del Ministro per gli affari sociali tra tutte le regioni, tenuto conto delle indicazioni della programmazione nazionale e di quella delle regioni e, comunque, con riferimento ad indici e standard definiti in relazione al costo delle prestazioni.
6. Il fondo sociale regionale é finanziato mediante una quota parte delle entrate provenienti dalle imposte regionali e comunque in misura non inferiore al 10 per cento delle medesime, e mediante un contributo del Fondo sociale nazionale in misura inversamente proporzionale al reddito medio regionale determinato dal Ministero per gli affari sociali d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

Art. 12.

(Istituzioni private di assistenza sociale)

1. In conformità all'ultimo comma dell'articolo 38 della Costituzione é garantita la libertà di costituzione e di attività alle associazioni, fondazioni o altre istituzioni, dotate o meno di personalità giuridica, che perseguano finalità assistenziali.

Art. 13.

(Registro regionale delle istituzioni private)

1. In ogni regione é istituito un registro per la iscrizione delle associazioni, fonda zioni e istituzioni private anche a carattere cooperativo, dotate o meno di personalità giuridica, che intendono essere consultate nella fase preparatoria della programmazione dei servizi sociali e concorrere alla stipulazione delle convenzioni di cui al comma 2 dell'articolo 10.
2. L'iscrizione nel registro delle istituzioni private, fermo restando il rispettivo regime giuridico-amministrativo, é disposta dalla regione, sentiti i comuni singoli o associati nei cui territori l'iscrizione opera, previo accertamento dei seguenti requisiti:

a) assenza di fini di lucro;
b) idonei livelli di prestazioni, di qualificazione del personale e di efficienza organizzativa ed operativa, secondo gli standard dei servizi sociali fissati ai sensi dell'articolo 9, comma 2, lettera c) ;
c) rispetto per i dipendenti del contratto collettivo nazionale di categoria, fatta eccezione per i casi in cui si tratti di prestazioni volontarie o rese in forza di convenzioni di cui al comma 1 con organismi della Chiesa cattolica o delle altre confessioni religiose;
d) corrispondenza ai princípi stabiliti dalla presente legge e dalla legge regionale.

3. Per le istituzioni operanti in piú regioni l'iscrizione é effettuata nel registro tenuto presso la regione in cui l'istituzione ha sede legale, sentite le altre regioni interessate.
4. Nel rispetto di tali requisiti i servizi gestiti dai privati sono inclusi, a domanda, nel piano dei servizi sociali formulato dalle regioni, convenzionati ai sensi dell'articolo 14.

Art. 14.

(Convenzioni)

1. I comuni, per la realizzazione dei programmi locali di attuazione dell'assistenza e dell'integrazione sociale, stipulano convenzioni con le istituzioni private di assistenza iscritte nel registro di cui all'articolo 13, con le organizzazioni di volontariato e con gli enti di patronato, secondo quanto previsto dalla legge regionale.

SEZIONE III
LE PRESTAZIONI ECONOMICHE



Art. 15.

(Assegno sociale per i soggetti anziani)

1. Ai cittadini italiani e dei Paesi appartenenti all'Unione europea, residenti in Italia, che abbiano compiuto sessantacinque anni e si trovino nelle condizioni reddituali di cui al comma 3, é corrisposto un assegno di base non reversibile per un ammontare annuo pari al 50 per cento del reddito nazionale medio pro capite speso nell'anno precedente. La prestazione é a carico del Fondo sociale nazionale, i relativi requisiti sono accertati dal comune e viene corrisposta dal medesimo, anche in regime di convenzione con enti pubblici operanti sul territorio.
2. L'attribuzione dell'assegno é subordinata alla presentazione della domanda, anche anticipata di un semestre rispetto al compimento dell'età.
3. L'assegno compete in misura differenziata secondo il numero dei componenti familiari ed il reddito del nucleo familiare, in base al coefficiente di equivalenza di cui alla tabella allegata alla presente legge.
4. Qualora il reddito familiare risulti inferiore ai limiti come sopra previsti l'assegno é riconosciuto in misura tale che non comporti il superamento del limite stesso.
5. Il nucleo familiare coincide con la famiglia di fatto convivente ed é composta dai coniugi, con esclusione del coniuge legalmente ed effettivamente separato, dai figli ed equiparati, ai sensi dell'articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1957, n. 818, dai fratelli e sorelle e dagli ascendenti, residenti tutti nello stesso luogo.
6. Le variazioni del nucleo familiare devono essere comunicate alla sede territoriale del comune tenuta ad accertare il diritto all'assegno entro trenta giorni dal loro verificarsi.
7. Il reddito del nucleo familiare é costituito dall'ammontare dei redditi complessivi, conseguibili dai suoi componenti nell'anno solare di riferimento. L'assegno é erogato con carattere di provvisorietà sulla base della dichiarazione rilasciata dai richiedenti ed é conguagliato, entro il mese di luglio dell'anno successivo, sulla base della dichiarazione dei redditi effettivamente percepiti. Alla formazione del reddito concorrono i redditi di qualsiasi natura, ivi compresi quelli esenti da imposte e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva nonché gli assegni alimentari corrisposti a norma del codice civile. Non si computano nel reddito i trattamenti di fine rapporto comunque denominati, le anticipazioni sui trattamenti stessi, il reddito della casa di abitazione, le competenze arretrate soggette a tassazione separata, le rendite da infortunio e malattia professionale, le pensioni di guerra, nonché l'assegno previsto dal presente articolo. L'attestazione del reddito del nucleo familiare é resa con dichiarazione, la cui sottoscrizione é soggetta ad autenticazione.
8. L'assegno non concorre a formare la base imponibile dell'imposta sul reddito delle persone fisiche. Agli effetti del conferimento dell'assegno non concorre a formare reddito la pensione previdenziale a calcolo nel limite corrispondente ad un terzo dell'assegno medesimo.
9. L'assegno é corrisposto in misura ridotta ove l'interessato sia ricoverato in istituti o comunità con retta a carico di enti pubblici. Il grado di riduzione dell'assegno é stabilito con decreto del presidente della giunta regionale sulla base del costo medio regionale delle prestazioni medesime, contabilizzato nel corso dell'anno precedente, entro i parametri stabiliti dal Ministero per gli affari sociali.
10. Al compimento del sessantacinquesimo anno di età cessa ogni diverso trattamento economico assistenziale corrisposto dallo Stato e dalle autonomie locali nonché dai rispettivi enti strumentali. In particolare vengono soppressi la pensione sociale e le prestazioni economiche continuative a carattere assistenziale, nazionali o locali, per i non abbienti e i portatori di handicap , ivi compresi gli invalidi civili.
11. Dalla data di decorrenza dell'assegno di base l'importo del trattamento cessato, eccedente l'importo dell'assegno medesimo, viene conservato ad personam fino al riassorbimento. Il riassorbimento é effettuato nella misura del 50 per cento degli aumenti derivanti dall'incremento del reddito medio pro capite di riferimento.

Art. 16.

(Assegno di inabilità)

1. Ai cittadini italiani nonché ai cittadini di Paesi appartenenti all'Unione europea residenti in Italia, che si trovino nelle condizioni di reddito previste dall'articolo 15, secondo coefficienti di equivalenza triplicati, e che siano, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, nell'assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un proficuo lavoro, spetta un assegno di inabilità pari al 50 per cento del reddito nazionale medio pro capite speso nell'anno precedente. Ai medesimi soggetti che si trovino nell'impossibilità di deambulare o di compiere gli atti quotidiani della vita senza l'aiuto permanente di un accompagnatore il predetto assegno di inabilità viene elevato all'80 per cento del medesimo reddito pro capite , e al 100 per cento per i ciechi assoluti e prescinde da limiti di reddito nei casi di convenzione tra la famiglia interessata ed il distretto sociale sui tempi e modi del reinserimento sociale.
2. L'assegno di inabilità é incompatibile con l'assegno sociale ai soggetti anziani di cui all'articolo 15.
3. L'assegno di inabilità é corrisposto in misura ridotta ove il soggetto sia ricoverato in istituti o comunità con retta a carico di enti pubblici, secondo percentuali di riduzione fissate con regolamento, approvato con decreto del Ministro per gli affari sociali d'intesa con le associazioni rappresentative dei soggetti portatori di handicap .
4. La prestazione é a carico del Fondo sociale nazionale, i relativi requisiti sono accertati dal comune e viene corrisposta dal comune medesimo secondo norme previste con il regolamento di cui al comma 3.
5. L'assegno di inabilità non é compatibile con le prestazioni a carattere diretto o indiretto concesse dallo Stato, da enti strumentali o territoriali a seguito di invalidità contratte per cause di guerra, di lavoro o servizio nonché con le pensioni, dirette e indirette, di invalidità a qualsiasi titolo erogate dall'assicurazione generale obbligatoria, dalle gestioni per i lavoratori autonomi e da ogni altra gestione pensionistica avente carattere obbligatorio. É fatta salva l'opzione per il trattamento piú favorevole.
6. Il titolare dell'assegno di inabilità é sottoposto ad accertamenti sanitari periodici nei modi previsti dal regolamento di cui al comma 3.
7. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogate le norme concessive delle pensioni e assegni per gli invalidi civili, i ciechi e i sordomuti. Le pensioni e gli assegni già riconosciuti continuano ad essere erogati a titolo di assegno personale nei termini previsti con il regolamento di cui al comma 3.

Art. 17.

(Progetti personalizzati di reinserimento)

1. I soggetti inabili e a rischio di inabilità hanno diritto di partecipare a progetti di reinserimento sociale, da realizzare presso il comune di residenza secondo progetti personalizzati come da convenzione elaborata dal comune medesimo d'intesa con i soggetti di cui all'articolo 1, comma 3, e secondo i parametri della legge regionale.
2. I medesimi progetti devono anche tendere ad un coinvolgimento dei soggetti che, pur non essendo considerati inabili, presentano situazioni di disagio psicofisico ed economico tale da menomare gravemente la loro integrità.
3. A favore dei soggetti che si trovino nella incapacità di dedicarsi a proficuo lavoro in misura superiore ai due terzi si puó operare anche mediante l'erogazione di buoni servizio commisurati nel valore economico e nella validità temporale all'entità del bisogno e determinati di concerto con i soggetti di cui all'articolo 1, comma 3, e nel quadro della programmazione degli interventi a livello regionale, salva l'opzione per un assegno di invalidità pari al 25 per cento del reddito nazionale medio pro capite speso nell'anno precedente. É consentito il cumulo tra buoni di servizio e assegno di inabilità.

Art. 18.

(Modalità delle richieste)

1. Le domande relative all'assegno di inabilità e ai buoni di servizio sono presentate in carta libera al comune di residenza.
2. É vietata l'elezione di domicilio, ai fini della presente legge, in luogo diverso da quello di residenza.
3. Il richiedente o il suo legale rappresentante devono dichiarare nella domanda, sotto la propria personale responsabilità, se sono state presentate nell'ultimo quinquennio altre domande per pensioni, assegni o indennità, indicando l'ente o l'ufficio cui sono state presentate.
4. Alla domanda devono essere allegati i documenti richiesti dal comune.

Art. 19.

(Istruttoria medico legale)

1. La domanda di assegno di inabilità o di invalidità dà luogo ad accertamento medico-legale presso un collegio medico di tre membri di cui uno in rappresentanza del comune, uno in rappresentanza dell'interessato ed un terzo con funzioni di presidente scelto di comune accordo o, in difetto, designato dal presidente del tribunale del luogo di residenza nell'ambito di un elenco regionale di medici specialisti predisposto per regolamento dal presidente della giunta regionale entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
2. Entro dieci giorni dalla data della domanda il comune nomina il proprio medico di parte ed esperisce il tentativo bonario di nomina del presidente della commissione. Decorso infruttuosamente tale termine il presidente del tribunale provvede alla nomina del terzo componente entro i successivi trenta giorni.
3. La commissione medico-legale ultima gli accertamenti entro centoventi giorni dalla data di nomina del presidente. Decorso inutilmente tale termine la domanda si intende respinta agli effetti della procedibilità del ricorso giudiziario.
4. Il provvedimento di riconoscimento del diritto ad assegno é immediatamente esecutivo ed il comune provvede alla liquidazione della prestazione entro i successivi trenta giorni, salva la facoltà di richiedere la sospensione unicamente in sede di ricorso giudiziario.
5. Le spese di consulenza del presidente sono a carico del comune e cosí anche quelle del medico di parte ove l'accertamento collegiale si concluda con provvedimento di accoglimento della domanda, secondo criteri e modalità stabiliti con decreto del Ministro per gli affari sociali entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

SEZIONE IV
NORME FINALI E TRANSITORIE



Art. 20.

(Modalità di utilizzo
del Fondo sociale regionale)


1. Al fine di favorire l'effettività degli interventi individualizzati di assistenza e di integrazione sociale di cui alla presente legge, la regione provvede al riparto delle somme del fondo sociale regionale presso ogni comune, cui spettano gli oneri di pubblicità-notizia sui fondi disponibili a favore dei soggetti di cui all'articolo 1, comma 3. Questi ultimi sono autorizzati a presentare progetti di assistenza e reinserimento sociale, distinti per aree geografiche e per gruppi di utenti.
2. La regione co-finanzia ciascun progetto entro il limite massimo di un terzo del suo valore, previo assenso di un nucleo di valutazione regionale nominato dal presidente della giunta regionale secondo le modalità previste dalla legge regionale, cui spetta altresí l'identificazione dei servizi finanziabili.

Art. 21.

(Interventi straordinari per l'edilizia sociale)

1. In sede di attuazione dell'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, per il triennio 1995-1997 almeno il 40 per cento del limite massimo complessivo dei mutui é destinato all'attuazione della lettera f) del comma 2 dello stesso articolo e delle strutture ed attrezzature di edilizia sociale volte alla costruzione di spazi di servizi integrati nel territorio comunale per l'inserimento sociale degli anziani, dei minori, dei tossicodipendenti, dei disabili, dei carcerati e degli immigrati.
2. Al fine di cui al comma 1, per i progetti suscettibili di immediata realizzazione presentati dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, valgono le norme, procedure e scadenze determinate in attuazione dell'articolo 20, commi 4 e 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67.
3. I progetti presentati secondo le modalità di cui al comma 2 sono sottoposti al vaglio di conformità del Ministro per gli affari sociali per quanto concerne gli aspetti tecnico-sociali e in coerenza con il programma nazionale predisposto dal Ministero medesimo.

Art. 22.

(Soppressione degli organismi e abrogazione di norme)

1. Sono abrogati il titolo VII della legge 17 luglio 1890, n. 6972, e il titolo VII del re golamento approvato con regio decreto 5 febbraio 1891, n. 99, nonché tutte le norme in contrasto con la presente legge.
2. Il Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro per gli affari sociali é autorizzato ad emanare norme regolamentari di attuazione, integrazione e aggiornamento delle norme di cui alla presente legge.
3. Il Ministro del tesoro é autorizzato a provvedere, con propri decreti, alle occorrenti variazioni di bilancio.

CAPO II
SEPARAZIONE TRA PREVIDENZA

E ASSISTENZA



Art. 23.

1. La completa assunzione del finanziamento da parte dello Stato della gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali di cui all'articolo 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88, avviene entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, secondo un piano di trasferimenti predeterminato nel tempo e stabilito dalla legge finanziaria con riferimento ai commi 3 e 6 del citato articolo.





TABELLA

(articolo 15)


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