(Riformulazione del n. 1-00282)
Pubblicato il 24 giugno 2014, nella seduta n. 268
PUPPATO , MATTESINI , DE BIASI , MATURANI , FEDELI , ALBANO , IDEM , LO GIUDICE , ESPOSITO Stefano , ROMANI Maurizio , DE PIN , MASTRANGELI , BERTUZZI , RICCHIUTI , MICHELONI , FERRARA Elena , DI GIORGI , MANASSERO , TOMASELLI , CIRINNA'
Il Senato,
premesso che:
con sentenza del 9 aprile 2014, n. 162, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 4, comma 3, della legge 19 febbraio 2004, n. 40, recante "Norme in materia di procreazione medicalmente assistita", nella parte in cui stabilisce, per la coppia di cui all'art. 5, comma 1, della medesima legge, il divieto del ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, qualora sia stata diagnosticata una patologia che sia causa di sterilità o infertilità assolute ed irreversibili. Ha dichiarato, altresì, l'illegittimità costituzionale: dell'art. 9, comma 1, della legge n. 40 del 2004, limitatamente alle parole "in violazione del divieto di cui all'articolo 4, comma 3"; dell'art. 9, comma 3, della legge n. 40 del 2004, limitatamente alle parole "in violazione del divieto di cui all'articolo 4, comma 3"; dell'art. 12, comma 1, della legge n. 40 del 2004, che punisce con la sanzione amministrativa pecuniaria da 300.000 a 600.000 euro chiunque, a qualsiasi titolo, utilizza a fini procreativi gameti di soggetti estranei alla coppia richiedente, in violazione di quanto previsto dall'articolo 4, comma 3, della legge n. 40 del 2004;
la Sentenza è stata pronunciata all'esito dei giudizi di legittimità costituzionale promossi dal Tribunale ordinario di Milano, dal Tribunale ordinario di Firenze e dal Tribunale di Catania che hanno sollevato questioni sui citati articoli della legge n.40 del 2004, in riferimento agli articoli 2, 3, 29, 31 e 32 della Costituzione, che la Consulta ha giudicato fondate, ritenendo, così, assorbiti gli ulteriori motivi di censura formulati in riferimento all'articolo 117, primo comma della Costituzione e in relazione agli articoli 8 e 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali;
preso atto che:
la Corte costituzionale si è espressa considerando congiuntamente i parametri costituzionali invocati, poiché, la procreazione medicalmente assistita coinvolge «plurime esigenze costituzionali» (sentenza n. 347 del 1998) e, conseguentemente, la legge n. 40 del 2004 incide su una molteplicità di interessi di tale rango. Per l'effetto, ha giudicato necessario operare un bilanciamento tra detti parametri per assicurare un livello minimo di tutela legislativa ad ognuno, avendo di già affermato, con la sentenza n. 151 del 2009, che la stessa «tutela dell'embrione non è comunque assoluta, ma limitata dalla necessità di individuare un giusto bilanciamento con la tutela delle esigenze di procreazione»;
la Corte costituzionale ha ricordato, peraltro, che il divieto di cui all'articolo 4, comma 3, di cui alla legge n. 40 del 2004, non costituisce "il frutto di una scelta consolidata nel tempo", in quanto, prima che fosse introdotto l'applicazione delle tecniche di fecondazione eterologa era lecita ed ammessa senza limiti né soggettivi né oggettivi, operata da centri privati nel quadro di disposizioni impartite del Ministro della sanità;
il divieto di fecondazione eterologa non risponderebbe, inoltre, ad obblighi derivanti da atti internazionali, dato che la sua eliminazione in nessun modo ed in nessun punto violerebbe i principi posti dalla Convenzione di Oviedo del 4 aprile 1997 (che solo vieta la procreazione medicalmente assistita a fini selettivi ed eugenetici e, peraltro, è ancora priva degli strumenti di attuazione) e dal Protocollo addizionale del 12 gennaio 1998, n. 168, sul divieto di clonazione di esseri umani, recepiti nel nostro ordinamento con la legge di adattamento 28 marzo 2001, n. 145 (Ratifica della Convenzione di Oviedo);
considerato che:
il divieto di fecondazione eterologa, come introdotto dalla legge n. 40 del 2004, impedisce alla coppia assolutamente sterile o infertile di avvalersi della procreazione medicalmente assistita, impedendogli di formare una famiglia con dei figli, senza che la sua assolutezza sia giustificata dalle esigenze di tutela del nato che sono già garantite dalle norme vigenti;
la pronuncia di illegittimità non determinerebbe un "vuoto normativo" poiché, come ha evidenziato la Consulta, la legge n. 40 del 2004 contiene specifiche norme che regolamentano i profili più rilevanti conseguenti al ricorso alla fecondazione eterologa, già disposti in previsione dei casi che essa fosse praticata all'estero da cittadini italiani; nemmeno si determinerebbero "incertezze in ordine all'identificazione dei casi nei quali è legittimo il ricorso alla tecnica in oggetto", consentite solo in assenza di altri metodi terapeutici idonei a rimuovere le cause di sterilità o infertilità, accertate e documentate; né si avrebbe una lacuna in ordine ai requisiti soggettivi di accesso (di già disciplinati dalla legge n. 40 del 2004) o allo stato giuridico del nato ed ai rapporti con i genitori;
considerato, inoltre, che:
secondo i dati della Società europea di riproduzione assistita (ESHRE) riferiti al 2010, le coppie italiane hanno rappresentato il 31 per cento di tutte quelle costrette a viaggi all'estero per poter effettuare la procreazione medicalmente assistita eterologa;
il costo di tali viaggi varia dai 2.500 euro in Ucraina fino agli 8.000 euro della Spagna, meta più ambita, visto che i dati segnalano come il 63 per cento di tutte le coppie che si rivolgono alla fecondazione eterologa nei centri iberici sono italiane: si è, quindi, verificata una disparità tra cittadini abbienti, capaci di sopportare tali spese e quindi di accedere al diritto al formarsi una famiglia, e cittadini che si sono visti negare lo stesso diritto per ristrettezze economiche, fenomeno proprio delle "democrazie censitarie", più che di una moderna democrazia occidentale;
la sentenza n. 162 del 2014 della Corte costituzionale è, dunque, intervenuta a correggere, nell'ambito delle questioni eticamente sensibili, un'errata valutazione del legislatore che, in tema di fecondazione eterologa, non ha saputo realizzare un bilanciamento delle esigenze e dei valori costituzionali, così impedendo a chi legittimamente gli chiedeva di avvalersene, di ricevere, nel proprio Paese, una risposta diversamente garantita negli altri Paesi occidentali;
rilevato, infine, che la idoneità della legislazione in essere ad impedire un vuoto normativo, non esclude il fatto che possano essere utilmente predisposti in via regolamentare alcuni interventi di ulteriore garanzia in favore dei soggetti coinvolti,
impegna il Governo:
1) a provvedere, alla luce della sentenza n. 162 del 2014 della Corte costituzionale, all'aggiornamento delle linee guida di cui all'articolo 7 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, contenenti le indicazioni delle procedure e delle tecniche di procreazione medicalmente assistita;
2) a consentire l'effettuazione della fecondazione eterologa anche nelle strutture pubbliche del Servizio sanitario nazionale;
3) a prevedere l'inserimento della procreazione medicalmente assistita nei livelli essenziali di assistenza (LEA), previo parere della Conferenza Stato-Regioni;
4) a istituire un archivio/data base nazionale che consenta la tracciabilità dei donatori e dei riceventi secondo le modalità di cui agli articoli 8 e 14 del decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 191, recante "Attuazione della direttiva 2004/23/CE sulla definizione delle norme di qualità e di sicurezza per la donazione, l'approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani", al fine di evitare fenomeni di donazioni multiple nonché di donazioni avvenute fuori dal rigoroso controllo medico;
5) a garantire l'efficiente funzionamento di un sistema che assicuri la piena gratuità della donazione, escludendo, pertanto, ogni forma di commercializzazione in merito;
6) a precisare protocolli medico-sanitari che garantiscano la dovuta sicurezza per la salute dei pazienti nell'effettuare le donazioni, in particolare assicurando il rispetto dei requisiti medico-sanitari del donatore di cellule riproduttive, di cui al punto 3 dell'Allegato III della direttiva 2006/17/CE.