Pubblicato il 29 maggio 2013, nella seduta n. 30
CANTINI , GHEDINI Rita , ANGIONI , BERTUZZI , CALEO , COLLINA , CUCCA , D'ADDA , DE MONTE , DI GIORGI , ESPOSITO Stefano , FAVERO , FEDELI , FORNARO , GATTI , GIACOBBE , MORGONI , ROSSI Gianluca , PAGLIARI , TOMASELLI - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. -
Premesso che:
l' art 1, comma 1, della legge 28 giugno 2012, n. 92 (cosiddetta riforma Fornero) cita tra i principali obiettivi programmatici della riforma: "Realizzare un mercato del lavoro inclusivo e dinamico, in grado di contribuire alla creazione di occupazione, in quantità e qualità, alla crescita sociale ed economica e alla riduzione permanente del tasso di disoccupazione"; la stessa legge afferma inoltre all'art. 1, comma 1, lettera a), la volontà di favorire "l'instaurazione di rapporti di lavoro più stabili, (...) ribadendo il rilievo prioritario del lavoro subordinato a tempo indeterminato[..] quale forma comune di rapporto di lavoro";
la legge n. 92 del 2012 inserisce a tal fine una serie di misure volte al contenimento del lavoro precario prevedendo all'art. 2, comma 28, l'applicazione di un contributo addizionale, a carico del datore di lavoro, pari all'1,4 per cento della retribuzione imponibile ai fini previdenziali, all'art. 1, comma 9, lettera g), richiedendo ai fini di una legittima successione di contratti a termine almeno sessanta o novanta giorni tra un contratto a termine e l'altro, all'art. 1, comma 9, lettera i), modificativo dell'art. 5, comma 4-bis, del decreto legislativo n. 368 del 2001 al fine di considerare anche i periodi di somministrazione nel computo per il raggiungimento del massimale dei contratti a termine di 36 mesi;
allo stesso modo, per stabilizzare il più possibile le condizioni lavorative e per evitare abusi di forme contrattuali nel caso di contratti a progetto, la legge n. 92 del 2012 prevede: all'art.1, comma 23, lettera a), che "i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (...) devono essere riconducibili ad uno o più progetti specifici". Quindi non più a "programmi di lavoro o fase di esso". Il progetto inoltre "non può comportare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi o ripetitivi, che possono essere individuati dai contratti collettivi". Quindi il collaboratore a progetto deve lavorare con autonomia, anche operativa. Il progetto deve essere "collegato ad un determinato risultato finale" e quindi "non può consistere in una mera riproposizione dell'oggetto sociale del committente". Quindi viene rafforzata la "specificità" del progetto;
inoltre l'art.1, comma 23, lettera c), stabilisce un compenso minimo per i contratti a progetto che "deve essere proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro eseguito" e "non può essere inferiore ai minimi stabiliti in modo specifico per ciascun settore di attività, eventualmente articolati per i relativi profili professionali tipici e in ogni caso sulla base dei minimi salariali applicati nel settore medesimo alle mansioni equiparabili svolte dai lavoratori subordinati, dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale a livello interconfederale o di categoria ovvero, su loro delega, ai livelli decentrati. 2. In assenza di contrattazione collettiva specifica, il compenso non può essere inferiore, a parità di estensione temporale dell'attività oggetto della prestazione, alle retribuzioni minime previste dai contratti collettivi nazionali di categoria applicati nel settore di riferimento alle figure professionali il cui profilo di competenza e di esperienza sia analogo a quello del collaboratore a progetto";
la stessa legge introduce all'articolo 1, commi 26 e 27, concernenti altre prestazioni lavorative rese in regime di lavoro autonomo, la presunzione che le prestazioni a partita Iva siano da considerarsi rapporti di collaborazione coordinata e continuativa qualora ricorrano almeno due dei seguenti presupposti: che la durata della collaborazione sia superiore a 8 mesi nell'arco di due anni solari; che il ricavo dei corrispettivi percepiti dal collaboratore nell'arco dello stesso anno solare superi la misura dell'80 per cento dei corrispettivi complessivamente percepiti dal collaboratore nell'arco di due anni solari consecutivi, che il prestatore abbia la disponibilità di una postazione fissa di lavoro presso il committente e sopra una determinata soglia di reddito;
nella stessa riforma sono previsti una serie di agevolazioni fiscali ed economiche per la stabilizzazione dei lavoratori e favorendo il contratto di apprendistato, considerato come via principale per un ingresso dei giovani nel mondo del lavoro;
considerato che:
secondo un'indagine del sistema formativo Excelsior di Unioncamere e Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il perdurare della recessione e la prospettiva che la stessa si prolunghi almeno nella prima parte del 2013 hanno frenato ulteriormente la domanda di lavoro da parte delle imprese, determinando una previsione per il 1° trimestre del 2013 pari a 137.800 assunzioni dirette di personale dipendente, con una riduzione del 9,4 per cento rispetto alle oltre 152.000 unità allo stesso trimestre del 2012. Considerando le 218.000 uscite previste, ne deriva un saldo negativo atteso pari a poco più di 80.200 unità, in lieve peggioramento rispetto al calo di 75.500 dipendenti fatto segnare dalle imprese nel 1° trimestre 2012;
secondo la stessa ricerca, che amplia lo sguardo ai contratti di natura non dipendente, nel primo trimestre 2013, i 34.800 "nuovi" contratti di collaborazione a progetto segnalano una netta riduzione (decremento del 24,7 per cento) rispetto allo stesso trimestre dell'anno scorso, mentre anche i 23.400 contratti previsti con lavoratori a partita IVA o per prestazioni a carattere occasionale mostrano una marcata flessione tendenziale (decremento del 19,2 per cento);
uno studio realizzato e pubblicato dalla CGIL il 15 febbraio 2013 su un campione di lavoratori con una tipologia di contratto a termine o precaria ha indicato come abbiano ottenuto migliori condizioni lavorative solo il 9 per cento del campione considerato: infatti il 5 per cento dei precari nella ricerca è stato stabilizzato dopo la riforma Fornero, e un ulteriore 4 per cento dei lavoratori ha ottenuto un contratto precario con maggiori tutele, mentre il 49 per cento per cento del campione è incorso in condizioni lavorative peggiori. Secondo questi dati difatti il 22 per cento si è visto rinnovare il contratto con ancora meno tutele, e un altro 27 per cento di persone ha visto il proprio contratto non rinnovato;
secondo i dati del rapporto Isfol relativi alla dinamica degli avviamenti dei contratti di lavoro anno 2012, pubblicato il 10 maggio 2013 e citato nel corso della seduta del Senato del 16 maggio 2013, nel quarto trimestre del 2013, il quadro economico generale si è appesantito ulteriormente: il prodotto interno lordo (PIL) è diminuito dello 0,9 per cento rispetto al trimestre precedente e del 2,6 per cento su base tendenziale;
sulla base dei dati destagionalizzati riferiti alle comunicazioni obbligatorie (CO), nel quarto trimestre 2012 si è sostanzialmente arrestata la forte riduzione delle nuove assunzioni registrata nella parte centrale dell'anno: in termini congiunturali, la variazione rispetto al terzo trimestre ha riportato un decremento dello 0,4 per cento. Tale dato è la sintesi di una ripresa delle assunzioni mediante contratti a tempo determinato (incremento del 3,7 per cento sul terzo trimestre, pari a 1.642.015 avviamenti) e di una riduzione dei contratti di collaborazione (decremento del 9,2 per cento su base congiunturale) e soprattutto di quelli riferiti al lavoro intermittente (decremento del 22,1 per cento);
l'aumento dei contratti a tempo determinato appare legato all'incertezza del periodo congiunturale. Rispetto all'inizio del 2012, la quota di avviamenti realizzati attraverso contratti a tempo determinato è salita dal 62,1 per cento al 66,8 per cento. L'aumento ha riguardato soprattutto contratti di durata complessiva tra 4 e 12 mesi, ma anche quelli di durata superiore a 12 mesi mostrano una crescita; al contrario, sono diminuiti quelli a durata massima trimestrale;
considerato inoltre che:
in molti casi i lavoratori titolari di varie forme di contratti precari, una volta usciti dal mercato del lavoro, non possono accedere alle forme di sostegno al reddito come l'ASPI (assicurazione sociale per l'impiego) e MINIASPI di cui all'art. 2 delle legge n. 92 del 2012;
a marzo il tasso di disoccupazione è stato pari all'11,5 per cento, il numero di disoccupati pari a 2.950.000, e il tasso di disoccupazione giovanile pari al 38,4 per cento;
i commi da 2 a 5 dell'art. 1 della legge n. 92 del 2012 prevedono un monitoraggio dello stato di attuazione degli interventi e delle misure previste e la valutazione degli effetti sull'efficienza del mercato del lavoro, sull'occupabilità dei cittadini;
il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, nel corso della seduta del Senato del 16 maggio 2013, ha annunciato un pacchetto di interventi entro giugno 2013 volti a riformare la legge 92 del 2012,
si chiede di sapere:
se e in quale misura le disposizioni di cui all'art.1, commi da 2 a 5, della legge n. 92 del 2012 siano state attuate e se non si ritenga opportuno procedere alla pubblicazione anche degli eventuali risultati parziali del monitoraggio;
se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno prevedere, all'interno del preannunciato pacchetto di interventi, misure volte a rendere più efficiente, coerente ed equo l'assetto degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive in una prospettiva di universalizzazione, rafforzamento dell'occupabilità delle persone e semplificazione delle procedure burocratico-amministrative per le piccole e medie imprese nel settore del lavoro;
se, conseguentemente, non intenda assumere iniziative che valorizzino il ruolo di un rafforzato e regolato rapporto tra rappresentanze delle imprese e dei lavoratori, a cui affidare le scelte sulla flessibilizzazione delle regole, di modo che, nonostante la crescita di 20.000 unità dei contratti atipici tra il 2008 e il 2012, confermata dai più recenti dati dell'ultimo rapporto annuale Istat, il contrasto alla precarietà e all'abuso della flessibilità non passi attraverso un intervento sulla legge di riforma del mercato del lavoro produttiva di un'ulteriore precarizzazione dei rapporti di lavoro.