Atto n. 4-03627

Pubblicato il 21 gennaio 2003
Seduta n. 311

BATTAFARANO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. -

Premesso che:

nella plurimillenaria storia della città di Taranto il primo atto pubblico di cui si è a conoscenza è la "Lex municipii Tarentini";

com'è noto, in data 18 ottobre 1984, l'allora Direttore del Museo Archeologico di Taranto, Luigi Viola, acquistò dall'operaio Pietro Festa cinque frammenti di lamina in bronzo, riconosciuti come parte della Lex municipii Tarentini;

la "Lex" fu illustrata dallo stesso Viola in una seduta reale dell'Accademia dei Lincei, alla presenza della regina Margherita. Da allora, la "Lex" è custodita nel Museo di Napoli, nella sala dell'epigrafia. Più volte i Sovrintendenti Archeologici di Taranto, Quintino Quagliati e Ciro Drago, si prodigarono per riavere la preziosissima lamina in bronzo fra i materiali del Museo di Taranto. Il risultato fu negativo: si ottenne solo un calco in bronzo;

annota la dottoressa Antonietta Dell'Aglio della Sovrintendenza Archeologica: "Dello statuto municipale di Taranto, si conserva la tavola nona, di cui la colonna a sinistra è leggibile integralmente; dell’altra, invece, restano poche parole su diverse linee. La colonna superstite consta di 44 linee, divise in sei capitoli, il primo e l’ultimo dei quali incompleti. Si tratta, come riportato chiaramente alla linea 8, di una lex data, predisposta da uno o da più magistrati romani incaricati di costruire il nuovo municipium, sul modello e in attuazione di una lex rogata. Il primo capitolo, pervenutoci mutilo, conserva soltanto le linee finali. Esso prevede una multa, corrispondente alla pena del quadruplo, per coloro che siano stati riconosciuti colpevoli di peculato. Il successivo è certamente il più controverso e nello stesso tempo quello di più difficile lettura. Riguarda i magistrati romani preposti alla costituzione del municipio tarantino, obbligati a produrre garanzie per sé, a raccogliere quelle dei futuri magistrati, a trascriverle sui pubblici registri. L’ultima parte tratta della necessità di rispondere al senato locale da parte di coloro che si trovano ad esercitare pubbliche attività. Nel terzo capitolo il testo della Lex specifica che i decurioni sono tenuti a possedere, in città e nel territorio del municipium, un edificio coperto da non meno di millecinquecento tegole, stabilendo la multa relativa per i trasgressori. Il capitolo quarto proibisce di demolire o trasformare un edificio senza il parere favorevole del senato e senza garantire che esso sia ricostruito non deterius e prescrive, inoltre, le aree di intervento in cui possono essere utilizzate le somme ricavate dalle sanzioni. Il quinto precisa, infine, i poteri dei magistrati nella costruzione di vie, fosse e cloache. Le norme riportate dalla tavola superstite della Lex lasciano chiaramente intravedere interessi urbanistici da parte del legislatore, rispondenti alla logica politica del governo centrale, alla base dell’istituzione dei nuovi municipia. La Lex municipii Tarentini può essere inquadrata cronologicamente fra l’89 e il 62 a.C., anno in cui, in base a quanto si desume dall’orazione Pro Archia di Cicerone, Taranto avrebbe già ottenuto la cittadinanza romana; per considerazioni di carattere epigrafico e storico, comunque, lo statuto può essere datato più precisamente negli anni ’80”;

alla luce di tutto ciò, appare del tutto evidente che la sede naturale delle “Lex” sia Taranto, perché essa è l’atto fondativo della municipalità tarantina,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non intenda autorevolmente interporre i suoi buoni uffici, affinché, così com’è avvenuto in occasione del ritrovamento di altri importanti reperti archeologici, la “Lex tarentina” sia restituita alla sua città, al suo Municipio e al suo Museo.