Risposta all'interrogazione n. 4-04111
Fascicolo n.82

Risposta. - Nella notte tra 1° e il 2 settembre 2020, 4 pescherecci italiani sono stati intercettati e fermati dalle autorità marittime libiche riferibili all'autoproclamato governo dell'est del Paese. Al momento del fermo, le imbarcazioni si trovavano a circa 40 miglia nautiche a nordovest di Bengasi. Due pescherecci ("Antartide" e "Medinea") sono stati coattivamente condotti presso il porto di Bengasi e lì trattenuti insieme al loro equipaggio composto da 6 cittadini italiani (4 sull'Antardide e 2 sul Medinea) e altri membri di varie nazionalità (principalmente tunisina). Le restanti barche ("Anna Madre" e "Natalino") sono rientrate in Italia, mentre 2 membri dei loro equipaggi sono stati coattivamente condotti a Bengasi insieme al gruppo di Antartide e Medinea. Sono quindi 8 i connazionali coinvolti nella vicenda.

Tutti i connazionali risultano attualmente in stato di fermo. Sono stati trasferiti presso un centro della polizia locale, non si trovano quindi in un carcere con detenuti che potrebbero minacciarne l'incolumità. L'intervento libico sembra essere scaturito dalla presunta violazione della zona di pesca protetta (ZPP), che la Libia ha unilateralmente proclamato nel 2005. Il tratto di mare sarebbe considerato "zona militare" dalle forze dell'est libico.

Al di là della situazione bellica contingente che caratterizza lo scenario libico o delle valutazioni di profilo giuridico internazionale, l'area corrispondente alla ZPP libica è stata dichiarata dal comitato di coordinamento interministeriale per la sicurezza dei trasporti e delle infrastrutture (COCIST), nel maggio 2019, "zona ad alto rischio" per tutte le navi battenti bandiera italiana senza distinzione di tipologia. Anche in passato, a più riprese, la Farnesina, insieme al comando generale della Guardia costiera e al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ha raccomandato ai pescherecci italiani di evitare le acque al largo delle coste libiche, ove azioni da parte delle autorità o delle milizie locali possono facilmente concludersi con serie misure sanzionatorie che includono multe elevate, sequestro delle attrezzature di pesca e dell'eventuale pescato, confisca delle imbarcazioni.

Lo stato di fermo, oltretutto emesso da forze che né l'Italia né la comunità internazionale riconoscono come governo legittimo, è inaccettabile. Così come inaccettabile sarebbe se qualcuno dicesse: "Se liberate i nostri, vi diamo gli italiani". Il ritorno dei connazionali è una priorità assoluta per l'intero Governo italiano, in tutte le sue articolazioni competenti e sotto il coordinamento di palazzo Chigi.

Il ministro Di Maio, sin dalla videoconferenza con i familiari degli equipaggi dei due pescherecci sequestrati, il sindaco di Mazara del Vallo e gli armatori, il 15 settembre, ha confermato la determinazione e il sostegno di questo Ministero. Il 22 settembre, alcuni familiari dei pescatori italiani attualmente fermati in Libia sono stati ricevuti a palazzo Chigi su indicazione del Presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte e presso la Farnesina su indicazione del ministro Di Maio. Dopo un ulteriore incontro presso questo Ministero il 25 settembre, alcuni membri delle famiglie dei fermati sono stati nuovamente ricevuti (il 29 settembre) a palazzo Chigi dal presidente Conte con il ministro Di Maio. Gli incontri citati e il continuo contatto con le famiglie assicurato attraverso l'unità di crisi della Farnesina intendono trasmettere la vicinanza e l'impegno del Governo a fianco di chi sta vivendo momenti di grande preoccupazione e angoscia.

Il lavoro mantiene necessariamente riservatezza e basso profilo, come richiesto da vicende del genere. Si sta lavorando alla soluzione di questo difficile caso su due piani. Il primo è il lavoro dei diplomatici e dell'intelligence in contatto con i diversi interlocutori locali, sia per monitorare quotidianamente le condizioni dei connazionali che per sollecitarne il rilascio. I marittimi si trovano in buone condizioni e risulta che siano trattati in modo corretto. L'ambasciata a Tripoli ha facilitato la messa a disposizione dei medicinali di cui avevano bisogno. Il secondo livello è quello dei contatti internazionali, soprattutto con i partner che hanno specifica influenza su Bengasi. Oltre alla conversazione telefonica con il Ministro francese Le Drian e alle recenti consultazioni a Roma con il segretario di Stato USA Pompeo, il ministro Di Maio ha avuto colloqui telefonici con il suo omologo emiratino Abdullah bin Zayed Al Nayan e con il Ministro degli esteri russo Sergei Lavrov, che ha incontrato anche a Mosca.

Le iniziative del Ministero si inseriscono in uno sforzo corale delle istituzioni italiane nell'obiettivo di coordinare ulteriormente gli sforzi per pervenire presto a una soluzione positiva della vicenda. Per raggiungere questo obiettivo servono massimo riserbo, razionalità, cautela, determinazione e soprattutto unità. L'unità delle forze politiche rafforzerà coloro che stanno lavorando per riportare a casa i pescatori.

Il Vice ministro per gli affari esteri e cooperazione internazionale
SERENI

(20 ottobre 2020)