(Riformulazione del n. 1-00093)
Pubblicato il 21 luglio 2020, nella seduta n. 242
DE BONIS , DE PETRIS , BUCCARELLA , MARTELLI , LONARDO , NUGNES , TRENTACOSTE , PAPATHEU , LOREFICE , LA MURA , CIAMPOLILLO , DE FALCO
Il Senato,
premesso che:
il glifosato è un diserbante non selettivo, sintetizzato per la prima volta nei laboratori dell'azienda farmaceutica "Cilag AG" negli anni '50 del '900 e introdotto sul mercato a partire dal 1974 ad opera della "Monsanto", azienda multinazionale di biotecnologie agrarie, che ne ha scoperto l'azione come erbicida ad ampio spettro;
secondo quanto diffuso in data 12 novembre 2015 dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), "un gruppo di esperti incaricato della revisione paritetica, formato da scienziati EFSA e rappresentanti di organismi di valutazione del rischio degli Stati membri dell'UE, ha stabilito una dosa acuta di riferimento (DAR) per il glifosato pari a 0,5 mg per kg di peso corporeo";
come riportato da "la Repubblica" in data 22 aprile 2016, l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), nel 2015, ha classificato il glifosato come un "probabile cancerogeno per l'uomo" e, come tale, lo ha inserito in un gruppo di 66 sostanze a rischio;
in data 16 dicembre 2015, il sito on line "euronews" evidenziava che: "secondo la classificazione dell'Unione Europea sono almeno 564 le sostanze sospettate di essere pericolose. Per 66 di esse è provato che possano agire come interferenti endocrini e su altre 52 ci sono gravi sospetti", tra cui il glifosato;
oltre il 97 per cento dei prodotti alimentari commercializzati nel nostro continente contiene residui di glifosato;
tracce di glifosato sono state trovate nelle urine di 48 europarlamentari con concentrazioni da 0,17 a 3,5 microgrammi per litro ed una media di 1,73 (fonte: "Agricolae");
altri studi in Germania avevano già dimostrato, su un campione di 2.009 persone, che il 99,6 per cento presentava residui di glifosato nelle urine; il 75 per cento di queste con una concentrazione almeno 5 volte superiore ai limiti consentiti per l'acqua; il 35 per cento di queste con una concentrazione addirittura superiore tra le 10 e 42 volte (fonte: "Il Salvagente");
la rivista tedesca "Oko-Test" ha trovato tracce di glifosato oltre che nel latte materno, nel miele e nella birra, in 14 campioni su 20 di farine di frumento, d'avena e pane (medesima fonte);
secondo quanto contenuto nell'atto di sindacato ispettivo 5-10154 del 20 dicembre 2016, presentato nel corso della XVII Legislatura alla Camera, "il 10 settembre 2016 l'Associazione nordamericana Moms Across America ha reso pubblici i risultati preliminari di una ricerca autofinanziata per l'identificazione di residui di glifosato, l'erbicida più utilizzato al mondo sia in agricoltura sia per gli usi civili, il cui principio attivo è un brevetto della Roundup della Monsanto, nei vaccini per uso umano". All'uopo, "lo screening effettuato dal laboratorio Microbe Inotech Laboratories Inc. di St. Louis, nel Missouri, utilizzando il metodo ELISA, ha dimostrato la presenza di glifosato" in una serie di vaccini;
il glifosato viene ampiamente usato in pre-raccolta negli Stati Uniti e in Canada nelle coltivazioni di grano duro, per favorirne la maturazione artificiale, con conseguente presenza di residui nel grano raccolto e nelle semole che ne derivano;
l'Italia importa grano duro dagli Stati Uniti e dal Canada per la miscelazione e produzione di semole per pasta, pane e altri prodotti da forno;
secondo i dati pubblicati da "Il Salvagente" nel volume "La vera storia del glifosato" del 2016, sono state trovate tracce di glifosato, anche se sotto le soglie previste dalla legge, negli spaghetti "Colavita" (0,019 milligrammi al chilo), negli spaghetti "Del Verde" (0,083), nelle penne ziti rigate "Divella" (0,033), negli spaghetti "Divella" (0,038), nella mafalda corta "Garofalo" (0,043), negli spaghetti "Italiamo Lidl" (0,070), nelle farfalle rigate "La Molisana" (0,160) e negli spaghetti "La Molisana" (0,056 milligrammi al chilo);
in data 26 febbraio 2017 sono stati pubblicati i dati relativi al test effettuato dall'associazione "GranoSalus" su alcuni marchi di pasta italiana: sono stati trovati residui di glifosato ed altri contaminanti, sebbene sotto le soglie previste dalla legge. Al proposito, sul sito veniva riportato che "la pasta Barilla e la pasta Voiello, che sono due paste dello stesso gruppo, presentano, rispettivamente, per ciò che riguarda la micotossina DON 161 ppb (parti per miliardo) e 180 ppb. Per ciò che riguarda il Glifosate - sempre con riferimento alla Barilla e alla Voiello - presentano, rispettivamente, 0,102 milligrammi per chilogrammo e 0,050 milligrammi per chilogrammo. Per ciò che riguarda il cadmio - ancora con riferimento alla Barilla e alla Voiello - presentano 0,032 milligrammi di cadmio per chilogrammo e 0,036 sempre di questo metallo pesante. Il piombo, per fortuna, non è presente. Questo significa che Barilla e Voiello utilizzano grani duri esteri, anche se Voiello dichiara di utilizzare solo grani italiani (varietà Aureo e Svevo)";
dai dati pubblicati in data 28 ottobre 2017, a seguito di un test effettuato al proposito dalla "GranoSalus", è emersa la presenza di glifosato (espressa in milligrammi per chilogrammo di prodotto) specificata nei quantitativi, con espresso riferimento alle marche di semola, di seguito riportati: "Progeo Tre Grazie": 0,184; "Eurospin Tre Mulini": 0,167; "De Cecco": 0,152; "Divella": 0,143; la "Molisana": 0,142; "Granoro": 0,123; "Casillo": 0,112; "Molino Martinucci": 0,104; "Semolificio Loiudice": 0,098; "Molino Mininni": 0,092; "Garofalo": 0,089; "Molino F.lli Dell'Acqua": 0,075; "Despar": 0,029;
sul punto, sempre in data 28 ottobre 2017, sul sito "granusalus" veniva evidenziata "una presenza diffusa dell'erbicida nelle semole prodotte dai molini pugliesi e non solo. Tra questi (...) il marchio Casillo, leader nel mercato delle semole di grano duro nonché principale importatore di grano estero, pur riportando sulla confezione la dicitura '100% grano italiano', presenta residui di glifosato";
nella petizione presentata dall'associazione "GranoSalus" sul tema, è precisato che "l'Unione Europea definisce i tenori massimi di glifosato nei prodotti alimentari (pasta, etc), in 10 mg/kg (ppm)";
con decreto della Direzione generale per l'igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione del Ministero della salute del 9 agosto 2016 veniva disposta la "revoca di autorizzazioni all'immissione in commercio e modifica delle condizioni d'impiego di prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva glifosate in attuazione del regolamento di esecuzione (UE) 2016/1313 della Commissione del 1°agosto 2016";
con successivo decreto della stessa Direzione generale del 16 agosto 2016 veniva disposta la "modifica dell'allegato al decreto 9 agosto 2016 recante la revoca di autorizzazioni all'immissione in commercio e modifica delle condizioni d'impiego di prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva glyphosate in attuazione del regolamento di esecuzione del 1 agosto 2016 (UE) 2016/1313 della Commissione";
con decreto della stessa Direzione generale del 6 settembre 2016 venivano stabilite "ulteriori revoche di autorizzazioni all'immissione in commercio e modifica delle condizioni d'impiego di prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva "glifosate" in attuazione del Regolamento di esecuzione (UE)2016/1313 della Commissione del 1° agosto 2016 e modifica dell'allegato 1 del decreto 16 agosto 2016". Nello specifico, ai sensi dell'articolo 1, veniva decretata la revoca dell'autorizzazione all'immissione in commercio ed impiego dei prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva glifosato ed il coformulante ammina di sego polietossilata (n. CAS 61791-26-2) riportati nell'allegato del decreto in parola. Inoltre, la commercializzazione e l'impiego delle scorte giacenti dei prodotti fitosanitari riportati nel citato allegato venivano consentiti, secondo le seguenti modalità: "a) fino al 22 novembre 2016 per la commercializzazione da parte del titolare delle autorizzazioni e la vendita da parte dei rivenditori e/o distributori autorizzati; b) fino al 22 febbraio 2017 per l'impiego da parte degli utilizzatori finali". La commercializzazione e l'impiego delle scorte giacenti dei prodotti fitosanitari riportati nell'allegato venivano consentiti, previa rietichettatura, in conformità all'articolo 1, comma 1, del decreto direttoriale 9 agosto 2016;
in definitiva nel mercato comunitario e italiano le disposizioni nazionali e comunitarie vigenti (regolamento (UE) n. 1313/2016 e decreto della Direzione generale italiana citato) prevedono che, dall'agosto 2016, il glifosato non possa essere somministrato in pre-raccolta nei campi di grano, introducendo di fatto un divieto al suo uso e, dunque, la disapplicazione dei limiti previsti dal regolamento (UE) n. 293/2013;
tale divieto, paradossalmente, non viene esteso alle navi di grano estero, che, pur presentando un livello di residui di glifosato nei limiti previsti dal regolamento (UE) n. 293/2013, come conferma il monitoraggio predisposto dal Ministero della salute nel grano a importazione extracomunitaria, continuano ad approdare indisturbate nei porti italiani, generando peraltro una restrizione della concorrenza al prodotto italiano non contaminato, dunque, più pregiato e ricercato;
in data 27 settembre 2018, sul sito "granosalus" veniva precisato che "il nuovo test Test GranoSalus (effettuato tramite primario laboratorio accreditato) conferma la presenza di glifosato nella pasta a marchio Divella, Barilla, De Cecco, Garofalo, Rummo, Riscossa (sia nella linea normale che in quella 100% Italia)";
da un sopralluogo effettuato dai firmatari del presente atto presso il porto di Bari, in data 14 settembre 2018 è emerso che presso il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, è in fase di svolgimento un monitoraggio dal quale si evince la presenza di glifosato nel grano sia pur sotto i limiti di legge;
della notizia è stata informata la Procura di Bari con un esposto del 27 giugno 2017 ed un altro del 17 settembre 2018;
i controlli supplementari effettuati dall'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressioni frodi dei prodotti alimentari su alcune navi ormeggiate al porto di Bari il cui Ufficio Italia Sud est dal 1° aprile al 10 ottobre ha prelevato dalle navi 10 campioni di cereali (di questi 3 sono stati già sottoposti ad analisi ed un campione di granoturco biologico, risultato irregolare per presenza di principi non consentiti in agricoltura biologica, mentre gli altri 7 campioni, prelevati nel mese di settembre ed ottobre, sono ancora in attesa di analisi) dimostrano che i laboratori non sono accreditati;
con regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativo all'immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari e che abroga le direttive del Consiglio 79/117/CEE e 91/414/CEE si sono poste le basi precauzionali all'uso delle sostanze attive per ogni Stato membro, chiamato a compiere un bilanciamento tra i benefici per la produzione e gli effetti nocivi sulla salute umana, sugli animali e sull'ambiente;
la necessità di un attento bilanciamento dei contrapposti interessi è stata ribadita nel regolamento di esecuzione (UE) n. 540/2011 della Commissione, del 25 maggio 2011, recante disposizioni di attuazione del regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda l'elenco delle sostanze attive approvate (testo rilevante ai fini del SEE). Nello specifico, al n. 25 dell'allegato al regolamento veniva indicata la sostanza "glifosate" e veniva evidenziato che: "possono essere autorizzati solo gli usi come erbicida. Per l'applicazione dei principi uniformi di cui all'articolo 29, paragrafo 6, del regolamento (CE) n. 1107/2009, si deve tener conto delle conclusioni contenute nel rapporto di riesame sul glifosato, in particolare delle relative appendici I e II, nella versione definitiva elaborata dal comitato fitosanitario permanente il 29 giugno 2001. Nell'ambito di questa valutazione generale, gli Stati membri: - devono prestare particolare attenzione alla protezione delle acque sotterranee nelle regioni esposte a rischi, soprattutto in rapporto ad usi non colturali";
dopo l'approvazione del regolamento sono stati pubblicati importanti contributi scientifici che hanno reso evidente il carattere nocivo del glifosato, specie per i neonati e i bambini;
ad oggi, la letteratura scientifica maggioritaria propende nel ritenere tale sostanza attiva cancerogena o "probabilmente cancerogena" sia per la salute (come dimostrato dalla IARC) che per l'ambiente (come attestato dalla ECHA) e come comprovato dalla recente sentenza del Tribunale di San Francisco, che ha condannato la Monsanto a un risarcimento milionario ritenendo provato il nesso causale tra il tumore di un giardiniere e l'uso di diserbante contenente glifosato;
nonostante sia ormai acclarato che il glifosato sia una sostanza pericolosa, in quanto cancerogena e comunque nociva, la Commissione europea, con regolamento di esecuzione (UE) 2017/2324 della Commissione, del 12 dicembre 2017, ha ritenuto di rinnovare per ulteriori 5 anni l'autorizzazione all'immissione del glifosato nell'ambito territoriale UE;
tale ultimo regolamento è stato oggetto di ricorso proposto in data 28 febbraio 2018, presso il Tribunale dell'Unione europea, da parte dell'associazione italiana "GranoSalus", che svolge per Statuto attività di vigilanza, in ambito nazionale e comunitario, tesa a garantire la migliore qualità, anche sotto il profilo sanitario, dei prodotti cerealicoli a tutela di produttori e consumatori;
in particolare l'associazione ha contestato, da un canto, l'illegittimità del regolamento di esecuzione per violazione del principio di precauzione e per elusione delle disposizioni di procedura circa il rinnovo dell'approvazione della sostanza, che si è attestata su studi scientifici di dubbia provenienza non improntati ai principi di indipendenza, obiettività e trasparenza, e, dall'altro canto, la mancanza, a monte del regolamento stesso di approfondimenti istruttori circa l'incidenza dell'uso del glifosato sugli animali, sulle acque sotterranee e sui prodotti destinati al consumo umano, come il pane e l'acqua;
al contrario, a livello nazionale, nel 2017 il Ministero della salute, nel procedimento di approvazione del regolamento di esecuzione (UE) 2017/2324, lo ha recepito con il comunicato della Direzione generale per l'igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione del 19 dicembre 2017, e non ha introdotto ulteriori misure di natura "precauzionale" in merito alle prescrizioni di cui allegato I del regolamento di esecuzione;
dall'altra parte il rinnovo della sostanza attiva potrebbe comportare gravi ricadute in ordine al regime della concorrenza nel mercato UE, e dunque in Italia, e pare comunque in netto contrasto con gli indirizzi di cui al regolamento (UE) n. 1305/2013, modificato da ultimo dal regolamento (UE) 2017/2393, che, mediante i programmi di sviluppo rurale (PSR) e le relative erogazioni con fondi comunitari, è volto a indurre gli agricoltori della UE, e dunque italiani, ad adottare modalità produttive di eccellenza e di carattere biologico, che mal si conciliano con l'utilizzo di erbicidi;
ai sensi dell'articolo 191, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea "la politica dell'Unione in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni dell'Unione. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché sul principio 'chi inquina paga'. In tale contesto, le misure di armonizzazione rispondenti ad esigenze di protezione dell'ambiente comportano, nei casi opportuni, una clausola di salvaguardia che autorizza gli Stati membri a prendere, per motivi ambientali di natura non economica, misure provvisorie soggette ad una procedura di controllo dell'Unione";
secondo la Commissione europea, il principio di precauzione può essere invocato quando "un fenomeno, un prodotto o un processo può avere effetti potenzialmente pericolosi, individuati tramite una valutazione scientifica e obiettiva, se questa valutazione non consente di determinare il rischio con sufficiente certezza. Il ricorso al principio si iscrive pertanto nel quadro generale dell'analisi del rischio (che comprende, oltre la valutazione del rischio, la gestione e la comunicazione del rischio) e più particolarmente nel quadro della gestione del rischio che corrisponde alla fase di presa di decisione". Tale principio andrebbe applicato anche nel caso del glifosato, in nome della tutela della salute pubblica, vietando definitivamente e in maniera permanente la produzione, la commercializzazione e l'uso di tutti i prodotti fitosanitari a base dell'erbicida;
nella comunicazione della Commissione europea del 2 febbraio 2000 sul principio di precauzione, con specifico riferimento all'onere della prova, è stabilito che: "le regole esistenti nella legislazione comunitaria e in quella di numerosi paesi terzi applicano il principio dell'autorizzazione preventiva (elenco positivo) prima dell'immissione sul mercato di alcuni tipi di prodotti, quali le medicine, gli antiparassitari o gli additivi alimentari. Ciò costituisce già un modo di applicare il principio di precauzione spostando la responsabilità della produzione delle prove scientifiche. È questo il caso in particolare delle sostanze ritenute a priori pericolose o che possono essere potenzialmente pericolose ad un certo livello d'assorbimento. In questo caso il legislatore, per precauzione, ha previsto l'inversione dell'onere della prova, stabilendo che tali sostanze siano considerate come pericolose finché non sia dimostrato il contrario. Spetta quindi alle imprese realizzare i lavori scientifici necessari per la valutazione del rischio. Finché il livello di rischio per la salute e per l'ambiente non può essere valutato con sufficiente certezza, il legislatore non può legittimamente autorizzare l'utilizzazione della sostanza, salvo in casi eccezionali per effettuare prove. In altri casi, nei quali non è prevista una simile procedura di autorizzazione preventiva, può spettare all'utilizzatore, persona privata, associazione di consumatori o di cittadini o al potere pubblico di dimostrare la natura di un pericolo e il livello di rischio di un prodotto o di un procedimento";
in ultimo, il giornale francese "News LifeGate", in un articolo del 22 gennaio 2019, scrive: «"Il tribunale amministrativo di Lione ha revocato l'autorizzazione concessa al Roundup Pro 360, a base di glifosato, evocando un "principio di precauzione". Il prodotto presenta "rischi ambientali suscettibili di nuocere in modo grave alla salute umana". È con questa motivazione che il tribunale amministrativo francese di Lione, il 15 gennaio, ha deciso di annullare l'autorizzazione alla commercializzazione del Roundup Pro 360, diserbante a base di glifosato prodotto dalla Monsanto (ormai di proprietà della Bayer). "Errore di valutazione: il glifosato è potenzialmente cancerogeno" I giudici - "fatto raro" - secondo la stampa transalpina - hanno ritenuto che l'Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare, ambientale e del lavoro (Anses) abbia "commesso un errore di valutazione in materia di principio di precauzione". Ciò nel marzo del 2017, quando concesse il proprio via libera all'uso del prodotto. Il tribunale lionese ha, in questo senso, citato le conclusioni alle quali è giunto il Centro internazionale di ricerca sul cancro (Circ) dopo aver studiato la questione. Secondo le quali il glifosato dovrebbe "essere considerato come una sostanza dal potenziale cancerogeno per l'essere umano"»,
impegna il Governo:
1) a sospendere gli effetti del comunicato del Ministero della salute del 19 dicembre 2017 con cui si è recepito il rinnovo della sostanza attiva glifosato per 5 anni e ad assumere ogni idonea iniziativa in sede europea per promuovere la revisione delle decisioni assunte in merito all'utilizzo del glifosato con regolamento di esecuzione (UE) 2017/2324 della Commissione, del 12 dicembre 2017;
2) a prevedere che i grani esteri, provenienti da aree dove il clima impone l'impiego di glifosato, siano assoggettati al principio di precauzione comunitario previsto dal regolamento (UE) 2016/1313 (non già dal precedente regolamento (UE) n. 293/2013), così come recepito dal decreto del Ministero della salute 9 agosto 2016, ma mai applicato con apposite circolari dai dirigenti degli uffici periferici USMAF;
3) ad emanare una circolare che vieti la presenza di glifosato in tutte le stive di grano importato, anche se già sdoganato in altri porti europei, e a disporre, di conseguenza, l'intensificazione delle attività di controllo e monitoraggio su tutte le stive attraverso il prelievo di campioni da ciascuna stiva per affidarle a laboratori accreditati e rendendo noti gli esiti delle analisi, con specifico riferimento al traffico commerciale e alle connesse operazioni, in tutte le infrastrutture portuali italiane, in particolare nei porti della Puglia dove sbarcano la maggior parte delle navi contenenti grano duro proveniente dagli Stati Uniti e dal Canada, con lo scopo di garantire la sicurezza alimentare, ambientale e sanitaria;
4) a promuovere, anche mediante lo strumento della decretazione di urgenza, degli interventi normativi finalizzati a vietare l'utilizzo e la presenza della sostanza attiva glifosato negli alimenti, oltre che a scoraggiare l'acquisto e l'utilizzo di grani esteri, che vengono miscelati con il grano duro nazionale, di ottima qualità, falsando le quotazioni del mercato italiano, come ha dimostrato la sentenza del TAR Puglia n. 1200/2019 del 16 settembre 2019;
5) ad adottare tutte le necessarie misure di precauzione sul territorio nazionale volte a proteggere la sanità pubblica nonché la salubrità dell'ambiente, con specifico riferimento alla tutela delle acque, della flora e della fauna.