Pubblicato il 21 aprile 2021, nella seduta n. 318
DE BONIS - Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. -
Premesso che:
il nuovo programma "Politica agricola comune" 2014-2020 è progettato per offrire una struttura moderna al settore agricolo in Europa. L'obiettivo della PAC è quello di creare un settore agricolo europeo sostenibile ed efficiente: da un lato promuovendo la competitività del settore agricolo e i redditi agricoli adeguati, dall'altro preservando l'ambiente ed il paesaggio ed assicurando la sicurezza dei prodotti alimentari. La nuova PAC intende rispondere alle sfide attuali: cambiamenti climatici, degrado ambientale, equilibrio territoriale, sicurezza alimentare, crescita sostenibile, aumenti dei prezzi, eccetera, e punta a contribuire agli obiettivi della strategia Europa 2020;
la struttura della PAC attuale è articolata su due pilastri: il primo è quello che fornisce aiuti diretti agli agricoltori e sostiene le misure di mercato, finanziato direttamente dal bilancio UE; il secondo pilastro della PAC è rappresentato sia dal FEASR (fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale) che finanzia i programmi di sviluppo rurale (PSR regionali e nazionali) sia da questi programmi stessi;
la nuova PAC mantiene i due pilastri, ma aumenta i legami tra di loro, offrendo così un approccio più unitario e integrato a sostegno della politica. In particolare, introduce una nuova architettura dei pagamenti diretti, più mirati, più equi e più ecologici, una rete di sicurezza avanzata e di sviluppo rurale più efficiente ed efficace. Il programma ha una disponibilità finanziaria totale di 362,787 miliardi di euro, così ripartiti: primo pilastro, cui vengono destinati 277,851 miliardi di euro; secondo pilastro, cui vengono destinati 84,936 miliardi di euro;
non va trascurato, infine, sottolineare che la principale funzione della PAC è quella di assicurare i redditi agricoli combattendo le eccedenze. A giudizio dell'interrogante negli ultimi 20 anni questo principio è stato tradito destinando i fondi della PAC ad obiettivi del tutto contrastanti rispetto ai legittimi destinatari: i produttori agricoli;
considerato che:
il 23 marzo 2021, nell'ambito della riforma della PAC, rinviata al 2023 a causa dell'emergenza epidemiologica, il Ministro in indirizzo ha avanzato una nuova proposta (prot. n. 0137532) riguardante la ripartizione dei fondi europei assegnati all'Italia nel settore dello sviluppo rurale (FEASR) per gli anni 2021-2022, trasmessa, poi, alla segreteria della Conferenza Stato-Regioni, al fine di acquisire l'intesa, ai sensi dell'art. 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
nel corso della seduta della commissione politiche agricole della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, tenutasi il 30 marzo, la Regione Sicilia e le altre Regioni del Sud, quali la Calabria, la Puglia, la Basilicata, l'Umbria e la Campania, hanno espresso forte dissenso sulla proposta ministeriale di riparto per il biennio di transizione 2021-2022, in quanto toglierebbe la disponibilità delle risorse alle regioni più svantaggiate per distribuirle ai territori più sviluppati, aumentando così ulteriormente il divario tra i territori agricoli e rurali e, al contempo, producendo un effetto penalizzante nei confronti del comparto agricolo delle regioni del Sud, con impatti preoccupanti sulla tenuta economico-sociale dei territori rurali;
tale effetto che inasprisce il divario tra il Nord ed il Meridione era emerso sin dalla trattazione delle disposizioni transitorie di cui al regolamento (UE) 2020/2220 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 dicembre 2020;
occorre, a tal proposito, ricordare la ferma posizione del commissario europeo all'agricoltura Janusz Wojciechowski, che sulla questione generale dei fondi destinati allo sviluppo rurale ha affermato che le somme del FEASR del secondo pilastro sono esclusivamente destinate a colmare il divario tra le aree più evolute e le aree più povere e marginali; un'indicazione che, peraltro, dovrebbe valere sia per il biennio di transizione che per la nuova programmazione;
tenuto conto che:
i criteri per la ripartizione dei fondi FEASR individuati dal Ministro vengono definiti "oggettivi", in grado di allocare le risorse in maniera equa fra tutte le regioni; tale principio (già utilizzato per l'applicazione delle risorse assegnate per il de minimis) è destinato a soddisfare esigenze emergenziali volte al risarcimento di un danno. Le risorse del FEASR, invece, sono esclusivamente destinate a ridurre il divario tra le aree più ricche e quelle più povere. Pertanto, è del tutto evidente come la logica del de minimis non possa essere quella che accompagna la distribuzione del FEASR tra le diverse aree del nostro Paese;
dalla proposta sembrerebbe non emergere alcun elemento di analisi globale della totalità dei fondi PAC (primo e secondo pilastro); manca una valutazione tecnica e politica dell'impatto economico-sociale sui territori agricoli e rurali del Paese e sui redditi delle aziende agricole;
sarebbe opportuno, invece, ricercare e studiare nuovi criteri di riparto, che rispondano ad obiettivi generali di sviluppo rurale e non in grado di privilegiare soltanto quelle regioni che possono contare su risorse proprie oppure dove si concentrano le principali produzioni agricole nazionali. Dal punto di vista economico, la proposta determinerebbe un impatto preoccupante sul piano finanziario dei programmi di sviluppo rurale delle regioni del Sud, mettendo a rischio le politiche di investimenti e di tutela dell'ambiente e dei territori rurali coinvolti. La prima proposta di mediazione del Ministro, purtroppo, penalizza tutte le regioni del Sud in maniera assurda, la sola Basilicata perderebbe oltre 25 milioni di euro;
al di là degli auspicabili intenti di riequilibrio tra le aree del Paese, negli ultimi anni la tendenza è stata quella di non ripartire la spesa pubblica nazionale per il settore agricolo in maniera equa; le risorse nazionali per l'agricoltura oggi si concentrano maggiormente nelle aree forti del Paese,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo intenda fornire chiarimenti su quanto esposto;
se non ritenga che la proposta ministeriale, che prevede i criteri di ripartizione dei fondi europei assegnati all'Italia nell'ambito dello sviluppo rurale per il biennio di transizione 2021-2022, non sia altamente penalizzante per le regioni del Sud e, conseguentemente, debba essere immediatamente modificata;
se non ritenga che vada trovata una soluzione rispettosa dei criteri storici per definire il riparto dei fondi FEASR per la proroga biennale del PSR. Occorre evitare assolutamente il taglio di tali fondi all'agricoltura del Mezzogiorno o, quantomeno, ridurlo drasticamente rispetto a quanto si sta ipotizzando; mentre l'Europa si preoccupa perché maggiori risorse vengano assegnate al Sud del nostro Paese per consentire la ripartenza e ridurre il forte divario esistente rispetto al Nord, acuito maggiormente dalla pandemia, pare che il Governo, nel settore agricolo, tenda a muoversi in direzione opposta.