Il 3 giugno è stato presentato il Rapporto "Lo stato dell’ambiente in Europa nel 2020", redatto dall'Agenzia europea per l'ambiente (AEA). La presentazione, in videoconferenza con il Presidente del Parlamento europeo, ha visto presentati altresì l'Annuario dei dati ambientali dell'Ispra e il rapporto ambiente di sistema, realizzato nell'ambito del sistema a rete per la protezione ambientale (SNPA) integrato nella rete europea per la raccolta e l'analisi dei dati ambientali.

Il rapporto europeo 2020 evidenzia l'urgenza di un cambio di rotta per affrontare le sfide poste dai cambiamenti climatici, invertire il processo di degrado dell'ambiente e assicurare il benessere alle generazioni future. Il documento sollecita i paesi, i leader e i responsabili politici europei a cogliere l’opportunità di sfruttare i prossimi dieci anni per potenziare e accelerare drasticamente le misure finalizzate a riportare l’Europa sulla traiettoria giusta per raggiungere i propri obiettivi e le proprie finalità - di medio e lungo termine - in campo ambientale, al fine di evitare cambiamenti e danni irreversibili.

Evidenzia, al riguardo, come l’attuale gamma di misure politiche europee fornisca una base essenziale per i progressi futuri ma non sia di per sé sufficiente, in base agli attuali andamenti, per raggiungere gli obiettivi ambientali europei al 2030 e al 2050. Per migliorare, sottolinea l'Agenzia, l’Europa deve affrontare alcune sfide in modo diverso e deve ripensare i propri investimenti.

In tale prospettiva, il documento si sofferma sulla centralità di promuovere l’innovazione e la sperimentazione, per consentire la diffusione di nuove idee e approcci e per garantire un cambiamento strutturale idoneo a produrre risultati positivi ed equi.

Nell'ottica di conseguire gli obiettivi europei per un futuro sostenibile e per una 'transizione giusta', che coniughi tutela ambientale e sociale, il documento evidenzia poi la necessità di attuare le politiche e migliorarne, soprattutto, il coordinamento.

Il documento evidenzia come il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e dell’accordo di Parigi richieda un’azione urgente nei prossimi 10 anni: l’Europa non raggiungerà il suo obiettivo di sostenibilità basata sul «vivere bene entro i limiti del nostro pianeta» semplicemente promuovendo la crescita economica e cercando di 'gestire gli effetti collaterali dannosi'. Piuttosto - conclude l'Agenzia europea- la sostenibilità deve diventare il principio guida per politiche e azioni ambiziose e coerenti in tutta la società. Per favorire profondi cambiamenti occorrerà che tutte le aree e tutti i livelli di governo lavorino insieme e sfruttino l’ambizione, la creatività e il potere di cittadini, imprese e comunità. Nel 2020, l’Europa ha un’occasione unica per guidare la risposta globale alle sfide della sostenibilità, evidenzia il Rapporto: "Adesso è il momento di agire".

La presente Nota illustra le principali evidenze del Rapporto dell'Agenzia europea - redatto in stretta collaborazione con la rete europea di informazione e di osservazione in materia ambientale (Eionet) e a cui hanno contribuito esperti e scienziati in campo ambientale - soffermandosi poi sulle aree individuate quali prioritarie per le scelte di politiche per l'ambiente.

Dati di sintesi sono altresì riportati sulla specifica situazione dell'Italia (si veda l'apposito box), alla luce del più aggiornato Annuario dell'Ispra, anche con riguardo allo stato della biodiversità.

Il Rapporto SOER 2020

L’ambiente in Europa: stato e prospettive nel 2020 (The European environment state and outlook 2020, nell'acronimo 'SOER' 2020) è il rapporto pubblicato dall'Agenzia europea per l'ambiente (AEA) ogni cinque anni, come previsto nel suo regolamento istitutivo. Il SOER 2020 è quindi il sesto rapporto SOER pubblicato dall’AEA, dal 1995, e contiene informazioni e dati sui temi di tutela ambientale, quali il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e l’inquinamento di aria e acqua.

Il rapporto è redatto in stretta collaborazione con la rete europea di informazione e di osservazione in materia ambientale (Eionet) dell’AEA. Il documento ricorda come la relazione si basa inoltre sulla vasta competenza dei maggiori esperti e scienziati dell’Eionet in campo ambientale, provenienti dai 33 paesi membri del SEE e da sei paesi cooperanti.

L’Agenzia europea dell’ambiente è un’agenzia dell’UE istituita ai sensi del regolamento (CE) n. 1210/90 del Consiglio. Il regolamento ha istituito la rete europea d’informazione e di osservazione in materia ambientale (Eionet) in qualità di rete di partenariato di 33 paesi membri (28 Stati membri dell’UE insieme a Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Svizzera e Turchia) e sei paesi cooperanti (Albania, Bosnia-Erzegovina, Macedonia del Nord, Montenegro, Serbia e Kosovo, ai sensi della risoluzione 1244/99 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e conformemente al parere della Corte internazionale di giustizia sulla dichiarazione di indipendenza del Kosovo). Il mandato dell’EEA è di collaborare con Eionet per fornire conoscenze in modo che le parti interessate delle istituzioni dell’UE e dei paesi Eionet possano prendere decisioni informate sul miglioramento dell’ambiente in Europa e sulla promozione della sostenibilità.

Il Rapporto SOER 2020, pubblicato in via anticipata in occasione della presentazione del Green new deal europeo per fornire i dati di sistema sui temi ambientali, è la più completa valutazione ambientale con riferimento allo stato dell'Europa e delinea un quadro della situazione europea con riferimento al raggiungimento degli obiettivi strategici del 2020 e del 2030 nonché di quelli a più lungo termine del 2050 per il conseguimento di un futuro sostenibile.

Il documento si compone di tre parti di analisi e di una quarta parte inerente le conclusioni emerse dalle analisi svolte, con l'indicazione di aree chiave di policy (su veda, di seguito, l'apposito paragrafo).

In sintesi, la parte prima comprende due capitoli relativi al contesto globale ed europeo e agli andamenti in relazione agli sforzi dell’Europa verso la sostenibilità, con un riferimento alle politiche europee e agli obiettivi di lungo termine della sostenibilità su ambiente e sfide climatiche. La parte seconda si sofferma sugli obiettivi in materia di clima e ambiente nel framework 2020-2030, con 12 capitoli dedicati a tematiche specifiche quali la biodiversità, l’acqua, il territorio ed il suolo, l’ambiente marino, il cambiamento climatico con gli aspetti della mitigazione e dell'adattamento, l’inquinamento dell’aria, i rifiuti, l’inquinamento da sostanze chimiche, l’inquinamento acustico, e l’inquinamento industriale; il capitolo 13 analizza il ruolo dei settori nella raggiungimento degli obiettivi di politica ambientale, sottolineando il SOER 2020 le interconnessioni tra i temi e la complessità ditali interconnessioni, rispetto al precedente rapporto del 2015.

Il rapporto si sofferma altresì sugli strumenti utilizzati per le analisi, evidenziando i dati posti a base delle valutazioni in un’ottica di robustezza e trasparenza delle evidenze emerse, richiamando gli indicatori e le valutazioni di impatto in termini ambientali (innovative sustenaibility assessments).

La parte tre è dedicata alle prospettive in termini di sostenibilità, individuando sistemi chiave nel rapporto tra produzione e consumo quali energia, mobilità e cibo. La parte quarta include riflessione sulle implicazioni dei risultati e sulle azioni da intraprendere, rinviando anche allo sviluppo di un report sulla "conoscenza per l’azione" di prossima pubblicazione nel 2020 da parte dell’agenzia.

Rispetto al precedente Rapporto, il SOER 2020 evidenzia che l'Europa, secondo quanto sottolineato alla presentazione stessa del Rapporto, non riuscirà a centrare gli obiettivi fissati per il 2030 senza un intervento urgente, nell’arco dei prossimi dieci anni, che affronti, tra i temi più rilevanti, l’allarmante tasso di perdita di biodiversità, e gli effetti - sempre maggiori - dei cambiamenti climatici nonché l’eccessivo sfruttamento delle risorse naturali.

Si ricorda che la visione generale dell’ambiente e della società dell’Europa è delineata nel Settimo programma di azione per l’ambiente (7° PAA), il quale prevede che entro il 2050 vivremo nel rispetto dei limiti ecologici del nostro pianeta. Prosperità e ambiente sano saranno basati, secondo il Programma d'azione, su un’innovativa economia circolare senza sprechi, in cui le risorse naturali sono gestite in modo sostenibile e la biodiversità è protetta, valorizzata e ripristinata in modo tale da rafforzare la resilienza della nostra società. Il documento ricorda le priorità delle politiche ambientali a livello UE, quali:1) conservare e migliorare il capitale naturale dell’Unione europea; 2) trasformare l’UE in un’economia a basse emissioni di carbonio, efficiente nell’impiego delle risorse, verde e competitiva; e (3) proteggere i cittadini dell’UE da pressioni legate all’ambiente e da rischi per la salute e il benessere. Si ricorda altresì l'adozione di una serie di politiche quadro strategiche incentrate sulla trasformazione dell’economia dell’UE e di sistemi specifici, quali energia e mobilità, per realizzare prosperità ed equità, proteggendo nel contempo gli ecosistemi; a tale quadro si aggiungono gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (SDGs), integrati dall'Ue nelle proprie politiche.

Si ricorda che con l’Agenda 2030 le Nazioni Unite hanno individuato 17 Obiettivi per lo sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals o SDGs) articolati in 169 Target da raggiungere entro il 2030 in ambito ambientale, economico, sociale e istituzionale. Ogni Paese del mondo dovrà sviluppare una propria Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile. I 17 obiettivi hanno natura trasversale e vanno, ad esempio, dalla lotta alla povertà nel mondo alla promozione della salute, dall’eguaglianza di genere alle azioni di inclusione sociale, dalle misure di contrasto al cambiamento climatico all’uso sostenibile delle risorse naturali. Per approfondimenti sulla integrazione degli SDGs nelle politiche europee, si veda anche la documentazione in materia.

Interessante notare che il documento evidenzia, richiamando studi del 2019 (pagina 48 del documento, nella versione integrale) che la pressione sull'ambiente associata al consumo finale in Europa è più alta della media mondiale; recenti ricerche suggeriscono che l’Unione Europea costituisca un 'importatore netto di impatti ambientali': molti prodotti acquistati nel commercio internazionale sono prodotti in regioni con bassi costi di produzione e deboli regolamentazioni ambientali, e i prezzi del commercio internazionale di tali prodotti raramente incorporano i costi delle esternalità ambientali.

Ricordando i dati relativi alla crescita e allo sviluppo, il documento ricorda come lo sviluppo costituisca al contempo causa di danni diffusi agli ecosistemi. A livello globale, circa il 75 % dell’ambiente terrestre e il 40 % dell’ambiente marino sono adesso 'gravemente alterati', sottolinea il Rapporto, con una perdita eccezionalmente rapida della biodiversità e specie a rischio di estinzione più ora che in tutta la storia dell’umanità. Tale situazione viene indicata quale 'sesta estinzione di massa'.

La figura mostra l’impronta ecologica - vale a dire quell'indicatore complesso utilizzato per valutare il consumo umano di risorse naturali rispetto alla capacità della Terra di rigenerarle - come proxy, intesa come rappresentazione, dei limiti ambientali. Il documento ricorda come esistano anche altri approcci, richiamando ad esempio analisi recenti basate su indicatori di livelli di pressione nazionale sull’ambiente e indicatori di outcome sociali per 150 paesi, in cui è emerso che nessun paese risponde ai bisogni basici dei propri cittadini a livelli di sostenibilità globale nell’uso delle risorse (O’Neill et al., 2018, cit. a pag. 49 della versione integrale).

La necessità di un approccio sistemico

Il Rapporto si sofferma sulla importanza di un approccio sistemico: la complessità dei sistemi ambientali può implicare un considerevole ritardo tra la riduzione delle pressioni e il miglioramento del capitale naturale, della salute e del benessere degli esseri umani. I risultati ambientali, come la perdita della biodiversità, sono infatti spesso determinati da diversi fattori, e l’efficacia delle misure strategiche e dell’impegno della gestione locale può essere controbilanciata da fattori esterni, quali sviluppi globali come l’aumento delle popolazioni, della produzione economica e dell’uso delle risorse, tutti aspetti che influenzano la situazione in Europa. Inoltre, le interconnessioni tra sistemi implicano che il cambiamento produce spesso imprevisti, come, a titolo esemplificativo, nel caso di vantaggi derivanti dalla tecnologia, i quali possono venir compromessi dai cambiamenti nello stile di vita, in parte a causa di c.d. «effetti di rimbalzo» (quando i miglioramenti dell’efficienza comportano risparmi sui costi che consentono, a loro volta, un aumento dei consumi). In tal senso, l'Agenzia europea evidenzia il corpus crescente di ricerche e prassi volte a fornire approfondimenti su com’è possibile realizzare cambiamenti sistemici fondamentali, quali processi 'a lungo termine' che dipendono in modo critico dalla nascita e dalla diffusione di diverse forme di innovazione e che innescano modi di pensare e diversi stili di vita. Ciò - sottolinea il documento - ha conseguenze che rivestono importanza per la governance, dato che tali approcci presentano un ruolo significativo per il decisore pubblico, che assume sì particolare rilievo sul piano della 'pianificazione' dall’alto svolge, e - sotto non meno significativo profilo - indica come "i governi devono anche trovare modi per sfruttare il potere di cittadini, comunità e imprese".

La relazione dell’Agenzia europea dell’ambiente, pur evidenziando le criticità richiamate, si sofferma anche sulla maggiore consapevolezza generale circa la necessità di cambiare talune azioni, verso un futuro sostenibile, anche attraverso l’adozione di innovazioni tecnologiche; tra le iniziative comunitarie ed il potenziamento delle misure dell’UE si richiamano le misure del Green Deal europeo.

Si ricorda che a livello europeo nel dicembre 2019 la Commissione europea ha presentato il Green Deal (COM(2019)640), la nuova strategia di crescita dell'Ue volta a far si che l'Unione diventi il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050. Nell'ambito del Green Deal, nel gennaio 2020 è stato presentato "il Piano di investimenti per un'Europa sostenibile" (COM(2020)21), che rappresenta il pilastro investimenti del Green Deal europeo, il cui obiettivo è mobilitare investimenti sostenibili privati e pubblici nel prossimo decennio.

Si ricorda peraltro come risorse nell'ottica della transizione verde sono state annunciate anche dalle istituzioni europee (segnatamente, dalla BEI) nell'ambito del piano di aiuti per la ripresa conseguente alla pandemia in corso nell'ambito dei piani di sostegno ai Paesi europei al vaglio delle istituzioni.

Un bilancio dello stato dell'ambiente: miglioramenti conseguiti, problemi aperti

Dalla relazione 2020 emerge che, riducendo le emissioni di gas a effetto serra, l’Europa ha già compiuto notevoli progressi nel corso degli ultimi vent’anni in termini di mitigazione dei cambiamenti climatici. Segnali di miglioramento sono evidenziati con riferimento a specifici settori, quali:

  • misure per contrastare l'inquinamento atmosferico
  • controllo del fenomeno dell'inquinamento idrico
  • l’adozione di nuove politiche per affrontare il problema dei rifiuti di plastica
  • strategia per l’adattamento ai cambiamenti climatici
  • l’economia circolare e la bioeconomia.

Il documento si sofferma anche sul tema della finanza sostenibile dell’UE, che riconosce il ruolo del settore finanziario nell’indirizzare la necessaria transizione ecologica e indirizzare lo sviluppo verso un futuro sostenibile.

Nel complesso le tendenze ambientali in Europa tuttavia non appaiono migliorate dall’ultimo rapporto sullo stato dell’ambiente pubblicato dall’AEA nel 2015.

La valutazione illustra le criticità che caratterizzano la larga parte degli obiettivi per il 2020, concentrandosi soprattutto sulle tematiche della tutela della biodiversità, quale aspetto particolarmente critico.

Si rileva come gli obiettivi di tutela della biodiversità sono ancora da raggiungere, pur sottolineandosi la possibilità di centrare quelli a più lungo termine per il 2030 e il 2050.

Si sottolinea, d'altra parte, come l’Europa abbia compiuto importanti progressi per quanto riguarda l'ambito dell’efficienza delle risorse.

Inoltre, significativi progressi vengono raggiunti nell'ambito dell’economia circolare.

Per economia circolare si intende un nuovo modello economico volto a valorizzare ogni fase dalla catena del valore, dall'estrazione delle materie prime alla progettazione dei materiali e dei prodotti, dalla produzione alla distribuzione e al consumo dei beni, dai regimi di riparazione, rifabbricazione e riutilizzo alla gestione e al riciclaggio dei rifiuti, coinvolgendo tutti gli attori, sia dal lato della produzione che del consumo. Un sistema in cui i materiali e l'energia utilizzati per fabbricare i prodotti mantengono il loro valore il più a lungo possibile, i rifiuti sono ridotti al minimo e si utilizzano quante meno risorse possibili. Si segnala che l'11 marzo scorso la Commissione europea ha presentato un nuovo piano d'azione sull'economia circolare, incentrato sugli aspetti relativi alla progettazione dei prodotti, alla responsabilità dei consumatori nonché sui settori che utilizzano risorse con elevato potenziale di circolarità (es. nei settori tessile, della plastica, dell'elettronica).

Si ricorda a tale riguardo che il pacchetto dell'economia circolare è attualmente all'esame delle Commissioni ambiente di Camera e Senato, per il recepimento del quadro delle direttive europee in materia. Per approfondimenti, si vedano gli A.G. 166, 167, 168 e 169.

Il Rapporto ricorda tuttavia un rallentamento dei progressi di tutela ambientale in ambiti importanti quali la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, le emissioni industriali e la produzione di rifiuti; si menziona altresì in tale ambito il piano del miglioramento dell’efficienza energetica e la percentuale di energia rinnovabile.

In prospettiva, in base agli andamenti registrati, si afferma quindi, nonostante i progressi registrati, la necessità di un impegno focalizzato e rafforzato volto al conseguimento degli obiettivi energetici e climatici per il 2030 e il 2050, considerato che il ritmo dei progressi attuali non appare in grado di garantire il raggiungimento degli obiettivi energetici e sul clima.

Come sopra ricordato, le maggiori criticità sono evidenziate con riguardo alla protezione e alla conservazione della biodiversità europea e della natura.

Nel dettaglio, si evidenzia che dei 13 obiettivi strategici specifici fissati per il 2020 in tale settore, hanno buone probabilità di essere raggiunti solo i due goal relativi alla designazione di zone marine e di zone terrestri protette. A trend invariati, il Rapporto denuncia al 2030, che il deterioramento dell’ambiente naturale si aggraverà in modo tale da determinare per aria, acqua e suolo un persistente stato di inquinamento.

A tale riguardo, l'agenzia europea riconosce come le politiche UE sull'ambiente abbiano avuto più efficacia nel ridurre e contenere l'impatto della pressione sull'ambiente, e meno nel promuovere il capitale naturale e la salute umana.

Si ricorda a tale riguardo che la Corte dei conti europea ha pubblicato la recente relazione speciale 13/2020 Biodiversità nei terreni agricoli: il contributo della PAC non ne ha arrestato il declino”, in cui si svolgono considerazioni critiche sulla politica agricola europea e i suoi impatti in termini ambientali. La politica agricola comune (PAC), rileva la Corte, non è stata efficace nell’invertire il declino della biodiversità che dura ormai da decenni e l’agricoltura intensiva resta la principale causa di perdita di biodiversità. La Corte ha rilevato carenze nella strategia dell’UE sulla biodiversità fino al 2020 e nel suo coordinamento con la PAC, evidenziando come il monitoraggio operato dalla Commissione sulla spesa PAC per favorire la biodiversità sia inaffidabile e la maggior parte dei finanziamenti della PAC abbia scarso impatto su di essa; alcuni regimi della PAC presentano maggiori potenzialità ai fini del miglioramento della biodiversità, ma la Commissione e gli Stati membri hanno privilegiato, secondo i rilievi della Corte, le opzioni a basso impatto. Per approfondimenti si veda qui.

In Italia, dati sulla specifica situazione nazionale sono disponibili nel Terzo Rapporto sul Capitale naturale dell'Ispra, che - come ricordato dall'Istituto di ricerca italiano - ha compito di evidenziare ai policy makers il fondamentale ruolo ricoperto dal Capitale Naturale italiano rispetto al sistema socio-economico del Paese, elaborando schemi concettuali, migliorando la conoscenza e affinando modelli di misurazione del Capitale Naturale e degli impatti delle politiche su esso (su cui si veda il box, infra).

Il documento dell'Agenzia europea per l'ambiente si sofferma poi sugli effetti dei cambiamenti climatici, considerando altresì i profili dell’inquinamento atmosferico e acustico sull’ambiente e la salute umana.

Si sottolinea la grave situazione che i dati mostrano in tale ambito. In particolare, quanto all'inquinamento dell'aria, si ricorda come l’esposizione al particolato è responsabile di circa 400.000 decessi prematuri in Europa ogni anno.

I dati mostrano un'incidenza delle malattie respiratorie e delle morti premature connesse all'inquinamento ambientale pari a tre volte quella di Aids, tubercolosi e malaria combinati, fa presente la Relazione dell'Agenzia.

Più nel dettaglio, il documento riporta analisi delle strategie di adattamento e mitigazione, oltreché dati specifici sul cambiamento del clima, anche con riferimento ai fenomeni meteorologici e ai rischi per il territorio (si vedano in particolare le pagg. 170 e ss del documento integrale, disponibile in inglese).

In estrema sintesi, si segnala che il documento riporta che le emissioni di gas serra sono diminuite del 22% tra il 1990 al 2017 in ragione di politiche volte alla riduzione delle emissioni e la quota di energia rinnovabili è aumentata al 17,5% nel 2017 nell’ambito del consumo finale di energia. Le emissioni inquinanti di aria e acqua si sono ridotte con un totale di estrazione di acqua diminuita del 19% tra il 1990 e il 2015. I trend più recenti mostrano un aumento della domanda di energia e un andamento tale da non garantire il raggiungimento del target per l’efficienza energetica nel 2020: le emissioni dannose da trasporti e agricoltura sono altresì aumentate e il quadro al 2030 suggerisce che non saranno raggiunti nel 2030 né nel 2050 i target di clima ed energia. Inoltre a causa della mancata integrazione degli aspetti ambientali nelle politiche di settore si registrano impatti sulla biodiversità e sull’inquinamento di aria, acqua e suolo. Tra i successi raggiunti dall’Europa nella protezione dei rischi per la salute derivanti dall’ambiente viene menzionato il buon livello e l’alta qualità in Europa delle acque potabili, pur persistendo profili problematici in alcune aree soprattutto in relazione agli agenti chimici e al trattamento delle acque.

In linea con l'impegno nelle tematiche ambientali, a livello europeo nel dicembre 2019 la Commissione europea ha presentato il Green Deal (COM(2019)640), la nuova strategia di crescita dell'Ue volta a far sì che l'Unione diventi il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050. Nell'ambito del Green Deal, nel gennaio 2020 è stato presentato "il Piano di investimenti per un'Europa sostenibile" (COM(2020)21), che rappresenta il pilastro investimenti del Green Deal europeo, il cui obiettivo mobilitare investimenti sostenibili privati e pubblici per almeno 1.000 miliardi di euro nel prossimo decennio. Il Piano prevede anche la creazione di un fondo per le regioni più svantaggiate, il Fondo per la transizione giusta, la cui proposta legislativa è stata presentata sempre nel gennaio 2020 (COM(2020)22)(1) . Inoltre, sempre in relazione al Green Deal europeo è stata presentata la proposta di regolamento che istituisce il quadro per il conseguimento della neutralità climatica e che modifica il regolamento (UE) 2018/1999 (Legge europea sul clima) (COM(2020)80). Si segnala poi che il Parlamento europeo ha dato poi di recente il via libera definitivo a una nuova legislazione sugli investimenti sostenibili. Il testo stabilisce sei obiettivi ambientali e consente di etichettare un'attività economica come sostenibile dal punto di vista ambientale, se questa contribuisce ad almeno uno degli obiettivi approvati, senza danneggiare significativamente nessuno degli altri. Gli obiettivi sono la mitigazione del cambiamento climatico e l'adattamento; l’uso sostenibile e la protezione delle risorse idriche e marine; la transizione verso un'economia circolare, compresa la prevenzione dei rifiuti e l'aumento dell'assorbimento di materie prime secondarie; la prevenzione e il controllo dell'inquinamento; e la protezione e il ripristino della biodiversità e degli ecosistemi, con l'obiettivo di incrementare gli investimenti verdi nella sfera pubblica e privata.

Si ricorda che, a livello nazionale, l'Italia ha adottato misure per fronteggiare l'nquinamento atmosferico e porre rimedio alle procedure di infrazioni aperte in materia, con il decreto-legge n. 111 del 2019, c.d.D. L. clima, su cui si veda, per approfondimenti, i relativi dossier comprensivi delle modifiche apportate dal Parlamento in sede di conversione e del quadro delle procedure di infrazione pendenti per l'Italia. Norme a livello nazionale sono state altresì adottate con la legge di bilancio 2020, con un green deal nazionale e la previsione di un Fondo per il finanziamento di investimenti verdi, per il cui approfondimento si veda il dossier sulla legge di bilancio 2020 dei Servizi Studi di Camera e Senato.

Inoltre, una attenzione viene dedicata alle sostanze chimiche pericolose, auspicando una crescente integrazione delle politiche sull’ambiente e per la salute.

In relazione ai differenti ambiti analizzati, il documento evidenzia come la complessità dei processi di transizione implica inoltre la necessità di coordinare e orientare le azioni all’interno della società verso obiettivi di sostenibilità a lungo termine.

Linee di sviluppo per un futuro sostenibile: le principali aree di policy

Il Rapporto si sofferma sulle linee concretamente perseguibili per un miglioramento delle politiche ambientali.

Il rapporto delinea infatti sette aree chiave - si veda, sul sito dell'AEA, il documento di sintesi, ed in particolare le highlights elaborate dall'Agenzia - in cui "è necessaria un’azione coraggiosa per rimettere l’Europa in carreggiata affinché possa raggiungere gli obiettivi e le ambizioni fissate per il 2030 e il 2050".

Per implementare la visione dell’Europa sostenibile e a basse emissioni di carbonio, le priorità di azione individuate consistono nel:

  • Realizzare il potenziale non sfruttato delle attuali politiche ambientali: una piena attuazione delle politiche esistenti farebbe già avanzare notevolmente l’Europa verso il raggiungimento degli obiettivi ambientali per il 2030.
  • Adottare la sostenibilità come quadro di riferimento per l’elaborazione delle politiche in senso ampio. In tal senso, si richiama lo sviluppo di quadri strategici a lungo termine con obiettivi vincolanti – inclusivi del sistema alimentare, delle sostanze chimiche e del tema dello sfruttamento del suolo – per stimolare azioni coerenti in vari settori d’intervento e nella società.

Vale ricordare come, in Italia, le interconnessioni tra le diverse politiche con riguardo all'obiettivo della sostenibilità sia oggetto di monitoraggio e proposte da parte dell'Asvis (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile); in particolare, tra le proposte avanzate, con riferimento al vaglio di sostenibilità, vi è un sistema di valutazione, ex ante oltreché ex post, delle misure legislative, in rapporto agli obiettivi di sviluppo sostenibile posti dall'Agenda 2030 (per approfondimenti, si veda qui ).

  • Adottare, da parte dell'Unione, una posizione di guida dell’azione internazionale verso la sostenibilità, utilizzando la propria influenza diplomatica ed economica per promuovere l’adozione di accordi internazionali ambiziosi in settori quali la biodiversità e l’uso delle risorse.
  • Promuovere l’innovazione nella società, al fine di innescare nuovi modi di pensare e di vivere.
  • Aumentare gli investimenti e riorientare il settore finanziario per supportare progetti e imprese sostenibili Per raggiungere questo obiettivo ed investire nel futuro, si fa riferimento nel documento al pieno uso dei fondi pubblici per sostenere l’innovazione, aggiudicando appalti sulla base di criteri di sostenibilità, con un sostegno alle regioni e ai settori interessati. A tal fine, si ricorda la necessità di orientare il settore finanziario verso investimenti sostenibili attraverso l’attuazione ed il miglioramento del piano d’azione sulla finanza sostenibile dell’UE.
  • Gestire i rischi e garantire una transizione socialmente equa. Con riferimento a tale obiettivo di coniugare gli obiettivi ambientali con quelli sociali, si indica la centralità anche delle politiche nazionali oltreché dell’UE, che svolgono un ruolo essenziale nella realizzazione di “transizioni giuste”, assicurandosi che nessuno rimanga indietro.

Il legame tra i temi della sostenibilità ambientale e l'equità sociale sono al centro di un ampio dibattito. Si ricorda che, a livello delle istituzioni europee, gli obiettivi di una transizione giusta sono al centro del sistema di finanziamento delineato con il Just Transition Fund, nell'ambito del Pacchetto Green Deal europeo sopra citato; al riguardo, è ora stato presentato al riguardo l'Atto dell'Unione europea n. COM(2020) 460 definitivo che reca la Proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Fondo per una transizione giusta. Il Meccanismo per una transizione giusta, già presentato a livello europeo a gennaio 2020, ha l’obiettivo di mobilitare investimenti nel periodo 2021-2027 specificamente destinati alle regioni più esposte alle ripercussioni negative della transizione a causa della loro dipendenza dai combustibili fossili o da processi industriali ad alta intensità di gas a effetto serra. La Commissione europea riporta, in occasione del pacchetto di misure proposte per il Green Deal, che in 108 regioni europee sono presenti infrastrutture del settore carbonifero e quasi 237 mila persone sono impiegate in attività connesse al carbone, mentre quasi 10 mila persone sono impiegate in attività di estrazione e circa 6 mila nell'industria ad altissime emissioni di biossido di carbonio connesse. Nella Relazione che accompagna la proposta COM(2020)460 la Commissione europea evidenzia ora come la comparsa del Covid-19 ha spinto i Governi ad adottare misure senza precedenti per contenere la pandemia, e come ciò abbia determinato un calo produttivo in molte economie, per cui le differenze esistenti tra Stati e regioni in termini di capacità di combattere gli effetti della crisi potrebbero tradursi in una ripresa asimmetrica e comportare un aumento delle disparità regionali, con ripercussioni negative sul mercato interno della zona euro e sull'Unione europea tutta. In tale contesto occorre quindi proseguire, evidenzia la Commissione, nell'accelerare gli investimenti nella transizione verde anche per rafforzare la resilienza dell'economia europea agli shock futuri.

  • Creare più conoscenze e competenze. Tale raccomandazione di policy evidenzia il contesto di rapido mutamento della fase attuale, che implica la centralità di investire in istruzione e competenze.


La situazione italiana: alcuni dati dell'Ispra

Il 3 giugno, unitamente al Rapporto SOER 2020, nella videoconferenza di presentazione tra istituzioni italiane ed europee, è stato altresì presentato l’Annuario dei dati ambientali 2019 dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), che reca la fotografia dello stato dell’ambiente in Italia. Il quadro delineato a livello italiano, realizzato con il contributo delle Agenzie regionali e delle province autonome nell'ambito del Sistema Nazionale per la Protezione dell'ambiente (SNPA), delinea un "report intertematico" (basato, come spiegato sul sito dell'Istituto, sul modello DPSIR - Determinanti, Impatti, Stato, Risposte), e descrive le condizioni delle matrici ambientali fondamentali con riferimento a venti aree tematiche e relativi set di indicatori ambientali. Dati con riferimento alle realtà regionali sono altresì pubblicati nel Rapporto ambiente di sistema della citata rete Snpa.

L'Annuario dei dati ambientali 2019 evidenzia come l'Italia, con 60mila specie animali e 12mila vegetali, è uno dei Paesi europei più ricchi di biodiversità e con livelli elevatissimi di endemismo (specie esclusive del nostro territorio). Un patrimonio che vede però alti livelli di minaccia per flora e fauna. Vengono richiamate tuttavia le funzioni di contrasto al degrado della Rete Natura 2000 e del Sistema delle aree protette italiane: quelle terrestri sono 843 e coprono il 10,5% del territorio nazionale, 29 le aree marine protette, 2.613 i siti della Rete Natura 2000 (19,3% del territorio nazionale). In ordine alla fauna, tra i vertebrati i pesci d’acqua dolce sono più minacciati (48%), gli anfibi (36%), i mammiferi (23%). Tra le piante più tutelate dalle norme Ue, il 42% è a rischio. Le minacce più gravi vengono dal costante aumento delle specie esotiche introdotte in Italia - più di 3.300 nell’ultimo secolo - dal degrado, dall’inquinamento e dalla frammentazione del territorio. In buono stato solo il 48% dei fiumi e il 20% dei laghi italiani.

Osserva il rapporto come, nonostante gli sforzi, la protezione dei cittadini da pressioni e rischi ambientali per la salute e il benessere deve registrare il superamento dei valori limite e degli obiettivi previsti dalla legislazione per il materiale particolato, il biossido di azoto, l’ozono troposferico e il benzo(a)pirene in diverse parti dell’Europa, con un quadro di valori che rende gli obiettivi più stringenti dell’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) ancora lontani dall’essere raggiunti. Nel quadro europeo, l’Italia con il bacino padano, rappresenta una delle aree dove l’inquinamento atmosferico è più rilevante.

Nel medio periodo tuttavia si osserva, in Italia come in Europa, una riduzione significativa delle emissioni generalmente accompagnata da un trend decrescente delle concentrazioni. L'Annuario dell'Ispra evidenzia che in una prospettiva di medio-lungo periodo, 2020–2030, sarà necessario implementare misure aggiuntive per realizzare gli obiettivi europei, tramite l’adozione e l’attuazione di un Programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico come previsto dalla Direttiva 2016/2284/UE,

recentemente recepita in Italia (D.Lgs. del 30 maggio 2018 n. 81), fornendo il documento il dettaglio del valore limite annuale del PM10 40 μg/m³.

In base ai dati, in ordine alle temperature, si registra una crescita in Italia più che in altre parti del mondo, con un +1,71° nel 2018 a fronte del +0,98° a livello globale. Tale elemento porta l'Italia ad allontanarsi dagli obiettivi di contrasto dei cambiamenti climatici anche a livello europeo. Inoltre, si registra un picco per la temperatura dei mari italiani nel 2018, con un aumento di 1,08 gradi, rispetto al periodo 1961-1990.

Si ricorda che in Italia l'Ispra elabora uno specifico Rapporto sul Capitale naturale, ora giunto alla terza edizione, che approfondisce le analisi in termini di valutazione fisica di alcuni specifici stock del Capitale Naturale in ecosistemi marini, agricoli e forestali, e in termini di quantificazione degli impatti di alcune pressioni che insistono su di essi, quali i cambiamenti climatici e il consumo di suolo, con un focus particolare nella più recente edizione sui territori dei Parchi nazionali. Si evidenzia che l’azione negativa di queste pressioni, e la sovrapposizione delle stesse a livello territoriale, amplifica enormemente i danni per l’economia e per la società, e rende sempre più complesse le soluzioni per uno sviluppo economico e sociale sostenibile. Il Rapporto sul Capitale naturale in Italia propone due stime di valutazione monetaria dei Servizi Ecosistemici, la prima fornita dal Joint Research Centre (JRC) su scala europea e applicato all’Italia per la produzione di biomassa agricola, biomassa forestale, regolazione del clima e controllo del rischio di inondazione; e una seconda stima dell’ISPRA su scala nazionale per i servizi ricreativo, di impollinazione delle colture, di approvvigionamento idrico e di regolazione del rischio di alluvioni. Come evidenziato sul sito dell'Ispra, le stime ottenute forniscono un’indicazione del valore economico di una serie, non esaustiva, di Servizi Ecosistemici e avvicinano l’Italia alla realizzazione di una contabilità solida e continua nel tempo utile ad “integrare i valori degli ecosistemi e della biodiversità nelle pianificazioni nazionali e locali e nei processi di sviluppo”, come richiesto dall’Agenda 2030 (Target 15.9) e dalla Convenzione Internazionale sulla Diversità Biologica (Aichi Target 2 del Piano Strategico per la Biodiversità 2011-2020).

Il Comitato per il Capitale Naturale ribadisce nel 3° Rapporto sullo Stato del Capitale Naturale la necessità di rafforzare l’impegno affinché siano messe in atto le principali Raccomandazioni individuate nelle due prime edizioni del Rapporto, volte all’integrazione del Capitale Naturale nelle valutazioni e nei sistemi di monitoraggio delle politiche, nelle politiche economiche e nella pianificazione territoriale, con l’intento di assicurare un contributo significativo alla realizzazione degli obiettivi globali tracciati dall’Agenda 2030 per una crescita sostenibile che l’Italia deve continuare a perseguire per le generazioni presenti e future.

La tabella - tratta dal Rapporto SOER 2020 - reca le sintesi di tendenze precedenti, nonché di prospettive e probabilità di conseguimento degli obiettivi delle politiche, con riferimento ai diversi ambiti delle politiche ambientali.

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22 giugno 2020

a cura di Luana Iannetti

Ufficio ricerche nei settori dell'ambiente e del territorio


1) Il 28 maggio 2020 è stata presentata una proposta modificata (COM(2020)460), volta a incrementare le risorse del fondo a seguito della crisi socio-economica provocata dal Covid-19.