Senato della RepubblicaXVII LEGISLATURA
N. 2119
DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa del senatore STEFANO

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 29 OTTOBRE 2015

Norme in materia di contrasto al fenomeno del caporalato

Onorevoli Senatori. -- L'estate del 2015 passerà tristemente alla storia come quella che ha comportato nelle nostre campagne il bilancio più pesante in termini di perdita di vite umane, riaccendendo prepotentemente i riflettori sul cosiddetto «caporalato», un fenomeno antico assimilabile ad un vero e proprio schiavismo del terzo millennio, che nel tempo ha subìto una mutazione genetica che lo ha reso più difficile da identificare e da reprimere.

In un mondo sempre più globalizzato nel quale le interdipendenze tra fattori produttivi, la spinta al profitto e la competizione economica portano imprenditori poco avvezzi e senza scrupoli, soprattutto in periodi di recessione, a ridurre i costi di produzione ed a reperire manodopera a basso costo ed a condizioni fuori mercato, alto è il rischio che simili forme di «tratta» a scopo di sfruttamento della forza-lavoro diventino una componente strutturale di determinati settori produttivi poco immune dalla pervasività di gruppi criminali organizzati (le cosiddette agromafie) sempre più protesi a sfruttare la vulnerabilità sociale dei lavoratori, specialmente di quelli migranti. Un contesto, peraltro, fortemente condizionato anche dalla recente e rapida evoluzione del flusso migratorio che ha contribuito a segmentare il nostro mercato del lavoro e ad accrescere il dualismo tra l'occupazione regolare e quella sommersa.

Eppure solo fino a sette od otto anni fa nel nostro Paese prevalevano le tesi negazioniste, alla stregua di quelle altrettanto tragiche a proposito di mafia, oggi tristemente smentite dai fatti. Infatti, come evidenziato dal secondo rapporto «Agromafie e caporalato» curato dell'Osservatorio Placido Rizzotto, non solo il caporalato esiste, ma controlla ogni anno un giro d'affari di alcune decine di miliardi di euro, e dalla sua originaria dimensione locale ha dato vita al cosiddetto processo di «globalizzazione delle campagne», arrivando, con il suo esercito di lavoratori invisibili, a governare gran parte della filiera italiana di raccolta di frutta ed ortaggi.

I decessi della passata estate fotografano la complessità di una nuova dimensione del fenomeno, con un fronte molto variegato di situazioni: da una parte ci sono molti lavoratori italiani (soprattutto donne) che in questi anni hanno continuato a lavorare nei campi «sotto caporale» in condizioni sempre più precarie, come testimoniato dal triste sacrificio della signora Paola deceduta d'infarto nelle campagne di Andria, dall'altra si assiste al ritorno nei campi (anche in questo caso sotto caporale) di molti lavoratori che, complice la crisi, hanno perso il loro lavoro come idraulici, elettricisti, muratori, ex impiegati del terziario, ma tutti accomunati da modalità e da condizioni di lavoro loro imposte che imbarazzerebbero qualsiasi Paese che voglia definirsi civile. A tali lavoratori, infatti, viene chiesto (o meglio imposto) di aprire una partita Iva e di accettare contratti part-time ma che in realtà sono contratti a tempo pieno mascherati.

Così è venuto a delinearsi un nuovo mondo del lavoro bracciantile, estremamente stratificato nel quale risulta anche difficile ricomporre un fronte dei lavoratori.

Di più. Nel mutato contesto geopolitico degli ultimi anni i Paesi del bacino del Mediterraneo hanno assunto un'impropria funzione di ammortizzatore sociale per tutti quei profughi che scappano dai conflitti che infiammano le loro patrie in cambio di qualsiasi forma di occupazione anche pericolosa e sottopagata.

Tale scenario impone al Parlamento di adeguare un quadro normativo che, nonostante sia stato recentemente innovato grazie all'introduzione, alcuni anni orsono, nel nostro sistema giuridico di una nuova fattispecie di reato, quella di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro di cui all'articolo 603-bis del codice penale, non si è tuttavia rivelato capace di arginare un fenomeno che va estendendosi oltre i due tradizionali settori produttivi, come agricoltura ed edilizia, e sui quali è fino ad oggi proliferato, né, tantomeno, di contrastare quella nuova minaccia rappresentata da forme evolute di dumping sociale.

Un proficuo impegno per combatterlo richiederebbe la messa in campo di interventi di riforma di ampia prospettiva, frutto di un approccio multisciplinare, che contempli il coinvolgimento, nella loro fase di definizione, di diversi attori istituzionali e di autorevoli rappresentanti della comunità scientifica e sociale.

Nell'ambito di una riforma complessiva e di sistema, sarebbe opportuno introdurre nel nostro ordinamento strumenti appropriati come l'individuazione degli «indici di congruità», ossia parametri che definiscono il rapporto tra la quantità del prodotto, l’indice dei relativi prezzi e la quantità necessaria delle ore lavorate, sia quale condizione per godere delle agevolazioni comunitarie, nazionali e regionali, dirette o indirette che siano, pur consentendo un motivato scostamento da parte di quelle imprese che ottimizzino i fattori della produzione, sia quale strumento volto a indirizzare i controlli, al di fuori di ogni logica di casualità o peggio di arbitrarietà. È oltremodo pacifico che si debba tener conto dell'amplissima varietà di situazioni produttive al cui interno vanno definiti i suddetti singoli «indici di congruità», i cui scarti, in percentuale, sono il frutto della diversa combinazione dei fattori della produzione.

Gli «indici di congruità» rappresentano, pertanto, un importante intervento di politica economica diretto a penalizzare ed a rendere sempre più marginali quelle imprese che fondano la propria competitività sulla riduzione illecita del costo del lavoro, contribuendo ad orientare il flusso delle risorse pubbliche verso quelle aziende che invece garantiscono un corretto impiego della manodopera sulla base di un parametro di normalità tecnica. In quest'ottica la valutazione di congruità rappresenta un indubbio beneficio per le imprese regolari in quanto consente loro di ottenere una posizione di vantaggio rispetto alle aziende che praticano una concorrenza sleale fondata sull'impiego di manodopera non in regola. Gli stessi sono inoltre utili al fine di costruire una statistica dell'occupazione regolare, elaborata grazie ad una banca dati integrata con il sistema informatico dei Ministeri del lavoro e delle politiche agricole alimentari e forestali, delle regioni, delle università che svolgono dottorati di ricerca su tali fenomeni, dei centri per l'impiego, dell'INPS e delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale.

Così come sarebbe egualmente opportuno che i provvedimenti di concessione, i capitolati di appalto oppure i bandi con cui si concedono i finanziamenti alle aziende, siano corredati da apposite clausole che prevedano la revoca, a seguito di attività ispettiva che abbia accertato la commissione da parte delle imprese beneficiarie del reato di caporalato, delle erogazioni ottenute.

Un primo passo avanti nella direzione di una più incisiva attività di contrasto al fenomeno è rappresentato dalla istituzione, ai sensi dell'articolo 6 del decreto-legge n. 91 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2014, (cosiddetto decreto Crescita), della «Rete del lavoro agricolo di qualità», alla quale possono partecipare le imprese agricole di cui all'articolo 2135 del codice civile che non hanno riportato condanne penali, sanzioni, né sono soggette a procedimenti penali in corso, per violazioni della normativa in materia di lavoro e legislazione sociale ed in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto. Quindi l'adesione alla «Rete» certifica, come una sorta di «bollino etico di qualità», che l'azienda è in regola, condizione che pertanto la rende meno soggetta a controlli rispetto a chi non vi ha aderito. Invero, tali requisiti possono non essere sufficienti a tener fuori dai sistemi produttivi quelle aziende che praticano forme di sfruttamento del lavoro e della manodopera, come ampiamento dimostrato dal citato caso della bracciante agricola che la scorsa estate ha perso la vita nelle campagne di Andria, che lavorava per un'azienda agricola formalmente in regola con i suddetti requisiti.

Eppure, l'ultimo Report Istat sulla struttura delle aziende agricole, pubblicato lo scorso 2 settembre 2015, conferma l'importanza del lavoro agricolo di qualità e del valore, sociale ed economico di quelle aziende che puntano su più alti standard di tutela occupazionale, evidenziando, anzi, una forte crescita di quelle multifunzionali e capaci di diversificare le fonti di reddito. Per lo stesso Report l'occupazione tiene, e anzi risulta in aumento, nelle realtà più strutturate ed innovative, a riprova che il lavoro e l'impresa di qualità sono i binari su cui avviare una ripresa sostenuta e sana, capace di coniugare la competitività al consolidamento dei diritti dei lavoratori: una rappresentazione che conferma che in tema di sfruttamento del lavoro e di caporalato, è fondamentale dare piena attuazione alla «Rete del lavoro agricolo di qualità» e rendere operative le articolazioni territoriali della sua «cabina di regia».

Crediamo che l'incontro tra domanda ed offerta di lavoro non può svolgersi nelle piazze o nei crocevia di strade controllate dai caporali, ma piuttosto in spazi pubblici ed istituzionali all'uopo preposti attraverso l'istituzione di luoghi e piattaforme di coordinamento istituzionale che gestiscano il collocamento al lavoro.

Per sconfiggere il caporalato, accanto ad un sistema di misure che puniscano quelle imprese che si rendono complici dello sfruttamento illecito della manodopera, occorre prevedere un sistema premiale per valorizzare le imprese innovative, sane, strutturate, che intendono operare sul terreno nel pieno rispetto delle regole, sottoscrivendo un rinnovato modello contrattuale che, al fine di costruire un nuovo equilibrio tra impresa e lavoro, sostenga la crescita ed il lavoro, che garantisca diritti e tutele sindacali.

La regione italiana che si è aggiudicata il primato delle «buone pratiche» nel contrasto al lavoro non regolare, guadagnandosi per questo anche un premio dall'Unione europea, è stata la Puglia che con la sua legge regionale n. 28 del 2006 ha fatto da apripista di un percorso legislativo che arginasse il deprecabile fenomeno dell'intermediazione illegale di manodopera. La stessa Regione, inoltre, ha approvato il Documento denominato «CAPO FREE - GHETTO OFF», un piano di azione sperimentale per un'accoglienza dignitosa ed il lavoro regolare dei migranti in agricoltura, che, al fine di facilitare e favorire la più ampia partecipazione e la ottimale attuazione del programma per la «Certificazione etica regionale», prevede il rilascio alle aziende che vi aderiscono dopo la firma di apposito disciplinare, di un bollino etico denominato «Equapulia - No lavoro nero». All'atto della sottoscrizione con la Regione di questo protocollo, le organizzazioni datoriali delle imprese agricole, le organizzazioni dei produttori, i sindacati di categoria, le associazioni di settore della distribuzione commerciale e le organizzazioni dei consumatori, si impegnano a contrastare sull'intera filiera produttiva le pratiche di sfruttamento della manodopera.

Premesso tutto questo e partendo dal presupposto che il problema dell'economia sommersa venga affrontato predisponendo una strategia complessiva, che tenga conto sia degli aspetti riguardanti la vigilanza ed il controllo, sia di quelli più strettamente attinenti allo sviluppo settoriale e territoriale, fra gli obiettivi prioritari della presente proposta di legge si segnala quello di un sistema che premi gli imprenditori che perseguano obiettivi di sviluppo economico, rispettando le disposizioni contrattuali e di legge.

I punti cardine della presente proposta di legge possono sinteticamente riassumersi nei seguenti:

1) meccanismo che subordina l'osservanza delle leggi e dei contratti collettivi di lavoro da parte degli imprenditori per ottenere agevolazioni fiscali, finanziamenti comunitari, o partecipare a gare d'appalto (articoli 2 e 3);

2) introduzione di uno specifico bollino «capofree» per le produzioni agricole libere dal caporalato ed istituzione di una nuova fattispecie di reato di frode agro-industriale (articolo 10);

3) previsione di liste di prenotazione presso i centri territoriali dell'impiego alle quali gli aspiranti lavoratori possano iscriversi e dalle quali gli stessi datori di lavoro, in cerca di manodopera, possano attingere: un luogo istituzionale in cui domanda ed offerta di lavoro possano incontrarsi (articolo 8);

4) individuazione di «indici di congruità», adeguandoli al settore di produzione ed alla realtà territoriale alla quale si riferiscono, quale precondizione per godere di misure premiali fiscali ed agevolative (articolo 4);

5) potenziamento dell'attività ispettiva sul territorio nazionale potenziata dalla collaborazione delle forze dell'ordine locali (articolo 9);

6) erogazione di incentivi agli imprenditori che regolarizzino i rapporti di lavoro (articolo 2);

7) forme di reinserimento lavorativo per chiamata diretta per chi denuncia omissioni od irregolarità di aziende aderenti alla «Rete del lavoro agricolo di qualità» (articolo 10);

8) forme di salvaguardia per i quei lavoratori migranti privi di permesso di soggiorno che fanno emergere, con la propria denuncia, forme di sfruttamento della manodopera, come richiamate dalla direttiva 2009/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 giugno 2009, recepita ai sensi del decreto legislativo 16 luglio 2012, n. 109 (articolo 7);

9) affiancare, quale sanzione afflittiva per coloro che si macchiano del reato di caporalato ex articolo 603-bis del codice penale, la confisca dei beni (beni mobili ed immobili strumentali all'attività d'impresa e del raccolto), sul modello della legislazione antimafia (articolo 5);

10) in relazione al delitto di sfruttamento del lavoro di cui all'articolo 603-bis del codice penale, prevedere la responsabilità in solido tra produttore di beni primari e commercializzatore degli stessi, nonché la sospensione della partita Iva quale misura cautelare interdittiva che vada da un minimo di tre mesi ad un massimo di sei mesi (decreto legislativo n. 231 del 2001 sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica) (articolo 6);

11) inasprimento delle sanzioni pecuniarie già previste dall'articolo 603-bis del codice penale, previsione di forme di aggravamento delle stesse per quei soggetti minori che commettono il reato di caporalato, avviandoli ad un percorso rieducativo che contempli l'insegnamento dei diritti dei lavoratori (articolo 5);

12) promuovere l'operatività della «Rete del lavoro agricolo di qualità», grazie ad una maggiore sinergia istituzionale ed al coinvolgimento di tutte le articolazioni territoriali della cabina di regia, in primis enti territoriali e locali, anche al fine di orientare e rafforzare in modo collegiale l'attività ispettiva (articolo 10);

13) sostenere la mobilità alternativa nei campi, anche sperimentando forme di convenzione con le imprese di trasporto locale, al fine di sottrarre la funzione di trasportatore al caporale (articolo 10);

14) istituzione, in via sperimentale, nei luoghi di maggiore criticità di desk abilitati alla validazione dei buoni lavoro, cosiddetti voucher, che attestino l'effettivo orario e l'effettivo impiego della manodopera (articolo 8);

15) stanziare risorse adeguate da destinare al risarcimento dei danneggiati dal caporalato (vittime o loro superstiti) (articolo 5).

Per le ragioni esposte si auspica che il Parlamento riconosca alla presente proposta di legge adeguata priorità legislativa, approvandone in tempi rapidi le disposizioni in essa contenute.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Principi e finalità)

1. Lo Stato con la presente legge, in conformità all'articolo 4, comma 1, della Costituzione, riconosce la funzione sociale del lavoro regolare e sicuro, quale fondamentale presupposto per ridurre i fenomeni di esclusione sociale e per assicurare all'individuo un più agevole raggiungimento dei propri obiettivi di vita e della propria personalità, favorendo e promuovendo la qualità del lavoro nel mercato del lavoro, assicurando ai lavoratori la più ampia tutela e protezione, e reprimendo ogni forma di intermediazione illecita di manodopera che, approfittando dello stato di bisogno o di necessità dei lavoratori, si basi sullo sfruttamento, sulla violenza, sulla minaccia o sull'intimidazione.

2. La presente legge, in attuazione dei principi di cui al comma 1, nell'ambito delle politiche attive per il lavoro, detta disposizioni e misure per la trasparenza e la legalità, al fine di contrastare il lavoro irregolare e di favorirne la emersione, attraverso la concertazione, nel rispetto delle rispettive competenze, tra le istituzioni preposte e le parti sociali.

Art. 2.

(Requisiti delle imprese per accedere ai finanziamenti e ad altri benefici di legge. Sostegno all'emersione.)

1. L'accesso dei datori di lavoro, imprenditori e non, a finanziamenti derivanti dall'erogazione di risorse nazionali, regionali o comunitarie, o ad altri benefici previsti dalla normativa vigente, anche fiscali, subordinato al possesso, alla data di presentazione della domanda di concessione dei benefici, dei seguenti requisiti:

a) rispetto ed integrale applicazione della normativa in materia di sicurezza e igiene sui luoghi di lavoro;

b) rispetto ed applicazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali del settore di appartenenza, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dalle associazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;

c) possesso dei requisiti di cui all'articolo 6, comma 1, lettera a), b), c) del decreto-legge 24 giugno 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116;

d) possesso del documento unico di regolarità contributiva di cui all'articolo 1, comma 1175, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;

e) rispetto degli indici di congruità di cui all’articolo 4 della presente legge;

f) rispetto dell'obbligo di comunicare l'assunzione dei lavoratori a norma dell’articolo 8 della presente legge;

g) rispetto della normativa vigente in materia di tutela dell'ambiente;

2. L'obbligo di cui al comma 1 deve essere osservato per tutto il tempo in cui l'imprenditore agricolo beneficia delle agevolazioni concesse, in via diretta o indiretta, da Stato, regioni od organismi comunitari.

3. La grave o reiterata inosservanza dei requisiti di cui al presente articolo comporta la revoca del finanziamento e l'obbligo di restituzione delle somme ricevute a tale titolo, l'esclusione del datore di lavoro, imprenditore e non, per un periodo fino a cinque anni, da qualsiasi concessione di finanziamenti o da altro beneficio, nonché dalla partecipazione a gare d'appalto statali o regionali oltre all'espulsione dello stesso dalla «Rete del lavoro agricolo di qualità» di cui all'articolo 6 comma 1, del decreto-legge n. 91 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 116 del 2014.

4. Sono adottate ulteriori misure di sostegno economico all'emersione di lavoro non regolare, per quei datori di lavoro, imprenditori e non, che regolarizzano i rapporti di lavoro subordinato in essere, nel rispetto della normativa comunitaria in tema di regimi di aiuto de minimis.

5. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sono definite le misure di sostegno settoriale all'uscita dalle situazioni di irregolarità, sentite le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dalle associazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale nei rispettivi settori di attività economica.

6. Oltre alla sussistenza dei requisiti di cui al precedente comma 1, le incentivazioni e le agevolazioni di cui al presente articolo sono riconosciute in presenza di regolarizzazione di rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, nonché, in relazione alle imprese che svolgono attività esclusivamente in periodi predeterminati nel corso dell'anno, anche di rapporti di lavoro subordinato a tempo determinato, instaurati in relazione ad esigenze temporanee di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo.

Art. 3.

(Clausola di applicazione dei contratti collettivi nelle gare di appalto)

1. Nell'ambito delle politiche di contrasto al lavoro non regolare lo Stato, le regioni, gli enti pubblici, le società e tutti gli altri enti a totale partecipazione pubblica, sono tenuti, nelle gare di appalto di lavori, servizi e forniture da essi bandite, ad inserire all'interno del bando e del capitolato la clausola esplicita determinante l'obbligo per l'aggiudicatario di far applicare nei confronti dei lavoratori dipendenti o, nel caso di cooperative, dei soci, quale che sia la qualificazione giuridica del rapporto di lavoro intercorrente, contratti collettivi nazionali e territoriali del settore di appartenenza, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dalle associazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Art. 4.

(Indici di congruità)

1. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sentite le organizzazioni datoriali e sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale, adotta un decreto con il quale individua gli indici di congruità, articolati per settore economico, atti a definire il rapporto tra la qualità e la quantità dei beni e dei servizi offerti dai datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori, e la quantità delle ore lavorate, nonché la deviazione percentuale dell'indice individuato che sia da considerare normale.

2. Gli indici di cui al comma 1 sono oggetto di revisione ordinaria ogni tre anni al fine di adeguarli al settore di produzione ed alle singole realtà territoriali alle quali si riferiscono. Gli atenei e gli organi ispettivi operanti su territorio regionale saranno invitati a partecipare, con finalità di supporto tecnico e scientifico, alla definizione degli indici di congruità ed alla revisione ordinaria degli stessi.

3. La conformità agli indici di congruità del presente articolo è condizione per l'accesso a qualunque beneficio di carattere economico, fiscale e normativo, per la partecipazione a bandi o per il godimento di erogazioni a qualunque titolo, anche in forma indiretta, di fondi comunitari, nazionali e regionali, mentre la difformità dagli stessi, intesa come deviazione superiore ai limiti definiti nello stesso decreto di cui al precedente comma 1, viene segnalata entro e non oltre sei mesi al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, a opera degli assessorati regionali al lavoro.

Art. 5.

(Modifiche all'articolo 603-bis del codice penale)

1. All'articolo 603-bis del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole: «e con la multa da 1.000 a 2.000 euro» sono sostituite dalle seguenti: «, con la multa da 3.000 a 6.000 euro», e sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e con la confisca di cui all’articolo 240 dei beni mobili ed immobili, strumentali all'esercizio dell'attività d'impresa, sui quali siano già state applicate le misure cautelari reali di cui agli articoli 316 e 321 del codice di procedura penale in materia di sequestro conservativo e preventivo. Con le risorse derivanti dalla inflizione delle multe di cui al presente comma, viene alimentato un fondo denominato "Fondo per le vittime del reato di caporalato", istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e destinato al risarcimento dei danneggiati siano essi vittime o loro superstiti»;

b) al comma 3, al numero 1), la parola: «tre» è sostituita dalla seguente: «due» e dopo il numero 1) è inserito il seguente: «1-bis) il fatto che il preposto all'attività lavorativa di cui al comma 1, sia un lavoratore migrante;».

Art. 6.

(Modifiche alla disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231)

1. Al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 25-septies, ai commi 1 e 2, le parole: «al delitto di cui all'articolo 589» sono sostituite dalle seguenti: «ai delitti di cui agli articoli 589 e 603-bis», ed al comma 3, le parole: «al delitto di cui all'articolo 590, terzo comma,» sono sostituite dalle seguenti: «ai delitti di cui agli articoli 590, terzo comma, e 603-bis»;

b) dopo l'articolo 25-duodecies è inserito il seguente:

«Art. 25-terdecies. -- (Delitti in materia di tutela del lavoro). -- 1. In relazione al delitto di sfruttamento del lavoro di cui all'articolo 603-bis del codice penale si applica all'ente quale misura interdittiva la sospensione della licenza o dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività ovvero dell'esercizio dell'attività medesima per un periodo da tre mesi a sei mesi».

Art. 7.

(Salvaguardia dei lavoratori migranti)

1. All'articolo 22, comma 12-quater, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 27 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Al denunciante, inoltre, viene riconosciuta una misura premiale che preveda il diritto al collocamento lavorativo».

Art. 8.

(Norme per la trasparenza e la legalità delle assunzioni)

1. Presso i centri per l'impiego su base territoriale sono istituite, ai fini dell'incontro tra domanda ed offerta di lavoro, liste di prenotazione gestite con procedura telematica, costituite da aspiranti lavoratori, dalle quali i datori di lavoro attingono, previa comunicazione telematica entro le ore 12 della giornata lavorativa all'INPS, per far fronte all'esigenze lavorative e produttive della propria attività.

2. Gli stessi datori di lavoro sono tenuti a dare comunicazione telematica della avvenuta assunzione alla cabina di regia di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto-legge 24 giugno 2014 n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014 n. 116, entro e non oltre quarantotto ore dalla stessa.

3. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, in via sperimentale sono istituiti sportelli di collocamento lavorativo operativi nell'arco dell'intera giornata abilitati alla validazione dei buoni lavoro, cosiddetti voucher, già previsti dalla normativa vigente e che attestino l'effettivo orario impiegato per la prestazione lavorativa.

4. A fini statistici e di comprensione del fenomeno di somministrazione fraudolenta ed illecita di manodopera, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali trasmette apposito rapporto annuale sullo stato di attuazione della presente legge alle competenti commissioni parlamentari.

Art. 9.

(Azione ispettiva)

1. Al fine di potenziare l'attività di prevenzione e di emersione di tutte le forme di lavoro irregolare e sommerso e l'effettiva osservanza delle disposizioni di cui alla presente legge, i datori di lavoro, imprenditori e non, sono sottoposti a controlli ulteriori per i successivi cinque anni dall'ottenimento dei benefici di legge di cui all'articolo 2 da parte di nuclei ispettivi misti costituiti da ispettori del lavoro, forze dell'ordine, corpo forestale dello Stato e polizia locale.

Art. 10.

(Disposizioni specifiche per il settore agricolo)

1. Al fine di orientare e rafforzare in modo collegiale l'attività ispettiva di cui all’articolo 9 della presente legge, viene promossa la piena operatività della Rete del lavoro agricolo di qualità di cui all'articolo 6 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, attraverso una maggiore sinergia istituzionale ed il coinvolgimento di tutte le articolazioni territoriali della cabina di regia all'uopo istituita presso l'INPS.

2. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 7 della presente legge, sono previste forme di reinserimento lavorativo per chiamata diretta anche per coloro che denunciano omissioni od irregolarità di aziende aderenti e non alla suddetta Rete.

3. Con apposito decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, da adottare entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, sentita la cabina di regia di cui all'articolo 6 del decreto-legge n. 91 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 116 del 2014, è istituito un marchio che certifichi l'adozione di princìpi etici nella gestione dei rapporti di lavoro e nei sistemi produttivi, denominato «Capofree», da rilasciare a quelle aziende che intraprendono un percorso di legalità, impegnandosi, con la sottoscrizione di un apposito protocollo con le prefetture, a contrastare le pratiche di sfruttamento della manodopera sull'intera filiera produttiva.

4. Al fine di sostenere forme di mobilità alternative e complementari dedicate ai lavoratori, gli enti territoriali e locali sono autorizzati, nel rispetto dei propri statuti, a sottoscrivere intese o convenzioni con le aziende di trasporto pubblico locale e con i rappresentanti delle organizzazioni dei produttori e della grande distribuzione, al fine di assicurare l'accompagnamento del lavoratore fino al luogo della sua prestazione lavorativa, allo scopo di sottrarre la funzione di trasporto a chiunque, in forma singola od associata, svolga un'attività organizzata di intermediazione, reclutando manodopera o organizzandone l'attività lavorativa caratterizzata da sfruttamento, mediante violenza, minaccia o intimidazione, approfittando dello stato di bisogno o di necessità del lavoratore medesimo.

Art. 11.

(Entrata in vigore)

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.