Senato della Repubblica | XVII LEGISLATURA |
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 21 GENNAIO 2015
Testo unico dei diritti riconosciuti ai componenti di una unione di fatto
Onorevoli Senatori. -- Da tempo -- per lo meno della metà degli anni '80 -- si discute sulla necessità di introdurre nell'ordinamento italiano una legge che disciplini le cosiddette unioni di fatto. Quasi sempre la discussione trascura che i diritti già riconosciuti ai componenti di una coppia di fatto, per via di intervento legislativo o giurisprudenziale, sono numerosissimi: una disamina attenta e oggettiva fa scoprire, per esempio (si riprende una delle voci evocate con maggiore frequenza), che non vi è nessun ostacolo all'assistenza in qualunque struttura sanitaria del convivente nei confronti del proprio partner. Addirittura, quando il paziente non è in condizioni di decidere e in assenza di coniuge, in base a una legge del 1999, il convivente viene informato e può decidere un'operazione di trapianto di organo. Norme di parificazione del convivente al coniuge, derivanti dalla legge ordinaria o dalla giurisprudenza, sono previste in tema di assistenza da parte dei consultori, di interdizione e inabilitazione, di figli, di successione nella locazione e nell'assegnazione di un alloggio popolare; il partner di fatto ha titolo, a determinate condizioni, al risarcimento del danno subito dall'altro partner, e perfino la legislazione sulle vittime di mafia o terrorismo equipara il convivente al coniuge. Tutto ciò accade perché, a partire dagli anni '80, ogni qualvolta la legge ordinaria ha sancito un diritto per il coniuge, di regola lo ha previsto anche per il convivente. Questo modo di procedere è stato affiancato, in parallelo, da numerose sentenze della Corte costituzionale e della Corte di cassazione intervenute nella materia. E questo accade sia che la convivenza riguardi persone di sesso diverso sia che riguardi persone del medesimo sesso.
Alla fine, è più facile elencare quello che resta ancora al di fuori da tale equiparazione: a) la riserva di legittima per la successione; b) la possibilità per i conviventi di adottare figli; c) una parte delle disposizioni penali e processualpenalistiche che toccano le relazioni familiari (se si considerano una per una, esse però non giustificano la costruzione di un modello alternativo di famiglia, bensì -- al più -- un più modesto intervento di estensione di garanzie e di tutele: ciò che viene fatto in questo testo unico); d) un regime pensionistico di reversibilità in favore del convivente.
La premessa di questo testo è che, a differenza di quanto prevedono altri disegni di legge già in fase di avanzata discussione (si pensi al testo unificato predisposto per i numerosi disegni di legge in materia, cosiddetto «ddl Cirinnà», pendente in Commissione giustizia al Senato, che nella sostanza parifica il regime delle unioni civili a quello matrimoniale), la tutela che l'articolo 29 della Costituzione riserva alla «famiglia come società naturale fondata sul matrimonio» è più specifica rispetto a quella che l'articolo 2 della stessa Carta fondamentale riserva alle «formazioni sociali intermedie», fra le quali la giurisprudenza colloca le convivenze. Il buon senso, il senso di realtà e la Costituzione non consentono di equiparare in tutto e per tutto istituti che pari non sono, come il matrimonio e l'unione di fatto.
Lo scopo del presente disegno di legge, composto da 33 articoli suddivisi in 8 capi, è far emergere tutto ciò che l'ordinamento già prevede, esplicitamente o implicitamente, in tema di tutela dei diritti dei conviventi: il testo lo raccoglie e lo rende ordinato, fino a costituire un vero e proprio statuto della convivenza, sulla scorta di ciò che è già diritto vivente, o può diventarlo con leggeri aggiustamenti. Il dibattito sulle unioni civili sarà certamente meno ideologizzato se resterà ancorato ai testi in vigore e avrà piena consapevolezza del tanto che già esiste.
1. Collegamento con il regolamento anagrafico
Ogni disposizione di questo testo unico contiene un espresso richiamo alla normativa vigente, che ovviamente non si riporta per intero, bensì solo per la parte che fa riferimento alle convivenze, e un espresso aggancio alla convivenza come definita dall'articolo 1. Con quattro deroghe: a) si afferma in esplicito il diritto all'assistenza del partner nelle strutture sanitarie, certamente contenuto nel sistema, come osservato sopra, ma non espresso in una norma di legge; b) in taluni articoli si interviene ex novo per estendere al convivente norme del codice penale e del codice di procedura penale riguardanti i rapporti fra l'imputato e gli stretti familiari; c) in altri articoli, quando la relazione di convivenza vale in quanto inserita in un ordine di preferenza che comprende altri familiari, si preferisce riportare l'intera sequela, per evitare confusioni; d) per alcuni specifici interventi legislativi -- per esempio, in tema di risarcimenti alle vittime dei reati -- si prevede un periodo più lungo di convivenza; si è ritenuto di lasciarlo inalterato perché risponde a logiche proprie di quel tipo di legislazione.
Il punto di partenza, all'articolo 1, è l'aggancio del rapporto di convivenza al regolamento anagrafico: rimodulando gli articoli 1, 4, 6 e 13 del nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223 -- dopo aver ribadito che «l'anagrafe della popolazione residente è la raccolta sistematica dell'insieme delle posizioni relative, fra le altre, ai componenti di una convivenza che hanno fissato nel comune la residenza», e che «l'anagrafe è costituita da schede individuali, di famiglia e di convivenza. In tali schede sono registrate le posizioni anagrafiche desunte dalle dichiarazioni degli interessati, dagli accertamenti d'ufficio e dalle comunicazioni degli uffici di stato civile» -- si fornisce la seguente definizione anagrafica di convivenza, adattando, tenuto conto degli effetti che produce, quella contenuta nel regolamento anagrafico: «per convivenza si intende l'unione fra due persone legate da stabili vincoli affettivi, coabitanti e aventi dimora abituale nel medesimo comune, insieme con i familiari di entrambi che condividano la dimora». Non è individuato il tempo minimo di coabitazione idoneo a qualificare la convivenza come «stabile», poiché ci si affida all'accertamento che è chiamato a svolgere ciascun comune sulla base di elementi di fatto, il cui apprezzamento non è preventivabile in modo eguale per tutti.
Sono pienamente operative le disposizioni del regolamento anagrafico e delle norme secondarie a esso collegate, in ordine agli accertamenti della veridicità delle dichiarazioni rese. Al comma 7 si richiamano in proposito gli articoli da 51 a 56 del regolamento, riguardanti la vigilanza sulla corretta tenuta degli adempimenti anagrafici, anche per la parte delle dichiarazioni di convivenza e per la loro rispondenza al vero, con le relative sanzioni. I precedenti commi 5 e 6 descrivono i soggetti abilitati a rendere le dichiarazioni anagrafiche e il contenuto di queste.
2. Assistenza sanitaria e per i detenuti
Le norme inserite nei capi successivi al I sono raccolte per voci.
Il capo II attiene a uno degli argomenti maggiormente utilizzati per sostenere la necessità di costruire un regime para-matrimoniale delle convivenze: l'assistenza sanitaria e ai detenuti. È un argomento che -- come e più degli altri -- si infrange di fronte al diritto vigente: come prima si ricordava, l'articolo 3 della legge 1º aprile 1999, n. 91 («Disposizioni in materia di trapianti e di prelievi di organi e di tessuti»), prevede che, «all'inizio del periodo di osservazione ai fini dell'accertamento di morte (...), i medici (...) forniscono informazioni sulle opportunità terapeutiche per le persone in attesa di trapianto nonché sulla natura e sulle circostanze del prelievo al coniuge non separato o al convivente more uxorio». È uno degli esempi del coinvolgimento di quest'ultimo nelle decisioni in ordine alla salute del partner, che riguarda una materia impegnativa e complessa e ben può orientare, per analogia, il comportamento dei responsabili degli ospedali e delle case di cura a proposito dell'assistenza al malato ivi ricoverato da parte del convivente. Premesso che oggi nessuna disposizione di legge impedisce al partner di fatto di fare visita e/o di assistere il compagno mentre è degente (non si ha notizia di Carabinieri che allontanino i conviventi dalle stanze di ospedale; è più frequente che cerchino i familiari che mancano!), la circostanza che il convivente diventa parte di decisioni di tale peso, come quelle relative ai trapianti, a fortiori lo legittima a qualsiasi forma di vicinanza al convivente durante il ricovero.
Per eliminare qualsiasi dubbio, l'articolo 2, sul presupposto di una convivenza dichiarata all'anagrafe ai sensi dell'articolo 1, stabilisce che ciascun convivente ha diritto di assistere l'altro in ospedali, case di cura o strutture sanitarie, nel rispetto delle disposizioni interne a tali strutture. Viene altresì individuato lo strumento della delega con la quale ciascun convivente può disporre che l'altro adotti le decisioni necessarie sulla salute in caso di malattia da cui derivi incapacità di intendere e di volere, e riceva dal personale sanitario le informazioni sulle opportunità terapeutiche. Ciò nei limiti delle norme vigenti: non è ammissibile alcuna delega, per esempio, per interventi eutanasici o per impedire un soccorso medico quando ci sono margini di successo. Oggetto della delega può essere anche la scelta in caso di morte sulla donazione di organi, sul trattamento del corpo e sulle celebrazioni funebri, se l'interessato non ha impartito disposizioni. La forma della delega è quella, semplice e garantita, di un atto scritto autenticato ovvero, nel caso di impossibilità, di comunicazione a un pubblico ufficiale che forma un processo verbale. La delega può essere ovviamente revocata, in tutto o in parte.
Restando sul fronte sanitario, l'articolo 3 trasforma in norma una deliberazione del Garante per la protezione dei dati personali del 17 settembre 2009 sulla disponibilità dei dati contenuti nella cartella clinica e nei documenti che a essa si collegano; sul presupposto che il paziente sia incapace di intendere e di volere o sia deceduto, si prevede che il convivente abbia accesso ai dati in questione.
L'articolo 4 del testo unico riprende l'articolo 4 della legge 8 marzo 2000 n. 53 («Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città»), che riconosce il permesso retribuito di tre giorni lavorativi all'anno alla lavoratrice e al lavoratore in caso di documentata grave infermità del convivente ovvero di decesso, e prevede pure l'accordo col datore di lavoro per modalità differenti di svolgimento della prestazione in casi di documentata grave infermità del medesimo convivente.
L'articolo 5 richiama la disciplina sui consultori familiari, di cui alla legge 29 luglio 1975, n. 405, («Istituzione dei consultori familiari»), per ribadire che l'assistenza psicologica e sociale per la preparazione alla maternità ed alla paternità responsabile e per i problemi della coppia e della famiglia sono garantiti anche ai componenti di una convivenza.
La parte relativa al rapporto col convivente detenuto include la possibilità di colloqui e di corrispondenza telefonica, alle stesse condizioni stabilite per i familiari (articolo 6), e il rilascio di permessi in caso di imminente pericolo di vita e in altre ipotesi di particolare gravità (articolo 7): ciò sulla scorta di quanto stabilito dagli articoli 18 e 30 della legge 26 luglio 1975 n. 354, recante «Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà».
3. Rapporti con i figli
Questo capo del testo unico si apre, all'articolo 8, col riferimento all'articolo 315 del codice civile, che non pone distinzioni nello stato giuridico dei figli, qualunque sia la forma del rapporto fra i genitori, e quindi anche se essi siano conviventi e non uniti in matrimonio.
L'articolo 9 tiene conto di un settore ordinariamente non considerato quando si parla di unioni di fatto, anche perché la gravosità dei doveri da espletare normalmente supera i diritti dei quali si può supporre di godere. La legge 9 gennaio 2004, n. 6, («Introduzione nel libro primo, titolo XII, del codice civile del capo l, relativo all'istituzione dell'amministrazione di sostegno e modifica degli articoli 388, 414, 417, 418, 424, 426, 427 e 429 del codice civile in materia di interdizioni e di inabilitazione, nonché relative norme di attuazione, di coordinamento e finali»), è intervenuta, a proposito della protezione delle persone prive di autonomia, su vari articoli del codice civile, realizzando una estensione dei soggetti interessati alla tutela o alla curatela. Fra tali articoli, per il discorso che qui interessa, vanno ricordati:
a) l'articolo 408, in base al quale, al primo comma, il giudice tutelare, nella scelta dell'amministratore di sostegno, «preferisce, ove possibile, il coniuge che non sia separato legalmente, la persona stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella, il parente entro il quarto grado (...)»;
b) l'articolo 410, terzo comma, per il quale «l'amministratore di sostegno non è tenuto a continuare nello svolgimento dei suoi compiti oltre dieci anni, ad eccezione dei casi in cui tale incarico è rivestito dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dagli ascendenti o dai discendenti»;
c) l'articolo 411, terzo comma, che recita: «sono in ogni caso valide le disposizioni testamentarie e le convenzioni in favore dell'amministratore di sostegno che sia parente entro il quarto grado del beneficiario, ovvero che sia coniuge o persona che sia stata chiamata alla funzione in quanto con lui stabilmente convivente»;
d) l'articolo 417, in materia di interdizione e inabilitazione, il quale prevede, al primo comma, che le relative istanze possono essere promosse anche «dalla persona stabilmente convivente»;
e) l'articolo 426 che, al primo comma, in merito alla «durata dell'ufficio» di tutore o di curatore, dispone che «nessuno è tenuto a continuare nella tutela dell'interdetto o nella curatela dell'inabilitato oltre i dieci anni, ad eccezione del coniuge, della persona stabilmente convivente, degli ascendenti o dei discendenti».
Gli articoli 10 e 11 trattano del rapporto fra convivenze e adozione. Sul punto, la legge 4 maggio 1983 n. 184 («Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori»), valorizza la convivenza sotto due aspetti: in base all'articolo 6, comma 4, l'avere i coniugi convissuto in modo stabile e continuativo prima del matrimonio per un periodo di tre anni integra il requisito della stabilità del rapporto ai fini della determinazione della idoneità della coppia; in base all'articolo 44, comma 3, l'adozione dei minori è consentita anche a chi non è coniugato in presenza di determinate condizioni: deve trattarsi di persone unite al minore da vincolo di parentela fino al sesto grado o da preesistente rapporto stabile e duraturo, quando il minore sia orfano di padre e di madre, ovvero quando il minore è portatore di disabilità e sia orfano di padre e di madre, ovvero quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo.
Il capo III, sulla filiazione, si completa, all'articolo 12, col richiamo alla legge 19 febbraio 2004, n. 40. («Norme in materia di procreazione medicalmente assistita»), che all'articolo 5 permette l'accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita anche a due maggiorenni di sesso diverso se sono fra loro conviventi.
4. Contrasto degli abusi nell'ambito della convivenza
Questa voce non ha un peso marginale, pur non essendo ordinariamente considerata nelle varie proposte riguardanti le unioni di fatto. La legge 4 aprile 2001, n. 154 («Misure contro la violenza nelle relazioni familiari»), ha introdotto nel codice civile gli articoli 342-bis e 342-ter, e ha esteso ai conviventi le forme di protezione contro gli abusi familiari. Ha così previsto il ricorso al giudice «quando la condotta del coniuge o di altro convivente è causa di grave pregiudizio all'integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell'altro coniuge o convivente». Ha aggiunto (articolo 342-ter) la possibilità di ottenere a vantaggio del convivente, vittima della condotta pregiudizievole, l'allontanamento dalla casa familiare del convivente che ha tenuto quella condotta; nell'ipotesi in cui la vittima sia sprovvista di adeguati mezzi propri, a ciò si aggiunge la fissazione di un assegno di mantenimento periodico, da porsi a carico del convivente allontanato.
In tema di abusi familiari, la legge 28 marzo 2001, n. 149, nel modificare la disciplina sull’adozione e sull’affidamento dei minori, è intervenuta su diverse disposizioni del codice civile: fra esse gli articoli 330, secondo comma, e 333, secondo comma, che prevedono, a tutela del minore, l'allontanamento del genitore o del convivente che maltratta o abusa del minore medesimo. Tutto ciò è ripreso dagli articoli 13, 14 e 15 del presente testo unico.
5. Tutela civilistica
Il capo V si apre con un'altra voce frequentemente evocata a sostegno di una legge sulle unioni civili: quella della successione nella locazione. È una questione che ha trovato soluzione da oltre un quarto di secolo, da quando -- cioè -- la Corte costituzionale, con sentenza n. 404 del 7 aprile 1988, ha riconosciuto al convivente more uxorio il diritto di succedere nel contratto di locazione in caso di morte del compagno conduttore dell'immobile, ma anche quando costui si sia allontanato dall'abitazione per cessazione del rapporto di convivenza, in presenza di prole naturale. Lo ha fatto dichiarando costituzionalmente illegittimo l'articolo 6, primo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392 (la legge cosiddetta sull'equo canone), nella parte in cui non prevede tale possibilità di successione. Il riferimento per la determinazione della convivenza è il regolamento anagrafico prima ricordato. Per la Corte di cassazione (Cass. civ., sez. III, sentenza n. 2524 del 25 maggio 1989) nell'ipotesi di allontanamento, per qualsiasi motivo, del conduttore dall'immobile locato, il diritto di succedere nel contratto per la convivente more uxorio che rimanga nell'immobile stesso con la prole nata dalla loro unione persiste anche se la convivenza è sorta nel corso della locazione, e senza che il locatore ne abbia avuto conoscenza. Sempre per la Cassazione (Cass. civ., sez. III, sentenza n. 5544 dell’8 giugno 1994), in caso di morte del conduttore, il convivente succede nel contratto di locazione, a prescindere dalla situazione familiare del titolare del contratto di locazione e dalla presenza di eredi legittimi. L'articolo 16 del presente testo unico fa stato di tale giurisprudenza.
L'articolo 17 affronta la questione dell'assegnazione degli alloggi economici-popolari, ricordando che l'articolo 13, comma 2, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, pone tra i criteri di priorità da tenere in conto, in sede di semplificazione delle procedure di alienazione degli immobili di proprietà degli Istituti autonomi per le case popolari, il diritto di opzione all'acquisto in favore dell'assegnatario unitamente al convivente, purché la convivenza duri da almeno cinque anni.
L'articolo 18 pone in relazione la convivenza con l'impresa familiare. L'introduzione dell'articolo 230-bis nel codice civile ha eliminato il principio di gratuità in precedenza previsto, in virtù del vincolo affettivo, a proposito della remunerazione del familiare per la prestazione di lavoro resa nell'impresa familiare. Questa disposizione può essere utilizzata a favore del convivente: secondo la Corte di cassazione (Cass. civ., sez. lav., sentenza n. 7486 del 13 dicembre 1986), «al fine di stabilire se le prestazioni lavorative, svolte nell'ambito di una convivenza more uxorio, diano luogo ad un rapporto di lavoro subordinato oppure siano riconducibili ad una diversa relazione, dalla quale esuli il requisito della subordinazione, il giudice (...) può escludere l'esistenza del rapporto di lavoro subordinato solo in presenza della dimostrazione rigorosa di una comunanza di vita e di interessi tra i conviventi (famiglia di fatto), che non si esaurisca in un rapporto meramente spirituale, affettivo e sessuale, ma, analogamente al rapporto coniugale, dia luogo anche alla partecipazione, effettiva ed equa, della convivente more uxorio alle risorse della famiglia di fatto».
L'articolo 19 ricorda che anche il convivente ha diritto al risarcimento del danno patrimoniale e del danno non patrimoniale in caso di morte dell'altro convivente provocata dal fatto ingiusto altrui, in base agli articoli 2043 e 2059 del codice civile. Ciò accade sulla base di una esegesi della Corte di cassazione (Cass. civ., sez. III, sentenza n. 2988 del 28 marzo 1994), che ha riconosciuto al convivente la risarcibilità del danno patrimoniale in caso di morte del partner provocata dal fatto ingiusto altrui. In particolare, ritenuto che nell'ipotesi della cosiddetta famiglia di fatto (ossia di una relazione interpersonale, con carattere di tendenziale stabilità, di natura affettiva e parafamiliare, che si esplichi in una comunanza di vita e di interessi e nella reciproca assistenza materiale e morale) la morte del convivente provocata da fatto ingiusto altrui fa nascere nel partner il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale ex articolo 2059 del codice civile (per un «patema» analogo a quello che si ingenera nell'ambito della famiglia legittima) e del danno patrimoniale ex articolo 2043 del codice civile (per la perdita del contributo patrimoniale e personale apportato in vita, con carattere di stabilità, dal convivente defunto, irrilevante rimanendo, invece, la sopravvenuta mancanza di elargizioni meramente episodiche o di mera ed eventuale aspettativa), tanto l'articolo 2043, quanto l'articolo 2059 del codice civile ricomprendono nell'ambito dell'obbligazione risarcitoria il danno risentito in modo immediato e diretto, sotto forma di deminutio patrimonii o di danno morale, da altri soggetti legati alla persona direttamente ed immediatamente lesa da rapporti di natura familiare o parafamiliare ed in quanto tali pregiudicati dall'altrui fatto ingiusto. Ciò ha un riflesso anche sul piano processuale, se è vero che la stessa Cassazione (Cass. pen., sez. I, sentenza n. 3790 del 4 febbraio 1994, De Felice) ha ritenuto ammissibile la costituzione di parte civile del convivente della vittima del reato. La convivenza costituisce, infatti, secondo tale sentenza, esercizio di un diritto di libertà, attribuito direttamente dalla Costituzione e, come tale, di carattere assoluto e tutelabile erga omnes senza interferenze da parte dei terzi.
Agli effetti della legitimatio ad causam del soggetto che convive con la vittima del reato commesso dal terzo, viene in considerazione non il rapporto interno tra i conviventi di fatto, ma l'aggressione che tale rapporto ha subito a opera del terzo. La pronuncia della Cassazione precisa, tuttavia, che a rilevare non è qualunque convivenza, anche solo occasionale, bensì quella che abbia avuto un carattere di stabilità, tale da far ritenere ragionevolmente che essa sarebbe continuata nel tempo, ove non fosse intervenuta la condotta delittuosa. Sulla medesima linea, la Cassazione (Cass. pen. sez. IV, sentenza n. 33305 dell’8 luglio 2002) aggiunge che la lesione di qualsiasi forma di convivenza, purché dotata di un minimo di stabilità, tale da non farla definire episodica, ma idonea a ragionevole presupposto per un'attesa di apporto economico futuro e costante, costituisce legittima causa petendi di una domanda di risarcimento danni proposta di fronte al giudice penale chiamato a giudicare dell'illecito che tale lesione ha causato. L'articolo 19 recepisce tali orientamenti.
Infine, sul punto della tutela civilistica, l'articolo 20 riprende l'articolo 134, comma 4-bis, del codice delle assicurazioni private per ribadire che è precluso all'impresa di assicurazione, in tutti i casi di stipulazione di un nuovo contratto relativo a un ulteriore veicolo della medesima tipologia, acquistato dalla persona fisica già titolare di polizza assicurativa o dal suo convivente, di assegnare al contratto una classe di merito più sfavorevole rispetto a quella risultante dall'ultimo attestato di rischio conseguito sul veicolo già assicurato.
6. Tutela penalistica
Punto di partenza del capo VI, all'articolo 21, è l'estensione alla situazione della convivenza dell'aggravante di cui all'articolo 61, numero 11), del codice penale, che riguarda chi abbia commesso il reato con abuso di autorità o di relazioni domestiche.
L'articolo 22 riconosce al convivente la non punibilità di cui all'articolo 384 del codice penale: si tratta della norma che rende esenti da responsabilità penale condotte di favoreggiamento, falsa testimonianza, omessa denuncia et similia, quando l'autore è stato costretto dalla necessità di evitare un grave danno a un prossimo congiunto; l'espressione «prossimo congiunto» viene intesa come comprendente coloro che compongono una convivenza dichiarata all'anagrafe ai sensi dell'articolo 1. Il menzionato articolo 384 del codice penale recita testualmente: «Nei casi previsti dagli articoli 361, 362, 363, 364, 365, 366, 369, 371-bis, 371-ter, 372, 373, 374 e 378, non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé medesimo o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà e nell'onore. Nei casi previsti dagli articoli 371-bis, 371-ter, 372 e 373, la punibilità è esclusa se il fatto è commesso da chi per legge non avrebbe dovuto essere richiesto di fornire informazioni ai fini delle indagini o assunto come testimonio, perito, consulente tecnico o interprete ovvero avrebbe dovuto essere avvertito della facoltà di astenersi dal rendere informazioni, testimonianza, perizia, consulenza o interpretazione». La Corte costituzionale, chiamata ad esprimersi sulla conformità alla Costituzione di tale ultima norma, ha dichiarato infondata la questione di legittimità, affermando che l'estensione delle cause di non punibilità implica un giudizio di ponderazione proprio del legislatore (Corte cost., sentenze n. 8 del 1996, e prima ancora n. 352 del 1989 e n. 237 del 1986). Derogando alla natura meramente compilativa di questo testo unico, si ritiene opportuna l'estensione medesima.
Considerazioni analoghe vanno svolte per la pluralità di norme del codice penale nelle quali rilevano i rapporti familiari, e precisamente per gli articoli 540, «Rapporto di parentela»; 570, «Violazione degli obblighi di assistenza familiare»; 572, «Maltrattamenti contro familiari e conviventi»; 649, «Non punibilità e querela della persona offesa, per fatti commessi a danno di congiunti». L'articolo 23, con riferimento aull’articolo 540 del codice penale, include nell'espressione «rapporto di parentela» anche il legame di convivenza. L'articolo 24, intervenendo sull’articolo 570 del codice penale, aggiunge alla espressione «qualità di coniuge» la seguente: «o di componente di una convivenza dichiarata all'anagrafe ai sensi dell'articolo 1 del testo unico dei diritti riconosciuti ai componenti di una unione di fatto». L'articolo 25 precisa, quanto all'articolo 572 del codice penale, che il reato di maltrattamenti in famiglia o verso i congiunti sussiste anche nei riguardi di una persona che compone una convivenza. Infine, l'articolo 26 estende la non punibilità per i reati patrimoniali commessi in ambito familiare all'ipotesi in cui responsabile e parte offesa siano un convivente in danno dell'altro convivente (articolo 649 del codice penale).
7. Tutela processualpenalistica
Il capo VII affronta anzitutto la questione del disagio e del conflitto interiore che agita i prossimi congiunti dell'imputato chiamati a testimoniare e pertanto, all'articolo 27, include il convivente nella categoria prevista dall'articolo 199, comma 1, del codice di procedura penale, mentre già adesso lo stesso articolo 199, al comma 3, riconosce al testimone la facoltà di astenersi dalla testimonianza limitatamente ai fatti verificatisi o appresi dall'imputato durante la convivenza se, pur non essendo coniuge dell'imputato, come tale conviva o abbia convissuto con esso.
L'articolo 28 affronta, con riferimento ai conviventi, le conseguenze e i casi di applicazione del provvedimento col quale il giudice penale dispone l'allontanamento dalla casa comune, mentre l'articolo 29 ribadisce la legittimazione del convivente alla presentazione di una domanda di grazia in favore dell'altro convivente.
Infine, l'articolo 30 riprende la più recente disciplina in tema di indagini patrimoniali antimafia per sottolineare come l'attività economica tale da far individuare le fonti di reddito è anche quella di chi nell'ultimo quinquennio ha convissuto con i soggetti destinatari delle misure di prevenzione.
8. Vittime di reati
L'ultimo capo riguarda l'estensione della legislazione per le vittime di mafia e terrorismo e di racket ed usura. La legge 20 ottobre 1990, n. 302 («Norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata»), ha esteso anche al convivente more uxorio il diritto di richiedere le provvidenze accordate per le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata. All'articolo 4, dopo aver fissato l'entità del beneficio (comma 1), precisa (comma 2) che «l'elargizione di cui al comma 1 è corrisposta altresì a soggetti non parenti né affini, né legati da rapporto di coniugio, che risultino conviventi a carico della persona deceduta negli ultimi tre anni precedenti l'evento ed ai conviventi more uxorio; detti soggetti sono all'uopo posti, nell'ordine stabilito dal citato articolo 6 della legge 13 agosto 1980, n. 466, dopo i fratelli e le sorelle conviventi a carico». A tale norma fa riferimento l'articolo 31 del presente testo unico.
Una disposizione analoga si trova nella legge 23 febbraio 1999, n. 44 («Disposizioni concernenti il fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura»), che all'articolo 8 ha inserito nell'ambito dei soggetti aventi diritto alle elargizioni previste per le vittime di richieste estorsive e dell'usura i conviventi: «Se, in conseguenza dei delitti previsti dagli articoli 3, 6 e 7, i soggetti ivi indicati perdono la vita, l'elargizione è concessa, nell'ordine, ai soggetti di seguito elencati a condizione che la utilizzino in un'attività economica, ovvero in una libera arte o professione, anche al di fuori del territorio di residenza: a) coniuge e figli; b) genitori; c) fratelli e sorelle; d) convivente more uxorio e soggetti, diversi da quelli indicati nelle lettere a), b) e c), conviventi nei tre anni precedenti l'evento a carico della persona», L'adattamento di tale disposizione si trova all'articolo 32 del presente testo unico.
La legge 13 febbraio 2001, n. 45, nel novellare il decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8 («Nuove norme in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione e per la protezione dei testimoni di giustizia, nonché per la protezione e il trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia»), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 maggio 1991, n. 82, ha previsto che siano utilizzate le medesime misure di protezione dei collaboratori e dei testimoni di giustizia sia nei confronti del coniuge che del convivente. Così recita l'articolo 9, comma 5 del citato decreto-legge: «Le speciali misure di protezione di cui al comma 4 possono essere applicate anche a coloro che convivono stabilmente con le persone indicate nel comma 2 nonché, in presenza di specifiche situazioni, anche a coloro che risultino esposti a grave, attuale e concreto pericolo a causa delle relazioni intrattenute con le medesime persone. Il solo rapporto di parentela, affinità o coniugio, non determina, in difetto di stabile coabitazione, l'applicazione delle misure». Tale disposizione è ripresa nell'articolo 33.
DISEGNO DI LEGGE
Capo I
PRINCÌPI GENERALI E DISPOSIZIONI
IN MATERIA DI ANAGRAFE
Art. 1.
(Iscrizione anagrafica della convivenza)
1. La presente legge reca il testo unico delle disposizioni concernenti i diritti riconosciuti ai componenti di una unione di fatto, con specifico riferimento ai profili anagrafici, della reciproca assistenza socio-sanitaria, della filiazione, delle tutele contro gli abusi nell'ambito dell'unione, dell'accesso all'abitazione, delle tutele civilistiche e penalistiche e dei benefici per le vittime di reati.
2. Ai sensi degli articoli 1, 4, 6 e 13 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, l’anagrafe della popolazione residente è la raccolta sistematica dell’insieme delle posizioni relative, fra le altre, ai componenti di una convivenza che hanno fissato nel comune la propria residenza.
3. L’anagrafe è costituita da schede individuali, di famiglia e di convivenza. In tali schede sono registrate le posizioni anagrafiche desunte dalle dichiarazioni degli interessati, dagli accertamenti d’ufficio e dalle comunicazioni degli uffici di stato civile.
4. Agli effetti anagrafici, per convivenza si intende l'unione fra due persone legate da stabili vincoli affettivi, coabitanti e aventi dimora abituale nel medesimo comune, insieme con i familiari di entrambi che condividano la dimora.
5. Ciascun componente della convivenza come definita al comma 4 è responsabile per sé e per le persone sulle quali esercita la potestà o la tutela delle dichiarazioni anagrafiche di cui al comma 6. Ciascun componente può rendere inoltre le dichiarazioni relative al mutamento delle posizioni degli altri componenti del nucleo di convivenza.
6. Le dichiarazioni anagrafiche di cui al comma 5 concernono i seguenti fatti:
a) trasferimento di residenza da altro comune o dall'estero ovvero trasferimento di residenza all'estero;
b) costituzione di nuova convivenza, ovvero mutamenti intervenuti nella composizione della convivenza;
c) cambiamento di abitazione.
7. Per la vigilanza sulla corretta tenuta degli adempimenti anagrafici, anche con riferimento alle dichiarazioni riguardanti le convivenze e alla verifica della loro rispondenza al vero, e per le relative sanzioni, si applicano le disposizioni degli articoli da 51 a 56 del citato decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223.
Capo II
ASSISTENZA SOCIO-SANITARIA
E PER I DETENUTI
Art. 2.
(Assistenza sanitaria)
1. In presenza di una convivenza dichiarata all'anagrafe ai sensi dell'articolo 1, ciascun convivente ha diritto di assistere l'altro in ospedali, case di cura o strutture sanitarie, nel rispetto delle disposizioni interne a tali strutture.
2. Ciascun convivente può delegare l'altro affinché, nei limiti delle norme vigenti:
a) adotti le decisioni necessarie sulla salute in caso di malattia da cui derivi incapacità di intendere e di volere;
b) riceva dal personale sanitario le informazioni sulle opportunità terapeutiche;
c) decida in caso di decesso sulla donazione di organi, sul trattamento del corpo e sulle celebrazioni funebri, in assenza di previe disposizioni dell'interessato.
3. La delega di cui al comma 2 è conferita con atto scritto autenticato ovvero, in caso di impossibilità, comunicando tale volontà a un pubblico ufficiale che forma un processo verbale.
4. La revoca, anche parziale, della delega è effettuata con le medesime modalità di cui al comma 3.
Art. 3.
(Accesso alla cartella clinica)
1. Ai sensi del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196, in presenza di una convivenza dichiarata all'anagrafe ai sensi dell'articolo 1 della presente legge, ciascun convivente ha accesso ai dati personali del convivente contenuti nella cartella clinica della struttura sanitaria nella quale è ricoverato e ai documenti che ad essa si riferiscono, se il paziente è incapace di intendere e di volere o è deceduto.
Art. 4.
(Congedi per salute)
1. Ai sensi dell'articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53, in presenza di una convivenza dichiarata all'anagrafe ai sensi dell'articolo 1 della presente legge, il permesso retribuito di tre giorni lavorativi all'anno è riconosciuto alla lavoratrice e al lavoratore in caso di documentata grave infermità ovvero di decesso del convivente.
2. In alternativa a quanto previsto al comma 1, in casi di documentata grave infermità, il lavoratore e la lavoratrice concordano con il datore di lavoro diverse modalità di espletamento dell'attività lavorativa.
Art. 5.
(Accesso ai servizi dei consultori)
1. Ai sensi dell'articolo 1 della legge 29 luglio 1975, n. 405, l'assistenza psicologica e sociale per la preparazione alla maternità ed alla paternità responsabile e per i problemi della coppia e della famiglia è garantita anche ai componenti di una convivenza dichiarata all'anagrafe ai sensi dell'articolo 1 della presente legge.
Art. 6.
(Colloqui con i detenuti)
1. Ai sensi dell'articolo 18 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, in presenza di una convivenza dichiarata all'anagrafe ai sensi dell'articolo 1 della presente legge, i colloqui e la corrispondenza telefonica sono permessi con la persona con la quale prima della detenzione sussisteva la convivenza, alle medesime condizioni previste per i familiari.
Art. 7.
(Permessi per i detenuti)
1. Ai sensi dell'articolo 30 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, in presenza di una convivenza dichiarata all'anagrafe ai sensi dell'articolo 1 della presente legge e nel caso di imminente pericolo di vita del convivente, i condannati e gli internati ricevono dal magistrato di sorveglianza il permesso di recarsi a visitare il convivente infermo, nei limiti e con le cautele previste dal regolamento penitenziario.
2. Analoghi permessi possono essere concessi per eventi eccezionali di particolare gravità, ai sensi del citato articolo 30, secondo comma, della legge n. 354 del 1975.
Capo III
FILIAZIONE, AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO, INTERDIZIONE E INABILITAZIONE, TUTELA E CURATELA, ADOZIONE, PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA
Art. 8.
(Filiazione)
1. Ai sensi dell'articolo 315 del codice civile, tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico, indipendentemente dalla esistenza di un rapporto di coniugio fra i genitori.
Art. 9.
(Amministrazione di sostegno, interdizione
e inabilitazione, tutela e curatela)
1. Ai sensi dell'articolo 408, primo comma, del codice civile, il giudice tutelare, nella scelta dell'amministratore di sostegno, preferisce, ove possibile, il coniuge che non sia separato legalmente, la persona stabilmente convivente ai sensi dell'articolo 1 della presente legge, il padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella, il parente entro il quarto grado.
2. Ai sensi dell'articolo 410, terzo comma, del codice civile, l'amministratore di sostegno non è tenuto a continuare nello svolgimento dei suoi compiti oltre dieci anni, ad eccezione dei casi in cui tale incarico è rivestito dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente ai sensi dell'articolo 1 della presente legge, dagli ascendenti o dai discendenti.
3. Ai sensi dell'articolo 411, terzo comma, del codice civile, sono in ogni caso valide le disposizioni testamentarie e le convenzioni in favore dell'amministratore di sostegno che sia parente entro il quarto grado del beneficiario, ovvero che sia coniuge o persona che sia stata chiamata alla funzione in quanto con lui stabilmente convivente ai sensi dell'articolo 1 della presente legge.
4. Ai sensi dell'articolo 417 del codice civile, le istanze di interdizione e inabilitazione possono essere promosse anche dalla persona stabilmente convivente ai sensi dell'articolo 1 della presente legge.
5. Ai sensi dell'articolo 426, primo comma, del codice civile, nessuno è tenuto a continuare nella tutela dell'interdetto o nella curatela dell'inabilitato oltre dieci anni dall'assunzione dell'ufficio, ad eccezione del coniuge, della persona stabilmente convivente ai sensi dell'articolo 1 della presente legge, degli ascendenti o dei discendenti.
Art. 10.
(Idoneità all'adozione)
1. Ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, il requisito della stabilità del rapporto, ai fini della determinazione della idoneità della coppia all'adozione, si intende che sussista anche quando i coniugi hanno convissuto in modo stabile e continuativo prima del matrimonio per un periodo di tre anni, nel caso in cui il tribunale per i minorenni accerti la continuità e la stabilità della convivenza, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso concreto.
Art. 11.
(Adozione di minori)
1. Ai sensi dell'articolo 44, comma 3, della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, l'adozione dei minori è consentita, oltre che ai coniugi, anche a chi non è coniugato, se si tratta di persone unite al minore da vincolo di parentela fino al sesto grado o da preesistente rapporto stabile e duraturo, quando il minore sia orfano di padre e di madre, ovvero quando il minore si trovi nelle condizioni indicate dall'articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e sia orfano di padre e di madre, ovvero quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo.
Art. 12.
(Procreazione medicalmente assistita)
1. Ai sensi dell'articolo 5 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, l'accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è permessa anche a due maggiorenni di sesso diverso fra loro conviventi.
Capo IV
CONTRASTO DEGLI ABUSI
Art. 13.
(Protezione contro gli abusi nell'ambito della convivenza)
1. Ai sensi dell’articolo 342-bis del codice civile, quando la condotta del convivente è causa di grave pregiudizio per l’integrità fisica o morale ovvero per la libertà dell’altro convivente, il giudice, su istanza di parte, può adottare con decreto uno o più dei provvedimenti di cui all’articolo 342–ter dello stesso codice.
Art. 14.
(Ordine di allontanamento)
1. Ai sensi dell’articolo 342-ter del codice civile, col decreto di cui all’articolo 342-bis dello stesso codice il giudice ordina al convivente che ha tenuto la condotta pregiudizievole la cessazione della stessa condotta e dispone l’allontanamento dalla casa familiare del convivente che ha tenuto la condotta pregiudizievole prescrivendogli altresì, ove occorra, di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dall’istante, e in particolare al luogo di lavoro, al domicilio della famiglia di origine, ovvero al domicilio di altri prossimi congiunti o di altre persone, ed in prossimità dei luoghi di istruzione dei figli della coppia, salvo che questi non debba frequentare i medesimi luoghi per esigenze di lavoro. Valgono per il convivente tutte le disposizioni contenute nel medesimo articolo 342-bis del codice civile.
Art. 15.
(Decadenza dalla potestà di genitore)
1. Ai sensi dell'articolo 330 del codice civile, il giudice può pronunziare la decadenza dalla responsabilità genitoriale quando il genitore viola o trascura i doveri ad essa inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio. In tal caso, per gravi motivi, il giudice può ordinare l’allontanamento del figlio della residenza familiare ovvero l’allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore.
Capo V
ACCESSO ALL'ABITAZIONE
E TUTELA CIVILISTICA
Art. 16.
(Successione nella locazione)
1. Ai sensi dell'articolo 6 della legge 27 luglio 1978, n. 392, come modificato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 404 del 7 aprile 1988, in presenza di una convivenza dichiarata all'anagrafe ai sensi dell'articolo 1 della presente legge, succede nella titolarità del contratto di locazione, in caso di morte del conduttore, il convivente ovvero colui che abbia cessato la convivenza quando vi sia prole naturale nata dalla loro unione.
Art. 17.
(Assegnazione degli alloggi
economici-popolari)
1. In applicazione dell'articolo 13, comma 2, lettera b), del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ai fini della predisposizione del decreto di cui al comma 1 dello stesso articolo 13, avente ad oggetto la semplificazione delle procedure di alienazione degli immobili di proprietà degli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, è riconosciuto il diritto di opzione all'acquisto in favore dell'assegnatario unitamente al proprio coniuge, qualora risulti in regime di comunione dei beni, ovvero, in caso di rinunzia da parte dell'assegnatario, in favore del coniuge in regime di separazione dei beni, o, gradatamente, del convivente ai sensi dell'articolo 1 della presente legge, purché la convivenza duri da almeno cinque anni, dei figli conviventi, dei figli non conviventi.
Art. 18.
(Impresa familiare)
1. Ai sensi dell'articolo 230-bis del codice civile, in presenza di una convivenza dichiarata all'anagrafe ai sensi dell'articolo 1 della presente legge, le prestazioni lavorative svolte nell'ambito della convivenza non hanno il requisito della subordinazione se è dimostrata la comunanza di vita e di interessi tra i conviventi che dia luogo alla partecipazione, effettiva ed equa, del convivente alle risorse della famiglia di fatto.
Art. 19.
(Risarcimento per fatto illecito)
1. Ai sensi degli articoli 2043 e 2059 del codice civile, in presenza di una convivenza dichiarata all'anagrafe ai sensi dell'articolo 1 della presente legge, il convivente ha diritto al risarcimento del danno patrimoniale e del danno non patrimoniale in caso di morte dell'altro convivente provocata dal fatto ingiusto altrui.
Art. 20.
(Contratti di assicurazione)
1. Ai sensi dell'articolo 134, comma 4-bis, del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, in presenza di una convivenza dichiarata all'anagrafe ai sensi dell'articolo 1 della presente legge, l'impresa di assicurazione, in tutti i casi di stipulazione di un nuovo contratto, relativo a un ulteriore veicolo della medesima tipologia, acquistato dalla persona fisica già titolare di polizza assicurativa o dal suo convivente, non può assegnare al contratto una classe di merito più sfavorevole rispetto a quella risultante dall'ultimo attestato di rischio conseguito sul veicolo già assicurato.
Capo VI
TUTELA PENALISTICA
Art. 21.
(Circostanze aggravanti dei reati)
1. Ai sensi dell’articolo 61, numero 11), del codice penale, la circostanza aggravante di aver commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazioni di ufficio, di prestazione d'opera, di coabitazione, o di ospitalità, si applica anche in presenza di una convivenza dichiarata all'anagrafe ai sensi dell'articolo 1 della presente legge.
Art. 22.
(Casi di non punibilità)
1. La disposizione di cui all'articolo 384, primo comma, del codice penale, in materia di casi di non punibilità, si interpreta nel senso che l'espressione «prossimo congiunto» deve ritenersi estesa anche ai componenti di una convivenza dichiarata all'anagrafe ai sensi dell'articolo 1 della presente legge.
Art. 23.
(Rapporto di parentela
penalmente rilevante)
1. Ai sensi dell’articolo 540 del codice penale, l'espressione «rapporto di parentela» si interpreta nel senso che essa deve ritenersi estesa anche alle convivenze dichiarate all'anagrafe ai sensi dell'articolo 1 della presente legge.
Art. 24.
(Violazione degli obblighi
di assistenza familiare)
1. All'articolo 570, primo comma, del codice penale, dopo le parole: «qualità di coniuge» sono inserite le seguenti: «o di componente di una convivenza dichiarata all'anagrafe ai sensi dell'articolo 1 del testo unico dei diritti riconosciuti ai componenti di una unione di fatto».
Art. 25.
(Reato di maltrattamento)
1. Le disposizioni dell'articolo 572 del codice penale, in materia di maltrattamenti in ambito familiare, si applicano anche nei confronti dei componenti di una convivenza dichiarata all'anagrafe ai sensi dell'articolo 1 della presente legge.
Art. 26.
(Non punibilità e querela della persona offesa per delitti contro il patrimonio commessi a danno di congiunti)
1. All'articolo 649 del codice penale, dopo le parole: «coniuge non legalmente separato», ovunque ricorrono, sono inserite le seguenti: «e del componente di una convivenza dichiarata all'anagrafe ai sensi dell'articolo 1 del testo unico dei diritti riconosciuti ai componenti di una unione di fatto».
Capo VII
TUTELA PROCESSUALPENALISTICA
Art. 27.
(Obbligo di testimoniare)
1. Ai sensi dell’articolo 199, comma 1, del codice di procedura penale, in materia di facoltà di astensione dall'obbligo di testimoniare, l'espressione «prossimi congiunti» si interpreta nel senso che fra questi devono ritenersi inclusi i componenti di una convivenza dichiarata all'anagrafe ai sensi dell'articolo 1 della presente legge.
2. Ai sensi dell’articolo 199, comma 3, del codice di procedura penale, il testimone ha facoltà di astenersi dalla testimonianza limitatamente ai fatti verificatisi o appresi dall’imputato durante la convivenza se, pur non essendo coniuge dell’imputato, come tale convive o abbia convissuto con esso.
Art. 28.
(Ordine di allontanamento
dalla casa comune)
1. Ai sensi dell'articolo 282-bis, comma 3, del codice di procedura penale, il giudice, su richiesta del pubblico ministero, può ingiungere all'imputato cui rivolge il provvedimento di allontanamento dalla casa familiare il pagamento periodico di un assegno a favore degli altri componenti di una convivenza dichiarata all’anagrafe ai sensi dell'articolo 1 della presente legge, che, per effetto della misura cautelare disposta, rimangano privi di mezzi adeguati.
2. Ai sensi dell'articolo 282-bis, comma 6, del codice di procedura penale, la misura dell'allontanamento dalla casa familiare può essere disposta, se si procede per uno dei delitti ivi indicati, commesso in danno del componente di una convivenza dichiarata all’anagrafe ai sensi dell'articolo 1 della presente legge, anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall'articolo 280 del codice di procedura penale.
Art. 29.
(Domanda di grazia)
1. Ai sensi dell'articolo 681, comma 1, del codice di procedura penale, la domanda di grazia, diretta al presidente della Repubblica, può essere sottoscritta anche dal componente di una convivenza dichiarata all'anagrafe ai sensi dell'articolo 1 della presente legge.
Art. 30.
(Indagini antimafia)
1. Ai sensi dell'articolo 19 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, le indagini riguardanti il tenore di vita, le disponibilità finanziarie e il patrimonio dei soggetti nei cui confronti possa essere proposta la misura di prevenzione della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza, e quelle riguardanti l'attività economica facente capo agli stessi soggetti allo scopo anche di individuare le fonti di reddito, sono effettuate anche nei confronti di coloro che nell'ultimo quinquennio hanno convissuto con i soggetti indicati al comma 1 dello stesso articolo 19 nonché nei confronti delle persone fisiche o giuridiche, società, consorzi od associazioni, del cui patrimonio i soggetti medesimi risultano poter disporre in tutto o in parte, direttamente o indirettamente.
Capo VIII
TUTELA DELLE VITTIME DI REATI
Art. 31.
(Elargizioni alle vittime di terrorismo
e di criminalità organizzata)
1. Ai sensi dell’articolo 4 della legge 20 ottobre 1990, n. 302, in presenza di una convivenza dichiarata all'anagrafe ai sensi dell'articolo 1 della presente legge, il convivente ha diritto alla elargizione di cui al comma 1 del citato articolo 4, alle condizioni e secondo l'ordine di precedenza ivi indicati.
Art. 32.
(Elargizioni alle vittime di racket e di usura)
1. Ai sensi dell’articolo 8 della legge 23 febbraio 1999, n. 44, se, in conseguenza dei delitti previsti dagli articoli 3, 6 e 7 della medesima legge n. 44 del 1999, i soggetti ivi indicati perdono la vita, l’elargizione è concessa, nell'ordine, ai soggetti di seguito elencati, a condizione che la utilizzino in un’attività economica, ovvero in una libera arte o professione, anche al di fuori del territorio di residenza:
a) coniuge e figli;
b) genitori;
c) fratelli e sorelle;
d) convivente more uxorio e soggetti, diversi da quelli indicati nelle lettere a), b) e c), conviventi con la persona nei tre anni precedenti l'evento.
Art. 33.
(Protezione dei collaboratori di giustizia)
1. Ai sensi dell'articolo 9, comma 5, del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, le speciali misure di protezione di cui al comma 4 del medesimo articolo 9 possono essere applicate anche a coloro che convivono stabilmente con le persone indicate nel comma 2 dello stesso articolo, nonché, in presenza di specifiche situazioni, anche a coloro che risultino esposti a grave, attuale e concreto pericolo a causa delle relazioni intrattenute con le medesime persone.