SENATO DELLA REPUBBLICA
-------------------- XVIII LEGISLATURA --------------------


12a Commissione permanente
(IGIENE E SANITA')


228ª seduta: mercoledì 19 maggio 2021, ore 8,30
229ª seduta: giovedì 20 maggio 2021, ore 8,30


ORDINE DEL GIORNO

IN SEDE CONSULTIVA

I. Seguito dell'esame del disegno di legge:
Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2019-2020 (Approvato dalla Camera dei deputati) - Relatore alla Commissione DORIA
(Relazione alla 14a Commissione)
(2169)
Seguito e conclusione esame. Relazione favorevole con osservazioni
II. Esame del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, recante misure urgenti relative al Fondo complementare al Piano nazionale di ripresa e resilienza e altre misure urgenti per gli investimenti - Relatrice alla Commissione PARENTE
(Parere alla 5a Commissione)
(2207)
Esame e rinvio

SINDACATO ISPETTIVO
Interrogazioni

INTERROGAZIONI ALL'ORDINE DEL GIORNO

RAUTIZAFFINI - Al Ministro della salute

Premesso che:

l'accordo del 16 dicembre 2010 adottato ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano (in sede di Conferenza Stato-Regioni), ha determinato l'approvazione delle linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo;

si tratta di 10 linee guida complementari e sinergiche che, nella logica del documento, avrebbero dovuto essere implementate congiuntamente a livello nazionale, regionale e locale, volte ad una serie di target specifici: misure quali l'analisi del contesto assistenziale a livello regionale e locale, l'elaborazione, diffusione ed implementazione di raccomandazioni e strumenti per la sicurezza del percorso nascita, le procedure di controllo del dolore nel corso del travaglio e del parto, la formazione degli operatori, il monitoraggio e verifica delle attività e l'istituzione di un comitato interistituzionale per il percorso nascita (CPN), con la funzione di coordinamento permanente;

in particolare, la prima di tali linee guida, recante misure di politica sanitaria e di accreditamento, ha previsto la razionalizzazione e riduzione progressiva dei punti nascita, arrivando alla determinazione dello standard di 500 parti annui, identificato come volume minimo di parti idoneo a giustificare il mantenimento in attività dei punti nascita;

la determinazione di questo standard ha inevitabilmente comportato una significativa contrazione, dal 2010 ad oggi, della fruibilità dei servizi di assistenza in questa delicata fase e per questa tipologia di intervento sanitario, quella, appunto, del parto, specie nelle aree più periferiche e nei centri minori, con l'emersione di gravi disagi e frequenti situazioni di rischio e persino pericolo sia per le partorienti che per i nascituri;

casi raccontati spesso dalla stampa, sia locale che nazionale, e registrati in diverse regioni italiane (come Marche, Lombardia, Basilicata ed Emilia-Romagna), con la configurazione di una rete di offerta dei punti nascita notevolmente diversificata sul territorio nazionale. Una serie di disagi reiterati e di carenze strutturali che hanno, evidentemente, determinato la necessità di apportare alcuni correttivi a questa previsione;

al riguardo, il decreto ministeriale 11 novembre 2015 (che integra i compiti del Comitato percorso nascita nazionale) ha introdotto infatti la possibilità di derogare a questo standard: secondo quanto previsto dall'articolo 1, commi 1, 2, e 3, le Regioni o Province autonome possono portare al tavolo di monitoraggio di cui al decreto ministeriale 29 luglio 2015 "eventuali richieste di mantenere in attività punti nascita con volumi di attività inferiori ai 500 parti annui e in condizioni orograficamente difficili, in deroga a quanto previsto dall'Accordo Stato-Regioni del 16 dicembre 2010";

gli interroganti rilevano prioritariamente come la procedura per la richiesta e concessione della deroga risulti estremamente macchinosa, richiedendo l'attivazione ed il dispiegamento di un iter burocratico complesso e articolato, "scaricando" sull'ente territoriale richiedente tutta una serie di onerosi adempimenti;

in particolare, la richiesta di deroga (che deve essere formalizzata dall'Assessorato per la salute, della Regione o Provincia autonoma o pubblica amministrazione territoriale competente), sentito il parere del Comitato percorso nascita regionale, deve contenere tutta una serie di elementi, necessari per la valutazione della stessa richiesta, tra i quali: a) un'autovalutazione rispetto alla presenza degli standard operativi, tecnologici e di sicurezza dei punti nascita; b) la descrizione della "rete dei punti nascita", dimostrando che quello in deroga si inserisce in modo organico nella rete di offerta dei punti nascita di primo e secondo livello (hub e spoke), con particolare attenzione alla modalità di attuazione del sistema di trasporto in emergenza della madre e del neonato nell'ambito dell'area interessata; c) l'analisi dei flussi di mobilità attiva e passiva delle partorienti rispetto ai punti nascita di cui si chiede la deroga, compresa la georeferenziazione, che evidenzi che l'attuale bacino di utenza dei singoli punti nascita e il potenziale numero di parti dell'area interessata; d) la formalizzazione della responsabilità professionale del punto nascita in deroga, l'analisi dei costi;

si tratta, dunque, di una procedura macchinosa e lenta, considerata oggettivamente inidonea a garantire la capacità istituzionale di rispondere alla richiesta di un servizio sanitario essenziale, come l'assistenza nella delicatissima fase del parto, con conseguenti gravi e reiterati disagi che si registrano su tutto il territorio nazionale e che incidono, tra l'altro, sul principio di eguaglianza e sulla parità di trattamento dei cittadini nell'erogazione dei servizi: disagi che, nonostante la previsione del meccanismo della deroga, insistono e persistono, continuando a configurare gravi disservizi e l'emersione di rischi concreti per la salute delle donne e dei nascituri;

sono del resto diversi e distribuiti variamente sull'intero territorio nazionale da Nord a Sud i territori che, a vario titolo, hanno sollecitato il Governo a che fosse avviata una riflessione in ordine all'opportunità di rimodulare la rete dei punti nascita, superando o comunque rivedendo il criterio dei 500 parti annui come soglia minima per mantenere in attività un punto nascita;

si cita ad esempio il caso dell'ospedale "Oglio Po" di Casalmaggiore (Cremona), che attualmente è interessato da procedimento giurisdizionale amministrativo per il ricorso promosso da 21 Comuni a cavallo tra le province di Mantova e Cremona avverso la decisione della Regione Lombardia, che, a fronte del diniego ministeriale della richiesta di deroga al criterio dei 500 parti nascita annui, non ha potuto che disporre la chiusura dei punti nascita con volumi di parti inferiore a tale soglia. Nella fattispecie, il TAR ha recentemente rigettato il ricorso dei sindaci, che attualmente valutano di impugnare la sentenza dinanzi al Consiglio di Stato;

ebbene, una lunga trafila, burocratica prima e giurisdizionale poi, che ha investito una pluralità di enti territoriali e resasi necessaria esclusivamente per portare avanti la legittima battaglia dei territori per la garanzia di un presidio assistenziale e ospedaliero essenziale per la natalità e per la salute di donne e bambini. Trafila generata dall'applicazione automatica di un criterio meramente numerico, che necessita evidentemente di un'opportuna e auspicabilmente celere revisione;

gli interroganti rilevano inoltre che in tal senso si registra una presa di posizione ufficiale del Ministro di indirizzo, che nel mese di gennaio 2019 si dichiarava pronta a "lavorare con le Regioni in vista di una rimodulazione dei punti nascita": tale impegno, ad oggi, risulta disatteso in assenza di provvedimenti volti a risolvere più criticità e disagi derivanti dall'applicazione di detto parametro all'organizzazione della rete ospedaliera territoriale,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo abbia avviato, come dichiarato in passato, la necessaria riflessione sull'adeguatezza dell'organizzazione della rete ospedaliera e dei punti nascita, con particolare riferimento alla revisione e al superamento standard dei 500 parti annui per il mantenimento in attività, e all'indispensabile ed indifferibile esigenza di garantire la tutela della salute e la salvaguardia della sicurezza delle donne e dei nascituri;

se non ritenga di procedere, in tempi urgenti, alla revisione dell'organizzazione della rete ospedaliera e della distribuzione dei punti nascita, in modo tale da assicurare al contempo l'adeguatezza delle strutture e la garanzia dell'assistenza in modo omogeneo ed efficiente su tutto il territorio nazionale.


(3-00994) 

COLLINA, PITTELLA - Al Ministro della salute

Premesso che:

come riportato dal quotidiano "la Repubblica" il 7 febbraio 2021, il signor S.G., il 26 gennaio, recatosi all'ufficio protesico di Siderno, appartenente all'Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria, per l'erogazione di una cannula tracheostomica, dispositivo medico necessario alla sopravvivenza del figlio di 5 anni affetto da tetraparesi spastica distonica, non ha ottenuto il dispositivo, a causa di una presunta mancanza di fondi necessari per il suo acquisto;

il signor G. ha presentato un esposto alla procura di Locri per individuare i responsabili del mancato acquisto dei dispositivi medici, denunciando, inoltre, il fatto che solo a Siderno ci sarebbero oltre 200 persone nella medesima situazione;

al bambino non vengono neanche corrisposti, con la frequenza richiesta di 5 volte a settimana, il trattamento riabilitativo psicomotorio e il trattamento logopedico per stimolazioni delle abilità motorie e sensoriali orali;

tali circostanze hanno costretto i genitori del bambino a rivolgersi a strutture sanitarie ubicate in altre regioni;

premesso inoltre che l'articolo 1 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, recante misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria, stabilisce che le attività del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario siano indirizzate tanto al raggiungimento "degli obiettivi previsti nei programmi operativi di prosecuzione del piano di rientro dai disavanzi del Servizio Sanitario regionale" quanto al raggiungimento "dei livelli essenziali di assistenza",

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti;

quali iniziative urgenti, nell'ambito delle proprie competenze, intenda adottare al fine di verificare la veridicità delle dichiarazioni rese dall'ufficio protesico di Siderno, le motivazioni che hanno portato alla presunta carenza di fondi per l'acquisto e l'erogazione dei dispositivi citati e le eventuali responsabilità per tale grave mancanza, nonché quali iniziative intenda adottare al fine di garantire a tutti i cittadini, a prescindere dalla regione di residenza, il pieno riconoscimento del diritto alla salute sancito dall'articolo 32 della Costituzione.


(3-02328)