Premesso che:
la geotermia è una fonte di energia a basse emissioni con importanti margini di crescita nell'ambito delle fonti rinnovabili;
l'industria italiana è tra le più avanzate nel settore per ricerca tecnologica che oggi riguarda sempre maggiormente anche le pompe di calore geotermiche a bassa entalpia, anche grazie a piccoli impianti ad uso domestico o non strettamente industriale;
nonostante la nostra vocazione e l'alto gradiente geotermico che ha permesso lo sfruttamento del calore naturale terrestre in diversi luoghi del Paese e nonostante nell'ultimo quinquennio in Europa si sia registrato un grande incremento del numero di impianti geotermici a bassa entalpia, l'Italia nel 2012 ne ha installato soltanto 10.300 con un risparmio complessivo di 61 ktpe (chilotonnellate di petrolioequivalente);
considerato che:
l'articolo 7, comma 4, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 stabilisce che: «con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa intesa con la Conferenza unificata, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.281, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono stabilite le prescrizioni per la posa in opera degli impianti di produzione di calore da risorsa geotermica, ovvero sonde geotermiche, destinati al riscaldamento e alla climatizzazione di edifici, e sono individuati i casi in cui si applica la procedura abilitativa semplificata di cui all'articolo 6»;
il provvedimento ad oggi non è stato ancora emanato;
l'emanazione di tale provvedimento favorirebbe l'efficienza ed il risparmio energetico, oltreché lo sviluppo e il riordino normativo degli impianti geotermici a bassa entalpia, ovvero impianti di climatizzazione degli edifici che sfruttano lo scambio termico con il sottosuolo superficiale per mezzo di una pompa di calore,
si chiede di sapere se i Ministri in indirizzo intendano attivarsi e in che tempi affinché la citata disciplina venga emanata secondo i più alti standard tecnologici esistenti al fine di favorire l'efficienza energetica e la salvaguardia dell'ambiente.
nella recente risposta all'interrogazione 3-01468 del sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico Giacomelli fornita presso la 10a Commissione permanente (Industria, commercio, turismo) del Senato il 17 giugno 2015 è stato rilevato che devono essere esclusi dal sistema efficiente di utenza (SEU) «i sistemi estesi che, di fatto, sono multicliente (quali i centri commerciali, gli ospedali e gli aeroporti, comprensivi di alberghi, parcheggi e negozi) (…). Anche la Commissione europea (nota interpretativa del 22 gennaio 2010) identifica tali realtà complesse, a fini industriali e commerciali, tra i sistemi di distribuzione chiusi»;
ai sensi dell'articolo 28 della direttiva 2009/72/CE, i sistemi di distribuzione chiusi (SDC) sono sistemi che distribuiscono energia elettrica all'interno di un sito industriale, commerciale o di servizi condivisi geograficamente limitato e, al netto di particolari eccezioni espressamente previste dalla regolazione dell'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico, non riforniscono clienti civili. Tali reti, nella titolarità di soggetti diversi da Terna e dalle imprese distributrici, sono sistemi elettrici caratterizzati dal fatto che per specifiche ragioni tecniche o di sicurezza le operazioni o il processo di produzione degli utenti del sistema sono integrati oppure dal fatto che il sistema distribuisce energia elettrica principalmente al proprietario o al gestore del sistema o alle loro imprese correlate;
l'articolo 38, comma 5, del decreto legislativo n. 93 del 2011 stabilisce che "Ferma restando la disciplina relativa ai sistemi efficienti di utenza di cui all'articolo 2 comma 1, lettera t), del decreto legislativo n. 115 del 2008, i sistemi di distribuzione chiusi sono le reti interne di utenza così come definite dall'articolo 33 della legge 23 luglio 2009, n. 99, nonché le altre reti elettriche private definite ai sensi dell'articolo 30, comma 27, della legge n. 99 del 2009, cui si applica l'articolo 33, comma 5, della legge 23 luglio 2009, n. 99";
i SDC sono dunque sistemi ammessi sia dalla normativa comunitaria che da quella nazionale di attuazione e sono gli strumenti di autoapprovvigionamento energetico per consentire l'autoconsumo da fonte rinnovabile rispetto alle varie utenze che vi sono in tutti i sistemi estesi quali le grandi infrastrutture;
la normativa italiana e comunitaria vincola all'installazione di sistemi di autoapprovvigionamento energetico, su tutti gli edifici e anzi con particolare enfasi per le infrastrutture di pubblica utilità, in quanto: a) ai sensi dell'articolo 13, comma 4, della direttiva 2009/28/CE "Entro il 31 dicembre 2014 gli Stati membri (...) impongono l'uso di livelli minimi di energia da fonti rinnovabili in tutti gli edifici nuovi e negli edifici esistenti sottoposti a ristrutturazioni rilevanti"; b) l'articolo 11 del decreto legislativo n. 28 del 2011 stabilisce che: "I progetti di edifici di nuova costruzione ed i progetti di ristrutturazioni rilevanti degli edifici esistenti prevedono l'utilizzo di fonti rinnovabili per la copertura dei consumi di calore, di elettricità e per il raffrescamento secondo i principi minimi di integrazione e le decorrenze di cui all'allegato 3"; c) ai sensi della direttiva 2010/31/UE, gli edifici ad energia quasi zero sono edifici "ad altissima prestazione energetica (...). Il fabbisogno energetico molto basso o quasi nullo dovrebbe essere coperto in misura molto significativa da energia da fonti rinnovabili, compresa l'energia da fonti rinnovabili, prodotta in loco o nelle vicinanze"; d) ai sensi dell'articolo 9 della stessa direttiva "Gli Stati membri provvedono affinché: a) entro il 31 dicembre 2020 tutti gli edifici di nuova costruzione siano edifici a energia quasi zero; e b) a partire dal 31 dicembre 2018 gli edifici di nuova costruzione occupati da enti pubblici e di proprietà di questi ultimi siano edifici a energia quasi zero. Gli Stati membri elaborano piani nazionali destinati ad aumentare il numero di edifici ad energia quasi zero. (…) I piani nazionali comprendono fra l'altro i seguenti elementi: (…) informazioni sulle politiche e sulle misure finanziarie o di altro tipo adottate in virtù dei paragrafi 1 e 2 per promuovere gli edifici ad energia quasi zero, compresi dettagli relativi ai requisiti e alle misure (...) concernenti l'uso di energia da fonti rinnovabili negli edifici di nuova costruzione e negli edifici sottoposti ad una ristrutturazione importante"; e) ai sensi del considerato 17 della stessa direttiva "È necessario istituire misure volte ad aumentare il numero di edifici che non solo rispettano i requisiti minimi vigenti, ma presentano una prestazione energetica ancora più elevata, riducendo in tal modo sia il consumo energetico sia le emissioni di biossido di carbonio. A tal fine gli Stati membri dovrebbero elaborare piani nazionali intesi ad aumentare il numero di edifici a energia quasi zero";
considerato che il documento di consultazione 644/2014/R/eel del 18 dicembre 2014 dell'AEEGSI, senza tener conto delle disposizioni sopra citate, ma considerando solamente l'articolo 9 del decreto legislativo n. 79 del 1999 (che attribuiva l'esclusiva in ambito comunale ai concessionari), ha concluso che "il mancato completamento del quadro normativo ed in particolare la necessità che ci sia per i sistemi di distribuzione chiusi il rilascio esplicito di una subconcessione ne impedisce la realizzabilità (salvo il caso in cui SDC sia realizzato in accordo con l'impresa distributrice locale e la successiva autorizzazione del Ministero dello sviluppo economico)";
considerato inoltre che:
secondo la ricostruzione fornita dal Ministero dello sviluppo economico con la risposta alla suddetta interrogazione, sugli edifici estesi l'installazione di impianti da fonte rinnovabile per coprire i consumi interni si configura necessariamente come SDC;
l'installazione di impianti da fonte rinnovabile sugli edifici di nuova costruzione e soggetti a ristrutturazioni importanti, alla luce della normativa comunitaria, non solo è consentita, ma si configura addirittura come un obbligo;
a giudizio degli interroganti, la posizione assunta dall'Autorità di ritenere non realizzabili i sistemi di distribuzione chiusi non appare corretta perché si limita a prendere in considerazione solamente la previgente normativa dell'articolo 9 del decreto legislativo n. 79 del 1999 senza considerare l'articolo 34, comma 5, del decreto legislativo n. 93 del 2011 e la normativa comunitaria che costituisce norma cogente sovraordinata e strumento interpretativo obbligato della normativa nazionale;
inoltre, con la segnalazione n. 348 del 2014 del 17 luglio 2014 l'Autorità ha chiesto indicazioni al Governo rispetto alla disciplina degli SDC che al momento non sono state ancora fornite;
tale situazione legittima la Commissione europea ad intraprendere un'azione nei confronti dell'Italia con l'apertura di una procedura d'infrazione per il mancato rispetto degli obblighi comunitari, oltre a costituire un grave pregiudizio per gli obiettivi di efficienza e di edilizia verde che dovrebbero essere auspicabilmente perseguiti;
benché la posizione assunta dall'Autorità sia contenuta in un documento di consultazione, la stessa sta influenzando il comportamento degli operatori e degli attuali concessionari, bloccando qualsiasi installazione di SDC e costringendo a immettere in rete, anziché autoconsumare, l'energia prodotta sugli edifici, in spregio ad ogni principio di risparmio energetico;
in particolare in applicazione di questo principio, entro il 30 settembre 2015, sulla base delle istruzioni dell'Autorità contenute nelle FAQ pubblicate il 12 giugno 2015, un grande numero di operatori sarà costretto a chiedere la disconnessione dalle attuali reti private interne alimentate in autoconsumo per assumere energia direttamente dalla rete pubblica quali utenze virtuali, in quanto non è stata prevista dall'Autorità la possibilità di collegare un SEU ad un SDC,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno intervenire con gli idonei strumenti di competenza per chiarire il quadro regolatorio per la realizzazione dei sistemi di distribuzione chiusi che attualmente viene orientato per gli operatori non dalla normativa vigente, ma da un documento di consultazione dell'Autorità per l'energia elettrica.