Premesso che:
risulterebbe in fase di preparazione un decreto ministeriale con il quale verrebbero rielaborati i meccanismi incentivanti e i criteri per gli impianti idroelettrici;
esso potrebbe prevedere, nella redazione della graduatoria per l'accesso agli incentivi, dei criteri di priorità totalmente diversi da quelli fino ad oggi adottati;
se così fosse tali criteri potrebbero danneggiare molti imprenditori (i cui impianti sono iscritti al registro IDRO-RG2014, tabella C) che hanno riposto delle legittime aspettative nei bandi precedenti,
si chiede di sapere se non sia il caso di tenere presente nell'emanando decreto la situazione in cui si verrebbero a trovare detti imprenditori i cui impianti sono iscritti al registro IDRO-RG2014, tabella C ma esclusi nella precedente graduatoria e se non sia il caso di tenerne conto nella redazione dei criteri di priorità che saranno previsti.
Premesso che, a quanto risulta all'interrogante:
attraverso segnalazioni da parte delle associazioni di categoria, nonché attraverso notizie di stampa, è emersa una problematica afferente all'omologazione CE dei serbatoi per Gpl "ricondizionati";
si tratta di quei manufatti che sono stati realizzati ed utilizzati quali contenitori di Gpl "fuori terra" e che, a seguito delle modifiche operate con l'art. 14 del decreto ministeriale n. 329 del 1° dicembre 2004, vengono oggi riutilizzati quali contenitori di Gpl "interrati";
è d'uopo precisare che, per l'utilizzabilità nella sede interrata di tali manufatti, è necessario apportare sugli stessi delle modifiche strutturali ed essere successivamente soggetti a una verifica per ottenere una nuova valutazione di conformità, ai sensi del decreto legislativo n. 93 del 2000;
si evidenzia come la maggior parte di tali manufatti siano stati realizzati in epoca precedente al recepimento della direttiva PED (direttiva 97/23/CE), di cui al decreto legislativo n. 93 del 2000 e conseguentemente siano sprovvisti della certificazione CE, non potendo quindi essere posti in esercizio, in quanto non possiedono i requisiti richiesti dalla normativa vigente;
inoltre, mentre le attrezzature di nuova costruzione vengono sottoposte alle procedure di verifica previste per legge da parte dei preposti organismi, che operano presso il costruttore, non vi è prova che le medesime verifiche siano operate per quei manufatti ricondizionati, che, in quanto di proprietà delle società distributrici di gas, vengono sottratti al controllo delle ditte costruttrici;
infatti, a seguito della liberalizzazione della distribuzione dei carburanti, i privati che intendono avvalersi dell'uso del Gpl a servizio della loro proprietà possono rivolgersi ad una qualunque società di distribuzione che, una volta stabilito il prezzo al metro cubo, si occupa di predisporre tutti gli interventi tecnici per la fornitura;
a tal fine, le società distributrici sono solite proporre al consumatore l'uso in comodato del serbatoio, che, in un'ottica di maggiore contenimento dei costi, le stesse hanno acquistato tra quelli esterni ricondizionati per essere destinasti all'interramento, senza però che tali serbatoi siano stati assoggettati ad una procedura di valutazione di conformità, né all'apposizione della marcatura CE;
si rende quindi necessario a parere dell'interrogante che vengano individuati delle procedure e dei meccanismi che consentano di effettuare la valutazione di conformità e l'eventuale rilascio della certificazione CE, anche per le attrezzature "ricondizionate", affinché vengano garantite tutte le norme di sicurezza e si evitino drammatici incidenti,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di tale problematica e, per quanto di competenza, quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda intraprendere, al fine di regolamentare in maniera più sicura l'utilizzo di tali attrezzature.
ROSSI Gianluca, TOMASELLI - Ai Ministri dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali. -
Premesso che per quanto risulta agli interroganti:
alla fine di marzo 2016, Tata Steel ha annunciato di voler vendere o chiudere le acciaierie inglesi, di cui era entrata in possesso nel 2007, la più grande delle quali, Port Talbot, impiega circa 11.000 lavoratori tra diretti e indiretti. Tata Steel opera in India (Tata Steel Limited), Asia sud orientale (Tata Steel Thailand and NatSteel) ed Europa (Tata Steel Europe), dove solo quest'ultima corporate ha una capacità produttiva di 18 milioni di tonnellate per annum ed un panorama produttivo fortemente diversificato, intrecciando parte della sua gamma con quella della multinazionale tedesca;
da mesi, si ricorrono le notizie su possibili forme di fusione tra Tata e ThyssenKrupp, non ultima l'agenzia "Reuters", il 24 giugno 2016, ha annunciato la prossima firma di un memorandum d'intesa sulla fusione delle "divisioni acciaio" delle 2 corporation. Il 4 aprile 2016, tramite una corporate news, la stessa ThyssenKrupp, pur smentendo la notizia, confermava la volontà di un consolidamento sul mercato europeo dell'acciaio, anche attraverso partnership non meglio definite;
se fossero vere le rivelazioni, sarebbe ragionevole pensare, infatti, che il primo sito produttivo ad essere coinvolto dalla fusione sarebbe quello di Terni, perché è l'unico sito Thyssen per l'inox e l'unica realtà produttiva di acciai inossidabili piani in Italia, con una quota di mercato superiore al 40 per cento, che lo colloca tra i primi produttori mondiali di acciai laminati piani inossidabili. Come è noto, le imprese del gruppo, oltre ad occupare circa 2.300 dipendenti e impiegare altrettante persone nell'indotto diretto di riferimento, rappresentano la realtà industriale di maggior rilievo dell'Italia centrale, distribuendo redditi che, secondo le usuali metodologie di determinazione statistica, ricadono su circa 20.000 persone;
considerato che:
ci si trova davanti a uno snodo fondamentale per la siderurgia italiana, poiché si va incontro alla valutazione delle manifestazioni di interesse da parte delle cordate economiche, che dovrebbero portare al rilancio di Ilva;
la vicenda di Taranto, unita ad una possibile nuova stagione di incertezza per lo stabilimento ternano, porterebbe ad un panorama esiziale per il futuro inquadramento strategico delle produzioni di acciaio. A questo occorre aggiungere che le vicende legate al futuro assetto societario di ILVA e le decisioni di TataSteel, in merito ad una exit strategy dagli impianti produttivi del Galles, unite ai rumors su possibili accordi con Thyssen, ci consegnano un quadro di grande movimento per l'acciaio europeo. Contestualmente, si delinea un rischio di riduzione della forza lavoro, sia per Taranto, che per Terni, provocando ulteriori problemi di equilibrio sociale, sempre più difficile da garantire;
sarebbe urgente comprendere i "confini" di tale accordo tra le 2 global company e quale sia il mercato oggetto di tale joint venture. Risulta imprescindibile, inoltre, comprendere se l'accordo riguardi il global network delle 2 multinazionali o esclusivamente il mercato europeo dell'acciaio;
lo scorso 22 marzo, in sede di verifica dell'accordo di programma presso il Ministero dello sviluppo economico, ThyssenKrupp, per voce del suo rappresentante, Peter Sauer, ha ribadito che esiste un legame a doppio filo tra le sorti del futuro di Ast e le misure antidumping sull'acciaio cinese e che "se le produzioni non verranno protette, ThyssenKrupp ha in serbo un piano B". Ciò lascia numerosi interrogativi irrisolti e, anche alla luce delle indiscrezioni di stampa, non andrebbe perso ulteriore tempo per effettuare una ricognizione del contingente, garantendo un impegno del Governo ai massimi livelli;
il "caso Inoxum", ossia lo spinoff nato dall'accordo ThyssenKrupp- Outokumpu, risalente al 2012, unitamente alla vicenda di Port Talbot, hanno messo in evidenza l'assenza di una reale azione strategica europea, nonostante il 'Piano Tajani' per la siderurgia e la vulnerabilità dei governi nazionali di fronte alle decisioni unilaterali delle multinazionali;
le 2 "capitali italiane dell'acciaio" rappresentano vicende profondamente diverse tra loro, ma legate dall'assenza di una visione della siderurgia e un effetto paradossale dell'UE; elementi che rappresentano la necessità di riflettere sulla funzione regolatrice delle istituzioni europee su orizzonti autenticamente globali e a valutare altresì i profili dei Paesi deficitari sotto il profilo delle strategie industriali di medio-lungo periodo, che rischiano di essere i più esposti;
lo stabilimento ternano non è nelle condizioni di poter sopportare un nuovo periodo di incertezze e scelte rinviate, né di poter giocare la sua partita per una rinnovata centralità di mercato senza l'impegno delle istituzioni tutte,
si chiede di sapere:
se il Governo sia a conoscenza del progetto di fusione e di quali relative informazioni disponga;
quali azioni intenda mettere in atto, al fine di garantire la continuità produttiva e i relativi livelli occupazionali di uno dei siti più strategici per la competitività del Paese.