B I L A N C I O (5a)

GIOVEDI’ 20 MAGGIO 1999

193a Seduta

Presidenza del Presidente
COVIELLO



Intervengono il professor Petretto, Presidente della Commissione Tecnica della Spesa Pubblica, accompagnato dal professor Pisauro, Commissario.


La seduta inizia alle ore 14,50.


PROCEDURE INFORMATIVE

Audizione, ai sensi dell’articolo 47 del Regolamento, del Presidente della Commissione Tecnica per la Spesa Pubblica, in relazione al decreto legislativo recante norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale
(R047 000, C05a, 0002o)

Il presidente COVIELLO, dopo brevi parole di saluto, dà la parola al professor Petretto per lo svolgimento della relazione introduttiva.

Il professor PETRETTO, dopo aver ricordato di aver trasmesso alcuni documenti relativi a studi sul settore sanitario e alla allocazione delle risorse nel servizio pubblico, si sofferma sullo schema di decreto legislativo per la razionalizzazione del settore sanitario, rilevando che esso sembra allontanarsi dal modello di concorrenza amministrata, parzialmente adottato con la legge di riforma del 1992, proponendo in alternativa una logica di programmazione sanitaria. Nel far presente che la prudenza attuativa della riforma del 1992 ha consentito di evitare alcuni effetti negativi che in altri paesi sono derivati dall’adozione del modello dei “quasi-mercati”, sottolinea che lo schema di decreto legislativo in esame consentirebbe di completare adeguatamente quel modello di aziendalizzazione; l’inversione verso una logica di programmazione, pur non dovendo essere valutata necessariamente in modo negativo, deve tenere conto delle conseguenze sul complesso del sistema, sia per ciò che concerne le prestazioni, che per le esigenze finanziarie.
Illustra, quindi, alcuni aspetti rilevanti già evidenziati dalla Commissione tecnica nei documenti trasmessi. Per ciò che concerne i livelli essenziali di assistenza e le compatibilità finanziarie, ritiene necessario che emerga con maggiore chiarezza l’esigenza di una contestualità tra individuazione dei livelli essenziali di assistenza e destinazione delle risorse, evitando che la definizione dei fabbisogni sanitari avvenga in un momento distinto dalla individuazione delle risorse. Ritiene, inoltre, opportuno prevedere, eventualmente all’articolo 1, un più preciso raccordo tra le proiezioni a legislazione vigente della spesa sanitaria, come indicate nel DPEF, e la definizione dei livelli di assistenza del Piano sanitario nazionale. Nell’illustrare il concetto di essenzialità delle prestazioni - evidenziando che la copertura sanitaria pubblica risulta necessaria nel caso di rischi che i mercati assicurativi privati non sono in grado di coprire o sulla base di indicatori di condizione economica - osserva che il razionamento delle prestazioni effettuate dal Servizio sanitario nazionale dovrebbe essere più opportunamente definito, in alternativa al criterio della uniformità, dalla individuazione di un pacchetto di prestazioni minime, garantite a livello nazionale, connesse a rischi importanti, e lasciando alle singole Regioni la possibilità di integrazione del livello delle prestazioni.
Si sofferma, quindi, sul coinvolgimento dei Comuni nello svolgimento di funzioni di programmazione, di indirizzo e di controllo, giustificato peraltro dalla relazione, e inevitabile integrazione, tra prestazioni sanitarie e assistenza sociale; rileva, peraltro, che a tale coinvolgimento non corrisponde una precisa definizione della responsabilità finanziaria degli enti coinvolti.
Per ciò che concerne l’aziendalizzazione delle strutture, ricorda che la riforma del 1992 introduceva processi di aziendalizzazione delle unità sanitarie locali, in base a logiche e finalità economiche, tendenti a conseguire guadagni di efficienza grazie alla realizzazione di economie di scala. Dallo schema di decreto legislativo emerge una nuova frammentazione delle ASL, che vengono suddivise in distretti locali; questi, che rappresentano una articolazione organizzativa delle ASL, sono definiti territorialmente in base ad una logica non collegata a parametri di efficienza economica. Poiché il distretto assume funzioni di produttore di servizi e un ruolo di coordinamento e programmazione dei presidi ospedalieri, la Commissione tecnica ritiene che il controllo della spesa ospedaliera potrebbe sfuggire a livello operativo dell’ASL per distribuirsi tra una pluralità di soggetti, i distretti appunto, perdendo in tal modo il carattere di controllo unitario aziendale che costituiva l’obiettivo centrale della legislazione di riforma del 1992.
Nel rilevare che l’articolo 6-ter dello schema di decreto prevede l’individuazione, da parte del Ministero della sanità, del numero programmato degli operatori in campo socio-sanitario, per regolare annualmente gli accessi alle strutture formative, sottolinea che tale disposizione, connotata in forma eccessivamente dirigistica, risulta soggetta al rischio di definire fabbisogni sulla base di informazioni che – a causa dei forti incentivi ad un invio in forma distorta - non possono che pervenire incomplete al livello centrale.
Dopo aver sottolineato la rilevanza della definizione delle procedure di autorizzazione e di accreditamento istituzionale per la costruzione del modello della concorrenza amministrata, evidenzia che la fase di individuazione dei soggetti abilitati a fornire prestazioni presenta alcune ambiguità che sembrano richiedere ulteriori precisazioni. Nell’evidenziare che appare auspicabile una procedura di accreditamento, mediante verifica della qualità delle prestazioni e dell’attività svolta, estremamente rigorosa, si sofferma sulla definizione di accordo contrattuale, che definisce volumi di attività e finanziamento delle unità produttive e delle prestazioni sanitarie, prefigurando un processo concorrenziale tra i soggetti accreditati al fine di accedere al sottoinsieme di coloro che forniscono le prestazioni; il rinvio a procedure di scelta di tali soggetti “anche attraverso valutazioni comparative della qualità e dei costi” lascia supporre che esistano altri, non precisati, criteri che la Regione può seguire nell’attribuire la funzione di erogatore preferito. Non risulta poi esplicito se tra le strutture pubbliche con cui si stipulano accordi rientrino anche i presidi ospedalieri delle ASL, inseriti all’interno dell’attività dei distretti: in caso contrario, le Regioni potrebbero essere incentivate a far rientrare i presidi delle ASL tra gli erogatori preferiti verso cui indirizzare gli assistiti, lasciando solo margini residuali alle altre strutture assistenziali. In tale ambito, un ruolo particolare viene svolto dal finanziamento a tariffa: anche in tale caso, la natura delle tariffe nell’ambito dello schema di decreto legislativo appare ambigua, facendosi riferimento alternativamente al principio del costo standard o a quello di prezzo negoziale, sottoposto a contrattazione. La Commissione tecnica ritiene debba essere chiarito il modello di riferimento per l’accreditamento e la scelta del preferred provider e per l’applicazione delle tariffe delle prestazioni sanitarie, esplicitando se si desidera lasciare la soluzione alla discrezionalità applicativa delle singole Regioni; qualora, peraltro, si opti per un rafforzamento della concorrenza, occorre peraltro predisporre gli strumenti idonei per la realizzazione di tale obiettivo.
Si sofferma, infine, sulla costituzione di fondi integrativi e di un sistema di assicurazione privata complementare: fa presente che lo schema di decreto legislativo prevede che tale assicurazione copra le prestazioni che eccedono quelle essenziali, configurando in tal modo un sistema strettamente integrativo. Pur ricordando che tale modello presenta aspetti positivi, impedendo la duplicazione del mercato sanitario e l’accentuazione di fenomeni di azzardo morale, ritiene che una definizione così ampia del livello di prestazioni essenziali come quella definita nel decreto legislativo non consenta di sviluppare un adeguato sistema di assistenza complementare; suggerisce, peraltro, che maggiori potenzialità di sviluppo potrebbero essere realizzate qualora il Servizio sanitario nazionale garantisse livelli minimi, lasciando alle Regioni e ai fondi integrativi l’erogazione e il finanziamento delle prestazioni eccedenti tali livelli.

Si apre il dibattito.

Il relatore MORANDO, espresso apprezzamento per il lavoro della Commissione tecnica per la spesa pubblica sull'allocazione delle risorse del Servizio sanitario nazionale, trasmesso preliminarmente all'audizione, chiede, in tema di accreditamento, se sia opportuna la fissazione, da parte del programmatore regionale o nazionale, del volume massimo di prestazioni che ciascuna struttura può erogare e in che misura ciò sarebbe compatibile con i principi del cosiddetto "quasi-mercato". Relativamente ai fondi integrativi, chiede poi se esistono calcoli che consentano di affermare che la prevedibile riduzione delle detrazioni possa essere compensata in negativo dall'erogazione di un maggior numero di prestazioni da parte del sistema sanitario pubblico.

Il senatore VEGAS, condividendo le questioni poste dal relatore, rileva, alla luce delle comunicazioni rese dai rappresentanti della Commissione tecnica, il rischio di un ritorno a meccanismi che indeboliscono i principi di responsabilizzazione dei livelli di decisione periferici, sperimentati negli ultimi anni. Tale circostanza potrebbe determinare una tale confusione nelle scelte di politica sanitaria da porre le premesse per un incremento allarmante della relativa spesa. Dopo aver chiesto informazioni sul funzionamento del sistema di remunerazione a tariffa, chiede quale impatto potrebbe avere sulle scelte già operate in materia di federalismo fiscale la concretizzazione della tendenza ad un sistema pianificatorio di tipo centralistico, che sembra adombrata dal provvedimento in esame. Espresso poi il dubbio che l'incentivazione dei fondi integrativi possa consentire una diminuzione della spesa pubblica ed un aumento della qualità, prospetta di contro il rischio che i 40 mila miliardi di spesa sanitaria privata potrebbero indirettamente gravare sul finanziamento pubblico. Sarebbe altresì interessante, a suo avviso, formulare delle ipotesi sugli effetti delle agevolazioni fiscali previste per i fondi sia sulla spesa nel suo complesso sia sui tempi e la qualità delle prestazioni rese.

Il professor PETRETTO, dopo aver ricordato che dei due modelli concorrenziali finora sperimentati, quello affidato alla libera scelta dell'utenza ha determinato i problemi più rilevanti in termini di crescita della spesa pubblica in assenza della fissazione del volume massimo di prestazioni, afferma che il secondo modello, basato invece sulla programmazione delle prestazioni sanitarie, sembra essere quello prescelto dallo schema di decreto: nell'ambito di tale modello, il volume delle prestazioni è quindi il risultato di una contrattazione, nell'ambito della quale sarebbe però opportuno contrattare anche il prezzo delle prestazioni stesse, rischiando altrimenti di trasformare la programmazione in un contingentamento. Nel sottolineare che invece nel testo la nozione di tariffa è sostituita dal criterio del costo standard di produzione, osserva che l'idea sottostante al decreto in tema di accordi contrattuali sembrerebbe quella propria della concorrenza negoziale, di attribuire cioè all'ASL il ruolo di acquirente di prestazioni presso i preferred providers, benché non risultino poi precisati i criteri di accreditamento, oltre a quello della valutazione costi-qualità. Fa poi presente che non sono stati effettuati calcoli specifici sugli effetti finanziari dei fondi integrativi: è ovvio che bisogna del tutto scongiurare il rischio che la spesa privata si trasformi in pubblica, essendosi concepiti i fondi stessi quali strumenti per rendere più efficiente la spesa privata. Con riferimento al rapporto con le Regioni, rileva poi che la scelta compiuta nel decreto legislativo di attribuire a tali enti una sede idonea a far valere con maggior forza le proprie istanze non comporta automaticamente una loro maggiore responsabilizzazione finanziaria: a tal fine, sarebbe forse utile sperimentare il ricorso ad incentivi, laddove l'esperienza del passato dimostra il fallimento di un sistema basato su comandi e sanzioni. Dopo aver evidenziato che le scelte compiute nel collegato fiscale e nel decreto in esame non sembrano coerenti, afferma che la Commissione tecnica ha maturato il convincimento che un adeguato ed utile sviluppo dei fondi integrativi potrebbe derivare solo dal finanziamento da parte di essi di prestazioni sanitarie oltre i livelli minimi garantiti dal Servizio sanitario nazionale, ma è altresì vero che a tale risultato si potrebbe pervenire solo dopo un lungo processo di regionalizzazione effettiva della spesa sanitaria.

Il senatore FERRANTE, associatosi alle parole di apprezzamento del relatore, rileva che i profili finanziari dello schema di decreto legislativo in esame sono molto preoccupanti. Il provvedimento sembra ispirato da tendenze centralistiche a fronte dell'attribuzione di confuse responsabilità a livello periferico e da tale discrasia non potrà che derivare in futuro una minore controllabilità della crescita della spesa sanitaria. L'istituto del distretto, in particolare, è a suo avviso suscettibile di produrre una duplicazione dei costi fissi ed un maggior fabbisogno di personale per la cui determinazione non sono, tra l'altro, individuati criteri strettamente connessi alle reali necessità. Con riferimento ai rilievi del professor Petretto sulla non chiara formulazione dell'articolo 8-quinquies, chiede se la soppressione della parola "anche" possa essere sufficiente a rendere soddisfacente la disciplina proposta per gli accordi contrattuali.

Il professor PISAURO fa presente, con riferimento ai fondi integrativi, che il criterio della duplicazione delle prestazioni non è dirimente ai fini della scelta di concedere o meno la deducibilità fiscale. Attualmente, infatti, per il fisco esiste un onere anche per le prestazioni duplicate e, d'altra parte, l'eventuale detrazione dei premi in luogo del costo delle prestazioni non comporterebbe una differenza rilevante sul piano fiscale. Non bisogna, in ogni caso, trascurare che risulterebbe molto difficile in termini attuativi limitare le agevolazioni fiscali alle prestazioni non duplicate. Nell'ipotesi di un razionamento esplicito delle prestazioni rese dalle strutture pubbliche, che nel sistema attuale è implicitamente realizzato attraverso la difficoltà delle condizioni di accesso o la lunghezza dei tempi di attesa, il modello già sperimentato all'estero che potrebbe adattarsi alla realtà italiana e rendere più realistico il decollo dei fondi integrativi è quello basato sull'esclusione per talune fasce di reddito delle prestazioni che, pur essendo essenziali, non presentano elementi di rischio.

Il professor PETRETTO aggiunge, con riferimento all'intervento del senatore Ferrante, che la Commissione tecnica nutre effettivamente il timore che i distretti si trasformino in organismi analoghi alle Unità sanitarie precedenti alla riforma del 1992. Al fine di esplicitare l'articolo relativo agli accordi contrattuali non è sufficiente la soppressione della parola "anche", così come è necessaria una più puntuale formulazione di criteri di fissazione del fabbisogno di personale in quanto è verosimile che non funzionerà in modo efficace il previsto meccanismo di trasmissione delle informazioni dalla periferia al centro.

Il presidente COVIELLO, nel ringraziare gli intervenuti, dichiara conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,10.