SENATO DELLA REPUBBLICA
—— XVIII LEGISLATURA ——




Giovedì 6 dicembre 2018


alle ore 9,30


68a Seduta Pubblica
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ORDINE DEL GIORNO



I. Seguito della discussione del disegno di legge:

II. Interrogazioni a risposta immediata, ai sensi dell'articolo 151-bis del Regolamento (testi allegati) (alle ore 15)
INTERROGAZIONE SUL PREANNUNCIATO DISEGNO DI LEGGE GOVERNATIVO DI SEMPLIFICAZIONE E MODERNIZZAZIONE NEI SETTORI DELL'AGRICOLTURA, DEL TURISMO E DELL'IPPICA


(3-00452) (5 dicembre 2018)

DURNWALDER, UNTERBERGER, STEGER - Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo - Premesso che:

tra gli obiettivi chiave dell'azione di Governo riportati nella nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2018, presentata il 4 ottobre in Parlamento, vi è la semplificazione delle procedure nel settore agricolo "per liberare risorse da destinare a progetti di eccellenza e di qualità", e, "per rendere più agevole e meno onerosa la conduzione delle imprese agricole nonché più snello ed efficace il sistema dei controlli", il Governo ha altresì annunciato che sarà istituito un patto per la semplificazione, da sancire in sede di Conferenza Stato-Regioni;

il Governo ha dichiarato che tra i vari provvedimenti collegati alla manovra di bilancio sarà presentato anche il disegno di legge recante disposizioni per la modernizzazione e l'innovazione dei settori dell'agricoltura, del turismo e dell'ippica;

considerato che ad oggi non risulta ancora presentato in Parlamento il disegno di legge citato, fortemente atteso dalle categorie interessate,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo voglia riferire in merito allo stato di elaborazione del disegno di legge annunciato, fornendo anticipazioni più dettagliate sul relativo contenuto rispetto a quanto dichiarato nella nota di aggiornamento, nonché ai tempi di presentazione dello stesso.


INTERROGAZIONE SULLA BONIFICA AMBIENTALE DEL TERRITORIO DELLA VALLE DEL SACCO


(3-00448) (5 dicembre 2018) (Già 4-00932) (27 novembre 2018)

DE PETRIS - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - Premesso che:

sono recenti e sempre più continui i fenomeni di presenza di schiuma consistente e di ignota origine, nel fiume Sacco, in particolare nella città di Ceccano (Frosinone);

il decreto ministeriale n. 468 del 2001 ha istituito il SIN "Frosinone", perimetrato con decreto ministeriale 2 dicembre 2002 e con decreto ministeriale 23 ottobre 2003, a cui è seguito il successivo SIN Bacino del fiume Sacco. Il SIN di Frosinone è stato istituito dal Ministero dell'ambiente a seguito della proposta, effettuata da parte della Regione Lazio nel 1999, di inserimento tra i siti da bonificare di interesse nazionale di ben 121 discariche di rifiuti solidi urbani distribuite su tutto il territorio della provincia di Frosinone e presenti in 80 comuni sui 91 costituenti la provincia;

alla data di approvazione del Piano regionale delle bonifiche, di cui alla delibera della Giunta regionale n. 591 del 14 dicembre 2012, delle 121 discariche, solamente 7 avevano visto conclusa la procedura di bonifica e dall'elenco dei siti contaminati pubblicato dall'ARPA Lazio ed aggiornato all'anno 2016, si rileva che per numerose discariche dell'ex SIN Frosinone non è ancora completata la bonifica;

la definizione del nuovo perimetro del SIN Bacino del fiume Sacco, di cui al decreto ministeriale n. 321 del 2016, a conclusione di un decennale periodo di alterne vicende giudiziarie amministrative, ha certificato l'esistenza di una vasta area a cavallo fra le province di Roma e Frosinone e lungo tutta l'asta fluviale, oggetto di un grave inquinamento ambientale;

quanto emerso, sia durante le operazioni di caratterizzazione dell'area industriale di Colleferro e di Anagni, che successivamente e fino ai fatti attuali per i siti industriali dismessi nel Comune di Ceprano e Falvaterra, ha evidenziato che la pratica dell'interramento di rifiuti industriali per evitare gli oneri di smaltimento si è aggiunta e sommata, come causa della contaminazione di suoli ed acque, a quella dell'esercizio delle stesse attività industriali;

alla grave compromissione ambientale, si aggiungono altre due note criticità che riguardano la valle del Sacco: la depurazione delle acque e la qualità dell'aria;

nel fiume Sacco continuano a riversarsi, da oltre un ventennio, gli scarichi dei reflui di diverse attività industriali, senza alcuna depurazione e senza alcun controllo, come conferma il Piano di gestione del bacino idrografico dell'Appennino meridionale (al quale appartiene il fiume Sacco) , approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 aprile 2013, che ha evidenziato che la qualità delle acque del bacino del Sacco è a livello "pessimo", ovvero il grado più basso della scala di qualità, di cui alla direttiva 2000/60/CE ed allo stesso decreto legislativo n. 152 del 2006. Le cause di tale degrado sono ben individuate dal medesimo Piano di gestione del bacino idrografico dell'Appennino meridionale, laddove nella relazione (pag.91) si legge: "Il fenomeno era ed è tuttora da attribuirsi alla mancata regolamentazione del sistema di scarichi da varia natura, in specie industriali. Ad oggi nell'area persistono condizioni di emergenza ambientale connessi ancora ad un sistema di collettamento e depurazione non idoneo o comunque non sufficiente a garantire standard qualitativi delle acque reflue compatibili con la tutela e salvaguardia delle risorse idriche";

l'intero territorio della valle del Sacco nella relazione dell'ARPA Lazio è stato censito in "Classe 1", laddove i superamenti delle concentrazioni di inquinanti in atmosfera, nella specie PM10 e PM2.5, sono tali per quantità ed entità da imporre l'adozione di misure emergenziali a tutela della salute delle popolazioni e dell'ambiente;

la compromissione delle matrici ambientali suolo, acqua e aria, causata dal sovrapporsi e sommarsi delle criticità rappresentate, ha determinato delle indubbie ricadute sullo stato di salute della popolazione della Valle del Sacco. Il "Rapporto Tecnico sulla Sorveglianza Sanitaria ed epidemiologia della popolazione residente in prossimità del fiume Sacco" pubblicato nel giugno 2016 dal Dipartimento epidemiologico della Regione Lazio riporta: "La contaminazione del fiume Sacco rimane un disastro ambientale di proporzioni notevoli, che ha comportato una contaminazione umana di sostanze organiche persistenti considerate tossiche dalle organizzazioni internazionali. Proprio perché la contaminazione è purtroppo persistente non esistono metodi di prevenzione e di rimozione dell'inquinante. Si tratta di un episodio che ha implicazioni etiche, politiche e sociali di livello nazionale. Le autorità locali hanno il dovere di informare la popolazione, di salvaguardarne la salute specie dei gruppi sociali più deboli, di offrire l'assistenza sanitaria adeguata, e di garantire un continuo monitoraggio epidemiologico e sanitario. È ovvio che tale assistenza dal punto di vista della tutela sociale e sanitaria del servizio sanitario si deve accompagnare ad un impegno istituzionale coerente per il risanamento ambientale";

l'amministrazione regionale, immemore degli errori del passato, rischia di replicare quanto già avvenuto negli anni '90, "scaricando" le inefficienze ed i ritardi nell'attuare la gestione del ciclo dei rifiuti sui territori provinciali, in particolare su quello di Frosinone,

si chiede di sapere:

in quale modo il Ministro in indirizzo intenda intervenire per individuare l'origine dell'inquinamento e, in un contesto di innegabile urgenza ambientale e sanitaria, se non si intenda urgentemente predisporre piani concreti di bonifica e di repressione di atti illeciti tesi a colpire l'ecosistema;

in un contesto ambientale critico, come quello della valle del Sacco e della provincia di Frosinone, quali azioni si intendano porre in essere al fine di impedire, sia il trasferimento dei rifiuti di altri ambiti e di nuovi impianti inquinanti, sia l'incenerimento degli stessi, provvedendo nel contempo alla dismissione degli inceneritori di Colleferro e di San Vittore.


INTERROGAZIONE SULL'INQUINAMENTO DEL FIUME SACCO E SULLE MISURE DI SALVAGUARDIA DELL'AMBIENTE


(3-00451) (5 dicembre 2018)

RUSPANDINI, CIRIANI - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - Premesso che:

il procuratore capo di Frosinone, in queste ore, ha aperto un fascicolo per "disastro ambientale plurimo" dopo i recentissimi episodi di inquinamento che si sono registrati nella valle del Sacco, in seguito ai quali il fiume Sacco è totalmente ricoperto da una schiuma bianca e maleodorante;

come è noto, il corso d'acqua, che attraversa tutta la valle del Sacco e la provincia di Frosinone, risulta essere uno tra i fiumi più inquinati d'Europa, con un'elevata presenza di beta-esaclorocicloesano, uno scarto di lavorazione della produzione dell'insetticida chiamato "lindano";

i continui sversamenti illegali nelle acque del fiume hanno determinato il suo avvelenamento e anche quello dei terreni agricoli limitrofi, allagati dalle frequenti esondazioni, inducendo all'abbattimento del bestiame e all'abbandono dei pascoli e alla distruzione dei prodotti agricoli contaminati, oltre alla chiusura di alcune aziende agricole;

recenti studi dimostrano come queste sostanze inquinanti siano entrate nella catena alimentare e quindi nelle case e negli abitanti della zona, rilevando evidenti connessioni tra l'inquinamento ambientale dei comuni limitrofi alla valle del Sacco e la frequenza di patologie tumorali dei residenti;

la valle del Sacco vive ormai, fin dal 2006, in "stato di emergenza socio-economico-ambientale" permanente e i residenti sono sempre più colpiti da questa piaga ambientale, che mette a rischio la salute e la sicurezza;

il fiume Sacco è ormai un veleno che scorre nel cuore di un’area che è sito d’interesse nazionale, dove, purtroppo, si teme che nei decenni passati industrie e criminalità abbiano anche interrato rifiuti tossici,

si chiede di sapere quali misure urgenti il Ministro in indirizzo intenda adottare per la bonifica e la salvaguardia dell'ambiente e la tutela della qualità della vita dei cittadini residenti nei comuni della valle del Sacco e se non ritenga necessario investire maggiori risorse, umane ed economiche, nell'attività di monitoraggio, coordinamento e controllo di tutti i processi che regolano il meccanismo di gestione degli scarichi delle numerose aziende della zona industriale ed in particolare sul funzionamento del depuratore Asi.


INTERROGAZIONE SUL FINANZIAMENTO DEGLI INTERVENTI CONTRO IL DISSESTO IDROGEOLOGICO


(3-00454) (5 dicembre 2018)

BERNINI, MALAN, GALLONE, TIRABOSCHI, PAPATHEU, MESSINA Alfredo, SICLARI, GIAMMANCO, TOFFANIN, BATTISTONI, DAL MAS, BERUTTI, FERRO, GALLIANI, LONARDO, MALLEGNI, MANGIALAVORI, MOLES, RIZZOTTI, RONZULLI - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - Premesso che:

com'è noto il territorio italiano presenta caratteristiche di elevato rischio idrogeologico, anche a causa dei processi di antropizzazione incontrollata che hanno danneggiato il naturale equilibrio degli ecosistemi e del territorio, soprattutto a partire dalla metà del XX secolo;

l'Italia, secondo i dati dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), è uno dei Paesi europei maggiormente interessati da fenomeni franosi, gli ultimi dati contano infatti 620.808 frane nel corso del solo 2017, che hanno interessano un'area di 23.700 chilometri quadrati, pari al 7,9 per cento del territorio nazionale;

per ciò che concerne le alluvioni, le aree a pericolosità idraulica elevata in Italia, risultano pari a 12.405 chilometri quadrati, le aree a pericolosità media ammontano a 25.398 chilometri quadrati, quelle a pericolosità bassa (scenario massimo atteso) a 32.961 chilometri quadrati. Le regioni con i valori più elevati di superficie a pericolosità idraulica media, sulla base dei dati forniti dalle autorità di bacino distrettuali, risultano essere Emilia-Romagna, Toscana, Lombardia, Piemonte e Veneto;

sono attualmente nove le regioni con il 100 per cento di comuni a rischio idrogeologico: Valle d'Aosta, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Molise, Basilicata e Calabria; a queste si aggiungono l'Abruzzo, il Lazio, il Piemonte, la Campania, la Sicilia e la Provincia di Trento, con percentuali tra il 90 e il 100 per cento;

il 91 per cento dei comuni italiani sono abitati da oltre 3 milioni di nuclei familiari che vivono in territori classificati ad alta pericolosità;

quasi il 4 per cento degli edifici italiani (oltre 550.000) si trova in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata e più del 9 per cento (oltre un milione) in zone alluvionabili nello scenario medio (ovvero alluvionabili per eventi che si verificano in media ogni 100-200 anni);

anche il patrimonio culturale è esposto a rischi elevati: i dati dell'ISPRA infatti individuano nelle aree franabili quasi 38.000 beni, oltre 11.000 dei quali ubicati in zone a pericolosità da frana elevata e molto elevata, mentre sfiorano i 40.000 i monumenti a rischio inondazione nello scenario a scarsa probabilità di accadimento o relativo a eventi estremi;

alcune delle cause che hanno contribuito nel tempo a peggiorare il rischio idrogeologico del nostro Paese sono ascrivibili alle opere di urbanizzazione estrema in contrasto con i vincoli previsti dalle norme in materia, alla mancata manutenzione dei fiumi, al disboscamento e a ogni azione contraria al rispetto del territorio;

per ridurre il rischio che si verifichino fenomeni franosi e alluvionali non bisogna agire nell'emergenza, ma è estremamente importante gestire il territorio in modo corretto, attraverso un'attenta pianificazione ambientale organica e strutturale che tenga in considerazione il cambiamento climatico in atto e il mutamento dell'assetto dell'intero territorio nazionale, compresi gli indicatori di rischio riguardanti popolazione, famiglie, edifici e opere infrastrutturali;

a tal fine, è in via di presentazione un disegno di legge, di iniziativa del Gruppo di Forza Italia, per l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'attuazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico nel territorio nazionale;

gli eventi calamitosi avvenuti nel corso degli ultimi anni e quelli meteorologici intensi, verificatisi anche durante i mesi appena passati, rappresentano la conferma di come le politiche relative al cambiamento climatico necessitino di essere rafforzate, in particolare sotto il profilo della prevenzione per la messa in sicurezza del territorio, della difesa del suolo, della realizzazione di sistemi di protezione, attraverso un coordinamento di tutti i soggetti coinvolti, a livello centrale e periferico, al fine di evitare il ripetersi di eventi tragici, derivanti dalla devastazione dei territori;

nel disegno di legge di bilancio per il 2019, in discussione presso la Camera dei deputati, vi è l'istituzione del fondo per gli investimenti degli enti territoriali, in parte destinato ad interventi contro il dissesto idrogeologico, le cui modalità di utilizzo sono demandata ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;

oltre a sostenere i Comuni nella realizzazione di interventi di messa in sicurezza del territorio, occorre coinvolgere i privati cittadini, incentivandoli ad investire in opere per fronteggiare episodi quali fenomeni di dissesto idrogeologico con origine in terreni di proprietà privata;

a tale fine si potrebbero prevedere detrazioni fiscali per interventi di messa in sicurezza e di manutenzione idrogeologica, come avvenuto con il cosiddetto sisma bonus,

si chiede di sapere come il Ministro in indirizzo intenda gestire le risorse del citato fondo riguardo al contrasto del dissesto idrogeologico, affinché ci sia un corretto ed efficace utilizzo di tali risorse mediante il coinvolgimento delle singole autorità competenti, e se non intenda attivarsi al fine di introdurre detrazioni fiscali per privati cittadini, agricoltori e piccole imprese che effettuano interventi per fronteggiare eventi di dissesto idrogeologico con origine in terreni di proprietà privata.


INTERROGAZIONE SULL'AUTORIZZAZIONE ALL'ESERCIZIO DELLA RAFFINERIA DI MILAZZO


(3-00449) (5 dicembre 2018) (Già 4-00826) (13 novembre 2018)

FLORIDIA, MONTEVECCHI, CASTELLONE, CORRADO, GRANATO, RUSSO, VANIN, MORONESE - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - Premesso che:

la raffineria di Milazzo (Messina) è situata sulla costa nord della Sicilia a ovest dello stretto di Messina e si estende su un'area di circa 212 ettari;

l'area su cui insiste il sito è stata dichiarata nel 2002 dalla Regione Siciliana "area ad elevato rischio di crisi ambientale" in seguito a valutazione dei livelli di inquinamento e della rilevante incidenza di patologie collegate. Dal 2005 buona parte dell'area rientra, ai fini della bonifica, fra i siti di interesse nazionale (SIN);

con decreto del 29 dicembre 2016 la Regione Siciliana ha approvato il piano paesaggistico dell'ambito 9, ricadente nella provincia di Messina;

nel mese di maggio 2018 con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si è provveduto all'aggiornamento dell'autorizzazione integrata ambientale, rilasciata alla società Raffineria di Milazzo SCpA, per l'esercizio della raffineria, a Milazzo e San Filippo del Mela;

ad avviso degli interroganti le fasi procedurali che hanno portato all'aggiornamento dell'autorizzazione necessitano di essere chiarite, nell'interesse primario delle popolazioni delle zone interessate e di un territorio che da tempo lamenta e subisce in maniera preoccupante gli effetti dell'inquinamento ambientale, con evidenti e pesanti ricadute sulla situazione sanitaria e sullo stato di salute della cittadinanza;

sindaci e amministratori dei Comuni interessati hanno più volte evidenziato e fatto presente, attraverso documentazione ufficiale, le criticità sanitarie e ambientali del comprensorio del Mela;

considerato che:

nella documentazione presentata dalla raffineria di Milazzo non si fa alcun riferimento all'adozione, da parte della Regione, del citato piano paesaggistico dell'ambito 9, e delle disposizioni contenute all'articolo 15, comma 1, della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78, concernenti il vincolo di inedificabilità assoluta nei 150 metri dalla battigia;

il piano prevede che gli impianti della raffineria debbano essere gradualmente e progressivamente eliminati, senza ripercussioni sui livelli occupazionali, per far posto ad una riconversione produttiva dell'area compatibile con il paesaggio;

in maniera ad avviso degli interroganti del tutto anomala, nel corso del procedimento che ha portato al rilascio dell'aggiornamento dell'autorizzazione integrata ambientale, sono state ingiustamente sottovalutate le ragioni e le contrarietà espresse dal Comune di Milazzo e dai Comuni di San Filippo del Mela, Pace del Mela e San Piero Niceto;

forti perplessità destano anche le modalità di svolgimento, verbalizzazione ed esito della conferenza dei servizi del marzo 2018 che, tra l'altro, ha dato per acquisito un accordo tra i Comuni e il gestore con il quale è stato ritenuto superato ogni parere in materia sanitaria trasmesso dai Comuni e relativo all'abbattimento dei valori limite delle emissioni;

nonostante le numerose segnalazioni e proteste il rapporto istruttorio conclusivo non ha tenuto conto del regime vincolistico introdotto dal piano paesaggistico,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza della situazione;

se non intendano intervenire al fine di revocare in regime di autotutela l'autorizzazione integrata ambientale rilasciata alla raffineria di Milazzo;

quali iniziative intendano adottare, per quanto di rispettiva competenza, al fine di garantire il diritto alla salute delle popolazioni della valle del Mela.


INTERROGAZIONE SULLO SVILUPPO DEL TRAFFICO MERCI SULLA LINEA FERROVIARIA MILANO-CHIASSO E LE OPERE PER TUTELARE IL CENTRO DI MONZA


(3-00450) (5 dicembre 2018) (Già 4-00899) (21 novembre 2018)

ROMEO - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti - Premesso che:

nell'ambito degli accordi europei per lo sviluppo delle reti ferroviarie ad alta velocità e delle infrastrutture transfrontaliere strategiche definite dalla legge 21 dicembre 2001, n. 443 ("legge obiettivo"), la linea Milano-Como-Chiasso è destinata a diventare una linea ad alta velocità a prevalenza merci collegata alla galleria svizzera del Gottardo (progetto elvetico "Alptransit");

sulla linea è previsto, a regime, il transito di 220-250 convogli al giorno nell'arco delle 24 ore, per la maggior parte composti da carrelli porta container e porta semirimorchi, lunghi fino a 800 metri, con un ingombro di 4 metri in altezza e un carico medio che supera le 2.000 tonnellate ciascuno;

per l'adeguamento della linea era inizialmente previsto il quadruplicamento dei binari tra Monza e Chiasso, poi sostituito, per mancanza di risorse, con il potenziamento di quelli esistenti e con la modifica degli armamenti di linea, delle stazioni e degli spazi necessari per i nuovi ingombri;

considerato che:

la tratta contempla, in particolare, il "nodo" di Monza dove la linea a due soli binari passa, interrata a cielo aperto, parallela a via Gottardo e poi nella vecchia galleria urbana del 1847, ampliata nel 1963, lunga 450 metri, sino a largo Mazzini e alla stazione Monza principale;

non avendo la stessa galleria un'altezza sufficiente, il livello della linea ferrata esistente è stato abbassato per consentire il transito dei nuovi convogli alti 4 metri;

i grandi treni merci transiteranno dentro la città di Monza, nelle zone del centro storico, ad ogni ora del giorno e della notte, a velocità elevate e pertanto pericolose per possibili incidenti;

la citata galleria urbana non rispetta i moderni requisiti di sicurezza ed inoltre termina con una curva stretta sulla trafficatissima stazione in cui, quotidianamente, centinaia di persone attendono il proprio treno,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno adoperarsi presso le opportune sedi, ed in particolare con RFI, al fine di: sottoporre la galleria a delle preventive e complete verifiche statiche e di sicurezza; realizzare barriere acustiche sufficientemente estese ed elevate sui due lati dei binari; stabilire appositi limiti di velocità all'ingresso della galleria e lungo tutto il tracciato interno al centro abitato; valutare l'ipotesi, suggerita da cittadini ed esperti, di dirottare parte dei treni su percorsi alternativi più idonei al transito dei treni merci.


INTERROGAZIONE SUL COMPLETAMENTO DELLA FERROVIA AD ALTA VELOCITÀ TORINO-LIONE E SULLE SUE CONSEGUENZE ECONOMICHE


(3-00453) (5 dicembre 2018)

MARGIOTTA, MARCUCCI, MARINO, LAUS, ASTORRE, D'ARIENZO - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti - Premesso che:

in data 30 novembre 2018, l'Istat ha diffuso un comunicato stampa nel quale ha evidenziato una diminuzione del prodotto interno lordo nel terzo trimestre del corrente anno rispetto a quello precedente. A questo dato particolarmente preoccupante, si aggiunge la contemporanea diminuzione dell'occupazione dello 0,2 per cento nel terzo trimestre rispetto a quello precedente. Si tratta di dati che riflettono la difficoltà del nostro sistema economico di fronte alle scelte e alle politiche adottate dal Governo negli scorsi mesi e da ultimo nella manovra di bilancio per il 2019;

l'arresto della crescita nazionale avviene dopo tre anni e mezzo contrassegnati da risultati positivi, sia sul fronte dei conti pubblici, sia per quanto riguarda la crescita economica e il mercato del lavoro. Le misure introdotte nella manovra di bilancio costituiscono, pertanto, un pericoloso passo indietro rispetto alle scelte adottate nella XVII Legislatura;

con la manovra di bilancio il Governo intende accrescere l'indebitamento netto, rispetto ai suoi valori tendenziali, in media di 1,3 punti percentuali del PIL all'anno nel triennio 2019-2021 e per il prossimo anno programma di attuare interventi espansivi per circa 34 miliardi di euro, coperti da aumenti delle entrate e riduzioni della spesa per poco più di un terzo, con un aumento del disavanzo di quasi 22 miliardi, ponendosi degli obiettivi di crescita particolarmente ambiziosi, definiti nei fatti più che ottimistici dai più autorevoli osservatori nazionali e internazionali. L'espansione di bilancio, tuttavia, non è determinata dalle spese per investimenti pubblici e privati, ma piuttosto da voci di spesa corrente. Tale scelta non garantisce la crescita nel medio termine e può anzi metterla in pericolo a lungo andare, e con essa la stabilità del Paese, quando ci si troverà a dover fronteggiare fasi cicliche avverse;

il quadro macroeconomico e di finanza pubblica che si delinea a seguito della presentazione della manovra di bilancio è a giudizio degli interroganti imprudente e difficilmente sostenibile, e per tali ragioni il nostro Paese soffre un isolamento senza precedenti in Europa. La Commissione europea, dopo aver più volte segnalato al Governo italiano la pericolosità della manovra di bilancio, in data 21 novembre 2018 ha deciso di confermare la bocciatura del progetto di bilancio italiano, ritenendo che l'Italia violi la regola di riduzione del debito;

considerato che:

la velocità della ripresa economica e la competitività del nostro Paese dipende in buona misura anche dalla realizzazione di importanti investimenti pubblici e privati. Sulle grandi opere infrastrutturali si misura la capacità del Governo di guardare al futuro e di dotare il Paese di un sistema connesso, integrato con il resto dell'Europa e capace di creare crescita;

nel Paese si è ormai diffusa una grave preoccupazione, come dimostrano la recente manifestazione organizzata spontaneamente da cittadini nella città di Torino, le conclusioni della manifestazione degli industriali sempre nella città di Torino dello scorso 3 dicembre e la manifestazione di metà dicembre nella città di Verona, in relazione alla decisione dell'Esecutivo di sottoporre, in linea con quanto previsto nel programma di Governo, alcune grandi opere infrastrutturali di rilevanza nazionale ed internazionale ad un'analisi del rapporto tra costi e benefici che di fatto determinerebbe il blocco dei lavori in corso o l'allungamento dei tempi della loro realizzazione. Tale situazione si aggiunge alla crisi strutturale del comparto che ha messo in grave difficoltà le principali imprese operanti del settore;

nel caso della Tav Torino-Lione, il Governo ha addirittura deciso di congelare gli appalti già finanziati, chiedendo alla Telt, la società italo-francese che coordina la costruzione dell'opera, di rinviare al 2019 i bandi degli appalti già previsti e finanziati, in ragione della necessità di dare tempo per le conclusioni delle analisi costi-benefici;

la decisione assunta dal Governo sulla Tav Torino-Lione, in corso di realizzazione o già finanziate, per le quali sono state impegnate e spese ingenti risorse economiche, oltre a bloccare il Paese e mettere in difficoltà un rilevante numero di imprese e di lavoratori impegnati nella loro realizzazione, rischia di compromettere il pieno rispetto di accordi internazionali assunti dal nostro Paese per le grandi opere della rete TEN-T;

la conclusione dell'analisi costi-benefici da parte della struttura dei tecnici incaricati dal Ministero delle infrastrutture e trasporti era stata inizialmente prevista dal Governo tra la fine di ottobre e gli inizi di novembre 2018, ma è stata ulteriormente posticipata senza fissare una data certa. Ciò, di fatto, oltre a provocare il blocco di un'importante opera infrastrutturale per il Paese come la Tav, allunga i tempi della realizzazione dell'opera, nonché quelli relativi alle opere connesse di compensazione territoriale;

la Francia si appresta ad interdire il traforo autostradale del Frejus ai mezzi pesanti con motori Euro 4 e a proporre l'applicazione di un sovra-pedaggio del 5 per cento sul tratto in questione. Il combinato disposto tra il blocco della Tav Torino-Lione e le nuove condizioni di utilizzo del traforo autostradale del Frejus rischia di isolare ulteriormente il nostro Paese rispetto al contesto europeo,

si chiede di sapere:

quale sia la data certa di conclusione dei lavori da parte della struttura tecnica del Ministero delle infrastrutture incaricata di effettuare l'analisi del rapporto tra costi e benefici sulle grandi opere infrastrutturali;

se, in attesa dei risultati di tali valutazioni, i cui tempi sono ancora ignoti, il Ministro in indirizzo intenda rivedere la decisione assunta sulla Tav Torino-Lione, garantendo lo svolgimento dei relativi bandi di appalto già finanziati entro le scadenze inizialmente previste, nonché la prosecuzione dei lavori in corso su tutte le opere infrastrutturali oggetto di valutazione;

se le conclusioni del lavoro svolto dalla struttura di tecnici incaricati saranno rese note al Parlamento e ai cittadini, con un apposito e dettagliato documento su tutte le opere oggetto d'indagine;

se intenda rendere noto, in ragione della trasparenza, a quanto ammontino gli oneri a carico del bilancio pubblico in caso di blocco delle opere infrastrutturali ed in particolare per quelle su cui esistono accordi internazionali, che impongono, in caso di mancata realizzazione, il pagamento di tutte le somme spese dall'Unione europea e dagli altri Stati;

se il Governo sia intenzionato a rivedere la composizione della manovra di bilancio per il 2019 trasferendo al capitolo infrastrutture e opere pubbliche una parte della spesa corrente inizialmente prevista per misure, come il reddito di cittadinanza e "quota 100";

quali iniziative intenda adottare nei confronti del Governo francese, al fine di evitare che il transito nel traforo autostradale del Frejus sia interdetto ai mezzi pesanti con motori Euro 4 e che sia apposto un sovra-pedaggio sulla medesima tratta.