SENATO DELLA REPUBBLICA
—— XVIII LEGISLATURA ——




Giovedì 4 giugno 2020


alle ore 9,30


225a Seduta Pubblica
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ORDINE DEL GIORNO



I. Interrogazioni a risposta immediata, ai sensi dell'articolo 151-bis, del Regolamento (testi allegati)

II. Seguito della discussione del disegno di legge:




INTERROGAZIONE SULLE RECENTI LEGGI REGIONALI DELLA VALLE D'AOSTA IN MATERIA DI DISCARICHE


(3-01642) (3 giugno 2020) (Già 4-03560) (28 maggio 2020)

LANIECE - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - Premesso che a quanto risulta all'interrogante:

sono state impugnate le leggi regionali della Regione autonoma Valle d'Aosta n. 1 e n. 3 dell'11 febbraio del 2020, perché ritenute lesive delle prerogative dello Stato in materia ambientale;

l'intervento legislativo prende atto della presenza, nella regione, di impianti già idonei a garantire, seppure senza alcun vincolo di conferimento, lo smaltimento dei rifiuti prodotti all'interno della regione, e mira ad evitare la proliferazione di nuove discariche che, a maggior ragione qualora non tutti i rifiuti speciali prodotti nella regione dovessero essere smaltiti nell'impianto di smaltimento più vicino al luogo di produzione, incentiverebbero l'importazione di rifiuti speciali da fuori regione;

considerato che:

la libera circolazione dei rifiuti speciali, che l'intervento legislativo non vuole in alcun modo ostacolare, è cosa assai diversa dall'incentivazione, attraverso una programmazione della gestione dei rifiuti che non tenga conto delle caratteristiche del territorio, dell'importazione dei predetti rifiuti, in molti casi provenienti da luoghi di produzione lontanissimi dall'impianto di conferimento;

in caso di aumento del numero di discariche destinate alla gestione di rifiuti speciali, ivi compresi quelli di cui alle tabelle 2, 3 e 4, dell'articolo 5, del decreto ministeriale 17 settembre 2020, la cui produzione in loco è relativamente ridotta, verrebbe, infatti, a determinarsi, oltre ad una importante modificazione del territorio (considerato che, per approntare nuove discariche, sono necessari interventi molto rilevanti e impattanti) una situazione per cui l'equilibrio economico-finanziario della gestione delle discariche stesse potrebbe essere garantito esclusivamente attraverso un aumento esponenziale dell'importazione dei rifiuti;

ciò sovvertirebbe i principi stessi di adeguatezza degli impianti, che, in base alla normativa statale, devono essere tra loro integrati tenendo conto dell'esigenza di garantire, per quanto possibile, il rispetto del principio dello smaltimento dei rifiuti in uno degli impianti appropriati più vicini ai luoghi di produzione e non il trasporto dei rifiuti speciali da luoghi lontani, anche mediante l'attraversamento di numerose regioni, ivi comprese quelle dotate di analoghi impianti;

tenuto conto che:

l'intervento legislativo si rivela rispettoso della normativa statale, in quanto preserva, al comma 3 dell'articolo 21, la capacità ricettiva delle discariche già in esercizio, mentre si prevede, al comma 2, che la Regione disincentivi la realizzazione e l'utilizzo di nuove discariche per il conferimento di rifiuti speciali provenienti da altre regioni;

per quanto riguarda le discariche non ancora in esercizio, la ratio della modifica è quella di riadattare le stesse, in coerenza con la predetta finalità, alle reali esigenze del territorio, consentendo loro di ricevere e gestire i rifiuti di cui alla tabella 1 dell'articolo 5 del decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 27 settembre 2010;

l'articolo non viola alcun parametro costituzionale, limitandosi a disciplinare, in coerenza con la normativa statale in materia di ambiente e di tutela della concorrenza, aspetti che pertengono al governo del territorio, per ciò che attiene all'uso del territorio stesso e alla localizzazione di impianti o attività, essendo detta materia riconducibile "all'insieme delle norme che consentono di identificare e graduare gli interessi in base ai quali possono essere regolati gli usi ammissibili del territorio" (Corte costituzionale, sentenza n. 383/2005);

la differenziazione tariffaria contenuta nell'articolo 38, comma 2, della legge regionale n. 1 del 2020 è, infatti, complementare alla disposizione richiamata: se, da un lato, la realizzazione di altri impianti sarebbe destinata a rispondere ad un'offerta esogena, dall'altro una mancata differenziazione tariffaria, con riferimento a questa specifica tipologia di rifiuti (rifiuti speciali non pericolosi) genererebbe, come già avvenuto negli ultimi anni, un significativo disequilibrio tra i volumi di rifiuti conferiti prodotti nel territorio e in altre regioni, mettendo a rischio la capacità degli impianti stessi, in termini di capacità recettiva, di garantire agli operatori regionali lo smaltimento nell'impianto più vicino al luogo di produzione;

per quanto attiene all'importo della tariffa, occorre premettere che la modificazione contenuta nell'articolo 38, comma 2, della legge regionale n. 1 del 2020 è rispettosa della normativa statale e, in particolare, dei criteri determinativi fissati dall'articolo 3, comma 29, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), atteso che le voci tariffarie interessate dalle modificazioni devono intendersi riferite al conferimento di rifiuti speciali non pericolosi, in relazione ai quali il richiamato articolo 3, comma 29, della legge n. 549 del 1995 prevede un importo massimo di 0,02582 per chilogrammo, cui si è attenuto il legislatore regionale;

tenuto conto, infine, che:

l'apertura della discarica privata per inerti speciali, denominata "Chalamy", ha creato preoccupazione tra i cittadini residenti nei comuni di Issogne, Champdepraz e in tutta la popolazione valdostana, per l'impatto che potrebbe avere sulla salute e sull'ambiente in una zona che si trova ai piedi del Parco naturale del Mont Avic;

l'area è delimitata ad ovest dal torrente Chalamy e a est dalla Dora Baltea, un'area venutasi a formare nel corso degli anni dai depositi del torrente "Chalamy" e su cui vigono i vincoli più restrittivi del punto di vista idrogeologico;

un comitato di cittadini valdostani si è fatto promotore di una petizione che ha raccolto 13.000 firme e che chiede di impedire l'apertura della discarica "Chalamy" nel Comune di Issogne;

la Regione Valle d'Aosta ha operato per cercare di accogliere le istanze dei cittadini,

si chiede di sapere:

se il Presidente del Consiglio dei ministri e i Ministri in indirizzo, nell'ambito delle proprie competenze, non intendano aprire un confronto con la Regione Valle d'Aosta, che si è già costituita innanzi alla Corte costituzionale, per verificare la compatibilità delle citate leggi con la normativa nazionale;

se non intendano rivalutare l'impugnazione delle leggi esposte in premessa.


INTERROGAZIONE SULL'INCENTIVAZIONE DELLA MOBILITÀ SOSTENIBILE NELLE CITTÀ


(3-01648) (3 giugno 2020)

COMINCINI, FARAONE - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - Premesso che:

le misure di distanziamento introdotte nel nostro ordinamento al fine di contrastare e prevenire il diffondersi dell'epidemia da COVID-19 hanno generato una minore fruibilità del servizio di trasporto pubblico locale in tutte le città d'Italia;

il Governo, con il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, rinominato "decreto rilancio", ha deciso di incentivare la mobilità sostenibile al fine di ovviare ai disservizi connessi al distanziamento sociale, che hanno limitato la presenza di cittadini sui mezzi di trasporto pubblico locale, ovvero per evitare il verificarsi di possibili assembramenti in prossimità di fermate, nonché su autobus e convogli ferroviari e metropolitani;

l'articolo 2 del decreto-legge 14 ottobre 2019, n. 111, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 dicembre 2019, n. 141, decreto "clima", istituisce nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e del territorio e del mare un fondo denominato "programma sperimentale buono mobilità", che prevede una dotazione pari a 70 milioni di euro per l'anno 2020, alla cui copertura si provvede mediante corrispondente utilizzo di quota parte dei proventi delle aste relative alle quote di emissione di anidride carbonica (con riferimento all'anno 2020), dette "aste verdi", così come disciplinate dall'articolo 19 del decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 30;

l'articolo 229 del decreto "rilancio" stabilisce che il fondo di cui all'art. 2 del decreto "clima" sia destinato, fino ad esaurimento, alla concessione in favore dei maggiorenni residenti nei capoluoghi di regione, nelle città metropolitane, nei capoluoghi di provincia, ovvero nei comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti, di un "buono mobilità", pari al 60 per cento della spesa sostenuta e, comunque, in misura non superiore a 500 euro, a partire dal 4 maggio 2020 e fino al 31 dicembre 2020, per l'acquisto di biciclette, anche a pedalata assistita, nonché di veicoli per la mobilità personale a propulsione prevalentemente elettrica, ovvero per l'utilizzo dei servizi di mobilità condivisa a uso individuale esclusi quelli mediante autovetture;

con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e delle infrastrutture e dei trasporti, sono definite le modalità e i termini per l'ottenimento e l'erogazione del beneficio, nel rispetto del limite di spesa ivi individuato;

il citato articolo 229 prevede altresì l'incremento di 50 milioni di euro del predetto fondo istituito dal "decreto clima" e che a tale onere si provvede mediante utilizzo delle risorse disponibili, anche in conto residui, sui capitoli dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente, finanziati con quota parte dei proventi delle "aste verdi", di cui allo stesso decreto e di competenza del medesimo stato di previsione;

considerato che:

tali misure rientrano pienamente nel piano finalizzato al contrasto delle emissioni climalteranti previsto non solo dal diritto comunitario ma anche dal nostro ordinamento;

gli incentivi alla mobilità sostenibile possono contribuire alla riduzione dell'utilizzo dei mezzi privati e al conseguente decongestionamento dal traffico delle aree urbane;

il miglioramento della qualità dell'aria che ne conseguirebbe ingenererebbe evidenti benefici anche per la salute dei cittadini;

sono numerosissimi i cittadini che hanno non solo manifestato il proprio interesse, ma hanno già acquistato mezzi di mobilità sostenibile usufruendo del bonus previsto dal decreto "rilancio",

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, prevedere un aumento delle risorse destinate al fondo per la mobilità sostenibile, al netto di quanto potrà operare il Parlamento in sede di conversione del decreto "rilancio";

quali urgenti iniziative intenda adottare al fine di accelerare le procedure per il riconoscimento del bonus ai cittadini che ne fanno richiesta, anche al fine di scongiurare un "click day" che finirebbe per sminuire le finalità dei provvedimenti adottati;

quali ulteriori interventi intenda intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze, affinché venga ulteriormente incentivata la mobilità sostenibile.


INTERROGAZIONE SULLE PROCEDURE PER LE BONIFICHE DEI SITI DI INTERESSE NAZIONALE


(3-01643) (3 giugno 2020)

RUSPANDINI, CIRIANI - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - Premesso che:

i siti di interesse nazionale (SIN), presenti nella totalità delle regioni e nei territori di circa 300 comuni, sono riconosciuti dallo Stato in funzione delle caratteristiche inquinanti delle aree, della loro pericolosità per l'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico, nonché di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali che vi insistono, e necessitano di particolari opere di bonifica del suolo, del sottosuolo e delle acque;

queste aree, a parte le notevoli criticità ambientali, potrebbero rappresentare una risorsa per l'economia del territorio in termini di sviluppo industriale e manifatturiero, mentre invece le legittime aspettative di aziende e imprenditori ancora presenti nei SIN scontano spesso inutili, costose e farraginose lungaggini di tipo amministrativo, anche relative al semplice rilascio di autorizzazioni edilizie che solo marginalmente potrebbero coinvolgere l'aspetto ambientale;

gli innumerevoli adempimenti burocratici e la sovrapposizione degli atti delle autorità e dei soggetti chiamati a rilasciare pareri, autorizzazioni, relazioni impediscono ogni genere di iniziativa tanto dei privati quanto dei Comuni (nei quali si trovano queste aree) che, di fatto, non possono disporne in attesa di interventi statali che raramente si concretizzano;

a riprova di ciò, mentre sul sito istituzionale si legge che le attività di bonifica condotte dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nei SIN proseguono, "nonostante l'attuale momento di difficoltà dovuto alla grave emergenza sanitaria", nella realtà nei territori interessati nulla si muove;

nonostante l'ennesimo proclama per cui, si legge in una nota del Ministero, "le attività hanno riguardato, tra le altre, l'approvazione di un piano di caratterizzazione nell'area del SIN bacino del fiume Sacco", "un territorio caratterizzato da un'annosa storia ambientale, all'interno del quale rientrano cinque poli industriali" e che, al netto delle attività di bonifica, "potrebbe rappresentare uno dei luoghi con la più alta concentrazione di stabilimenti del centro Italia", a livello locale nulla è cambiato né si è avviata alcuna procedura che avrebbe dovuto seguire alla sbandierata autorizzazione del Ministero;

se si è, da un lato, consapevoli che l'attuale normativa prevede troppi soggetti coinvolti per competenza e procedure eccessivamente complesse per l'ottenimento dei pareri relativi alle indagini preliminari e agli studi necessari alla redazione dei piani di caratterizzazione, dall'altro, non si può, tuttavia, non ricordare che, dalla stipula del protocollo d'intesa tra la Regione Lazio e il Ministero, il cronoprogramma degli interventi ha già subito, in poco più di un anno, notevoli ritardi nella gestione ed emissione dei pareri di competenza,

si chiede di sapere quali iniziative urgenti il Ministro in indirizzo intenda adottare per semplificare le procedure e i complessi iter amministrativi previsti per effettuare le necessarie bonifiche dei siti di interesse nazionale e se non ritenga che occasione utile per procedere in tempi rapidi al riguardo possano essere i prossimi provvedimenti di semplificazione che, come annunciato dal Governo, dovrebbero essere adottati anche a seguito della grave emergenza sanitaria e socio-economica in corso.


INTERROGAZIONE SUGLI IMPEGNI DEL GOVERNO PER LA LOTTA ALL'INQUINAMENTO


(3-01644) (3 giugno 2020)

NUGNES, DE PETRIS, FATTORI, RUOTOLO - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - Premesso che:

secondo il position paper pubblicato dalla Società italiana di medicina ambientale (SIMA) e dalle università di Bologna e di Bari la presenza di polveri sottili nell'aria e la diffusione del coronavirus hanno un legame; lo studio sottolinea come vi sia "una solida letteratura scientifica che correla l'incidenza dei casi di infezione virale con le concentrazioni di particolato atmosferico (Pm10 e Pm2,5)";

nelle aree del nostro Paese maggiormente colpite, come Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna e Toscana, sono allocati il 73 per cento dei termovalorizzatori e il 64,2 per cento delle centrali a biomassa. Le centrali a biomassa del Nord Italia bruciano ogni anno 2,8 milioni di tonnellate di legno e producono 21,3 milioni di microgrammi I-TEQ (tossine equivalenti) di diossina e 214,3 milioni di milligrammi di benzo(a)pirene. A queste vanno aggiunte le emissioni dei termovalorizzatori e dei numerosi impianti industriali;

l'ingegner Eugenio Rogano ha ipotizzato una correlazione tra distribuzione dei termovalorizzatori e diffusione del contagio, attraverso un lavoro di ricerca di cui ha scritto "L'Espresso";

a questo studio si aggiungono molti importanti lavori (di Boule L.A., Burke C.G., O'Dell C.T., Winans B., Lawrence B.P.) che, monitorando la maturazione della citotossicità dei linfociti TCD8+, a seguito di un'infezione volontaria delle prime vie aeree su topi contagiati con il virus dell'influenza, hanno evidenziato una compromissione nella funzionalità dei CTL (Cytotoxic T lymphocytes) in soggetti precedentemente esposti alle diossine che risultavano più soggetti a patologie respiratorie;

considerato che:

la correlazione tra inquinamento, cambiamenti climatici e salute non è una recente scoperta; secondo i dati forniti dall'Agenzia europea dell'ambiente l'inquinamento atmosferico, nonostante i miglioramenti registrati negli ultimi anni "grazie alla crisi economica", rappresenta un fattore di rischio, non solo per gli ecosistemi, ma anche per la salute dei cittadini, con particolare riferimento a quelli che vivono nelle aree urbane;

l'esposizione agli agenti inquinanti quali il particolato, il biossido di azoto e l'ozono provoca l'insorgere o l'aggravarsi di numerose malattie ed è responsabile di un numero elevato di decessi prematuri. Gli effetti dell'inquinamento atmosferico causano circa 1.6 milioni di morti premature ogni anno e il cambiamento del clima è stato identificato dalla rivista "The Lancet" come la principale minaccia alla salute globale. L'Agenzia europea dell'ambiente riferisce che nel 2013 il Pm2,5 è stato causa di 430.000 morti premature nella sola Unione europea. L'Italia figura tra i Paesi dove gli agenti inquinanti relativi alla qualità dell'aria superano le soglie previste dalla UE e dall'OMS, con un numero stimato di decessi prematuri che nel 2013 è stato di oltre 80.000;

analizzati i settori di produzione e di trasformazione primaria, si è stimato che questi abbiano costi capitalistici naturali non valutati per un totale di 7,3 trilioni di dollari; il che equivale al 13 per cento della produzione economica mondiale nel 2009. La maggior parte dei costi non capitalizzati del capitale naturale deriva dalle emissioni di gas serra (38 per cento), seguito dall'uso dell'acqua (25 per cento), l'uso del suolo, cioè l'impermeabilizzazione e la perdita dei servizi ecosistemici (24 per cento), l'inquinamento atmosferico (7 per cento), l'inquinamento terra e acqua (5 per cento) e gli sprechi (1 per cento);

la pandemia da coronavirus è indubbiamente figlia del degrado ambientale e della voracità con cui l'economia estrae risorse, emette inquinanti e produce quantità enormi di rifiuti. Il salto di specie dagli animali agli esseri umani, che ha messo in circolo questi virus e che nel futuro rischia di essere sempre più frequente e periodico, è causato da molti fattori, oltre che dall'inquinamento atmosferico, quali la deforestazione (che ha avvicinato alcune specie animali all'uomo e al suo ambiente antropizzato) o l'espansione di sistemi di agricoltura e di allevamento industriali;

considerato altresì che:

la pandemia globale da COVID-19 ha costretto il mondo intero ad una chiusura forzata di tutte le attività produttive e il blocco di tutti gli spostamenti con la cessazione obbligata persino delle interazioni interpersonali e la compressione di molti dei diritti costituzionali, impensabile fino a qualche tempo fa, causando gravissimi danni sociali ed economici oltre che sanitari, che non possono non far riflettere sull'opportunità di continuare in questa direzione in modo resistente;

appare evidente che questo arresto globale straordinario ma inevitabile che ha costretto tutti è un segnale di allarme che obbliga a rivalutare il nostro modello di sviluppo mettendo finalmente sul tavolo i costi ed i danni che comporta non intervenire a tutela dell'ambiente e della salute in maniera radicale e non più derogabile;

il modello economico distruttivo attuale sfrutta le risorse naturali e i territori ben oltre i limiti che il pianeta pone, producendo inquinamento delle matrici e alterazioni dei nostri sistemi di difesa,

si chiede di sapere:

se si intenda approntare lo studio di un piano ambientale di rilancio economico del Paese e in che termini;

se corrisponda al vero, come si apprende dai mezzi di stampa, che si starebbe lavorando su proposte che si muovono sulla vecchia logica lineare del cemento, cui delegare la ripresa economica del Paese come negli anni '50 e '60 del secolo scorso;

se risponda a verità l'ipotesi di mettere in atto condoni edilizi, nonché ulteriori deroghe al codice degli appalti nel settore delle costruzioni tramite la nomina di commissari per il rilancio di grandi opere slacciate dai vincoli e dai controlli degli enti preposti alla tutela anche ambientale e dei beni culturali del territorio;

come ci si ponga di fronte a questo uso indiscriminato e non necessario del monouso e delle plastiche e che rimedi si valuti di porre in essere nell'immediato. Inoltre se esista un piano, per quanto tardivo, di recupero e riciclo dei DPI che stanno invadendo i mari e le spiagge, tenendo conto che secondo il Politecnico di Torino l'incremento atteso di rifiuti da DPI, per il solo comparto produttivo, è di circa un miliardo di mascherine al mese e 456 milioni di guanti, 2 milioni di termometri e 250.000 cuffie per capelli;

se l'inquinamento dovuto all'uso massiccio delle automobili private per garantire le esigenze di distanziamento verrà bilanciato da un massiccio piano di investimenti sui sistemi di trasporto pubblici, che non può essere certo compensato dal bonus per le biciclette ed i monopattini elettrici;

perché nei vari decreti emanati manchi la differenziazione degli incentivi e delle facilitazioni tra aziende tradizionali e aziende virtuose dal punto di vista ambientale, che si pongono su prospettive di miglioramento e raggiungimento di standard e performance ambientali, prevedendo che l'erogazione degli aiuti alle imprese sia vincolata al rispetto di regole ferree in tema di tutela dell'ambiente e della salute;

se si intenda dare attuazione agli impegni presi con il Parlamento per i SAD (sussidi ambientalmente dannosi), e in che tempi intenda togliere i sussidi alle imprese dannose dal punto di vista ambientale per spostarli su quelle favorevoli;

se si intenda approntare una revisione del piano energia e clima PNIEC che sia più coraggioso e si ponga obiettivi più stringenti alla luce delle attuali evidenze, in vista di possibili future emergenze sanitarie e climatiche che stanno devastando il pianeta.


INTERROGAZIONE SULLE MODALITÀ DI EROGAZIONE DELLA CASSA INTEGRAZIONE IN DEROGA


(3-01647) (3 giugno 2020)

LAUS, MARCUCCI, NANNICINI, FERRARI - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali - Premesso che:

i numerosi casi di ritardo verificatisi nell'erogazione della cassa integrazione in deroga prevista dal decreto-legge "cura Italia" sono stati spiegati dal Ministro in indirizzo con la complessità dello strumento cui si è fatto ricorso, e dall'INPS con il ritardo delle Regioni negli adempimenti loro spettanti;

per evitare il ripetersi di quanto è accaduto e dare una risposta più celere ai cittadini aventi diritto alla cassa integrazione in deroga, riducendo gli adempimenti burocratici, il decreto-legge "rilancio" prevede un meccanismo semplificato di erogazione "per periodi successivi alle prime nove settimane";

il decreto-legge reca infatti una nuova disciplina delle procedure di riparto delle risorse, nonché di concessione, di erogazione e di monitoraggio del trattamento di integrazione salariale in deroga per "emergenza COVID-19", prevedendo una procedura di pagamento diretto da parte dell'INPS;

considerato che:

ciò nonostante, i tempi per l'erogazione del trattamento di integrazione salariale in deroga non saranno brevi: le modalità di attuazione del trattamento dovranno essere stabilite con un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, e i termini temporali delle domande e delle successive fasi, come stabiliti dall'articolo 71 del citato decreto-legge, fanno supporre che l'anticipazione di pagamento del trattamento non avverrà prima della metà del mese di luglio 2020;

successivamente all'anticipazione di pagamento del trattamento, il datore di lavoro dovrà inviare all'INPS tutti i dati necessari per il saldo dell'integrazione salariale entro 30 giorni dall'erogazione;

inoltre, questa nuova modalità di concessione del trattamento di integrazione salariale in deroga potrà essere adottata non prima del 18 giugno 2020, "decorsi trenta giorni dall'entrata in vigore" della disposizione, quando sarà possibile per il datore di lavoro presentare la domanda di concessione del trattamento;

lo snellimento delle procedure previsto dal decreto-legge "rilancio" rappresenta un'importante novità, ma potrebbe non essere sufficiente a garantire ai lavoratori l'erogazione in tempi brevi del trattamento di integrazione salariale in deroga;

lo stesso protocollo tra le banche e le parti sociali per anticipare la cassa ai lavoratori non garantisce alcuna certezza,

si chiede di sapere:

quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda adottare, nello stabilire le modalità di attuazione del trattamento di integrazione salariale in deroga, al fine di rendere il meccanismo previsto il più celere e sicuro possibile per i lavoratori, e se non ritenga opportuno, a tal fine, prevedere anche una modalità per cui i lavoratori possano percepire immediatamente il trattamento tramite un istituto bancario mediante la previsione di garanzia statale per gli anticipi loro diretti;

quale sia lo stato di pagamento dei trattamenti di integrazione salariale in deroga riconosciuti ai sensi dell'articolo 22 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 (detto "cura Italia").


INTERROGAZIONE SUI CONTRIBUTI PER LA SICUREZZA SUL LAVORO E I PRESIDI SANITARI


(3-01641) (3 giugno 2020)

BERNINI, MALAN, TOFFANIN, FLORIS, CARBONE, DE POLI, PICHETTO FRATIN, GALLONE, RONZULLI, DAMIANI, BARACHINI, MALLEGNI, FERRO, MOLES - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali - Premesso che:

l'articolo 77 del decreto-legge n. 34 del 2020, recante misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19, modifica l'articolo 43 del decreto-legge n. 18 del 2020, in materia di contributi alle imprese e agli enti del terzo settore per la sicurezza e il potenziamento dei presidi sanitari, prevedendo che il trasferimento dell'importo di 50 milioni di euro, da parte dell'INAIL ad Invitalia, sia erogato non solo alle imprese, come originariamente stabilito, ma anche agli enti del terzo settore, per l'acquisto di dispositivi e di altri strumenti di protezione individuale;

tuttavia, si evidenzia come all'estensione della platea dei beneficiari non corrisponda alcuna copertura finanziaria aggiuntiva, e che i 50 milioni di cui all'articolo 43 del decreto "cura Italia" siano già esauriti;

nello specifico, l'articolo 43 ha lo scopo di sostenere la continuità, in sicurezza, dei processi produttivi delle imprese e, in base alla modifica proposta successivamente, delle attività di interesse generale degli enti del terzo settore, di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo n. 117 del 2017 (codice del terzo settore). A tal fine, il medesimo articolo prevede che l'INAIL trasferisca entro il 30 aprile 2020 l'importo di 50 milioni di euro ad Invitalia, a valere sulle risorse già programmate nel bilancio di previsione 2020 dello stesso istituto per il finanziamento dei progetti di investimento e formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro rivolti in particolare alle piccole, medie e micro imprese;

in attuazione di tale disposizione, Invitalia ha pubblicato il bando "Impresa sicura", mettendo a disposizione delle imprese le risorse per il rimborso dei dispositivi di protezione individuale (mascherine, guanti, rilevatori della temperatura corporea, detergenti);

risulta che le domande presentate ammontino a 194.175, a fronte delle quali solo 3.151 risulterebbero accolte sull'intero territorio nazionale, perché sono esaurite le risorse messe a disposizione;

in base alla modifica prevista dal menzionato articolo 77 del decreto-legge "rilancio", i finanziamenti sono destinati anche alle attività di interesse generale degli enti del terzo settore e ai progetti volti a sperimentare soluzioni innovative e strumenti di natura organizzativa e gestionale ispirati ai principi di responsabilità sociale delle imprese;

pur essendo favorevoli all'ampliamento al terzo settore, gli interroganti rilevano, riguardo all'ambito soggettivo dell'applicazione della disposizione, che essa circoscrive i destinatari dei finanziamenti alle sole imprese, escludendo gli altri datori di lavoro e, sotto il profilo finanziario, che la stessa sembrerebbe non garantire le risorse a tutta la platea;

giova evidenziare come l'erogazione delle risorse senza criteri razionali e ben definiti sta creando una palese discriminazione tra i potenziali destinatari, con la conseguente esclusione di coloro che più di altri avrebbero bisogno dei finanziamenti;

inoltre, tali modalità procedurali poco hanno in comune con i criteri selettivi di tipo meritocratico ai quali si dovrebbero ispirare le disposizioni citate, essendo il "clic day" piuttosto assimilabile a un sistema di gioco a premi nel quale prevale la casualità e la circostanza fortuita, a fronte delle risorse esigue messe a disposizione ed esaurite subito dopo l'apertura del bando,

si chiede di sapere:

come e quando si intenda garantire le coperture finanziarie ulteriori;

quali misure il Ministro in indirizzo intenda adottare per prevedere che l'erogazione delle risorse sia effettuata in modo imparziale, considerato che, essendo il bando aperto, è già noto l'elenco dei soggetti richiedenti e, di conseguenza, l'eventuale finanziamento andrebbe ai beneficiari già noti individualmente;

se, vista la richiesta, non ritenga opportuno di indire un ulteriore bando con risorse aggiuntive così da poter soddisfare un maggior numero di imprese.


INTERROGAZIONE SUI DATI RIGUARDANTI I PERCETTORI DEL REDDITO DI CITTADINANZA


(3-01646) (3 giugno 2020)

NISINI - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali - Premesso che:

con il decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, è stato istituito il reddito di cittadinanza, quale misura di politica attiva del lavoro, di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza ed all'esclusione sociale;

il gruppo del Movimento 5 Stelle ha da sempre sostenuto l'imprescindibilità di tale misura, da non considerare come una mera forma di assistenzialismo ma, come ha dichiarato lo stesso ministro Catalfo, all'epoca relatrice del provvedimento in Senato, nella seduta del 25 febbraio 2019: "una misura proattiva collegata all'inserimento nel contesto sociale e lavorativo del cittadino";

i dati dell'osservatorio sul reddito di cittadinanza e di ANPAL disattendono totalmente le intenzioni;

l'osservatorio riferisce che nel 2019 la misura ha coinvolto 968.645 nuclei familiari e 2.540.575 persone per un importo medio mensile pari a 527 euro, mentre nel 2020 ha coinvolto rispettivamente 1.057.319 nuclei e 2.721.036 persone per un importo medio mensile di 568 euro;

secondo la nota mensile del 29 maggio 2020 pubblicata da ANPAL, alla data del 1° aprile 2020 il numero complessivo dei beneficiari del reddito di cittadinanza presenti nel database ANPAL è appena superiore ai 991.000 individui, dei quali solo 819.129 sono soggetti al patto per il lavoro e appena 365.759 sono presi in carico dai servizi per l'impiego;

sempre ANPAL riferisce che, alla data del 10 febbraio 2019, i beneficiari che hanno iniziato un rapporto di lavoro dopo l'approvazione della domanda sono 39.760, dei quali il 65,2 per cento a tempo determinato, il 19,7 per cento a tempo indeterminato ed il 3,9 in apprendistato;

ciò significa che i percettori del reddito di cittadinanza che hanno ottenuto un impiego rappresentano poco meno del 2 per cento della platea e che, di questi, la stragrande maggioranza ha ottenuto un impiego a tempo determinato;

quanto al patto per l'inclusione sociale, nei mesi scorsi, prima ancora che l'emergenza epidemiologica da COVID-19 inducesse il Governo a sospendere la condizionalità degli obblighi connessi alla fruizione del reddito di cittadinanza, pochissimi Comuni avevano attivato i percorsi per le attività di servizio alla comunità;

anche la Corte dei conti boccia la misura, come si evince dal rapporto 2020 sul coordinamento della finanza pubblica, pubblicato nei giorni scorsi, nel quale la Corte evidenzia che "per quel che riguarda il secondo pilastro dell'RdC, quello finalizzato a promuovere politiche attive per il lavoro, i risultati appaiono al momento largamente insoddisfacenti e confermano le perplessità avanzate dalla Corte al suo avvio. I dati a disposizione, comunicati dall'ANPAL Servizi, dicono che alla data del 10 febbraio 2020, i beneficiari del RdC che hanno avuto un rapporto di lavoro dopo l'approvazione della domanda sono circa 40 mila. Soprattutto, non si intravvedono segni di un possibile maggiore dinamismo dei Centri per l'impiego rispetto al passato";

gli organi di stampa riportano continuamente notizie di assegni erogati a persone prive dei requisiti e, da ultimo, nei giorni scorsi, hanno diffuso la notizia di un'indagine della Guardia di finanza da cui sembrerebbe evincersi che, per mesi, 101 soggetti legati alla malavita organizzata di Reggio Calabria e provincia avrebbero percepito indebitamente il reddito di cittadinanza, per un totale di oltre 500.000 euro, mentre ulteriori 15 avrebbero già inoltrato la domanda,

si chiede di sapere se i fatti riportati siano corrispondenti al vero, quali siano i dati reali dei percettori del reddito di cittadinanza e di coloro che hanno trovato lavoro e più in generale quali iniziative il Ministro in indirizzo voglia adottare per evitare che fondi pubblici vengano erogati per misure di fatto assistenziali e prive di effetti concreti sul mercato del lavoro.


INTERROGAZIONE SULLE PROSPETTIVE DI PROSEGUIMENTO DELLO SMART WORKING NEL SETTORE PUBBLICO


(3-01645) (3 giugno 2020)

FLORIDIA, ORTIS - Al Ministro per la pubblica amministrazione - Premesso che:

l'emergenza sanitaria in atto ha impresso un'incredibile accelerazione del ricorso allo strumento dello smart working, poiché i provvedimenti emanati per la gestione dell'epidemia da COVID-19 hanno di fatto attribuito a tale modalità di lavoro la funzione di strumento di contenimento del contagio;

le pubbliche amministrazioni hanno così dovuto provvedere ad un largo utilizzo della modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte dal proprio domicilio o in modalità a distanza;

l'emergenza ha quindi offerto la possibilità di riflettere sulla necessità di diffondere una simile modalità di lavoro nella pubblica amministrazione, che consentirà di svecchiare la macchina amministrativa e, incentivando il merito, costituirebbe una vera e propria rivoluzione culturale per l'Italia;

prima dell'emergenza da COVID-19, infatti, stando ai dati dell'osservatorio "Smartworker" del Politecnico di Milano, gli smartworker italiani erano soltanto 570.000, in buona parte nel settore privato di grandi dimensioni, mentre, per quanto riguarda il lavoro pubblico, solo il 7 per cento delle pubbliche amministrazioni aveva attivato iniziative informali tese all'adozione del lavoro agile e il 6 per cento contava di avviarle nei 12 mesi seguenti;

l'incremento dello smart working nel pubblico, invece, porterebbe importanti benefici agli stessi lavoratori, con risparmio di tempo e maggiore autonomia nella gestione delle attività quotidiane, alla pubblica amministrazione, in termini di efficienza ed efficacia dell'organizzazione amministrativa, e soprattutto all'intera collettività, che godrebbe del decongestionamento dei centri urbani e della riduzione delle emissioni di anidride carbonica, con conseguenze favorevoli per la salubrità dell'ambiente;

considerando che, con il decreto "cura Italia", lo smart working è diventato a tutti gli effetti una modalità ordinaria e diffusa di svolgimento dell'attività lavorativa, oltre che in linea con l'impulso innovativo che è necessario perseguire,

si chiede di sapere quale sia, anche a fronte dell'esperienza dei mesi recenti, l'orientamento del Ministro in indirizzo in ordine all'impiego di tale strumento in condizioni di ordinarietà e se non intenda, a tal fine, adottare provvedimenti tesi ad implementare il ricorso ad esso, introducendo le relative modalità formative, attuative e di monitoraggio in grado di assicurare la tutela dei lavoratori e garantire la qualità del lavoro svolto.