SENATO DELLA REPUBBLICA
—— XVIII LEGISLATURA ——




Giovedì 8 aprile 2021


alle ore 9,30


313a Seduta Pubblica
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ORDINE DEL GIORNO



I. Seguito della discussione di mozioni sul potenziamento delle cure domiciliari per i pazienti affetti da COVID-19

II. Discussione della mozione n. 160, Mantovani ed altri, sul potenziamento dell'insegnamento della matematica e dell'educazione digitale (testo allegato)

III. Interrogazioni a risposta immediata, ai sensi dell'articolo 151-bis del Regolamento (testi allegati) (alle ore 15)





MOZIONI

MOZIONE SUL POTENZIAMENTO DELL'INSEGNAMENTO DELLA MATEMATICA E DELL'EDUCAZIONE DIGITALE


(1-00160) (Testo 2) (7 aprile 2021)

MANTOVANI, DE LUCIA, RAMPI, DE PETRIS, SAPONARA, SBROLLINI, CANGINI, GRANATO, LICHERI, MALPEZZI, ROMEO, D'ANGELO, QUARTO, MAUTONE, EVANGELISTA, FEDE, MARINELLO, ROMAGNOLI, RUSSO, DI GIROLAMO, PISANI Giuseppe, PIRRO, CASTELLONE, PAVANELLI, CROATTI, CORBETTA, L'ABBATE, PELLEGRINI Marco, RICCIARDI, DI PIAZZA, PRESUTTO, ANASTASI, CASTIELLO, MONTEVECCHI, BINETTI, SANTILLO, FERRARA, LANZI, SANTANGELO, PERILLI, VACCARO, AIROLA, GARRUTI, ANGRISANI, DI MICCO, MININNO, DESSI', QUAGLIARIELLO, ALESSANDRINI, GUIDOLIN, DELL'OLIO, RIVOLTA, FERRERO, GAUDIANO, NATURALE, PITTONI, PELLEGRINI Emanuele, TURCO, COLTORTI, TAVERNA, LOMUTI, PESCO, TONINELLI, CIOFFI, ORTIS, ROMANO, MAIORINO, TRENTACOSTE, LOREFICE, FENU - Il Senato,

premesso che:

in Italia si registra un grave ritardo nel campo della formazione matematica, tecnico-scientifica e digitale, che ostacola la crescita economica e lo sviluppo sociale del Paese;

nel mese di giugno 2019 è stato pubblicato il rapporto "Digital economy and society index" (DESI - Indice dell'economia e della società digitali) 2019, un indice sviluppato dalla Commissione europea che ogni anno misura il grado di diffusione e il progresso verso un'economia e una società digitali dei Paesi dell'Unione europea. L'indice si basa su una serie di indicatori considerati rilevanti per valutare l'attuale policy europea e nazionale in materia di digitalizzazione, quali connettività, capitale umano, utilizzo di internet, integrazione della tecnologia digitale nei sistemi produttivi e servizi pubblici digitali;

nella classifica dei Paesi redatta sulla base del rapporto, l'Italia risulta al 24° posto su 28 Stati membri. Tale deludente risultato risulta, purtroppo, il migliore finora conseguito dal 2013 ad oggi;

in particolare, nell'indicatore "capitale umano", ossia chi ha competenze nelle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC), l'Italia si posiziona al 26° posto su 28, con un punteggio pari a 32,6 e quindi ben al di sotto della media europea (la cui soglia è fissata al 48,0);

l'indicatore è composto da due fattori che mostrano diversi punti di vista e insiemi disgiunti di destinatari: il primo analizza le abilità tipiche dell'utente di internet, mentre il secondo studia le abilità avanzate e da sviluppatore. La prima componente è calcolata secondo il numero e la complessità delle operazioni che coinvolgono l'uso quotidiano degli strumenti digitali e internet nel lavoro e nella vita di tutti i giorni; la seconda componente si riferisce ai dati sull'impiego dei diplomati e laureati TIC;

secondo il rapporto, il livello delle competenze digitali degli italiani, sia quelle di base, sia avanzate, è al di sotto della media UE. Solo il 44 per cento degli individui tra i 16 e i 74 anni possiede competenze digitali di base, contro il 57 per cento nella UE. La percentuale degli specialisti TIC sull'occupazione totale ha una minore incidenza in Italia rispetto all'Unione europea (2,6 per cento in Italia rispetto al 3,7 per cento). Per quanto riguarda le persone in possesso di una laurea in TIC, l'Italia si posiziona ben al di sotto della media UE con solo l'1 per cento sul totale dei laureati contro il 3,5 per cento nella UE. Tra le donne che lavorano, solo l'1 per cento in Italia è specializzato in TIC;

sulla base dell'analisi e dei rilievi avanzati dalla Commissione europea, il piano nazionale per la scuola digitale, avviato nel 2015, al termine di 4 anni ha prodotto risultati piuttosto modesti. Ad esempio, solo il 20 per cento degli insegnanti ha effettuato corsi formativi in materia di alfabetizzazione digitale e nel 24 per cento delle scuole mancano ancora di corsi di programmazione;

considerato che:

anche lo "Skills outlook scoreboard" dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) 2019 ha segnalato i gravi ritardi che condizionano il nostro Paese. In particolare tale studio valuta in che misura i Paesi siano in grado di sfruttare la digitalizzazione sulla base di 3 principali parametri: competenze per la digitalizzazione, esposizione digitale e politiche relative alle competenze;

esso mostra che la popolazione italiana non possiede le competenze di base necessarie per prosperare in un mondo digitale, sia in società sia sul posto di lavoro. Solo il 36 per cento degli individui in Italia, il livello più basso tra i Paesi OCSE, è in grado di utilizzare internet in maniera complessa e diversificata;

in particolare, solo il 30 per cento degli adulti ha ricevuto formazione negli ultimi 12 mesi, contro una media OCSE del 42 per cento. Solo il 21 per cento degli individui in età compresa tra i 16 e i 65 anni possiede un buon livello di alfabetizzazione e capacità di calcolo (cioè ottengono almeno un punteggio di livello tre nei test di comprensione di un testo scritto, risoluzione di un problema di tipo matematico, esecuzione di un compito mediante l'utilizzo di tecnologie digitali). Si tratta del terzo peggior risultato tra i Paesi esaminati;

per quanto riguarda gli insegnanti, secondo l'OCSE quelli italiani risultano meno preparati rispetto ai colleghi europei e utilizzano le nuove tecnologie ben al di sotto di altri lavoratori altamente qualificati. I dati mostrano, inoltre, come 3 insegnanti su 4 riferiscano di aver bisogno di ulteriore formazione nelle TIC per svolgere la propria professione;

rilevato che:

i dati dimostrano come, sul piano delle competenze tecnico-scientifiche e digitali della popolazione, l'Italia appaia in grave ritardo rispetto agli altri Paesi europei. Si trova infatti al terzultimo posto nella classifica DESI, davanti solo a Romania e Bulgaria. Lussemburgo, Olanda e Svezia sono ai primi posti per le competenze digitali di base, mentre Finlandia, Svezia ed Estonia guidano i Paesi con il possesso delle competenze digitali più avanzate. L'Italia si trova indietro anche rispetto ai partner europei più prossimi: a livello di capitale umano digitalizzato, risulta, come già indicato, al 26° posto, molto in ritardo, dunque, rispetto a Spagna (17°), Francia (14°), Germania (10°) e Regno Unito (6°);

tre italiani su dieci, secondo il rapporto DESI, non utilizzano ancora internet abitualmente. La mancanza di conoscenze digitali riguarda tanto gli adulti quanto i giovani: i primi rischiano di non sfruttare le possibilità di riqualificazione professionale che la formazione digitale è in grado di offrire; i secondi, seppur "nativi digitali", se non tecnicamente e correttamente formati, corrono il pericolo di non saper affrontare le sfide future poste da un mondo del lavoro altamente tecnologico e digitalizzato;

tale carenza di competenze si riflette anche in un minore utilizzo dei servizi on line, dove si registrano ben pochi progressi. La scarsa domanda influenza l'offerta e questo comporta una bassa attività di vendita on line da parte delle piccole e medie imprese italiane rispetto a quelle europee;

il rischio per le imprese è di non riuscire a cogliere le opportunità offerte dal digitale, ad esempio dell'intelligenza artificiale, perdendo competitività e produttività rispetto alle altre imprese europee, a causa della mancanza della forza lavoro da reclutare con le competenze richieste. Dall'analisi sulle offerte di lavoro pubblicate emerge infatti chiaramente il divario tra i profili ricercati dalle aziende e la preparazione professionale in termini digitali dei candidati, che comporta un ulteriore elemento di debolezza per il sistema di imprese italiano;

tale condizione risulta grave, nonostante nel piano nazionale impresa 4.0 i crediti d'imposta per le spese sostenute dalle imprese per la formazione del personale nelle materie aventi a oggetto le tecnologie rilevanti per il processo di trasformazione tecnologica e digitale, inizialmente presentati solo per il 2018, siano stati estesi anche per il 2019;

la mancanza di tali competenze rischia anche di vanificare ogni azione di trasformazione tecnologica nell'ambito della pubblica amministrazione o, peggio, di privare taluni cittadini della possibilità di accedere ad alcuni diritti, tutelati dal nostro ordinamento, in un contesto nel quale il digitale è destinato a diventare modalità ordinaria di dialogo con l'amministrazione pubblica, a ogni livello, e di esercizio della cittadinanza in una società globalizzata;

considerato, inoltre, che:

a livello nazionale, l'Italia registra ancora un forte divario tra i laureati nell'area scientifica rispetto agli omologhi nell'area sociale. Secondo l'Anagrafe nazionale studenti (ANS), per l'anno accademico 2016/2017, l'ultimo a disposizione, i laureati afferenti all'area scientifica risultano pari al 31,94 per cento sul totale dei laureati, oltre il 6 per cento in meno rispetto a coloro che si sono laureati in discipline sociali (pari al 38,01);

lo stesso divario è presente anche a livello di istruzione secondaria: si registra una forte carenza di diplomati presso gli istituti tecnici superiori, in quanto, rispetto agli attuali 11.000 diplomati ogni anno, ne sarebbero necessari almeno il triplo (33.000) per soddisfare le esigenze delle aziende che richiedono le loro specifiche competenze;

valutato infine che:

gli esiti dei test Invalsi 2019, che comprendono anche gli studenti che hanno affrontato l'esame di maturità, confermano che la scuola italiana si trova in una condizione di grave crisi: in particolare, per quanto riguarda la matematica, il livello medio degli alunni è fermo alla terza classe della scuola secondaria di primo grado. Inoltre resta alto il gap di genere e tra le diverse zone del Paese;

l'ottundimento delle capacità di argomentazione e comprensione e la mancata consapevolezza rischiano di essere un pericolo per le attuali generazioni e per lo sviluppo della società democratica;

l'adozione di politiche attive di formazione, in particolare a livello scolastico, potrebbero invertire questa tendenza, permettendo a tutti di apprendere strumenti e competenze tecnico-scientifiche in linea con le richieste del mercato del lavoro e con le esigenze necessarie per interagire con la società moderna, ma soprattutto per possedere gli strumenti culturali e critici per esercitare il proprio diritto di cittadinanza, ossia di essere cittadine e cittadini liberi e consapevoli;

parte fondamentale, e vero e proprio sostegno di questa nuova strategia formativa per le prossime generazioni, dovrebbe essere l'insegnamento delle competenze matematiche, che in prospettiva di ricerca di un'occupazione sono richieste da istituti ed enti di ricerca, pubblici e privati, nonché da imprese che offrono consulenza e servizi di vario genere, da aziende dei settori industriale, ambientale, sanitario, finanziario, addirittura nell'ambito della pubblica amministrazione. Tale disciplina è inoltre un'ottima base per accedere alla professione di docente, vista la carenza strutturale di insegnanti in queste materie;

è necessario in particolare, sin dal livello della scuola primaria, rivedere sia la didattica della matematica, per sviluppare le capacità tecniche e matematiche degli alunni, sia la fase dell'orientamento scolastico, permettendo agli studenti di scegliere un percorso formativo conformato, nel medesimo tempo, sulle proprie passioni ma anche sugli sviluppi del mercato del lavoro;

sul tema dell'educazione informatica, la Commissione europea, nella comunicazione COM(2020) 624 final del 30 settembre 2020, ha dichiarato che essa consente ai giovani di acquisire una solida comprensione del mondo digitale. L'introduzione dell'informatica nelle scuole può infatti contribuire a sviluppare competenze in materia di risoluzione dei problemi, creatività e collaborazione, incentivando l'interesse per gli studi relativi alle discipline STEM (science, technology, engineering and mathematics) e le future carriere in tale ambito. La promozione dell'educazione informatica può anche avere un impatto positivo sul numero di ragazze che seguono studi informatici nell'istruzione superiore e lavoreranno poi nel settore digitale o svolgeranno professioni digitali in altri settori economici;

la pandemia ha rafforzato la percezione della necessità di una maggior capacità del sistema Paese in questo ambito e ha anche fatto emergere ed esplodere alcune carenze e debolezze, aumentando le difficoltà,

impegna il Governo:

1) a continuare a investire nel piano nazionale per la scuola digitale attraverso lo stanziamento di adeguate risorse e l'introduzione di metodologie innovative più efficaci di insegnamento e apprendimento della matematica e del pensiero computazionale e algoritmico nella scuola primaria e successivamente delle discipline STEM e dell'educazione digitale, per consentire lo sviluppo del pensiero critico e di attitudini a molteplici e diversificati interessi culturali, essendo alla base delle moderne produzioni artistiche e contribuendo in modo determinante ad elevare il livello culturale della popolazione con ricadute positive sulla partecipazione democratica;

2) a potenziare, nell'ambito del piano nazionale per la scuola digitale, percorsi di formazione innovativi, a tutti i livelli, per l'orientamento degli studenti verso le discipline scientifiche, incluso il pensiero computazionale e algoritmico, e la matematica, intesa come disciplina che aiuta a comprendere molti aspetti della quotidianità, affina e sensibilizza alla percezione estetica e incoraggia i giovani ad affrontare la complessità e le sfide presenti e future del mercato del lavoro in continua evoluzione;

3) a connettere tale rinnovata strategia nazionale di formazione con i settori del lavoro, del welfare e dello sviluppo imprenditoriale, culturale e artistico del nostro Paese, in modo che questo innovativo approccio possa rappresentare un volano per la crescita complessiva e strutturale dell'Italia;

4) a garantire una formazione professionale dei docenti in sinergia con quanto previsto dal piano nazionale di formazione dei docenti.


INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA, AI SENSI DELL'ART. 151-BIS DEL REGOLAMENTO

INTERROGAZIONE SULL'ESTENSIONE E SEMPLIFICAZIONE DEL BONUS AL 110 PER CENTO PER LA RIQUALIFICAZIONE ENERGETICA DEGLI IMMOBILI


(3-02401) (7 aprile 2021)

BERNINI, MALAN, GALLONE, CALIGIURI, MESSINA Alfredo, PAPATHEU - Al Ministro della transizione ecologica - Premesso che:

grazie alla misura del "super ecobonus" al 110 per cento sono stati aperti diversi cantieri edilizi, tanto che alla fine di marzo 2021 risultano ammessi a detrazione oltre 9.200 interventi, per più di un miliardo di euro di valore;

si tratta soprattutto di interventi trainanti sull'involucro dell'edificio, ma anche interventi trainanti sull'impianto, con impatti evidenti sulla riduzione di consumo energetico;

va rilevato però che la richiesta della doppia conformità dell'immobile ai titoli urbanistici ed edilizi di oggi e a quelli del tempo in cui è stato costruito finisce per escludere dal super ecobonus molti edifici per difformità rispetto al titolo originario, consentendo l'accesso al beneficio solo dopo un'eventuale possibile regolarizzazione;

la misura potrebbe essere più efficace ove venissero superati alcuni passaggi burocratici che ne rallentano l'attuazione, pur comprendendo la necessità per lo Stato di avere un controllo delle somme erogate e sulla necessità di vedere regolarizzate alcune difformità edilizie;

peraltro si registrano ritardi presso gli uffici comunali, in un periodo di smart working, a rispondere in tempi ragionevoli alle richieste dei tecnici e dei professionisti che hanno il ruolo di asseveratori delle pratiche;

va ricordato che molti interventi, ora ammessi al bonus, possono di norma essere realizzati in regime di edilizia libera, per la quale è sufficiente la comunicazione di inizio lavori, non necessitando di autorizzazione;

si pone quindi la necessità di coniugare l'efficientamento energetico degli edifici e di fare al contempo emergere dall'economia sommersa ampie parti del settore dell'edilizia,

si chiede di sapere:

se il Governo non intenda, preso atto dell'unanime volontà del Parlamento di prorogare la misura del 110 per cento, semplificare le procedure che prevedono la doppia conformità considerando valide le asseverazioni che riportino gli estremi del titolo edilizio e la data di esecuzione dell'opera ovvero ampliando i margini di tolleranza per regolarizzare le difformità, o quantomeno non prevedendo la dichiarazione di conformità per quegli interventi realizzabili in regime di edilizia libera;

se non intenda valutare l'estensione del super ecobonus anche agli immobili considerati strumentali nell'attività d'impresa;

se non intenda, come indicato dalla relazione delle Commissioni riunite 5ª (Programmazione economica, bilancio) e 14ª (Politiche dell'Unione europea) del Senato sulla proposta di piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), al punto 5.1, procedere alla semplificazione, a regime, di tutti gli interventi edilizi e di efficientamento energetico sotto un'unica aliquota del 75 per cento, attivandosi per modificare l'articolo 16-bis del testo unico delle imposte sui redditi, prevedendo anche per questi la durata della detrazione in 5 anni, oltre allo "sconto in fattura" e la cessione del credito.


INTERROGAZIONE SULL'ELABORAZIONE DI UN PROGRAMMA DI RIAPERTURA DELLE ATTIVITÀ IMPRENDITORIALI


(3-02402) (7 aprile 2021)

FARAONE - Al Ministro dello sviluppo economico - Premesso che:

la crisi epidemiologica in atto ha evidenti ripercussioni non solo nel campo sanitario, ma anche nel campo economico;

tutti i settori del tessuto economico risultano colpiti in maniera profonda;

i provvedimenti di sostegno economico adottati fino ad ora sono importanti, ma non rappresentano una soluzione definitiva per un problema che si trascina ormai da un anno;

una chiara dimostrazione di ciò si è avuta con le recenti manifestazioni da parte di tutti gli imprenditori e gli esercenti che chiedono in maniera chiara una riapertura delle attività, a fronte di una situazione non più sostenibile;

considerato che:

il Governo si è impegnato a procedere con una somministrazione rapida dei vaccini: in particolare, il commissario per l'emergenza, generale Figliuolo, ha dichiarato che l'obiettivo è quello di arrivare entro il mese di aprile alla somministrazione di 500.000 dosi di vaccino al giorno;

con la stagione estiva, inoltre, come già dimostrato lo scorso anno, caleranno in modo considerevole i contagi, favorendo un ritorno alla normalità;

è dunque necessario stendere fin d'ora un programma di riaperture certe, che sia in grado di consentire una piena ed effettiva ripartenza e che, al contempo, non sia soggetto a mutamenti dell'ultimo minuto, evidentemente dannosi per tutti gli esercenti delle attività commerciali;

il programma di tali riaperture, conseguentemente, deve seguire una cadenza graduale e calibrata su singoli settori (analogamente a quanto accaduto in altri Paesi) riguardando nondimeno e nel complesso tutte le scuole, le attività imprenditoriali e commerciali e tutte le attività che sono costrette a rimanere chiuse;

è necessario organizzare immediatamente, in maniera dettagliata e uniforme per tutte le regioni, l'inizio della stagione estiva e di tutte le attività turistiche e inerenti ad essa connesse,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo, anche in relazione agli intendimenti del Governo, non intenda procedere ad un programma di riaperture graduali ma certe, che sia in grado di fornire prospettive e risposte nel breve periodo alle attività imprenditoriali di tutti i settori che, al momento, non hanno indicazioni su quando e con che modalità potranno riaprire e ricominciare a lavorare.


INTERROGAZIONE SUL PROCESSO DI FUSIONE TRA I GRUPPI PEUGEOT E FIAT CHRYSLER


(3-02397) (7 aprile 2021)

URSO, CIRIANI - Al Ministro dello sviluppo economico - Premesso che:

dallo scorso 16 gennaio 2021 due gruppi industriali, il francese Peugeot S.A. e l'italo-statunitense FIAT Chrysler Automobiles, sono confluiti nel gruppo "Stellantis", azienda multinazionale di diritto olandese produttrice di autoveicoli che controlla 14 marchi automobilistici;

nonostante il Ministro dello sviluppo economico pro tempore, Stefano Patuanelli, e l'allora viceministro dell'economia e delle finanze, Antonio Misiani, parlassero di una "fusione" tra due grandi gruppi industriali, a pochi giorni dalla conclusione dell'operazione è emerso come la nuova composizione e la governance del gruppo configurassero piuttosto una vera e propria acquisizione di FIAT da parte di Peugeot S.A., tanto che, nel prospetto depositato dalle due case automobilistiche per le rispettive assemblee, la FIAT viene definita come parte venditrice, con una chiara ed evidente propensione a vantaggio della componente francese;

a riprova di questa circostanza, le recenti analisi hanno evidenziato come la somma delle diverse componenti di partecipazione azionarie riconducibili ad azionisti francesi (tra i quali anche lo Stato francese, che ha aumentato la sua partecipazione mediante la società Bpifrance, controllata dalla Caisse des depots et consignations, l'equivalente della nostra Cassa depositi e prestiti), abbia nei fatti superato la quota italiana detenuta da Exor, l'holding finanziaria olandese della famiglia Agnelli;

difatti la maggioranza dei consiglieri di amministrazione (6 su 11) è indicata dal socio francese, che ha oltretutto espresso oltre il massimo incarico del gruppo, vale a dire quello di amministratore delegato, anche il vicepresidente, oltre al rappresentante dei sindacati;

analogo schema di preminenza della presenza francese su quella italiana si riproduce nel management appena nominato, in gran parte francese, squilibrio che ha provocato la reazione preoccupata dei sindacati italiani e delle aziende della filiera automotive particolarmente importante per l'economia italiana, che temono di perdere le commesse a favore di aziende di altri Paesi;

considerato, inoltre, che:

all'interno del grande riassetto della galassia FIAT Chrysler, sono in corso trattative che riguardano IVECO (leader nella produzione di veicoli industriali e autobus) e Comau (specializzata nel campo dell'automazione industriale), ma anche Teksid (fornitrice di componenti per i motori) e altre aziende dell'indotto, tutte oggetto di attenzioni da parte di possibili compratori, soprattutto asiatici;

appare necessario un immediato intervento al fine di evitare la cessione di tali società a gruppi stranieri, anche in ragione dell'importanza strategica per il sistema non solo economico ma anche della difesa nazionale, esercitando anche il "golden power" per tutelare un asset strategico così importante per la filiera industriale già messa a dura prova dalla vendita di FCA al gruppo Peugeot;

mentre altri Paesi europei, con i quali la filiera italiana è profondamente interconnessa, stanno mettendo l'auto al centro dei loro piani di supporto, in Italia non si sta facendo nulla per salvaguardare il comparto automotive e, come le associazioni di categoria sottolineano, in assenza di interventi mirati di sostegno al mercato e di una seria politica industriale si va incontro alla deindustrializzazione del Paese;

l'industria automobilistica è da sempre il nucleo fondamentale dello sviluppo dei Paesi occidentali di enorme importanza nelle moderne economie, soprattutto grazie all'indotto che ne fa parte,

si chiede di sapere:

se ed in quali termini il Ministro in indirizzo intenda intervenire per preservare l'economia nazionale ed evitare la configurazione, nell'ambito del nuovo gruppo Stellantis, di posizioni di preminenza da parte della compagine francese e conseguente compressione degli spazi decisionali e dei margini di intervento e, soprattutto, se non ritenga utile, a tal fine, dare un ruolo propulsivo a Cassa depositi e prestiti affinché questa riacquisti quote di partecipazione azionarie in Stellantis in quantità sufficiente a garantire almeno la parità con quanto detenuto dallo Stato francese attraverso la società Bpifrance;

quali siano i termini esatti della notifica dell'operazione da parte di FCA al Governo italiano in merito alla governance e alla composizione azionaria prima e dopo l'operazione Stellantis e infine se intenda esercitare il golden power a tutela del gruppo IVECO.


INTERROGAZIONE SUL FUTURO DELLA PRODUZIONE DEL PETROLCHIMICO DI PORTO MARGHERA


(3-02395) (7 aprile 2021)

BOLDRINI, MALPEZZI, FERRAZZI, COLLINA - Al Ministro dello sviluppo economico - Premesso che:

il 12 marzo 2021 l'ENI, per tramite del suo amministratore delegato Claudio Descalzi, ha annunciato al sindaco di Venezia Luigi Brugnaro di voler chiudere definitivamente, entro la primavera del 2022, gli impianti cracking e aromatici del petrolchimico di Porto Marghera, prevedendo inoltre lo spostamento degli addetti su produzioni alternative che dovrebbero esser avviate da aprile 2022;

le organizzazioni sindacali del territorio sono fermamente contrarie alla chiusura degli impianti cracking del petrolchimico che si prefigura come l'ennesima dismissione senza nessuna garanzia di nuove attività produttive e garanzia occupazionale per i 380 addetti del sito, anche in ragione dei mancati "investimenti verdi" promessi più volte in passato e finora non realizzati. Nonostante l'annuncio di ENI di voler tutelare l'occupazione spostando i lavoratori su attività più innovative, non sono ancora emersi elementi sufficienti a garantire la piena ricollocazione di tutti i dipendenti diretti e indiretti del sito;

la chiusura degli impianti citati, secondo le organizzazioni sindacali, avrebbe, inoltre, pesanti ricadute sulle produzioni a valle del sito, causando un drammatico "effetto domino" di chiusure e dismissioni, con grave pregiudizio per il futuro di un comparto strategico per l'economia locale e nazionale. Gli stabilimenti di Ravenna, Mantova e Ferrara, che con Porto Marghera formano il quadrilatero della chimica, risulterebbero direttamente coinvolti dalla chiusura dell'impianto, con serie conseguenze sulla loro capacità di produzione e sui relativi livelli occupazionali;

negli impianti di Ferrara, sito multisocietario nel quale operano le multinazionali ENI Rewind, Versalis, LyondellBasell, Yara e Sef, sono occupati circa 1.600 lavoratori qualificati e la quasi totalità della produzione è direttamente connessa agli impianti cracking del petrolchimico di Porto Marghera. L'eventuale blocco del segmento dell'etilene creerebbe una pesante difficoltà nel reperire la materia sul mercato e un costo di produzione più alto. Senza quelle componenti fondamentali, le multinazionali che hanno sedi produttive a Ferrara avrebbero ripercussioni serie: rischiano in particolare due reparti di Basell e uno di Versalis. Azienda, quest'ultima, che negli ultimi anni ha avviato proprio a Ferrara investimenti rilevantissimi. Gli investimenti stimati per la fornitura alternativa di etilene ammonterebbero a 30 milioni di euro, necessari al potenziamento delle banchine portuali per l'approdo di navi "criogeniche" atte a rifornire i siti di Ferrara e Ravenna. Inoltre, tali investimenti sono previsti successivamente alla chiusura del cracking di Porto Marghera e avviando l'intervento strutturale si prefigurano problemi di fornitura delle aziende che utilizzano le materie derivate dalla lavorazione del cracking con il rischio immediato di posti di lavoro in un periodo così complesso per l'economia delle città messe già a dura prova dalla pandemia;

la società Versalis ha dato assicurazioni sul proseguimento delle attività a Ferrara e Ravenna, e sul mantenimento degli organici oggi impiegati, all'assessore per le attività produttive della Regione Emilia-Romagna, Vincenzo Colla, durante una videoconferenza con i sindacati chimici, i sindaci di Ferrara e Ravenna, il presidente della Provincia estense e i rappresentanti aziendali di ENI-Versalis;

ENI non ha finora motivato le proprie scelte e non hanno reso noto il proprio piano industriale per i prossimi anni, dal quale comprendere le prospettive future del sito di Porto Marghera e dei siti produttivi di Ferrara, Mantova e Ravenna, in termini produttivi ed occupazionali;

a fronte della chiusura, ENI ha proposto una serie di interventi, molti dei quali frutto di precedenti accordi di ristrutturazione, ma non ancora realizzati. In precedenza, erano stati annunciati in particolare i seguenti progetti relativi al sito di Porto Marghera: potenziamento del parco serbatoi e logistico; lo sviluppo del progetto green refining per produzione di idrogeno; il progetto fuel gassoso deposito criogenico; il progetto waste to fuel, presentato da ENI Rewind, in collaborazione con Veritas, per la costruzione di un impianto con un investimento di 80 milioni di euro, che produrrà biocarburanti; il progetto bio-olio (a basso tenore di zolfo) e idrogeno dalla frazione organica dei rifiuti solidi urbani, l'impianto per la produzione di alcool isopropilico; lo studio per una piattaforma sul riciclo delle plastiche. Parte di questi investimenti è ancora in fase di studio e non si prevede la messa in funzione prima del 2024;

relativamente ai siti di Ravenna, Mantova e Ferrara non si hanno notizie di progetti specifici di rilancio o di riconversione della produzione. La vicenda, per la sua rilevanza complessiva, necessita della rapida costituzione di un tavolo nazionale presso il Ministero dello sviluppo economico, con il coinvolgimento di tutti i soggetti direttamente interessati e le Regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto;

Porto Marghera rappresenta una zona industriale di oltre 2.000 ettari, dove nel corso del Novecento si è sviluppato un polo petrolchimico tra i più grandi d'Europa. Molte delle produzioni sono state dismesse lasciando terreni inquinati che ora devono essere bonificati. Allo stato attuale, è il luogo ideale dove investire nella green economy e compiere la transizione ecologica che è al centro del programma "Next Generation EU", che non può, tuttavia, avvenire a spese dei lavoratori, ma deve costituire un processo in cui le attività vengono riconvertite nell'ottica dell'economia circolare e per creare occupazione,

si chiede di sapere:

quali siano le valutazioni del Ministro in indirizzo sui fatti riportati e se intenda adoperarsi per istituire un tavolo nazionale presso il Ministero finalizzato ad affrontare e risolvere rapidamente la vicenda;

quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per salvaguardare la continuità operativa dei siti produttivi di Porto Marghera e di Mantova, Ravenna e Ferrara, di fondamentale importanza per l'economia locale e nazionale, anche in ottica di rapido sviluppo delle produzioni "verdi", nonché per garantire il mantenimento degli attuali livelli occupazionali;

quali iniziative intenda assumere per garantire che siano realizzati i progetti, più volte annunciati dall'ENI, di riconversione produttiva del sito del petrolchimico di Porto Marghera, e la bonifica delle aree inquinate per far spazio a tecnologie innovative nel rispetto dell'ambiente;

quale sia il piano industriale di ENI, anche relativamente ai siti di Mantova, Ravenna e Ferrara, la cui strategicità deve essere mantenuta e non solo annunciata a parole e come l'ENI intenda relazionarsi con gli stakeholder, discutendo con trasparenza le proprie politiche industriali.


INTERROGAZIONE SULLA REALIZZAZIONE DI STABILIMENTI DI PRODUZIONE DI VACCINI IN ITALIA


(3-02399) (7 aprile 2021)

DE BONIS - Al Ministro dello sviluppo economico - Premesso che:

agli inizi del mese di marzo 2021, articoli di stampa riportavano dichiarazioni del Ministro in indirizzo in merito alla volontà del Governo di partecipare al progetto europeo per il rafforzamento della produzione di vaccini, attraverso la realizzazione in Italia un polo per la ricerca di farmaci e vaccini con investimenti pubblici e privati;

nel corso di un vertice svoltosi al Ministero dello sviluppo economico tra il ministro Giancarlo Giorgetti, il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi, il direttore generale Enrica Giorgetti, il direttore del centro studi Carlo Riccini, il presidente dell'AIFA Giorgio Palù, il neocommissario per l'emergenza Paolo Figliuolo e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Franco Gabrielli, il Ministro dava mandato ai vari attori coinvolti di individuare le ditte in grado di partecipare alla produzione dei vaccini in conto terzi entro l'autunno 2021, spiegando che si era deciso di mantenere il massimo riserbo sulle aziende farmaceutiche da coinvolgere nel processo di verifica allora in corso;

fonti del Ministero certificavano che già molte aziende dell'industria farmaceutica italiana erano pronte a partecipare alla fase di infialamento e finitura dei sieri (la catena finale della produzione), mentre solo alcune avevano le capacità di produrre anche il principio attivo. Il nodo da sciogliere era quello dei bioreattori e dei fermentatori, indispensabili per arrivare a produrre completamente in house i vaccini;

il Governo era dunque al lavoro per verificare la possibilità dell'uso di bioreattori esistenti o di produrli ex novo, con l'intenzione di stanziare risorse e organizzare siti, individuabili nelle regioni Veneto, Lazio e Puglia, con tempi dai 4 ai 12 mesi;

il Ministro, in una conferenza stampa col commissario UE al mercato interno e i servizi, Thierry Breton, con delega sui vaccini circa la nascita di un polo italiano per la produzione di sieri, sosteneva che sarebbero state allocate importanti risorse a tale scopo, pari complessivamente ad una cifra tra i 400 e i 500 milioni di euro, da inserire nel "decreto sostegni";

considerato che:

nel decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41 (decreto sostegni, il cui iter è attualmente in corso al Senato), i commi da 7 a 10 dell'articolo 20 (rubricato "Disposizioni in materia di vaccinazioni contro il COVID-19 e in materia di farmaci") prevedono uno stanziamento di 200 milioni di euro, per il 2021, al fine del riconoscimento, mediante l'istituto del contratto di sviluppo, di agevolazioni finanziarie (comma 7) relative agli investimenti privati concernenti la ricerca e produzione di nuovi farmaci e vaccini inerenti al contrasto, nel territorio nazionale, di patologie infettive emergenti, nonché di quelle più diffuse, anche attraverso la realizzazione di poli di alta specializzazione e forme di riconversione industriale; la realizzazione di interventi complementari e funzionali ai suddetti investimenti;

lo stanziamento (ai sensi del comma 9) è disposto mediante incremento delle risorse del fondo per l'attrazione degli investimenti e per la realizzazione di progetti di sviluppo di impresa, istituito (nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico) dall'articolo 43, comma 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112;

il comma 8 prevede che, ai fini della tempestiva attuazione delle agevolazioni finanziarie, si applichino, in quanto compatibili, e fermo restando il limite di spesa di cui al comma 7 (pari, come detto, a 200 milioni di euro), le disposizioni stabilite dal citato articolo 43 del decreto-legge n. 112 del 2018 e dai relativi provvedimenti attuativi, i quali prevedono che le risorse del suddetto fondo siano erogate mediante la stipulazione di contratti di sviluppo tra l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A. (Invitalia, che è anche il gestore pubblico del contratto), il Ministero dello sviluppo economico, la Regione o le Regioni interessate e le altre amministrazioni pubbliche;

tali contratti hanno ad oggetto la realizzazione di un programma di sviluppo (industriale, oppure per la tutela ambientale o per attività turistiche). Le agevolazioni possono essere concesse sia nella forma di finanziamenti agevolati sia nella forma di contributi (o anche informa mista). La misura massima delle agevolazioni varia in relazione alla tipologia di progetto, all'area territoriale ed alle dimensioni delle imprese; in ogni caso, l'ammontare e la tipologia delle agevolazioni vengono definiti nell'ambito della fase di negoziazione;

ai sensi del comma 10, le agevolazioni di cui al comma 7 sono concesse previa autorizzazione della Commissione europea e nell'ambito, ove ne sussistano i presupposti, dei limiti e delle condizioni, più favorevoli per le imprese rispetto alle disposizioni europee ordinarie, stabiliti dalla comunicazione della Commissione europea recante un "Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19" (C/2020/1863 del 19 marzo 2020), e successive modificazioni;

tenuto conto che l'articolo 148 del TFUE stabilisce che gli Stati membri devono attuare politiche in materia di occupazione, che tengano conto degli orientamenti in materia,

si chiede di sapere:

se le risorse saranno distribuite considerando la clausola del 34 per cento della spesa ordinaria di cui all'articolo 7-bis della legge 27 febbraio 2017, n. 18 ("decreto Mezzogiorno"), che prevede una redistribuzione di spesa in conto capitale oppure, in subordine, se il Ministero terrà conto delle maggiori risorse attribuite al Mezzogiorno attraverso i fondi UE, così come stabilito nel regolamento del 12 febbraio 2021 che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza (regolamento (UE) 2021/241);

se il Ministro in indirizzo non ritenga, nell'ambito della fase di negoziazione di tali contratti che hanno ad oggetto, tra l'altro, la realizzazione di un programma di sviluppo industriale, per la tutela ambientale e per le attività turistiche, che stabilimenti per la produzione di vaccini vengano individuati in più regioni del Mezzogiorno, atteso che in Puglia l'azienda farmaceutica Lachifarma, nel proprio stabilimento di Zollino (Lecce), ha già investito 20 milioni di euro di "risorse proprie" e senza contributi pubblici.


INTERROGAZIONE SULLA PRODUZIONE IN ITALIA DI VACCINI CONTRO IL COVID-19


(3-02400) (7 aprile 2021)

RIPAMONTI, PIANASSO, MARTI, PISANI Pietro - Al Ministro dello sviluppo economico - Premesso che:

è noto come la campagna vaccinale anti COVID-19 soffra di una ridotta disponibilità di fornitura; per quanto l'Italia abbia finora somministrato l'80 per cento delle dosi complessivamente disponibili tra i tre maggiori fornitori, 11.252.066 su un totale di 14.136.480, si è ancora lontani dalle cifre necessarie al raggiungimento dell'immunità di gregge;

quanto sopra impone una riflessione sulla possibilità di avviare una produzione italiana dei vaccini, la quale conferirebbe al Paese, oltre alla possibilità di far fronte all'emergenza epidemiologica e di raggiungere un'autonomia di produzione vaccinale, anche quella di ritagliarsi un ruolo di primo piano in Europa e di attrarre nuovi investimenti;

da notizie si apprende, dal quarto tavolo in materia di vaccini convocato presso il Ministero dello sviluppo economico, di un positivo riscontro da parte di almeno quattro aziende disponibili ed in grado di produrre direttamente o conto terzi siero anti COVID-19 in Italia;

quella contro la pandemia è una sfida che vede impegnati il settore pubblico e quello privato in una corsa contro il tempo per fermare il virus e le sue varianti, per tornare al più presto alla normalità, e ad una ripresa dell'economia;

è importante intensificare la campagna vaccinale al fine di raggiungere nel più breve tempo l'immunità di gregge, in assenza o in ritardo della quale esiste una concreta possibilità di mutazione e recrudescenza del virus,

si chiede di sapere quale sia lo stato dell'arte in merito alla produzione italiana dei vaccini anti COVID-19 e quali tempi siano stimati per il raggiungimento di una vera e propria autosufficienza vaccinale, che veda l'Italia in un ruolo di rilevanza nella ricerca e produzione, anche nell'ambito di eventuali scenari futuri.


INTERROGAZIONE SUL PIANO INDUSTRIALE DELLA NUOVA SOCIETÀ DI TRASPORTO AEREO ITA


(3-02398) (7 aprile 2021)

LUPO, CASTALDI, COLTORTI, CROATTI, D'ANGELO, DI GIROLAMO, DI PIAZZA, EVANGELISTA, FEDE, GALLICCHIO, GARRUTI, GAUDIANO, GUIDOLIN, LANZI, LEONE, PELLEGRINI Marco, PIRRO, PRESUTTO, LOREFICE, MATRISCIANO, MAUTONE, MONTEVECCHI, NATURALE, NOCERINO, RICCIARDI, ROMANO, TAVERNA, TRENTACOSTE, TURCO, VANIN - Al Ministro dello sviluppo economico - Premesso che:

con l'articolo 79 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, il Governo ha autorizzato la costituzione di una nuova società interamente controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze, ovvero controllata da una società a prevalente partecipazione pubblica anche indiretta, per l'esercizio dell'attività d'impresa nel settore del trasporto aereo di persone e merci, con uno stanziamento fino a 3 miliardi di euro;

la società, denominata Italia trasporto aereo S.p.A. (ITA), è stata costituita con decreto ministeriale firmato il 9 ottobre 2020, registrato alla Corte dei conti il 30 ottobre 2020;

la società ITA ha redatto il piano industriale che è stato trasmesso alla Commissione europea per le valutazioni di competenza;

a quanto risulta agli interroganti, la trattativa sul piano industriale di ITA è in stallo in quanto la Commissione europea chiede una discontinuità tra ITA e Alitalia, una riduzione della flotta e un diverso perimetro aziendale rispetto al piano presentato, nonché la cessione di alcuni slot di Alitalia dell'aeroporto di Linate;

nella risposta all'interrogazione E-006418/2018 la Commissione europea ha ricordato che il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea è neutrale per quanto riguarda la proprietà pubblica rispetto a quella privata. Se svolte alle normali condizioni di mercato, le operazioni economiche effettuate dallo Stato non conferiscono un vantaggio alla controparte e non costituiscono quindi aiuto di Stato;

considerato che, a quanto risulta agli interroganti:

la Commissione, nell'effettuare una valutazione circa la compatibilità con la disciplina sugli aiuti di Stato, chiede una discontinuità economica con Alitalia e che l'avvio di ITA sia svolto alle normali condizioni di mercato;

per altri Paesi dell'Unione sono stati autorizzati aumenti di capitale di compagnie di bandiera per cifre nell'ordine di miliardi di euro. Si citano a titolo di esempio Lufthansa e Air France;

il regolamento (CEE) n. 95/93 del Consiglio, del 18 gennaio 1993, relativo a norme comuni per l'assegnazione di bande orarie negli aeroporti della Comunità, non prescrive la necessaria dismissione di slot "congelati";

a Ryanair e WizzAir sono stati assegnati diversi slot dell'aeroporto di Linate per la stagione estiva (dal 28 marzo al 30 ottobre 2021);

a livello comunitario sono state fissate delle regole finalizzate a garantire il libero scambio e sanzionare pratiche anticoncorrenziali;

considerato infine che:

molti vettori godono di incentivi lesivi della concorrenza, sui quali non c'è la prescritta trasparenza, come più volte richiesto dalla stessa Commissione europea;

tale meccanismo crea notevoli distorsioni che hanno ricadute anche sui costi di gestione dei vettori e sulle tariffe applicate agli operatori per i quali si registra una rilevante disparità di trattamento. A quanto risulta, una "toccata" in un medesimo aeroporto ha costi molto differenti a seconda dei vettori. Solo per citare un esempio, Alitalia in alcuni aeroporti paga per il servizio tre volte il prezzo di mercato e dieci volte quello che paga una low cost nello stesso scalo;

lo stallo sulla trattativa sta arrecando un grave pregiudizio sia ad Alitalia sia ad ITA, che rischiano di non poter usufruire, al pari di altri operatori, della ripresa del traffico per il periodo estivo, seppur contenuta;

le richieste di cessione degli slot su Linate rischiano di essere particolarmente penalizzanti per ITA compromettendone la stessa sussistenza sul mercato, soprattutto se messe in relazione alla richiesta della Commissione di una flotta molto contenuta,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo non ritenga che le richieste della Commissione europea esulino dalla valutazione tecnica, intervenendo sulle scelte politiche del Paese, quali quella di avere una compagnia di bandiera;

se non ritenga che il nostro Paese stia subendo un atteggiamento discriminatorio da parte della Commissione e che cedere gli slot di Linate rischia di arrecare grave danno ad ITA nonché di ledere la concorrenza, favorendo le low cost;

quali iniziative intenda intraprendere per l'avvio tempestivo di ITA affinché ulteriore tempo non arrechi pregiudizio irreparabile alla compagnia e ai lavoratori;

se non ritenga che una soluzione potrebbe essere rappresentata dall'affitto di rami di azienda di Alitalia da parte di ITA;

quali iniziative intenda adottare perché a livello comunitario ci sia parità di trattamento tra gli Stati membri e tra i vettori aerei.