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Minerva Web
Rivista online della Biblioteca "Giovanni Spadolini"
A cura del Settore orientamento e informazioni bibliografiche
n. 9 (Nuova Serie), giugno 2012

La Biblioteca degli storici del diritto. Intervista a Ennio Cortese

salastoriadirittoIntervista a Ennio Cortese, professore emerito di Storia del diritto italiano dell'Università "La Sapienza" di Roma, in occasione della pubblicazione del primo volume del Catalogo a stampa dell'omonimo Fondo.

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Lei ha recentemente destinato la sua biblioteca privata, composta da un migliaio di edizioni antiche di testi di diritto comune e da oltre cinquemila opere moderne di dottrina e storiografia giuridica, alla nostra Biblioteca. Perché proprio la Biblioteca del Senato?

In realtà la scelta non l'ho fatta io ma la Biblioteca del Senato, nella persona di Sandro Bulgarelli. Ragioni familiari e personali mi inducevano a riflettere circa una futura destinazione della mia Biblioteca. La libreria editrice ed antiquaria Keip, che avrebbe voluto acquistarla, per poter formulare una proposta economica, si offrì di redigere un elenco del materiale. Il mio primo desiderio, tuttavia, era che la raccolta non venisse smembrata, per questo motivo stavo pensando di affidarla ad una Biblioteca pubblica, e la destinazione più ovvia sarebbe potuta essere quella di una Biblioteca universitaria. Emanuele Conte, mio allievo e assiduo frequentatore della Biblioteca del Senato, parlando con il Direttore gli accennò alla mia. Fu allora che Sandro Bulgarelli mi manifestò l'interesse del Senato ad accogliere tra i suoi fondi la mia collezione, e a sistemarla in apposite sale, rendendola disponibile alla consultazione. La magnifica collocazione in una delle Biblioteche di riferimento per la storia del diritto italiano e la gentilezza del Direttore, mi hanno convinto e poi profondamente aiutato al momento del distacco.

In che modo la Biblioteca del Senato può supportare la ricerca in ambito storico giuridico e con quali differenze e funzioni specifiche rispetto alle biblioteche di Dipartimento e di Istituto delle Università italiane?

Credo che la Biblioteca del Senato abbia potuto fare una cosa che le biblioteche d'Istituto non avrebbero potuto realizzare: una grande sala di consultazione specializzata, che metta a disposizione diretta degli studiosi il materiale necessario ad intraprendere ed impostare la ricerca, facilitando ed attirando così anche i ricercatori più giovani o inesperti, che possono in tal modo avvicinarsi al lavoro in biblioteca, avendo a disposizione un meccanismo sufficientemente articolato ma facilmente utilizzabile. Le biblioteche, in generale, sono macchine complesse e spesso più sono grandi e più sono complicate. Non c'è nulla di meglio che una grande sala di consultazione per orientarsi, per impostare una ricerca, o anche per verificare le fonti, controllare le citazioni.

La sua biblioteca, specchio e riflesso della sua lunga e straordinaria attività didattica e scientifica, è molto più che uno strumento di lavoro. Quali sono stati i criteri che l'hanno guidata nella sua costruzione?

Quando mi sono laureato nel 1951, presso la Biblioteca d'Istituto [n.d.r. Biblioteca dell'Istituto di Storia del Diritto Italiano dell'Università di Roma "La Sapienza"] c'erano poche centinaia di volumi, e tra questi pochissime erano le fonti. Fino a qualche anno prima, quando Calasso aveva aperto le porte a una storia del Diritto Comune autonoma, essa era considerata una specie di appendice secondaria della scienza romanista. Purtroppo oggi gli storici del diritto non studiano più tanto il Medioevo. I romanisti continuano a fare la storia del diritto romano spingendosi fino al basso impero, e gli storici del diritto si occupano ormai per lo più dei fenomeni giuridici dell'età moderna e persino contemporanea. Io sono un medievista, e la mia raccolta comprende le fonti indispensabili alla conoscenza del Diritto Comune. Averle a disposizione degli studiosi e dei giovani ricercatori in una grande Biblioteca aperta al pubblico nutre la mia speranza di un salvataggio del Diritto Comune, che è per me il salvataggio del Medioevo.

La raccolta è stata messa insieme in un arco di tempo di più di venti anni. Ritengo che in questo senso sia stata fondamentale la mia lunga esperienza di lavoro al Collegio di Spagna di Bologna. La necessità, infatti, di risolvere i problemi che i manoscritti ponevano, e di controllare con facilità le fonti, mi ha spinto a mettere insieme il maggior numero di volumi possibili. Altrettanto significativo è il fatto che al Collegio di Spagna abbia lavorato con Domenico Maffei. Con lui andavamo in giro per librerie antiquarie in tutta Italia, a Padova, a Firenze, a Milano. Questa prolungata caccia ai libri antichi, accanto ad uno straordinario appassionato e conoscitore come Maffei, ha fatto sì che anche in me si formasse un certo gusto verso la ricerca antiquaria e la bibliofilia, soprattutto quando essa non è fine a sé stessa, ma determinante nella ricostruzione della tradizione dei testi.

In che maniera e con quali strumenti svolge la sua attività di studio e documentazione?

Partendo sempre dalle fonti e andando a ricercare e scoprire i fenomeni che ci sono dietro. Le strade sono tante e le occasioni infinite. La scintilla della ricerca può nascere da una discussione accademica o da un libro appena pubblicato che ponga dei problemi o che non convinca in certe sue tesi. Talvolta è la passione del bibliofilo che sfogliando manoscritti o edizioni antiche si imbatte per esempio in un personaggio minore o sconosciuto, suscitando la curiosità dello studioso e aprendo la strada alla ricerca biografica.

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