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Discorso d'insediamento del Presidente Giuseppe Saracco 2a-3a Sessione (16 novembre 1898-17 maggio 1900)

Senato del Regno, tornata del 17 novembre 1898

Presidenza del Presidente Saracco

[...]

Discorso del Presidente

Giuseppe SaraccoPRESIDENTE. (si alza in piedi e pronuncia il seguenti discorso tra i più vivi segni di attenzione):

Onorandi colleghi,

La bontà del Re mi chiamò a questo seggio eminente, ed io, nella dolce lusinga che tale ancora sia per essere il piacer vostro, assumo con grato e reverente animo l'esercizio delle alte funzioni, onde colui che era pur dianzi l'ultimo fra voi, avrà l'insigne onore di presiedere questo primo corpo politico dello Stato. Nissuno certamente può aver provato le meraviglie maggiori delle mie,che io potessi mai essere elevato a questa altezza, e dirò solo a mia volta, siccome ben dissero altri fra i miei predecessori, che per me la volontà del Sovrano è legge, che non devo discutere, Ciò che non toglie, che l'animo mio debba sentirsi compreso di profonda, devota ed incancellabile gratitudine verso il mio Re, che mi fu nuovamente largo dei suoi ambiti favori.

Domando tuttavia il permesso di ricordare che, vecchio d'anni, mi onoro di poter presentare uno stato di servizio, modesto sì, ma in ragione di tempo e per continuità di funzioni legislative non mai interrotto da 47 anni, superiore pertanto a quello dei colleghi più anziani del Parlamento. A questo pensiero, anziché ad ogni altra considerazione, devo adunque credere che siasi inspirata la scelta del Principe, ed è soltanto a questo titolo, quando mi veggo in cospetto di tanti uomini preclari che per segnalati servizi resi alla Patria tengono veramente diritto a primeggiare, che mi bastò l'animo per espormi al cimento dei grandi doveri che alla grandezza dell'ufficio vanno strettamente congiunti.

Non io m'illudo però. Alcuno potrà essere che chiami temerità la mia d'avere osato salire a questo seggio illustrato da una lunga serie di insigni personaggi, che furono l'ornamento e la gloria di questo Senato, e voi troverete particolarmente che un più degno successore doveva toccare in sorte a Chi, per lo spazio di undici anni, tenne l'ufficio con tale maestria e dignità di vita, che non io solo, ma quelli altresì i quali verranno dopo, si studieranno di prenderlo a modello delle proprie azioni (Benissimo, approvazioni).

Ed è veramente così. Né alcuno può essere tra voi il quale si dolga più di me che il cavaliere Domenico Farini non sia qui a dirigere i lavori del Senato.Per assai tempo noi abbiamo trepidato per la salute del nostro bene amato presidente.

Poi, tutti quanti siamo, abbiamo sperato di poterlo rivedere a questo posto, nel quale mi sento a disagio; quando si seppe che nella squisita delicatezza dell'animo suo gli era parso di dover lasciare ad altri il pericoloso onore di sostituirlo nell'ufficio, in cui Egli ha lasciato tanta parte di sé stesso e dell'opera sua.

A nostra volta noi possiamo lamentare, ma abbiamo pure il dovere di rispettare questa sua decisione. Però il Senato, sento già di poterlo affermare, non mancherà al debito di onore che tiene verso il suo benemerito presidente (benissimo), e prima ancora di iniziare i suoi lavori vorrà. A testimonianza di gratitudine e di affetto, inviare a quell'uomo meritevole per tanti titoli della pubblica estimazione, una parola di schietto ringraziamento ed il più caldo augurio che la ricuperata salute gli consenta di rientrare prontamente in quest'aula dove lo attende la festosa accoglienza di tutti i suoi colleghi. (Bravo! Benissimo. Applausi).

Dal canto mio faccio semplicemente a fidanza sull'antica comunione di vita che mi troverà di grazia appresso di voi.

Di una sola cosa posso far fede, e mi rendo garante, che, volgerò e terrò sempre fisse tutte le facoltà della mente a meritarmi la vostra benevolenza, e quale la ho ricevuta dalle mani del mio illustre predecessore, e dall'egregia persona che lo ha nella passata sessione spesso e degnamente sostituito nell'ufficio presidenziale (benissimo!), mi adoprerò con tutto l'animo a tenere alta e rispettata l'autorità e il prestigio di questo nostro Senato. (Benissimo!)

E adesso, onorevoli colleghi, incomincia l'opera nostra.

La presente Sessione inaugurata ieri con l'augusta parola di S.M. il Re si annuncia laboriosa, e gl'intendimenti del Governo verranno certamente tradotti in proposte di legge sovra delle quali il Parlamento sarà chiamato a deliberare.

Noi amiamo credere, e teniamo anzi per ferme, che nella distribuzione del lavoro legislativo fra i due rami del Parlamento, il Senato del Regno avrà la parte che giustamente gli appartiene, di maniera che abbia tempo ed opportunità a spiegare convenientemente la propria attività, senza che gli avvenga di dover rimanere a lungo inoperoso, per vedersi condannato più tardi a prendere le sue deliberazioni in materie gravissime, senza quella ponderazione che ad un corpo eminentemente moderatore a buon diritto si impone. (Benissimo).

E' supremo interesse di Stato che si rientri nell'osservanza delle buone massime di governo, ed è specialmente nei paesi di suffragio universale o quasi, che giova insistere perché venga riconosciuta e lasciata di fatto alla Camera vitalizia, assai più di una vana apparenza, quella parte che le spetta nella confezione delle leggi.

Si possono, egli è vero, presentare di volta in volta talune necessità che costringono a far prova di una arrendevolezza che in casi normali non si saprebbe consentire. Ed in queste contingenze il Senato saprà sempre far prova, come fece in passato, di quel tatto politico che lo distingue, e s'impone al suo patriottismo, come ella sua vecchia esperienza. Ma poiché il Senato non può e non deve nascondere a se stesso, che ripete dallo Statuto fondamentale del Regno la facoltà di esercitare il potere legislativo collettivamente col Re e con la Camera dei deputati, non deve recar meraviglia se, più ancora che per diritto, si trova nella necessità di chiedere che gli venga fatto di poterne usare con la coscienza della propria dignità, e colla tranquillità dell'animo che si sente sicuro di aver compiuto il proprio dovere, (bene! benissimo!) quando pur si voglia e pel bene d'Italia si deve volere, che l'opera del Senato torni a presidio delle istituzioni, a salute del paese. (Bene! Benissimo!).

Onorevoli colleghi, da questo momento io sono cosa vostra, cogliate voi, vivamente ve ne prego, essermi cortesi della vostra benevolenza, ed ove fallisca la mente, soccorra l'indulgenza vostra che caldamente domando ed invoco. (Viva approvazioni! Applausi prolungati da tutti i banchi).

Essendosi definitivamente costituito l'Ufficio di Presidenza, sarà mia cura di darne partecipazione, a termini del regolamento, a Sua Maestà il Re ed alla Camera dei deputati.

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